Amore umano e vita cristiana - L’intimità nel matrimonio: apertura alla vita - sezione 1 e 2
Testi sull'amore nel fidanzamento e nel matrimonio
Autore: José Manuel Martín Q.
L’amore è la vocazione fondamentale innata della persona umana come immagine di Dio; e il matrimonio è uno dei modi specifici di realizzare integralmente questa vocazione della persona umana all’amore. Proprio per questo è il canale che permette la realizzazione personale degli sposi. “L’amore umano e i doveri coniugali – diceva san Josemaría riferendosi alle persone sposate – sono parte della vocazione divina” così, in altra occasione, ricordava loro di “non temere di manifestarsi affetto; anzi, devono farlo, perché questa inclinazione è la base della vita familiare”. È chiaro, comunque, che non una qualsiasi forma di relazione tra gli sposi serve come espressione dell’amore umano, e neppure – in questo caso – dell’amore coniugale. Adempie a questo compito soltanto quel modo di coltivare la relazione che, come conseguenza della reciproca donazione personale sorta dall’alleanza matrimoniale, e per questo essendo propria degli sposi, riceve il nome di amore coniugale. Il patto coniugale crea tra gli sposi un modo specifico di essere, di amarsi, di convivere e di procreare: quello coniugale, che si esprime nei molteplici atti e comportamenti dell’intima vicenda quotidiana. La persona umano in astratto non esiste, ma esiste la persona sessuata; infatti la sessualità è costitutiva dell’essere umano. “La sessualità esercita un’influenza su tutti gli aspetti della persona umana, nell’unità del suo corpo e della sua anima. Essa concerne particolarmente l’affettività, la capacità di amare e di procreare, e, in un modo più generale, l’attitudine ad intrecciare rapporti di comunione con altri”. La sessualità è inseparabile dalla persona; non è un semplice attributo, un dato come un altro. È un proprio modo di essere. È la persona stessa che sente e si esprime attraverso la sessualità. Amata, nell’amore coniugale, è l’intera persona dell’altro, in quanto e per quanto è uomo o donna. Tanto l’uomo come la donna sono immagine di Dio in quanto persona umana sessuata. “Come tutti sappiamo, la differenza sessuale è presente in tante forme di vita, nella lunga scala dei viventi. Ma soltanto nell’uomo e nella donna essa porta in sé l’immagine e la somiglianza di Dio: il testo biblico lo ripete per ben tre volte in due versetti (26-27): uomo e donna sono immagine e somiglianza di Dio. Questo ci dice che non solo l’uomo preso a sé è immagine di Dio, non solo la donna presa a sé è immagine di Dio, ma anche l’uomo e la donna, come coppia, sono immagine di Dio. La differenza tra uomo e donna non è per la contrapposizione, o la subordinazione, ma per la comunione e la generazione, sempre ad immagine e somiglianza di Dio”. È necessario, perciò , identificare adeguatamente che cos’è e quali esigenze comporta l’amore coniugale. Dal fatto di centrare o meno la risposta dipenderà la felicità degli sposi. Quali sono le note e le esigenze caratteristiche dell’amore coniugale? L’amore coniugale è un amore pienamente umano, totale, fedele, esclusivo e fecondo. a. L’amore coniugale è un amore pienamente umano e totale. Deve coinvolgere la persona degli sposi a tutti i livelli: corpo e spirito, sentimenti e volontà, ecc. È un amore di donazione nel quale il desiderio umano, che comprende anche l’ “eros”, tende alla formazione di una comunione di persone. Non sarebbe coniugale l’amore che escludesse la sessualità o che, nel caso estremo, la considerasse come un semplice strumento di piacere. Gli sposi devono condividere ogni cosa senza riserve e calcoli egoistici, amando ognuno il proprio consorte non per ciò che da lui riceve, ma per se stesso. Non è, dunque, un amore autenticamente umano e coniugale quello che teme di dare tutto quanto ha e di darsi completamente, quello che pensa soltanto a sé, o anche quello che pensa più a sé che all’altra persona. b. Un amore fedele ed esclusivo. Se l’amore coniugale è totale e definitivo, deve avere anche come caratteristica necessaria la esclusività e la fedeltà. “L’unione intima, prevista dal Creatore, essendo una donazione reciproca di due persone, uomo e donna, richiede la piena fedeltà degli sposi e impone la sua indissolubile unità”.La fedeltà non soltanto è connaturale al matrimonio, ma è anche una sorgente di profonda e durevole felicità. In positivo, la fedeltà comporta la donazione reciproca senza riserve e senza condizioni; in negativo, comporta l’esclusione di qualunque intromissione di terze persone – e questo a tutti i livelli: di pensiero, di parola e di opere – nella relazione coniugale. c. E un amore fecondo, aperto alla vita. L’amore coniugale è orientato a prolungarsi in nuove vite; non si esaurisce negli sposi. La tendenza alla procreazione fa parte della natura della sessualità. Di conseguenza, l’apertura alla fecondità è una esigenza della verità dell’amore coniugale e un criterio per stabilirne l’autenticità. I figli sono, indubbiamente, il dono più eccellente del matrimonio e contribuiscono in modo determinante al bene dei genitori stessi (cosa diversa è che poi, di fatto, nascano o no nuove vite). Queste caratteristiche dell’amore sono inseparabili: se ne manca una, non esisterono neppure le altre. Sono aspetti della stessa realtà. L’amore degli sposi è un dono, e discende dall’amore creatore e redentore di Dio stesso. Il sacramento del matrimonio, concesso agli sposi come dono e come grazia, è espressione del progetto di Dio per gli uomini e del suo potere salvifico, capace di portarli fino alla piena realizzazione del suo disegno. Oltre a essere un dono, il matrimonio rappresenta un compito dell’uomo e della donna, un compito che impegna la libertà, la responsabilità e la fede. L’amore coniugale non si esaurisce in un solo atto, ma si esprime attraverso una moltitudine di opere quotidiane grandi o piccole. È una disposizione stabile (un abito) della persona e, nello stesso tempo, un compito. L’amore coniugale è esigente ed è chiamato a coltivarsi. Come virtù, gli sposi lo debbono costruire continuamente, in base alla situazione in cui ciascuno si trova e agli aneliti e alle fatiche di ogni giorno. “Il segreto della felicità coniugale è racchiuso nelle cose quotidiane, e non in fantasticherie. Consiste nello scoprire la gioia intima del ritorno al focolare, nell’incontro affettuoso coi figli; nel lavoro di ogni giorno a cui collabora tutta la famiglia; nel buon umore dinanzi alle difficoltà, che vanno affrontate con spirito sportivo”. La felicità coniugale non è possibile se la relazione non si coltiva e non la si cura giorno dopo giorno, attraverso fatti concreti di amore – espressi in parole, in teneri gesti, in dettagli affettuosi, in atti di generosità, di fiducia, di sincerità, di cooperazione… –, che rendono reale il reciproco impegno di vivere nell’amore. Il matrimonio, come unione coniugale, è ordinato al reciproco aiuto interpersonale dei coniugi e alla procreazione, accettazione ed educazione dei figli. Le forze istintive, emotive e razionali che sono presenti nella dimensione sessuale dei coniugi si ordinano e divengono degne della persona umana e dell’amore coniugale, quando sono compiute e governate dalle caratteristiche essenziali dell’amore e dell’unione coniugale: nel contesto di un amore indissolubilmente fedele e aperto alla vita. In tal senso, nell’unione coniugale si ha anche una scuola dell’inclinazione sessuale nella quale non c’è posto per il libertinaggio. L’atto coniugale è l’atto proprio e specifico della vita coniugale. È il modo tipico con il quale i coniugi si esprimono come “una sola carne”, e arrivano a conoscersi reciprocamente nella loro condizione specifica di coniugi. È l’atto nel quale i coniugi si comunicano, di fatto, la reciproca donazione che hanno confermato verbalmente nel contrarre il matrimonio; è il linguaggio con il quale i coniugi si dicono l’un l’altro: ‘io ti amo incondizionatamente, fedelmente, per sempre e con tutto il mio essere. Mi impegno a formare con te una famiglia’. L’unione sessuale è un atto di donazione, e dunque è un gesto esclusivamente coniugale. Comporta il preliminare impegno matrimoniale e la decisione reale di esprimere e realizzare ogni relazione coniugale come un atto di autentica donazione, in cui ogni coniuge cerchi prima e soprattutto il bene e la soddisfazione dell’altro. In questo contesto, è cosa normale e buona che fra i coniugi ci sia una dimostrazione dell’amore che li unisce e li rende felici per il fatto di stare insieme. Queste dimostrazioni di amore sono molto diverse e intime, sono un dono di Dio e del coniuge. Soltanto per giusti motivi sarebbe accettabile, in una relazione coniugale, fare a meno di questo tipo di unione tra i coniugi. Però l’intimità fisica non soltanto è uno dei mezzi più alti per esprimere amore e unità: è anche il modo con cui i figli arrivano nella famiglia. “L’unione dell’uomo e della donna nel matrimonio è una maniera di imitare, nella carne, la generosità e la fecondità del Creatore”; per questo è bella e sacra. Come spazio dell’azione creatrice di Dio nella trasmissione della vita, l’unione dei coniugi deve essere segno dell’amore di Dio. Di conseguenza, “gli atti coi quali i coniugi si uniscono in casta intimità, sono onorevoli e degni, e, compiuti in modo veramente umano, favoriscono la mutua donazione che essi significano e arricchiscono vicendevolmente in gioiosa gratitudine gli sposi stessi”. L’atto coniugale non soltanto è moralmente buono ma, quando è assistito dalla carità, è santo e fonte di santificazione per le persone sposate. È una conseguenza diretta della dottrina del matrimonio come cammino di santità. In questo contesto, san Josemaría affermava: “Quello che il Signore chiede loro è il rispetto reciproco, la mutua lealtà, un comportamento improntato a delicatezza, a naturalezza, a modestia. Vi dirò anche che i rapporti coniugali sono decorosi quando sono prova di vero amore e, quindi, sono aperti alla fecondità, ai figli”. L’atto coniugale servirà alla realizzazione del bene dei coniugi se è veramente coniugale; sarà così, se è espressione della mutua donazione che, come elementi essenziali, comporta: l’atteggiamento di apertura alla paternità o alla maternità; il rispetto per la persona dell’altro e la padronanza dei propri istinti, i quali devono essere convogliati in modo tale che il desiderio non dia origine a una schiavitù, ma lasci la libertà necessaria per potersi donare all’altro. Questa è una delle ragioni per le quali la castità è in elemento indispensabile della verità dell’amore coniugale. “La castità – dice il Catechismo – è una virtù morale. Essa è anche un dono di Dio”. Una virtù da coltivare e un dono che ci viene dato gratuitamente: è un dono e un compito. Nella vita coniugale la sessualità dev’essere vissuta attraverso la castità. La castità come virtù di stato richiederà, nel caso delle persone sposate, un comportamento conforme alla sua realtà vitale: cercare il bene del coniuge, praticare la fedeltà coniugale ed essere aperti al dono della vita. Vivere la castità vuol dire vivere pienamente l’amore. Alcune volte gli sposi possono considerare la chiamata a essere casti e puri come qualcosa che potrebbe limitare il loro affetto: fin dove possiamo arrivare? Che cosa permette la Chiesa e che cosa proibisce? La verità è che la castità nella vita coniugale non consiste in un no a certe cose. Anche se esclude certi comportamenti che non sono degni, essa è soprattutto un sì radicale, profondo e semplice all’altro. È l’attenzione premurosa dell’amore unico ed esclusivo verso l’altro. La castità non è disprezzo né rifiuto della sessualità o del piacere sessuale, ma una forza interiore e spirituale che libera la sessualità dagli elementi negativi (egoismo, aggressività, sopraffazione, mercificazione dell’altro, narcisismo, lussuria, violenza…) e la promuove alla pienezza dell’amore autentico. È la virtù che permette di padroneggiare questa dimensione dell’uomo. La castità richiede l’acquisizione del dominio di sé, che è una pedagogia della libertà umana. La castità coniugale permette agli sposi di inserire i sentimenti, gli affetti e le passioni in un bene superiore che li libera dall’egoismo e li rende capaci di amare veramente, rispettandosi a vicenda. In altre parole, la castità è la valorizzazione della sessualità come affettività impegnata, fedele, leale e rispettosa della situazione di ciascuno. Non poche persone confondono l’intimità coniugale con le relazioni maritali, però l’autentica intimità è molto più di questo: è quella relazione che mantiene forte e unito il rapporto tra i coniugi, è la profonda unione tra due persone che si amano. L’intimità coniugale richiede la donazione reciproca e in essa si manifesta; va dalle differenze, e anche dalle discussioni su alcuni particolari aspetti della vita quotidiana, fino ai momenti in cui uno confida i sentimenti più intimi, quelli che non condividerebbe con nessun altro. Perché questa intimità esista, i coniugi debbono creare insieme un ponte di unione profondo – costituito da pilastri di conoscenza reciproca, di fiducia, di dialogo, di generosità, di rispetto, di ammirazione, di comprensione, di attrazione fisica, di tenerezza, di senso dell’humour, di vicinanza, ecc. –, che è possibile attraversare quando i due esseri si desiderano e si amano incondizionatamente. I coniugi che vivono questa intimità generosamente cercano un’unione più completa e profonda di tutto il loro essere, dei loro corpi, delle loro menti e dei loro spiriti. Entrambi i coniugi coltivano il desiderio di profonda intesa, di conoscersi e di donarsi reciprocamente. Questi coniugi condividono passione, sentimenti ed emozioni, fanno programmi e insieme prendono decisioni; in poche parole, hanno una vita in comune, una vita che è di entrambi, e questo li rende unici e rende unica la loro relazione coniugale. È una intimità coniugale che trascende i coniugi e li porta a formare una famiglia nella quale si ha un’apertura alla vita e si cerca anche di essere socialmente fecondi. Tutti i fini si richiedono l’un l’altro e, se si vogliono ottenere pienamente ed equilibratamente, occorre cercarli tutti, insieme e armonicamente, senza artificiose contraddizioni. Nello stesso tempo, è bene avere chiaro che il reciproco aiuto non è un mezzo per ottenere altri fini, ma è un fine in se stesso. Marito e moglie non soltanto si completano e si aiutano nel generare ed educare i figli, ma si completano anche riguardo a se stessi in quanto ognuno è il bene dell’altro. “Il matrimonio cristiano non è una semplice istituzione sociale, né tanto meno un rimedio alle debolezze umane: è un’autentica vocazione soprannaturale […]. Gli sposi sono chiamati a santificare il loro matrimonio e a santificare se stessi in questa unione. Commetterebbero perciò un grave errore se edificassero la propria condotta spirituale volgendo le spalle alla famiglia o al margine di essa. La vita familiare, i rapporti coniugali, la cura e l’educazione dei figli, lo sforzo economico per sostenere la famiglia, darle sicurezza e migliorarne le condizioni, i rapporti con gli altri componenti della comunità sociale: sono queste le situazioni umane più comuni che gli sposi cristiani devono soprannaturalizzare”.
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