50 domande su Gesù (VIII)
In cosa consiste il messaggio cristiano? Chi fu San Paolo? Che differenze ci sono tra i Vangeli canonici e quelli apocrifi?
Autore: Don Juan Chapa
36. In che cosa consiste sostanzialmente il messaggio cristiano?
Consiste nell’annuncio di Gesù Cristo. Egli è la buona notizia (vangelo) che proclamavano dall’inizio gli apostoli, come scrive San Paolo: “Vi ricordo, fratelli, il vangelo che vi predicai, che riceveste, nel quale vi mantenete fermi, e per il quale siete salvati … Perché vi trasmisi in primo luogo lo stesso che io ricevetti: che Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture; che fu sepolto e che resuscitò il terzo giorno, secondo le Scritture; e che apparve a Cefa, e poi ai dodici” (1 Cor 15, 1-5). Questo messaggio si riferisce direttamente alla morte e resurrezione di Gesù per la nostra salvezza e include che Gesù è il Messia (Cristo) inviato da Dio, così come era stato promesso a Israele. L’annuncio di Gesù Cristo comprende pertanto la fede in un Dio unico, creatore del mondo e dell’uomo, e protagonista principale della storia della salvezza.
Il messaggio cristiano annuncia che con Gesù Cristo si è realizzata in pienezza la rivelazione di Dio all’uomo: “all’arrivare la pienezza dei tempi, inviò Dio suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per redimere quelli che stavano sotto la legge, affinché ristabilissimo la adozione di figli” (Gal 4, 4-5). Gesù rivela chi è Dio in una maniera nuova e più profonda di quella che aveva il popolo di Israele; rivela Dio come suo Padre in forma unica fino ad arrivare a dire: “Il Padre ed io siamo una cosa sola” (Gv 10,30). Appoggiandosi sull’insegnamento degli Apostoli, la Chiesa annuncia Gesù Cristo come Figlio di Dio e vero Dio, della stessa natura del Padre.
Gesù durante la sua vita sulla terra agì con il potere e lo Spirito di Dio che stava in Lui (Lc 4,18-21), e inoltre promise di inviare lo Spirito dopo la sua resurrezione e glorificazione unito al Padre (Gv 14, 16; et.). Quando gli Apostoli ricevettero lo Spirito Santo il giorno di Pentecoste compresero che Gesù aveva compiuto la sua promessa dal cielo, e sperimentarono la sua forza trasformatrice. Lo Spirito Santo continua a vivificare la Chiesa come la sua anima. Il messaggio cristiano include pertanto lo Spirito Santo, vero Dio e terza Persona della Santissima Trinità.
Il messaggio cristiano annuncia, con le parole di Gesù Cristo, il Regno di Dio (Mc 1, 15). Gesù riempì di contenuto questa espressione simbolica indicando con essa la presenza di Dio nella storia umana e al termine della stessa, e l’unione di Dio con l’uomo. Gesù annunciava che il Regno di Dio era già iniziato con la sua presenza fra gli uomini e con le sue azioni liberatrici dal potere del demonio e del male (Mt 12, 28).
Questa presenza e azione di Gesù Cristo continua nella Chiesa per la forza dello Spirito Santo. La Chiesa è nella storia umana come il germe e il seme di questo Regno, che culminerà gloriosamente con la seconda venuta di Cristo alla fine dei tempi. Frattanto in essa si afferma, mediante il Battesimo, una nuova relazione con Dio, quella di figlio di Dio unito a Gesù Cristo, che avrà il suo culmine dopo la morte, nella resurrezione finale. Cristo continua a essere presente nella Chiesa nell’Eucarestia e anche negli altri Sacramenti, segni efficaci della grazia. Mediante l’azione dei cristiani, se vivono la carità, si va manifestando l’amore di Dio a tutti gli uomini. Tutto questo fa parte del messaggio cristiano.
37. Chi fu San Paolo? Come trasmise gli insegnamenti di Gesù?
Paolo è il nome greco di Saulo, uomo di razza ebrea e di religione giudea, oriundo di Tarso di Cilicia, città situata nel sud-est della attuale Turchia, che visse nel secolo I dopo Cristo. Paolo fu, pertanto, contemporaneo di Gesù di Nazaret, sebbene presumibilmente non arrivarono a incontrarsi in vita.
Saulo di Tarso fu educato nel fariseismo, una delle fazioni del giudaismo del secolo I. Come lui stesso narra in uno dei suoi scritti, la lettera ai Galati, il suo zelo per il giudaismo lo portò a perseguitare il nascente gruppo dei cristiani (Ga 1,13-14), che considerava contrari alla purezza della religione giudea, fino a che in una occasione, sulla strada per Damasco, Gesù stesso gli si rivelò e lo chiamò a seguirlo, come prima aveva fatto con gli apostoli. Saulo rispose a questa chiamata battezzandosi e dedicando la sua vita alla diffusione del vangelo di Gesù Cristo (At 26,4-18).
La conversione di Paolo è uno dei momenti chiave della sua vita, perché è proprio allora che comincia a capire la Chiesa come corpo di Cristo: perseguitare un cristiano è perseguitare Gesù stesso. In questo passaggio, Gesù si presenta come “Resuscitato”, situazione che è riservata a tutti gli uomini dopo la morte se uno segue le orme di Gesù stesso, e come “Signore”, rimarcando il suo carattere divino, giacché la parola che si usa per denominare il “signore”, kyrie, si applica nella Bibbia a Dio stesso. Possiamo dire, allora, che Paolo ricevette il vangelo da predicare da Gesù stesso, sebbene poi, anche aiutato dalla grazia e dalla propria riflessione, seppe ricavare da questa prima luce molte delle principali caratteristiche del vangelo, sia per una maggiore comprensione del mistero divino sia per mostrarne le implicazioni sul modo d’essere e d’agire degli uomini senza fede e con fede in Cristo.
Paolo, al momento della sua conversione, è presentato con tratti da profeta a cui si assegna una missione molto concreta. Come dice un altro dei libri del Nuovo Testamento, gli Atti degli Apostoli, il Signore disse ad Anania, quello che aveva battezzato Paolo: “Vai, perché questo è il mio strumento eletto per portare il mio nome ai gentili, ai re e ai figli di Israele. Io gli mostrerò quello che dovrà soffrire a causa del mio nome” At 9,15-16).
San Paolo portò a compimento la sua missione di predicare il cammino della salvezza realizzando viaggi apostolici, fondando e rafforzando comunità cristiane nelle diverse province dell’Impero Romano dove passava: Galazia, Asia, Macedonia, Acaia, ecc. Gli scritti del Nuovo Testamento ci presentano un Paolo scrittore e predicatore. Quando arrivava in un posto, Paolo si rivolgeva alla sinagoga, luogo di riunione dei giudei, per predicare il vangelo. Poi, si rivolgeva ai pagani, cioè ai non giudei.
Successivamente, Paolo incominciò a scrivere lettere, che presto sarebbero state ricevute nelle chiese con una particolare riverenza. Scrisse lettere a comunità intere e a persone singole. Il Nuovo Testamento ce ne ha trasmesso 14, che hanno la loro origine nella predicazione di Paolo: una Lettera ai Romani, due Lettere ai Corinti, una Lettera ai Galati, una Lettera agli Efesini, una Lettera ai Filippesi, una Lettera ai Colossesi, due Lettere ai Tessalonicesi, due Lettere a Timoteo, una Lettera a Tito, una Lettera a Filemone e una Lettera agli Ebrei. Sebbene non siano di facile datazione, possiamo dire che la maggioranza di queste lettere furono scritte durante la decade che va dall’anno 50 al 60.
Il centro del messaggio predicato da Paolo è la figura di Cristo dalla prospettiva di quello che ha realizzato per la salvezza degli uomini. La Redenzione operata da Cristo, la cui azione si pone in relazione molto stretta con quella del Padre e con quella dello Spirito Santo, conduce ad una riflessione sulla situazione dell’uomo e sulla sua relazione con Dio. Prima della redenzione, l’uomo camminava nel peccato, sempre più lontano da Dio: però ora c’è il Signore, il Kyrios, che è resuscitato e ha vinto la morte e il peccato, e che costituisce una sola cosa con quelli che credono e ricevono il battesimo. In questo senso, si può dire che la chiave per capire la teologia paolina è il concetto di conversione (metànoia), come passaggio dalla ignoranza alla fede, dalla Legge di Mosè alla legge di Cristo, dal peccato alla grazia.
38. Cosa sono i vangeli canonici e gli apocrifi?
Le primitive comunità cristiane hanno riconosciuto come “canonici” quei Vangeli che trasmettevano autenticamente la tradizione apostolica ed erano considerati come ispirati da Dio. Fin dall’inizio se ne riconobbero quattro e solo quattro: Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Così lo propose espressamente Sant’Ireneo di Lione alla fine del secolo II (Adversus Haereses, 3.11.8-9) e così lo ha confermato costantemente la Chiesa, proponendolo finalmente come dogma di fede nel definire il canone delle Sacre Scritture durante il Concilio di Trento (1545-1563).
La composizione di questi vangeli affonda le sue radici in ciò che gli apostoli videro e udirono vivendo con Gesù e nelle apparizioni che ebbero di lui dopo la resurrezione. Gli apostoli, compiendo ìl mandato del Signore, iniziarono subito a predicare la buona notizia (o vangelo) su di Lui e della salvezza che porta a tutti gli uomini, e si formarono comunità di cristiani in Palestina e fuori di essa (Antiochia, città dell’Asia minore, Roma, ecc.). In queste comunità le “tradizioni” (la memoria di Gesù, gli inni di preghiera, le professioni di fede della primitiva catechesi) andarono prendendo forma di racconti e di insegnamenti relativi a Gesù, sempre sotto la tutela degli apostoli che erano stati testimoni. In un terzo momento queste tradizioni furono poste per iscritto integrandole in una narrazione a modo di biografia del Signore. Così sorsero, dal “vangelo”, l’annunzio della “buona novella”, i Vangeli, così come li conosciamo noi, per uso delle comunità alle quali erano stati destinati. Il primo ad apparire fu Marco o forse una edizione di Matteo in ebraico o aramaico più breve dell’attuale; gli altri tre imitarono questo genere letterario. In questo lavoro, ogni evangelista scelse alcune cose tra le molte che si trasmettevano, ne sintetizzò alcune e presentò il tutto avendo presente la condizione dei suoi lettori immediati (giudei, greci, abitanti di Roma, ecc.). Che i quattro godettero della garanzia apostolica si riflette nel fatto che furono ricevuti e trasmessi come scritti dagli stessi apostoli o da loro discepoli: Marco da San Pietro, Luca da San Paolo.
I vangeli apocrifi sono quelli che la Chiesa non accettò come autentica tradizione apostolica, sebbene normalmente essi stessi si presentavano sotto il nome di qualche apostolo. Incominciarono a circolare molto presto, giacché li si cita già nella seconda metà del secondo secolo; però non godevano della garanzia apostolica come i quattro riconosciuti e, inoltre, molti di questi contenevano dottrine che non erano in accordo con gli insegnamenti apostolici. “Apocrifo” inizialmente significò “segreto” in quanto erano scritti che si dirigevano a un gruppo speciale di iniziati ed erano conservati in questo gruppo; poi assunse il significato di inautentico o perfino eretico. Man mano che passò il tempo, il numero di questi apocrifi si accrebbe sia per dare dettagli della vita di Gesù che non erano menzionati nei vangeli canonici (per es. gli apocrifi della infanzia di Gesù), sia per mettere sotto il nome di qualche apostolo insegnamenti divergenti da quelli comuni nella Chiesa (per es. vangelo di Tommaso). Origene di Alessandria (+245) scriveva: “La Chiesa ha quattro vangeli, gli eretici, moltissimi”.
Dalle varie fonti da cui riceviamo informazioni su questo tipo di letteratura (opere dei primi Padri o santi dottori della Chiesa che li studiarono; opere di devozione conservati nei secoli dalla pietà cristiana, scritti tramandati in frammenti di papiri recentemente rinvenuti per lo più in Egitto) il numero dei cosiddetti “vangeli apocrifi” finora conosciuti supera di poco il numero di cinquanta.
39. Che differenze ci sono tra i vangeli canonici e gli apocrifi?
La prima differenza tra vangeli canonici e apocrifi è esterna agli stessi vangeli: i canonici appartengono al canone biblico, cioè sono la regola (canone) della fede; gli apocrifi no. I canonici furono accolti come tradizione autentica degli apostoli da tutte dalle chiese di Oriente e d’Occidente della generazione immediatamente posteriore agli apostoli, mentre gli apocrifi, sebbene alcuni fossero usati sporadicamente in qualche comunità, non arrivarono a imporsi nè a essere riconosciuti dalla Chiesa universale. Una delle ragioni importanti per questa selezione, comprovabile dalla scienza storica, è che i canonici furono scritti in epoca apostolica, intesa questa in senso ampio, cioè a dire: mentre vivevano gli apostoli o i loro stessi discepoli. Così si deduce dalle citazioni che ne fanno gli scrittori cristiani della generazione seguente e dal fatto che verso l’anno 140 si arrivi ad una armonizzazione dei vangeli prendendo dati dei quattro che passarono a essere canonici (Taziano). Degli apocrifi, invece, si fanno solo riferimenti in tempo posteriore, verso la fine del secolo II. D’altra parte, i papiri che si sono trovati con testi simili, nella struttura letteraria, ai vangeli, alcuni della metà del II secolo (papiro di Egerton), sono ridotti a piccoli frammenti, segnale che le opere che vi erano trascritte non furono stimate così importanti da essere trasmesse con particolare cura alle successive generazioni.
Rispetto agli apocrifi che già si conoscevano, o che sono stati scoperti in epoca recente, le differenze rispetto ai canonici sono molto evidenti tanto nella forma letteraria come nel contenuto. Quelli già noti e che si conservano già nella epoca patristica e nel medioevo sono racconti devozionali, di carattere leggendario e ricchi di episodi fantastici. Nacquero spontaneamente, per soddisfare la pietà popolare con racconti minuziosi, ma senza rigore storico, di fatti che nei vangeli canonici non si raccontano o si trattano brevemente. In generale, riportano racconti sulla nascita della Madonna, di San Gioacchino e sant’Anna (Natività di Maria), di come una levatrice comprovò la verginità di Maria (Protovangelo di Giacomo), dei miracoli che faceva Gesù da bambino (vangelo dello Pseudo Tommaso), ecc.
Di diversa impostazione sono i documenti trovati su papiri a Nag Hammadi (Egitto): quanto al contenuto dottrinale hanno un carattere marcatamente gnostico e non cristiano. Quanto alla forma si presentano come raccolta, spesso senza alcuno schema cronologico o storico, di detti segreti di Gesù (cfr. per es. il vangelo copto di Tommaso) o di rivelazioni del Signore risorto sulle origini del mondo materiale (Apocrifo di Giovanni), o sull’ascensione dell’anima (vangelo di Maria), o raccolte di pensieri tratte forse da omelie o catechesi (vangelo di Filippo). Quantunque alcuni possano godere di una certa antichità, forse del secolo II, la differenza di stile e di contenuto con i Vangeli canonici salta immediatamente alla vista.
40. Come si scrissero i Vangeli
La Chiesa afferma senza esitazioni che i quattro vangeli canonici “trasmettono fedelmente quello che Gesù Figlio di Dio, vivendo tra gli uomini, fece e insegnò” (Concilio Vaticano II, Costituzione Dogmatica Dei Verbum,n. 19). Questi quattro vangeli “hanno origine apostolica. Infatti quello che gli Apostoli predicarono per mandato di Cristo, poi, sotto la ispirazione dello Spirito Santo, loro stessi e gli uomini apostolici ce li trasmisero per iscritto, come fondamento della fede” (ibidem, n. 18). Gli scrittori cristiani antichi si interessarono di spiegare come gli evangelisti realizzarono questo lavoro. Sant’Ireneo, per esempio, dice: “Matteo pubblicò fra gli ebrei nella sua propria lingua una forma scritta di vangelo, mentre Pietro e Paolo in Roma annunciavano il vangelo e fondavano la Chiesa. Dopo la sua dipartita Marco, il discepolo e interprete di Pietro, ci trasmise anche per iscritto quello che era stato predicato da Pietro. E Luca, compagno di Paolo, trasferì in un libro quello che aveva sentito predicare da lui. Infine Giovanni, il discepolo del Signore, lo stesso che aveva riposato sul suo petto (Gv 13, 23), pubblicò il vangelo mentre risiedeva in Efeso” (Contro le eresie, III,1, 1). Commenti molto simili si trovano in Papia di Hierapoli o Clemente di Alessandria (cfr Eusebio di Cesarea, Storia Ecclesiastica, 3, 39,15; 6, 14, 5-7): i vangeli furono scritti da Apostoli (Matteo e Giovanni) o da discepoli degli Apostoli (Marco e Luca), però sempre raccogliendo la predicazione del vangelo svolta dagli Apostoli.
L’esegesi moderna, con uno studio molto dettagliato dei testi evangelici, ha spiegato questo processo di composizione. Il Signore Gesù non inviò i suoi discepoli a scrivere ma a predicare il vangelo. Gli Apostoli e la comunità apostolica hanno fatto così, e, per facilitare il lavoro di evangelizzazione, posero parte di questo insegnamento per iscritto. Alla fine, nel momento in cui gli apostoli e quelli della loro generazione cominciavano a sparire, “gli autori sacri scrissero i quattro vangeli raccogliendo alcune cose dalle molte che già si trasmettevano di parola o per iscritto, sintetizzando altre, o sviluppandole avendo cura della condizione delle Chiese” (Dei verbum, n. 19).
Pertanto, si può concludere che i quattro vangeli sono fedeli alla predicazione degli Apostoli su Gesù e che la predicazione degli Apostoli su Gesù è fedele a quello che fece e disse Gesù. Questa è la strada che ci fa dire che i vangeli sono fedeli a Gesù. Di fatto, i nomi che gli antichi scritti cristiani danno a questi testi – “Ricordi degli Apostoli”, “Commentari, Parole sopra il Signore” (cfr San Giustino, Apologia, 1,66 ; Dialogo con Trifone, 100) – orientano verso questo significato. Con gli scritti evangelici accediamo a quello che gli apostoli predicavano su Gesù Cristo.
È noto che non possediamo il manoscritto originale dei vangeli, come di nessuna altra opera letteraria dell’antichità. Gli scritti si trasmettevano attraverso copie manoscritte su papiro e successivamente su pergamena. I vangeli e i primi scritti cristiani seguono questo tipo di trasmissione. Il Nuovo Testamento lascia intendere che alcune lettere di San Paolo sono state copiate e si trasmettono in corpo unico di scritti (cfr. 2 Pi. 3, 15-16) e la stessa cosa avviene per i vangeli: le testimonianze di san Giustino, Sant’Ireneo, Origene, indicano che i Vangeli canonici furono copiati subito e circolavano insieme.
Il materiale utilizzato nei primi secoli dell’era cristiana fu il papiro, e dal III secolo si iniziò a utilizzare la pergamena, più resistente e durevole. Solo dal XIV sec. si utilizzò la carta. I manoscritti dei vangeli che conserviamo, dopo un studio attento di ciò che chiamiamo “critica testuale”, ci mostrano che, in paragone alla maggioranza delle opere antiche, l’affidabilità del testo che abbiamo è molto elevata. In primo luogo per l’alto numero di manoscritti che abbiamo. Dell’Iliade, per es., abbiamo meno di 700 manoscritti, mentre di altre opere, come gli Annali di Tacito, ne abbiamo pochi, e dei primi 6 libri solo uno. Del Nuovo Testamento invece possediamo 5.400 manoscritti greci, senza contare le innumerevoli copie antiche in altre lingue e le citazioni del testo in opere di scrittori dei primi secoli. Inoltre esiste il problema della distanza tra la data della composizione del libro e la datazione del manoscritto più antico. Se per moltissime opere classiche è di quasi dieci secoli, il manoscritto più antico del nuovo testamento (il papiro di Rylands) è posteriore alla composizione del vangelo di S. Giovanni di 30 o 40 anni; del terzo secolo abbiamo papiri (Bodmer e Chester Beatty) che mostrano come i vangeli canonici già raccolti si trasmettevano in codici; dal IV secolo le testimonianze scritte non si contano più.
Nel comparare la moltitudine dei manoscritti, si scoprono errori, interpretazioni, ecc. La critica testuale dei vangeli e dei manoscritti antichi esamina le varianti significative, cercando di scoprirne l’origine – a volte un copista cerca di armonizzare il testo di un vangelo con quello di un altro, un altro cerca di spiegare ciò che gli sembra un’espressione incoerente, ecc. – e stabilire in questo modo quale poteva essere il testo originario. Gli specialisti concordano nell’affermare che i vangeli sono i testi che meglio conosciamo tra quelli antichi. Basano questa convinzione sull’evidenza di quanto detto sopra e anche sul fatto che la comunità che trasmette i testi è una comunità critica, persone che basano la propria vita in ciò che viene affermato nei testi e che, ovviamente, non impegnerebbero la loro vita su idee fantasiose o fatti non verificati.