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Lo sguardo rivolto a Gesù

Tratto da "Amoris Laetitia" - Capitolo terzo - sezione 1

Autore: Papa Francesco

Carissimi Fratelli e Sorelle ,

58. Davanti alle famiglie e in mezzo ad esse deve sempre nuovamente risuonare il primo annuncio, ciò che è «più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario»[50], e «deve occupare il centro dell’attività evangelizzatrice».[51] È l’annuncio principale, «quello che si deve sempre tornare ad ascoltare in modi diversi e che si deve sempre tornare ad annunciare durante la catechesi in una forma o nell’altra».[52] Perché «non c’è nulla di più solido, di più profondo, di più sicuro, di più consistente e di più saggio di tale annuncio» e «tutta la formazione cristiana è prima di tutto l’approfondimento del kerygma».[53]

59. Il nostro insegnamento sul matrimonio e la famiglia non può cessare di ispirarsi e di trasfigurarsi alla luce di questo annuncio di amore e di tenerezza, per non diventare mera difesa di una dottrina fredda e senza vita. Infatti, non si può neppure comprendere pienamente il mistero della famiglia cristiana se non alla luce dell’infinito amore del Padre, che si è manifestato in Cristo, il quale si è donato sino alla fine ed è vivo in mezzo a noi. Perciò desidero contemplare Cristo vivente che è presente in tante storie d’amore, e invocare il fuoco dello Spirito su tutte le famiglie del mondo.

60. Entro tale quadro, questo breve capitolo raccoglie una sintesi dell’insegnamento della Chiesa sul matrimonio e la famiglia. Anche a questo riguardo citerò diversi contributi presentati dai Padri sinodali nelle loro considerazioni sulla luce che ci offre la fede. Essi sono partiti dallo sguardo di Gesù e hanno indicato che Egli «ha guardato alle donne e agli uomini che ha incontrato con amore e tenerezza, accompagnando i loro passi con verità, pazienza e misericordia, nell’annunciare le esigenze del Regno di Dio».[54] Allo stesso modo, il Signore ci accompagna oggi nel nostro impegno per vivere e trasmettere il Vangelo della famiglia.

61. Di fronte a quelli che proibivano il matrimonio, il Nuovo Testamento insegna che «ogni creazione di Dio è buona e nulla va rifiutato» (1 Tm 4,4). Il matrimonio è un «dono» del Signore (cfr 1 Cor 7,7). Nello stesso tempo, a causa di tale valutazione positiva, si pone un forte accento sull’avere cura di questo dono divino: «Il matrimonio sia rispettato da tutti e il letto nuziale sia senza macchia» (Eb 13,4). Tale dono di Dio include la sessualità: «Non rifiutatevi l’un l’altro» (1 Cor 7,5).

62. I Padri sinodali hanno ricordato che Gesù, «riferendosi al disegno primigenio sulla coppia umana, riafferma l’unione indissolubile tra l’uomo e la donna, pur dicendo che “per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così” (Mt 19,8). L’indissolubilità del matrimonio (“Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi”: Mt 19,6), non è innanzitutto da intendere come “giogo” imposto agli uomini, bensì come un “dono” fatto alle persone unite in matrimonio. […] La condiscendenza divina accompagna sempre il cammino umano, guarisce e trasforma il cuore indurito con la sua grazia, orientandolo verso il suo principio, attraverso la via della croce. Dai Vangeli emerge chiaramente l’esempio di Gesù, che […] annunciò il messaggio concernente il significato del matrimonio come pienezza della rivelazione che recupera il progetto originario di Dio (cfr Mt 19,3)».[55]

63. «Gesù, che ha riconciliato ogni cosa in sé, ha riportato il matrimonio e la famiglia alla loro forma originale (cfr Mc 10,1-12). La famiglia e il matrimonio sono stati redenti da Cristo (cfr Ef 5,21-32), restaurati a immagine della Santissima Trinità, mistero da cui scaturisce ogni vero amore. L’alleanza sponsale, inaugurata nella creazione e rivelata nella storia della salvezza, riceve la piena rivelazione del suo significato in Cristo e nella sua Chiesa. Da Cristo attraverso la Chiesa, il matrimonio e la famiglia ricevono la grazia necessaria per testimoniare l’amore di Dio e vivere la vita di comunione. Il Vangelo della famiglia attraversa la storia del mondo sin dalla creazione dell’uomo ad immagine e somiglianza di Dio (cfr Gen 1,26-27) fino al compimento del mistero dell’Alleanza in Cristo alla fine dei secoli con le nozze dell’Agnello (cfr Ap 19,9)».[56]

64. «L’esempio di Gesù è paradigmatico per la Chiesa. […] Egli ha inaugurato la sua vita pubblica con il segno di Cana, compiuto ad un banchetto di nozze (cfr Gv 2,1-11). […] Ha condiviso momenti quotidiani di amicizia con la famiglia di Lazzaro e le sue sorelle (cfr Lc 10,38) e con la famiglia di Pietro (cfr Mt 8,14). Ha ascoltato il pianto dei genitori per i loro figli, restituendoli alla vita (cfr Mc 5,41; Lc 7,14-15) e manifestando così il vero significato della misericordia, la quale implica il ristabilimento dell’Alleanza (cfr Giovanni Paolo II, Dives in misericordia, 4). Ciò appare chiaramente negli incontri con la donna samaritana (cfr Gv 4,1-30) e con l’adultera (cfr Gv 8,1-11), nei quali la percezione del peccato si desta davanti all’amore gratuito di Gesù».[57]

65. L’incarnazione del Verbo in una famiglia umana, a Nazaret, commuove con la sua novità la storia del mondo. Abbiamo bisogno di immergerci nel mistero della nascita di Gesù, nel sì di Maria all’annuncio dell’angelo, quando venne concepita la Parola nel suo seno; anche nel sì di Giuseppe, che ha dato il nome a Gesù e si fece carico di Maria; nella festa dei pastori al presepe; nell’adorazione dei Magi; nella fuga in Egitto, in cui Gesù partecipa al dolore del suo popolo esiliato, perseguitato e umiliato; nella religiosa attesa di Zaccaria e nella gioia che accompagna la nascita di Giovanni Battista; nella promessa compiuta per Simeone e Anna nel tempio; nell’ammirazione dei dottori della legge mentre ascoltano la saggezza di Gesù adolescente. E quindi penetrare nei trenta lunghi anni nei quali Gesù si guadagnò il pane lavorando con le sue mani, sussurrando le orazioni e la tradizione credente del suo popolo ed educandosi nella fede dei suoi padri, fino a farla fruttificare nel mistero del Regno. Questo è il mistero del Natale e il segreto di Nazaret, pieno di profumo di famiglia! E’ il mistero che tanto ha affascinato Francesco di Assisi, Teresa di Gesù Bambino e Charles de Foucauld, e al quale si dissetano anche le famiglie cristiane per rinnovare la loro speranza e la loro gioia.

66. «L’alleanza di amore e fedeltà, di cui vive la Santa Famiglia di Nazaret, illumina il principio che dà forma ad ogni famiglia, e la rende capace di affrontare meglio le vicissitudini della vita e della storia. Su questo fondamento, ogni famiglia, pur nella sua debolezza, può diventare una luce nel buio del mondo. “Qui comprendiamo il modo di vivere in famiglia. Nazaret ci ricordi che cos’è la famiglia, cos’è la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro e inviolabile; ci faccia vedere come è dolce ed insostituibile l’educazione in famiglia, ci insegni la sua funzione naturale nell’ordine sociale” (Paolo VI, Discorso a Nazaret, 5 gennaio 1964)».[58]

67. Il Concilio Ecumenico Vaticano II, nella Costituzione pastorale Gaudium et spes, si è occupato della promozione della dignità del matrimonio e della famiglia (cfr nn. 47-52). «Esso ha definito il matrimonio come comunità di vita e di amore (cfr 48), mettendo l’amore al centro della famiglia […]. Il “vero amore tra marito e moglie” (49) implica la mutua donazione di sé, include e integra la dimensione sessuale e l’affettività, corrispondendo al disegno divino (cfr 48-49). Inoltre sottolinea il radicamento in Cristo degli sposi: Cristo Signore “viene incontro ai coniugi cristiani nel sacramento del matrimonio” (48) e con loro rimane. Nell’incarnazione, Egli assume l’amore umano, lo purifica, lo porta a pienezza, e dona agli sposi, con il suo Spirito, la capacità di viverlo, pervadendo tutta la loro vita di fede, speranza e carità. In questo modo gli sposi sono come consacrati e, mediante una grazia propria, edificano il Corpo di Cristo e costituiscono una Chiesa domestica (cfr Lumen gentium, 11), così che la Chiesa, per comprendere pienamente il suo mistero, guarda alla famiglia cristiana, che lo manifesta in modo genuino».[59]

68. In seguito, «il beato Paolo VI, sulla scia del Concilio Vaticano II, ha approfondito la dottrina sul matrimonio e sulla famiglia. In particolare, con l’Enciclica Humanae vitae, ha messo in luce il legame intrinseco tra amore coniugale e generazione della vita: “L’amore coniugale richiede dagli sposi che essi conoscano convenientemente la loro missione di paternità responsabile, sulla quale oggi a buon diritto tanto si insiste e che va anch’essa esattamente compresa. […] L’esercizio responsabile della paternità implica dunque che i coniugi riconoscano i propri doveri verso Dio, verso se stessi, verso la famiglia e verso la società, in una giusta gerarchia dei valori» (n. 10). Nell’Esortazione Apostolica Evangelii nuntiandi, Paolo VI ha evidenziato il rapporto tra la famiglia e la Chiesa».[60]

69. «San Giovanni Paolo II ha dedicato alla famiglia una particolare attenzione attraverso le sue catechesi sull’amore umano, la Lettera alle famiglie Gratissimam sane e soprattutto con l’Esortazione apostolica Familiaris consortio. In tali documenti, il Pontefice ha definito la famiglia “via della Chiesa”; ha offerto una visione d’insieme sulla vocazione all’amore dell’uomo e della donna; ha proposto le linee fondamentali per la pastorale della famiglia e per la presenza della famiglia nella società. In particolare, trattando della carità coniugale (cfr Familiaris consortio, 13), ha descritto il modo in cui i coniugi, nel loro mutuo amore, ricevono il dono dello Spirito di Cristo e vivono la loro chiamata alla santità».[61]

70. «Benedetto XVI, nell’Enciclica Deus caritas est, ha ripreso il tema della verità dell’amore tra uomo e donna, che s’illumina pienamente solo alla luce dell’amore di Cristo crocifisso (cfr 2). Egli ribadisce come “il matrimonio basato su un amore esclusivo e definitivo diventa l’icona del rapporto di Dio con il suo popolo e viceversa: il modo di amare di Dio diventa la misura dell’amore umano” (11). Inoltre, nell’Enciclica Caritas in veritate, evidenzia l’importanza dell’amore come principio di vita nella società (cfr 44), luogo in cui s’impara l’esperienza del bene comune».[62]

71. «La Scrittura e la Tradizione ci aprono l’accesso a una conoscenza della Trinità che si rivela con tratti familiari. La famiglia è immagine di Dio, che […] è comunione di persone. Nel battesimo, la voce del Padre designa Gesù come suo Figlio amato, e in questo amore ci è dato di riconoscere lo Spirito Santo (cfr Mc 1,10-11). Gesù, che ha riconciliato ogni cosa in sé e ha redento l’uomo dal peccato, non solo ha riportato il matrimonio e la famiglia alla loro forma originale, ma ha anche elevato il matrimonio a segno sacramentale del suo amore per la Chiesa (cfr Mt 19,1-12; Mc 10,1-12; Ef 5,21-32). Nella famiglia umana, radunata da Cristo, è restituita la “immagine e somiglianza” della Santissima Trinità (cfr Gen 1,26), mistero da cui scaturisce ogni vero amore. Da Cristo, attraverso la Chiesa, il matrimonio e la famiglia ricevono la grazia dello Spirito Santo, per testimoniare il Vangelo dell’amore di Dio».[63]

72. Il sacramento del matrimonio non è una convenzione sociale, un rito vuoto o il mero segno esterno di un impegno. Il sacramento è un dono per la santificazione e la salvezza degli sposi, perché «la loro reciproca appartenenza è la rappresentazione reale, per il tramite del segno sacramentale, del rapporto stesso di Cristo con la Chiesa. Gli sposi sono pertanto il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla Croce; sono l’uno per l’altra, e per i figli, testimoni della salvezza, di cui il sacramento li rende partecipi».[64] Il matrimonio è una vocazione, in quanto è una risposta alla specifica chiamata a vivere l’amore coniugale come segno imperfetto dell’amore tra Cristo e la Chiesa. Pertanto, la decisione di sposarsi e di formare una famiglia dev’essere frutto di un discernimento vocazionale.

73. «Il dono reciproco costitutivo del matrimonio sacramentale è radicato nella grazia del battesimo che stabilisce l’alleanza fondamentale di ogni persona con Cristo nella Chiesa. Nella reciproca accoglienza e con la grazia di Cristo i nubendi si promettono dono totale, fedeltà e apertura alla vita, essi riconoscono come elementi costitutivi del matrimonio i doni che Dio offre loro, prendendo sul serio il loro vicendevole impegno, in suo nome e di fronte alla Chiesa. Ora, nella fede è possibile assumere i beni del matrimonio come impegni meglio sostenibili mediante l’aiuto della grazia del sacramento. […] Pertanto, lo sguardo della Chiesa si volge agli sposi come al cuore della famiglia intera che volge anch’essa lo sguardo verso Gesù».[65] Il sacramento non è una “cosa” o una “forza”, perché in realtà Cristo stesso «viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il sacramento del matrimonio. Egli rimane con loro, dà loro la forza di seguirlo prendendo su di sé la propria croce, di rialzarsi dopo le loro cadute, di perdonarsi vicendevolmente, di portare gli uni i pesi degli altri».[66] Il matrimonio cristiano è un segno che non solo indica quanto Cristo ha amato la sua Chiesa nell’Alleanza sigillata sulla Croce, ma rende presente tale amore nella comunione degli sposi. Unendosi in una sola carne rappresentano lo sposalizio del Figlio di Dio con la natura umana. Per questo «nelle gioie del loro amore e della loro vita familiare egli concede loro, fin da quaggiù, una pregustazione del banchetto delle nozze dell’Agnello».[67] Benché «l’analogia tra la coppia marito-moglie e quella Cristo-Chiesa» sia una «analogia imperfetta»,[68] essa invita ad invocare il Signore perché riversi il suo amore dentro i limiti delle relazioni coniugali.

74. L’unione sessuale, vissuta in modo umano e santificata dal sacramento, è a sua volta per gli sposi via di crescita nella vita della grazia. È il «mistero nuziale».[69] Il valore dell’unione dei corpi è espresso nelle parole del consenso, dove i coniugi si sono accolti e si sono donati reciprocamente per condividere tutta la vita. Queste parole conferiscono un significato alla sessualità, liberandola da qualsiasi ambiguità. Tuttavia, in realtà, tutta la vita in comune degli sposi, tutta la rete delle relazioni che tesseranno tra loro, con i loro figli e con il mondo, sarà impregnata e irrobustita dalla grazia del sacramento che sgorga dal mistero dell’Incarnazione e della Pasqua, in cui Dio ha espresso tutto il suo amore per l’umanità e si è unito intimamente ad essa. Non saranno mai soli con le loro forze ad affrontare le sfide che si presentano. Essi sono chiamati a rispondere al dono di Dio con il loro impegno, la loro creatività, la loro resistenza e lotta quotidiana, ma potranno sempre invocare lo Spirito Santo che ha consacrato la loro unione, perché la grazia ricevuta si manifesti nuovamente in ogni nuova situazione.
75. Secondo la tradizione latina della Chiesa, nel sacramento del matrimonio i ministri sono l’uomo e la donna che si sposano,[70] i quali, manifestando il loro mutuo consenso ed esprimendolo nel reciproco dono corporale, ricevono un grande dono. Il loro consenso e l’unione dei corpi sono gli strumenti dell’azione divina che li rende una sola carne.

Nel Battesimo è stata consacrata la loro capacità di unirsi in matrimonio come ministri del Signore per rispondere alla chiamata di Dio. Pertanto, quando due coniugi non cristiani ricevono il Battesimo, non è necessario che rinnovino la promessa matrimoniale ed è sufficiente che non la rifiutino, dal momento che, a causa del Battesimo che ricevono, la loro unione diventa per ciò stesso sacramentale. Il Diritto Canonico riconosce anche la validità di alcuni matrimoni che si celebrano senza un ministro ordinato.[71] Infatti l’ordine naturale è stato assunto dalla redenzione di Gesù Cristo, in maniera tale che «tra i battezzati, non può sussistere un valido contratto matrimoniale, che non sia per ciò stesso sacramento».

[72] La Chiesa può esigere che l’atto sia pubblico, la presenza di testimoni e altre condizioni che sono mutate nel corso della storia, però questo non toglie ai due sposi il loro carattere di ministri del sacramento, né diminuisce la centralità del consenso dell’uomo e della donna, che è ciò che di per sé stabilisce il vincolo sacramentale. In ogni caso, abbiamo bisogno di riflettere ulteriormente circa l’azione divina nel rito nuziale, che è posta in grande risalto nelle Chiese orientali, con l’attribuire particolare importanza alla benedizione dei contraenti come segno del dono dello Spirito.

76. «Il Vangelo della famiglia nutre pure quei semi che ancora attendono di maturare, e deve curare quegli alberi che si sono inariditi e necessitano di non essere trascurati»,[73] in modo che, partendo dal dono di Cristo nel sacramento, «siano pazientemente condotti oltre, giungendo ad una conoscenza più ricca e ad una integrazione più piena di questo Mistero nella loro vita».[74]

77. Assumendo l’insegnamento biblico secondo il quale tutto è stato creato da Cristo e in vista di Cristo (cfr Col 1,16), i Padri sinodali hanno ricordato che «l’ordine della redenzione illumina e compie quello della creazione. Il matrimonio naturale, pertanto, si comprende pienamente alla luce del suo compimento sacramentale: solo fissando lo sguardo su Cristo si conosce fino in fondo la verità sui rapporti umani. “In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo. […] Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione” (Gaudium et spes, 22). Risulta particolarmente opportuno comprendere in chiave cristocentrica le proprietà naturali del matrimonio, che costituiscono il bene dei coniugi (bonum coniugum)»,[75] che comprende l’unità, l’apertura alla vita, la fedeltà e l’indissolubilità, e all’interno del matrimonio cristiano anche l’aiuto reciproco nel cammino verso una più piena amicizia con il Signore. «Il discernimento della presenza dei semina Verbi nelle altre culture (cfr Ad gentes, 11) può essere applicato anche alla realtà matrimoniale e familiare. Oltre al vero matrimonio naturale ci sono elementi positivi presenti nelle forme matrimoniali di altre tradizioni religiose»,[76] benché non manchino neppure le ombre. Possiamo affermare che «ogni persona che desideri formare in questo mondo una famiglia che insegni ai figli a gioire per ogni azione che si proponga di vincere il male – una famiglia che mostri che lo Spirito è vivo e operante –, troverà la gratitudine e la stima, a qualunque popolo, religione o regione appartenga».[77]

78. «Lo sguardo di Cristo, la cui luce rischiara ogni uomo (cfr Gv 1,9; Gaudium et spes, 22) ispira la cura pastorale della Chiesa verso i fedeli che semplicemente convivono o che hanno contratto matrimonio soltanto civile o sono divorziati risposati. Nella prospettiva della pedagogia divina, la Chiesa si volge con amore a coloro che partecipano alla sua vita in modo imperfetto: invoca con essi la grazia della conversione, li incoraggia a compiere il bene, a prendersi cura con amore l’uno dell’altro e a mettersi al servizio della comunità nella quale vivono e lavorano. […] Quando l’unione raggiunge una notevole stabilità attraverso un vincolo pubblico – ed è connotata da affetto profondo, da responsabilità nei confronti della prole, da capacità di superare le prove – può essere vista come un’occasione da accompagnare verso il sacramento del matrimonio, laddove questo sia possibile».[78]
79. «Di fronte a situazioni difficili e a famiglie ferite, occorre sempre ricordare un principio generale: “Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni” (Familiaris consortio, 84). Il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi, e possono esistere fattori che limitano la capacità di decisione. Perciò, mentre va espressa con chiarezza la dottrina, sono da evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione».[79]

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