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Avvento, il tempo dei sogni - IV Domenica di Avvento - Anno A - (Mt 1,18-24)

Dio con noi: quando l’impossibile chiede spazio

Autore: Don Flavio Maganuco

IV DOMENICA DEL TEMPO DI AVVENTO (ANNO A)

Is 7,10-14 Sal 23 Rm 1,1-7 Mt 1,18-24

AVVENTO: IL TEMPO DEI SOGNI
Dio con noi: quando l’impossibile chiede spazio

Ci sono momenti nella vita in cui Dio ci chiede di fidarci proprio lì dove noi abbiamo già deciso come andrà a finire. Abbiamo già fatto i conti. Abbiamo già trovato un piano B.
Abbiamo già stabilito fin dove Dio può arrivare… e dove invece no.

È quello che succede al re Acaz.
Dio gli dice: «Chiedimi un segno, qualunque».
E Acaz risponde con parole che sembrano religiose, educate, perfino pie: «Non voglio tentare il Signore».

Può sembrare umiltà, in realtà è una fede che si protegge. Una fede che non rischia. Una fede che ha già deciso di fidarsi più dell’Assiria che di Dio.

E allora accade qualcosa di sorprendente: Dio non si ferma davanti al nostro rifiuto. Non ritira la sua promessa. Va oltre.

E dona comunque un segno. Non un esercito.
Non una soluzione immediata. Ma un bambino.

Un Dio che entra nella storia così: fragile, piccolo, affidato. Emmanuele. Dio-con-noi.
Non Dio-al-di-sopra,
non Dio-da-lontano,

non Dio-che-sistema-tutto-al-posto-nostro.
Ma Dio che decide di stare dentro la complessità della vita.

Ed è qui che all’atteggiamento di Acaz si contrappone quello di Giuseppe.
Nel Vangelo che abbiamo ascoltato, Giuseppe non parla: ascoltiamo piuttosto i suoi ragionamenti.

Giuseppe non capisce, non ha spiegazioni; non è perfetto, ma – come abbiamo ascoltato – ha un cuore giusto.
Un cuore che, anche nel buio, sceglie di non fare del male.
Un cuore che rimane aperto all’amore anche quando l’amore diventa complicato.

Un cuore capace di fare silenzio. E in quel silenzio fa spazio. Accoglie.
E accoglie un sogno.

Buffa cosa i sogni: non li possiamo controllare, non decidiamo noi cosa accade lì.
Nei sogni, se ci pensate, cadono le difese; diventano il luogo in cui emergono il nostro inconscio,

le nostre paure, le nostre ansie, i nostri desideri più nascosti.
A volte prendono la forma di sogni bellissimi, altre volte di incubi terrificanti.
Alcuni di questi sogni, belli o brutti che siano, sono talmente forti da portarci nella vita reale tutte le emozioni che li accompagnano, come se fossero stati un’esperienza vera.

È confortante sapere che anche Dio sceglie proprio quel luogo fragile e incontrollabile per parlare.
Non entra quando tutto è sotto controllo,
non si impone quando siamo lucidi, forti, ben organizzati.

Dio parla nel sogno, quando abbassiamo le difese,
quando non recitiamo,
quando siamo semplicemente noi, con le nostre paure e i nostri desideri mescolati insieme.

È come se Dio aspettasse il momento in cui smettiamo di proteggerci persino da Lui, per dirci la cosa più importante:
«Non temere».
Non temere di accogliere. Non temere di fidarti.

Non temere di lasciare entrare ciò che non capisci ancora.

Giuseppe si fida di quella parola ascoltata in sogno e, dopo aver ascoltato, decide.
Decide di non chiudere la porta a Dio.
Giuseppe ci insegna che essere giusti non significa essere perfetti, ma accogliere Dio anche quando arriva in un modo che non avevi programmato né previsto.

Avvento allora non è preparare il Natale “per bene”.
È decidere se vogliamo essere come Acaz — religiosi, magari all’apparenza perfetti, ma chiusi — o come Giuseppe — spaventati, sì, ma giusti, cioè disponibili.

Dio sta per nascere. Ma non lo fa senza il nostro sì. Non invade. Chiede spazio.

E forse oggi la domanda è semplice e complicata insieme:

in quale parte della mia vita Dio sta bussando come “impossibile” e io sto facendo finta di essere credente per non aprire?

Forse non lo fa quando siamo lucidi e sicuri, ma quando siamo stanchi, disarmati, quando la vita ci fa abbassare le difese. Forse Dio continua a parlare lì,

in quella zona un po’ notturna del cuore
che assomiglia più a un sogno che a un progetto.

Se gli facciamo posto, anche solo un poco, iniziando oggi — nella Parola ascoltata, nell’Eucaristia che accoglie,
nei fratelli che ci stanno accanto — scopriremo che Dio non toglie i problemi, ma ci sta dentro.

Con noi.
Per sempre.
E questo basta per ricominciare.

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