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La morte e resurrezionedi Gesù

Tratto da "50 domande su Gesù" (XI)

Autore: Don Juan Chapa

51. Potevano aver rubato il corpo di Gesù?
Quelli che si sentirono in imbarazzo di fronte all’affermazione che Gesù era resuscitato e trovarono vuoto il sepolcro dove era stato depositato, per prima cosa pensarono e annunciarono che qualcuno aveva rubato il suo corpo (cfr. Mt 28,11-15).

La lastra trovata a Nazaret con uno scritto imperiale dove si ricorda che è necessario rispettare la inviolabilità dei sepolcri testimonia che vi fu un gran subbuglio a Gerusalemme motivato dalla sparizione del cadavere di qualcuno originario di Nazaret attorno all’anno 30.
Ciò nonostante, il fatto di trovare il sepolcro vuoto non impediva di pensare che il corpo fosse stato rubato. E nella forte emozione delle sante donne e dei discepoli di Gesù che si avvicinarono al sepolcro, prima di averlo visto di nuovo vivo l’idea del rapimento fu il primo passo per il riconoscimento che era resuscitato.

Nel vangelo di San Giovanni c’è un racconto preciso di cosa accadde. Narra che quando Pietro e Giovanni udirono le parole di Maria, uscirono e andarono al sepolcro: i due correvano assieme, però l’altro discepolo corse più in fretta di Pietro e arrivò per primo al sepolcro. Si chinò e vide i teli afflosciati, ma non entrò. Arrivò dopo di lui Simon Pietro, entrò nel sepolcro e vide i teli afflosciati, e il sudario che era stato posto sulla sua testa, non caduto insieme ai teli, ma a parte, anzi piegato, nello stesso posto di prima. Allora, entrò anche l’altro discepolo che era arrivato prima al sepolcro, vide e credette“ (Gv 20, 3-8).
Le parole che utilizza l’evangelista per descrivere quello che Pietro e lui videro nel sepolcro vuoto esprimono con vivo realismo l’impressione che gli causò quello spettacolo. Per primo, la sorpresa di trovare lì i teli. Se qualcuno fosse entrato per fare sparire il cadavere si sarebbe trattenuto a liberarlo dai teli per portarsi solo il corpo? Non sembra logico. Ma c’è il fatto che, inoltre, il sudario era “piegato” come lo era stato il venerdì pomeriggio. I teli rimanevano come erano stati collocati avvolgendo il corpo di Gesù, ma ora non avvolgevano niente e per questo erano “afflosciati”, vuoti, come se il corpo di Gesù fosse evaporato e fosse uscito passando attraverso di essi. Ci sono altri dati sorprendenti nella descrizione di quello che videro. Quando si ricopriva col lenzuolo mortuario il cadavere, per prima cosa si applicava il sudario sulla testa, e poi si avvolgevano nel lenzuolo tutto il corpo e anche la testa. Il racconto di Giovanni specifica che nel sepolcro il sudario rimaneva “nello stesso posto di prima”, cioè conservando la stessa disposizione che aveva avuto quando stava lì il corpo di Gesù.

La descrizione del vangelo segnala con straordinaria precisione quello che contemplarono attoniti i due apostoli. Era umanamente inspiegabile l’assenza del corpo di Gesù. Era fisicamente impossibile che qualcuno lo avesse rubato, giacché per estrarlo fuori dal lenzuolo mortuario, si sarebbe dovuto svolgere i teli e il sudario, e questi sarebbero restati lì sciolti. Però loro avevano di fronte ai loro occhi le lenzuola e il sudario così come erano quando avevano lasciato lì il corpo del Maestro, nel pomeriggio del venerdì. L’unica differenza è che il corpo di Gesù non era più lì. Tutto il resto rimaneva al suo posto.
A tal punto furono significative le cose che trovarono nel sepolcro vuoto, da far loro intuire in qualche modo la resurrezione del Signore, giacché “videro e credettero”.

52. Si può negare la esistenza storica di Gesù?
Le analisi storiche più rigorose coincidono nell’affermare con ogni certezza – anche prescindendo completamente dalla fede e dall’impiego delle fonti storiche cristiane per evitare qualsiasi sospetto – che Gesù di Nazaret è esistito. Egli visse nella prima metà del secolo primo, era giudeo, abitò la maggior parte della sua vita in Galilea, costituì un gruppo di discepoli che lo seguirono, suscitò un ampio seguito e speranze per quello che diceva e per i fatti straordinari che realizzava, andò in Giudea e a Gerusalemme almeno una volta, con motivo della festa di Pasqua, fu visto con diffidenza da parte di alcuni membri del Sinedrio e con cautela da parte dell’autorità romana, per cui alla fine fu condannato alla pena capitale dal procuratore romano della Giudea, Ponzio Pilato, e morì inchiodato a una croce. Una volta morto, il suo corpo fu depositato in un sepolcro, ma dopo alcuni giorni il cadavere non era più lì.

Lo sviluppo contemporaneo della ricerca storica permette di considerare provati almeno questi fatti. Non è poco per un personaggio di venti secoli fa. Non ci sono evidenze razionali che confermino con maggiore sicurezza l’esistenza di figure come Omero, Socrate o Pericle – per citare solo alcuni molto conosciuti -, rispetto a quelle che provano l’esistenza di Gesù. E inoltre i dati obbiettivi che si hanno su questi personaggi sono quasi sempre molto minori.

Però il caso di Gesù è diverso, e non solo per la profonda orma che egli ha lasciato, ma perché le informazioni storiche su di lui delineano una personalità e raccontano alcuni fatti che vanno oltre l’immaginabile, e oltre ciò che può essere disposto ad accettare chi pensi che non c’è niente al di là del visibile e dello sperimentabile. I dati invitano a pensare che lui era il Messia che doveva venire a reggere il suo popolo come un nuovo David, e ancora di più: che Gesù è il Figlio di Dio fatto uomo.
Per accogliere veramente questo invito si richiede di affidarsi ad un aiuto divino, gratuito, che offra un bagliore alla propria intelligenza e la renda capace di percepire la realtà in tutta la sua profondità. Si tratta però di una luce che non snatura questa realtà, ma che permette di coglierla con tutte le sue sfumature reali, molto delle quali sfuggono a uno sguardo ordinario. È la luce della fede.