Amoris Laetitia - Capitolo ottavo - sezione 2
Accompagnare , discernere e integrare la fragilità
Autore: Papa Francesco
Carissimi Fratelli e Sorelle ,
304. È meschino soffermarsi a considerare solo se l’agire di una persona risponda o meno a una legge o a una norma generale, perché questo non basta a discernere e ad assicurare una piena fedeltà a Dio nell’esistenza concreta di un essere umano. Prego caldamente che ricordiamo sempre ciò che insegna san Tommaso d’Aquino e che impariamo ad assimilarlo nel discernimento pastorale: «Sebbene nelle cose generali vi sia una certa necessità, quanto più si scende alle cose particolari, tanto più si trova indeterminazione. […] In campo pratico non è uguale per tutti la verità o norma pratica rispetto al particolare, ma soltanto rispetto a ciò che è generale; e anche presso quelli che accettano nei casi particolari una stessa norma pratica, questa non è ugualmente conosciuta da tutti. […] E tanto più aumenta l’indeterminazione quanto più si scende nel particolare».[347] È vero che le norme generali presentano un bene che non si deve mai disattendere né trascurare, ma nella loro formulazione non possono abbracciare assolutamente tutte le situazioni particolari. Nello stesso tempo occorre dire che, proprio per questa ragione, ciò che fa parte di un discernimento pratico davanti ad una situazione particolare non può essere elevato al livello di una norma. Questo non solo darebbe luogo a una casuistica insopportabile, ma metterebbe a rischio i valori che si devono custodire con speciale attenzione.[348]
305. Pertanto, un Pastore non può sentirsi soddisfatto solo applicando leggi morali a coloro che vivono in situazioni “irregolari”, come se fossero pietre che si lanciano contro la vita delle persone. È il caso dei cuori chiusi, che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa «per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite».[349]In questa medesima linea si è pronunciata la Commissione Teologica Internazionale: «La legge naturale non può dunque essere presentata come un insieme già costituito di regole che si impongono a priori al soggetto morale, ma è una fonte di ispirazione oggettiva per il suo processo, eminentemente personale, di presa di decisione».[350] A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa.[351] Il discernimento deve aiutare a trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti. Credendo che tutto sia bianco o nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio. Ricordiamo che «un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà».[352] La pastorale concreta dei ministri e delle comunità non può mancare di fare propria questa realtà.
306. In qualunque circostanza, davanti a quanti hanno difficoltà a vivere pienamente la legge divina, deve risuonare l’invito a percorrere la via caritatis. La carità fraterna è la prima legge dei cristiani (cfr Gv 15,12; Gal 5,14). Non dimentichiamo la promessa delle Scritture: «Soprattutto conservate tra voi una carità fervente, perché la carità copre una moltitudine di peccati» (1 Pt 4,8); «sconta i tuoi peccati con l’elemosina e le tue iniquità con atti di misericordia verso gli afflitti» (Dn 4,24); «l’acqua spegne il fuoco che divampa, l’elemosina espia i peccati» (Sir 3,30). È anche ciò che insegna sant’Agostino: «Come dunque se fossimo in pericolo per un incendio correremmo per prima cosa in cerca dell’acqua, con cui poter spegnere l’incendio, […] ugualmente, se qualche fiamma di peccato si è sprigionata dal fieno delle nostre passioni e perciò siamo scossi, rallegriamoci dell’opportunità che ci viene data di fare un’opera di vera misericordia, come se ci fosse offerta la fontana da cui prender l’acqua per spegnere l’incendio che si era acceso».[353]
307. Per evitare qualsiasi interpretazione deviata, ricordo che in nessun modo la Chiesa deve rinunciare a proporre l’ideale pieno del matrimonio, il progetto di Dio in tutta la sua grandezza: «I giovani battezzati vanno incoraggiati a non esitare dinanzi alla ricchezza che ai loro progetti di amore procura il sacramento del matrimonio, forti del sostegno che ricevono dalla grazia di Cristo e dalla possibilità di partecipare pienamente alla vita della Chiesa».[354] La tiepidezza, qualsiasi forma di relativismo, o un eccessivo rispetto al momento di proporlo, sarebbero una mancanza di fedeltà al Vangelo e anche una mancanza di amore della Chiesa verso i giovani stessi. Comprendere le situazioni eccezionali non implica mai nascondere la luce dell’ideale più pieno né proporre meno di quanto Gesù offre all’essere umano. Oggi, più importante di una pastorale dei fallimenti è lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni e così prevenire le rotture.
308. Tuttavia, dalla nostra consapevolezza del peso delle circostanze attenuanti – psicologiche, storiche e anche biologiche – ne segue che «senza sminuire il valore dell’ideale evangelico, bisogna accompagnare con misericordia e pazienza le possibili tappe di crescita delle persone che si vanno costruendo giorno per giorno», lasciando spazio alla «misericordia del Signore che ci stimola a fare il bene possibile».[355] Comprendo coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione. Ma credo sinceramente che Gesù vuole una Chiesa attenta al bene che lo Spirito sparge in mezzo alla fragilità: una Madre che, nel momento stesso in cui esprime chiaramente il suo insegnamento obiettivo, «non rinuncia al bene possibile, benché corra il rischio di sporcarsi con il fango della strada».[356] I Pastori che propongono ai fedeli l’ideale pieno del Vangelo e la dottrina della Chiesa devono aiutarli anche ad assumere la logica della compassione verso le persone fragili e ad evitare persecuzioni o giudizi troppo duri e impazienti. Il Vangelo stesso ci richiede di non giudicare e di non condannare (cfr Mt 7,1; Lc 6,37). Gesù «aspetta che rinunciamo a cercare quei ripari personali o comunitari che ci permettono di mantenerci a distanza dal nodo del dramma umano, affinché accettiamo veramente di entrare in contatto con l’esistenza concreta degli altri e conosciamo la forza della tenerezza. Quando lo facciamo, la vita ci si complica sempre meravigliosamente».[357]
309. È provvidenziale che queste riflessioni si sviluppino nel contesto di un Anno Giubilare dedicato alla misericordia, perché anche davanti alle più diverse situazioni che interessano la famiglia, «la Chiesa ha la missione di annunciare la misericordia di Dio, cuore pulsante del Vangelo, che per mezzo suo deve raggiungere il cuore e la mente di ogni persona. La Sposa di Cristo fa suo il comportamento del Figlio di Dio che a tutti va incontro senza escludere nessuno».[358] Sa bene che Gesù stesso si presenta come Pastore di cento pecore, non di novantanove. Le vuole tutte. A partire da questa consapevolezza, si renderà possibile che «a tutti, credenti e lontani, possa giungere il balsamo della misericordia come segno del Regno di Dio già presente in mezzo a noi».[359]
310. Non possiamo dimenticare che «la misericordia non è solo l’agire del Padre, ma diventa il criterio per capire chi sono i suoi veri figli. Insomma, siamo chiamati a vivere di misericordia, perché a noi per primi è stata usata misericordia».[360] Non è una proposta romantica o una risposta debole davanti all’amore di Dio, che sempre vuole promuovere le persone, poiché «l’architrave che sorregge la vita della Chiesa è la misericordia. Tutto della sua azione pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza con cui si indirizza ai credenti; nulla del suo annuncio e della sua testimonianza verso il mondo può essere privo di misericordia».[361] È vero che a volte «ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori. Ma la Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa».[362]
311. L’insegnamento della teologia morale non dovrebbe tralasciare di fare proprie queste considerazioni, perché seppure è vero che bisogna curare l’integralità dell’insegnamento morale della Chiesa, si deve sempre porre speciale attenzione nel mettere in evidenza e incoraggiare i valori più alti e centrali del Vangelo,[363] particolarmente il primato della carità come risposta all’iniziativa gratuita dell’amore di Dio. A volte ci costa molto dare spazio nella pastorale all’amore incondizionato di Dio.[364] Poniamo tante condizioni alla misericordia che la svuotiamo di senso concreto e di significato reale, e questo è il modo peggiore di annacquare il Vangelo. È vero, per esempio, che la misericordia non esclude la giustizia e la verità, ma anzitutto dobbiamo dire che la misericordia è la pienezza della giustizia e la manifestazione più luminosa della verità di Dio. Pertanto, conviene sempre considerare «inadeguata qualsiasi concezione teologica che in ultima analisi metta in dubbio l’onnipotenza stessa di Dio, e in particolare la sua misericordia».[365]
312. Questo ci fornisce un quadro e un clima che ci impedisce di sviluppare una morale fredda da scrivania nel trattare i temi più delicati e ci colloca piuttosto nel contesto di un discernimento pastorale carico di amore misericordioso, che si dispone sempre a comprendere, a perdonare, ad accompagnare, a sperare, e soprattutto a integrare. Questa è la logica che deve prevalere nella Chiesa, per «fare l’esperienza di aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali».[366] Invito i fedeli che stanno vivendo situazioni complesse ad accostarsi con fiducia a un colloquio con i loro pastori o con laici che vivono dediti al Signore. Non sempre troveranno in essi una conferma delle proprie idee e dei propri desideri, ma sicuramente riceveranno una luce che permetterà loro di comprendere meglio quello che sta succedendo e potranno scoprire un cammino di maturazione personale. E invito i pastori ad ascoltare con affetto e serenità, con il desiderio sincero di entrare nel cuore del dramma delle persone e di comprendere il loro punto di vista, per aiutarle a vivere meglio e a riconoscere il loro posto nella Chiesa.