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Cammino di Perfezione - Capitoli 1, 2 e 3

Autore: Santa Teresa d'Avila

Libro dal titolo Cammino di perfezione, composto da Teresa di Gesù, religiosa dell’Ordine di nostra Signora del Carmelo. È indirizzato alle monache scalze di nostra Signora del Carmelo della Regola primitiva.

Questo libro contiene gli avvisi e i consigli che Teresa di Gesù dà alle consorelle religiose, sue figlie spirituali, dei monasteri da lei fondati secondo la Regola primitiva di nostra Signora del Carmelo, con l’aiuto di nostro Signore e della gloriosa Vergine Madre di Dio, nostra Signora. Lo indirizza particolarmente alle consorelle del monastero di San Giuseppe di Avila, che fu il primo delle nuove fondazioni, e di cui era priora quando lo scrisse.

In tutto quello che in esso dirò mi sottometto a quanto insegna la santa madre Chiesa romana, e se vi fosse qualcosa contraria al suo insegnamento, è perché non me ne rendo conto. Pertanto, per amore di nostro Signore, prego i teologi che devono leggerlo, di esaminarlo molto attentamente e di correggere gli eventuali errori a questo riguardo e i molti altri che conterrà di altra natura. Se vi fosse qualcosa di buono, sia a gloria e onore di Dio e a servizio della sua santissima Madre, nostra Patrona e Signora, di cui porto l’abito, sebbene assai indegnamente.

PROLOGO

1. Le sorelle di questo monastero di San Giuseppe, sapendo che avevo il permesso dal padre Presentato fra Domenico Báñez, dell’Ordine del glorioso san Domenico, attualmente mio confessore, di scrivere alcune cose sull’orazione, che forse mi verranno bene, per averne trattato con molte persone spirituali e sante, hanno tanto insistito affinché ne dica loro qualcosa, che mi sono decisa a cedere, considerando che il grande amore che hanno per me può rendere loro gradito ciò che è imperfetto e scritto male, più di alcuni libri scritti molto bene da chi sapeva il fatto suo. E confido nelle loro preghiere perché può darsi che, a causa di esse, il Signore si compiaccia di far sì che io riesca a dire qualcosa di ciò che conviene al modo e al genere di vita propri di questa casa. Se il mio lavoro risultasse mal riuscito, il padre Presentato, che lo deve vedere per primo, lo correggerà o lo brucerà e io non avrò perduto nulla nell’obbedire a queste serve di Dio, le quali vedranno che cosa so fare da me quando Sua Maestà non mi aiuta.

2. Penso d’indicare alcuni rimedi per certe piccole tentazioni, opera del demonio, alle quali, per essere tanto piccole, forse non si bada, e dire altre cose, come il Signore mi ispirerà e come mi verranno alla memoria, poiché, non sapendo ancora che cosa devo dire, non posso precisarlo con ordine; e credo sia meglio non seguire uno schema prestabilito, essendo fuori ordine che redigo questo lavoro. Il Signore mi aiuti in tutto quello che farò, affinché sia conforme alla sua santa volontà, perché questa è la mia costante aspirazione, anche se le opere sono difettose come lo sono io.

3. So che in me non mancano l’amore e il desiderio di aiutare, per quanto mi è possibile, le mie sorelle a progredire molto nel servizio del Signore, e questo mio amore, unitamente agli anni e all’esperienza che ho di alcuni monasteri, può forse aiutarmi a riuscire in piccole cose meglio dei teologi. Costoro, per il fatto di avere altre occupazioni più importanti e di essere uomini forti, non prestano troppa attenzione a cose che in se stesse non sembrano di alcun valore, mentre tutto può recar danno a chi è così debole come noi donne, essendo molti i cavilli del demonio per le monache di stretta clausura, contro le quali vede che gli sono necessarie armi nuove. Io, nella mia miseria, mi sono difesa assai male, pertanto vorrei che le mie sorelle imparassero dal mio esempio. Non dirò nulla che non sia frutto d’esperienza, o per averla provata in me o per averla osservata in altre anime.

4. pochi giorni fa mi ordinarono di scrivere una relazione della mia vita, ove ho anche trattato di certe cose riguardanti l’orazione. Può darsi che il mio confessore non voglia che lo vediate, e per questo includerò qui qualcosa di ciò che è detto là e anche altro che mi sembrerà ugualmente necessario. Il Signore – l’ho supplicato per questo – vi metta la sua mano, e lo volga alla sua maggior gloria! Amen.

CAPITOLO 1

Motivo che m’indusse a fondare questo monastero con una Regola tanto severa.

1. All’inizio della fondazione di questo monastero (per le ragioni esposte nel libro che ho detto d’aver scritto, dove ho anche parlato di alcune straordinarie grazie con le quali il Signore mi fece conoscere che in questa casa doveva essere servito con molta generosità) non era mia intenzione che ci fosse tanto rigore nella forma esterna della Regola, né che il monastero mancasse di rendita, anzi, avrei voluto che ci fosse stata la possibilità di non farvi mancare nulla; insomma, ero debole e dappoco, quantunque fossi animata da buone intenzioni e non pensassi certo alla mia comodità.

2. in questo tempo mi giunse notizia dei danni e delle stragi che avevano fatto in Francia i luterani e di quanto andasse aumentando questa malaugurata setta. Ne provai gran dolore e, come se io potessi o fossi qualcosa, piangevo con il Signore e lo supplicavo di porre rimedio a tanto male. Mi sembrava che avrei dato mille volte la vita per salvare una fra le molte anime che là si perdevano. Ma, vedendomi donna e dappoco, nonché incapace a essere utile in ciò che avrei voluto a servizio del Signore, poiché tutta la mia ansia era, come lo è tuttora, che avendo egli tanti nemici e così pochi amici, decisi di fare quel poco che dipendeva da me. Decisi cioè di seguire i precetti evangelici con tutta la perfezione possibile e di adoperarmi perché queste religiose che son qui facessero lo stesso. Fiduciosa nella grande bontà di Dio, che aiuta sempre chi decide di lasciar tutto per amor suo, pensai che, essendo tali le mie consorelle come io le avevo immaginate nei miei desideri, le loro virtù avrebbero compensato i miei difetti e così io avrei potuto contentare in qualche cosa il Signore; infine pensavo che, tutte dedite alla preghiera per i difensori della Chiesa, per i predicatori e per i teologi che la sostengono, avremmo aiutato come meglio si poteva questo mio Signore, così perseguitato da coloro che ha tanto beneficato, da sembrare che questi traditori lo vogliano crocifiggere di nuovo e che egli non abbia dove posare il capo.

3. Oh, mio Redentore, il mio cuore non può giungere a tanto, senza sentirsi spezzare dalla pena! Che cos’è oggi questo atteggiamento dei cristiani? Possibile che a perseguitarvi siano sempre coloro che più vi devono? Coloro ai quali concedete le vostre migliori grazie, che scegliete per vostri amici, fra i quali vivete e ai quali vi comunicate con i sacramenti? Non sono essi sazi dei tormenti che avete patito per loro?

4. Certamente, Signor mio, non fa proprio nulla chi oggi abbandona il mondo; poiché esso è così poco fedele a voi, cosa possiamo sperare noi? Forse che meritiamo maggior fedeltà di quanta ne ha mostrato a voi? Forse che lo abbiamo gratificato con maggiori benefici, perché ci debba serbare amicizia? Dunque? Che cosa ci possiamo aspettare noi che per bontà del Signore siamo esenti da quel contagio pestilenziale, mentre coloro che vi si trovano son già preda del demonio? Un bel castigo si son guadagnati con le loro mani e un buon profitto di fuoco eterno hanno tratto dai loro piaceri! Se la vedano loro, anche se continua a spezzarmi il cuore vedere che tante anime si perdono. Del male ch’è stato non mi affliggo tanto, ma vorrei che non si perdesse ogni giorno un maggior numero di anime.

5. Oh, mie sorelle in Cristo, aiutatemi a supplicare il Signore affinché ci conceda questa grazia, poiché è proprio questo il motivo per cui egli vi ha qui radunate; questa è la vostra vocazione; questo dev’essere il vostro compito, queste le vostre aspirazioni, questo l’oggetto delle vostre lacrime, questo lo scopo delle vostre preghiere; non quello, sorelle mie, di interessi mondani. Quando ci vengono a chiedere di pregare Sua Maestà perché conceda rendite e denaro, io me ne rido, ma ne sono anche addolorata. Tale richiesta viene proprio da alcune persone che io vorrei supplicassero Dio di poter calpestare tutto. Esse hanno buone intenzioni e, in fondo, si finisce col tener conto della loro devozione, anche se io sono sicura di non essere mai ascoltata in questo genere di preghiere. Il mondo è in fiamme; vogliono nuovamente condannare Cristo, come si dice, raccogliendo contro di lui mille testimonianze; vogliono denigrare la sua Chiesa, e dobbiamo sprecare il tempo nel chiedere cose che, se per caso Dio ce le concedesse, ci farebbero avere un’anima di meno in cielo? No, sorelle mie, non è il momento di trattare con Dio d’interessi di poca importanza.

6. È certo che, se non considerassi la debolezza umana, che si consola di qualsiasi aiuto (ed è bene che noi diamo sempre ogni aiuto possibile), sarei lieta di far capire a tutti che non sono queste le cose per cui supplicare Dio con tanto zelo.

CAPITOLO 2

Mostra come non ci si debba preoccupare delle necessità corporali e quale sia il vantaggio della povertà.

1. Non pensate, sorelle mie, che, trascurando di assecondare il mondo, non dobbiate avere di che mangiare, ve l’assicuro io. Non cercate mai di sostentarvi con espedienti umani, perché morirete di fame e giustamente. Tenete gli occhi fissi sul vostro Sposo; è lui a dovervi provvedere del necessario. Una volta che egli è contento di voi, anche coloro che vi sono meno affezionati vi daranno da mangiare, loro malgrado, come l’esperienza vi ha fatto costatare. Se poi, così facendo, doveste morire di fame, fortunate le monache di san Giuseppe! Non dimenticatelo mai, per amor di Dio: poiché avete rinunziato alle rendite, rinunziate ugualmente a ogni preoccupazione circa il vostro nutrimento, altrimenti tutto sarebbe perduto. Coloro che, per volere di Dio, hanno siffatte preoccupazioni, le abbiano pure! È giustissimo, perché essi seguono la loro strada, ma per noi, sorelle, è una pazzia.

2. Contare sulle rendite altrui è, secondo me, pensare vanamente a ciò di cui il prossimo gode; come se con questo gli altri possano cambiare parere e si sentano ispirati a farvi l’elemosina. Lasciate questa cura a colui che può toccare tutti i cuori ed è il padrone delle rendite e di chi le possiede. Noi siamo venute qui seguendo la sua chiamata; le sue parole sono veritiere, perciò si realizzano sempre: passeranno piuttosto i cieli e la terra. Non veniamogli meno noi e non temiamo che egli ci venga meno. E, se talvolta egli ci verrà meno, sarà per un maggior bene, come accadeva ai santi, che, quando venivano uccisi per il Signore, vedevano aumentare la gloria a causa del martirio. Bel cambio sarebbe farla presto finita con tutto e godere l’eterna felicità!

3. Considerate, sorelle, l’importanza di questa raccomandazione; il motivo per cui la lascio qui per iscritto è che non la dimentichiate dopo la mia morte; finché vivo, infatti, ve la ricorderò io stessa, conoscendo per esperienza il gran profitto che si ottiene dal metterla in pratica. Meno si possiede, più si è liberi da preoccupazioni, e il Signore sa che mi pare di avere maggiore pena quando le elemosine abbondano che non quando ci mancano. Non so se ciò avvenga per avere ormai visto che il Signore ci viene subito in aiuto. Sarebbe ingannare il mondo se fosse altrimenti: farci passare per povere, senza esserlo nello spirito, ma solo esteriormente. Me ne farei uno scrupolo di coscienza, come suol dirsi, e mi sembrerebbe d’essere una di quelle ricche che chiedono l’elemosina. Piaccia a Dio che non sia così, perché là dove esistono queste preoccupazioni esagerate di avere elemosine, una volta o l’altra si finisce col contrarne l’abitudine e con l’andare a chiedere ciò che non è necessario a chi forse ha più bisogno di noi. Anche se i benefattori, lungi dal perdere alcunché, non potrebbero che guadagnare, noi perderemmo di sicuro. Dio non voglia, figlie mie! Qualora ciò dovesse accadere, preferirei che aveste rendite.

4. In nessun modo, dunque, dovete preoccuparvi di questo; ve lo chiedo come un’elemosina per amor di Dio; e se la più giovane tra voi venisse a scoprire per caso una tale propensione in questa casa, invochi Sua Maestà e lo faccia presente alla sorella maggiore. Con umiltà le dica che è in errore e che, così facendo, a poco a poco si arriverà alla perdita della vera povertà. Io spero nel Signore che ciò non avvenga e che egli non abbandonerà le sue serve. A tal fine, se non altro, quanto mi avete chiesto di scrivere servirà a ricordarvelo.

5. Credetemi, figlie mie, per il vostro bene Dio mi ha fatto capire qualcosa dei tesori racchiusi nella santa povertà, e quelle tra voi che ne faranno esperienza lo capiranno; forse, però, non tanto come me, perché io non solo non sono stata povera di spirito, malgrado ne avessi fatto il voto, ma insensata. La povertà è un bene che racchiude in sé tutti i beni del mondo; ci assicura un gran dominio, intendo dire che ci rende padroni di tutti i beni terreni, dal momento che ce li fa disprezzare. Che m’importa, infatti, dei re e dei potenti, se non voglio le loro ricchezze, né intendo compiacere ad essi, quando per causa loro mi può accadere di dover dispiacere, sia pur poco, a Dio? E che m’importa dei loro onori, se sono convinta che il più grande onore per un povero è quello di essere veramente povero?

6. Mi sembra che onori e quattrini vadano sempre di pari passo. Chi desidera gli onori non aborrisce le ricchezze, mentre chi aborrisce le ricchezze poco si cura degli onori. Si cerchi di capire bene questo, perché, a mio avviso, il desiderio degli onori trae sempre con sé un qualche attaccamento a rendite e a denari; è assai raro, infatti, che sia oggetto di onori, nel mondo, chi è povero; anzi, sebbene ne sia degno, è tenuto in poco conto. La vera povertà trae con sé un onore così grande che sarebbe quasi insopportabile; ma la povertà che si abbraccia solo per Dio non ha bisogno, ripeto, di contentare nessuno tranne lui; ora, è fuor d’ogni dubbio che, non avendo bisogno di nessuno, si abbiano molti amici. Io l’ho costatato per mia esperienza personale.

7. Poiché su questa virtù si sono scritte tante cose che io non so comprendere e tanto meno spiegare, per non pregiudicarne l’eccellenza col farne proprio io l’elogio, non dirò più nulla. Ho solo detto quello che ho costatato per esperienza, e confesso che ero così estasiata che finora non me ne sono resa conto. Ma, essendo ormai detto, lo sia per amore del Signore, poiché la nostra insegna è la santa povertà che, al principio della fondazione del nostro Ordine, era stimata e osservata fedelmente dai nostri santi Padri (chi conosce bene la storia mi ha assicurato che essi non conservavano nulla un giorno per l’altro) e, dal momento che non si pratica più con altrettanta perfezione esteriormente, procuriamo almeno di osservarla in modo perfetto nel nostro intimo. Per due sole ore di vita il premio sarà senza fine; e quand’anche non ve ne fosse altro che quello di seguire un consiglio del Signore, sarebbe una gran ricompensa imitare in qualcosa Sua Maestà.

8. Ecco le armi che devono figurare sulle nostre bandiere e che dobbiamo custodire in ogni circostanza, in casa, nel modo di vestire, nelle parole e soprattutto nel pensiero. Finché vi atterrete a questa norma, non temete che abbia a decadere l’osservanza della Regola in questa casa, col favore di Dio, perché, come diceva santa Chiara, forti mura sono quelle della povertà. Di queste mura – ella diceva – e di quelle dell’umiltà voleva veder recinti i suoi monasteri, e certamente, se si osserva davvero questa pratica, l’onore del monastero e tutto il resto viene salvaguardato molto meglio che non con sontuosi edifici. Guardatevi bene dal costruirne di tali, ve ne scongiuro in nome di Dio e del suo sangue e, se posso dirlo in tutta coscienza, mi auguro che crollino il giorno stesso in cui siano costruiti.

9. Mi sembra assai sconveniente, figlie mie, costruire grandi case con il denaro dei poveri. Dio non vi permetta mai di avere più di una povera e piccola casa. Cerchiamo di somigliare in qualche cosa al nostro Re, che non ebbe per casa se non la stalla di Betlemme dove nacque e la croce dove morì. Erano, queste, dimore da cui trarre ben poco diletto. Coloro che le costruiscono grandi avranno i loro buoni motivi; saranno indotti da altre sante intenzioni, ma per tredici piccole povere monache, qualunque angolo è sufficiente. Se, reso necessario dalla stretta clausura, potrete avere un giardino (che aiuta anch’esso l’orazione e la devozione) con alcuni romitori dove ritirarvi a pregare, tanto meglio, ma edifici e dimore spaziose con alcunché di ricercato, niente. Dio ce ne liberi! Ricordatevi sempre che il giorno del giudizio tutto dovrà cadere: che sappiamo se tal giorno verrà presto?

10. Ora, che la casa di tredici povere piccole monache faccia un gran rumore, cadendo, non sta bene, perché i veri poveri non devono farlo: essi devono essere gente senza rumore perché si abbia di loro compassione. E quale sarà la vostra gioia se vedrete qualcuno scampare dall’inferno per l’elemosina che vi avrà fatto! Tutto, certo, è possibile, tanto più che voi siete molto obbligate a pregare costantemente per le anime dei vostri benefattori, dandovi essi di che vivere. Il Signore, infatti, benché tutto ci venga da lui, vuole anche che siamo riconoscenti alle persone mediante le quali ce lo offre, e non bisogna trascurare questo debito di gratitudine.

11. Non ricordo più quello che avevo cominciato a dire, perché mi sono allontanata dall’argomento. Credo che così abbia voluto il Signore, perché non avrei mai pensato di scrivere quello che ho detto ora qui. Sua Maestà ci sostenga sempre con il suo aiuto, affinché non venga mai meno fra noi la perfezione di povertà a cui ci siamo votate.

CAPITOLO 3

Continua sull’argomento cominciato nel primo capitolo ed esorta le consorelle a supplicare sempre Dio di soccorrere coloro che lavorano per la Chiesa. Termina con una esclamazione.

1. Tornando al tema principale, che è il fine per il quale il Signore ci ha riunite in questa casa dove io desidero ardentemente che noi siamo almeno un po’ tali da contentare Sua Maestà, dico che nel vedere mali tanto grandi e l’impotenza delle forze umane a isolare il fuoco acceso da questi eretici, benché si sia cercato di radunare soldati nell’intento di porre rimedio con la forza delle armi a tale calamità che si estende ogni giorno di più, mi è sembrato necessario seguire la tattica a cui si ricorre in tempo di guerra. Quando i nemici hanno fatto irruzione in tutto il paese, il signore della regione, vedendosi alle strette, si ritira in una città che fa assai ben fortificare; di là piomba, di quando in quando, su di essi e coloro che sono nella città, essendo soldati scelti, combattono in modo tale da fare più loro da soli di quel che potrebbero fare molti, se codardi. E così spesso si guadagna la vittoria, o almeno, se non la si ottiene, non si è vinti; infatti, poiché non vi sono traditori, non si può cedere che per fame. Qui, da noi, non ci può essere neppure questa fame a farci arrendere: possiamo, sì, morire, ma essere vinte, mai.

2. Ma perché ho detto questo? Affinché voi intendiate, sorelle mie, che ciò di cui abbiamo supplicare Dio è che nessuno dei buoni cristiani ora rinchiusi in questo piccolo castello passi al nemico e che egli faccia avanzare molto nella via del Signore i capitani di tale castello o cittadella che sono i predicatori e i teologi. E poiché la maggior parte di essi appartiene agli Ordini religiosi, dobbiamo pregarlo affinché possano raggiungere un alto grado di perfezione del loro stato, essendo ciò particolarmente necessario. Infatti, come ho detto, chi ci deve salvare è il braccio ecclesiastico e non quello secolare. E, poiché noi non possiamo nulla, sia con l’uno sia con l’altro, per aiutare il nostro Re, procuriamo di essere tali che le nostre orazioni servano ad aiutare questi servi di Dio i quali, a prezzo di tante fatiche, si sono fortificati con dottrina, virtù e difficili prove, per venire ora in aiuto del Signore.

3. Forse vi domanderete perché insisto tanto su questo punto e perché dobbiamo aiutare quelli che sono migliori di noi. Ve lo dirò, perché non credo che comprendiate ancora bene quanto dobbiate al Signore per il fatto che vi ha condotte in una casa dove siete così libere da interessi materiali, da occasioni pericolose e dal contatto col mondo. È, questa, una grande grazia che non hanno quelli di cui parlo, né conviene oggi, meno che in altri tempi, che siano liberi da tutto ciò, perché son loro a dover sostenere i deboli e dar coraggio ai pavidi. Starebbero bene i soldati senza i capitani! Devono, quindi, vivere fra gli uomini, conversare con loro, soggiornare nei palazzi e anche conformarsi a volte esteriormente a loro. Credete voi, figlie mie, che ci voglia poca virtù per trattare con il mondo, vivere in mezzo al mondo, occuparsi degli affari del mondo, conformarsi, come ho detto, alle conversazioni del mondo, ed essere interiormente estranei al mondo, nemici del mondo, vivendo in esso come chi vive in esilio e, infine, non essere uomini, ma angeli? Se, infatti, non fosse così, non meriterebbero il nome di capitani, e allora il Signore non permetta che escano dalle loro celle, perché faranno più male che bene. Non è, infatti, questo il tempo che consenta di scorgere imperfezioni in coloro che devono essere di esempio.

4. Se nel loro intimo non hanno la ferma convinzione che occorre disprezzare tutti i beni della terra, staccarsi da ciò che ha fine e attaccarsi alle cose eterne, per molto che vogliano dissimularlo, finiranno col rivelarsi quali realmente sono. Del resto, non trattano essi forse con il mondo? Bene, siano pur certi che il mondo non perdonerà loro nulla e che nessuna delle loro imperfezioni potrà sfuggirgli. Delle buone azioni molte passeranno inosservate e fors’anche non saranno considerate tali, ma per quelle cattive o imperfette non sarà così, stiano certi. Io mi domando ora, piena di meraviglia, chi mai abbia potuto indicare al mondo la perfezione, non perché la osservi (perché a ciò non crede di essere minimamente obbligato, sembrandogli di far molto se osserva in una certa misura i comandamenti), ma per condannare tali altri di cui a volte ciò che è virtù sembra sia fatto per soddisfazione personale.
Pertanto, non pensiate che a questi uomini sia necessaria solo una limitata grazia divina per sostenere la dura lotta in cui si cimentano; occorre loro, al contrario, un grandissimo aiuto.

5. Ora, due son le cose per cui io vi chiedo di sforzarvi di esser tali da farci meritare di ottenerle da Dio: la prima è che fra i tanti dotti e religiosi che noi abbiamo, ce ne siano molti i quali possiedano le qualità necessarie a questo fine, come ho detto, e che il Signore vi disponga convenientemente coloro che non lo sono del tutto, perché un uomo perfetto farà più di molti uomini imperfetti. La seconda che, una volta entrati in questa lotta, non certo piccola – come ho detto –, il Signore li sostenga con la sua mano affinché possano salvarsi dai tanti pericoli quali sono quelli che il mondo presenta e riescano ad attraversare questo mare insidioso con le orecchie chiuse al canto delle sirene. Se in questo possiamo qualcosa presso Dio, combattiamo per lui, pur stando in clausura, e io riterrò molto ben impiegati tutti i travagli sofferti per fondare questo piccolo ritiro, dove volli che si osservasse la Regola di nostra Signora e Imperatrice con la perfezione primitiva.

6. Non vi sembri inutile pregare costantemente a questo scopo, visto che ci sono alcune persone cui appare cosa dura non pregare molto per la propria anima; ma quale preghiera è migliore di questa? Se vi angustia il pensiero che non vi serva a scontare le pene del purgatorio, tranquillizzatevi: vi saranno scontate anche per mezzo di tale orazione, e se rimane ancora qualcosa, rimanga pure! Che m’importa di stare in purgatorio fino al giorno del giudizio, se con le mie preghiere potrò salvare anche solo un’anima? Tanto più, poi, se giovo al profitto di molte e alla gloria del Signore! Non badate alle pene che hanno una fine, quando si tratta di servire in qualche modo maggiormente colui che ne ha sofferte tante per noi. Prendete sempre consigli circa quella che è la maggior perfezione, per conformarvi ad essa.
Pertanto vi prego, per amore del Signore, di supplicare Sua Maestà di esaudirci in questo. Io stessa, pur essendo così miserabile, ne supplico sempre Sua Maestà, perché i miei desideri sono rivolti solo alla sua gloria e al bene della sua Chiesa.

7. Sembra presunzione da parte mia pensare ch’io possa contribuire a raggiungere questo scopo. Ma io confido, mio Signore, in queste vostre serve che sono qui riunite e che no desiderano né vogliono altro se non contentarvi. Per voi hanno lasciato il poco che avevano e avrebbero voluto aver di più per rendervi maggior servizio con la rinunzia. Voi, mio Creatore, non siete un ingrato perché io possa credere che tralascerete di fare ciò di cui vi supplicano; né, o Signore, quando eravate su questa terra, avete disprezzato le donne, anzi le avete sempre favorite trattandole con molta pietà! Se vi chiederemo onori, rendite, ricchezze o cose che sanno di mondo, non ascoltateci, ma se preghiamo per l’onore di vostro Figlio, perché, eterno Padre, non dovreste ascoltare coloro che per voi sacrificherebbero mille onori e mille vite? Non per noi, Signore, che non lo meritiamo, ma per il sangue e i meriti di vostro Figlio.

8. Oh, eterno Padre! Considerate che tante percosse, tante ingiurie e tanti terribili tormenti non devono essere dimenticati. Come, dunque, mio Creatore, viscere così amorose come le vostre possono sopportare che ciò che fu fatto con tanto ardente amore da vostro Figlio, per contentarvi maggiormente (giacché gli ordinaste di amarci) sia tenuto in così poco conto come oggi questi eretici tengono il santissimo Sacramento, che privano dei suoi tabernacoli distruggendo le chiese? Se avesse omesso di fare qualcosa per contentarvi! Ma ha fatto tutto perfettamente. Non è bastato, eterno Padre, che egli non abbia avuto, mentre visse, ove poggiare il capo e che sia stato sempre gravato di patimenti, perché ora lo privino dei luoghi ove riunisce i suoi amici, di cui vede la debolezza e di cui sa che per affrontare le loro battaglie hanno bisogno di sostenersi con quel celeste alimento? Non aveva egli già pagato in larghissima misura per il peccato di Adamo? Ogni volta che torniamo a peccare, dev’essere sempre questo amorosissimo Agnello a pagare? Non vogliate permetterlo, mio sovrano Signore! Si plachi ormai la vostra Maestà! Non guardate ai nostri peccati, ma alla nostra redenzione operata dal vostro sacratissimo Figlio, ai suoi meriti e a quelli della sua Madre gloriosa e di tanti santi e martiri che sono morti per voi!

9. Ahimè, Signore, chi è costei che ha osato rivolgervi questa preghiera in nome di tutte? Che cattiva mediatrice, figlie mie, avete in me, per presentare le vostre richieste e per ottenere di essere esaudite! Non farà che indignare di più questo sovrano Giudice il vedermi così temeraria, e con giusta ragione! Ma considerate, Signore, che voi siete Dio di misericordia; abbiate pietà di questa povera peccatrice, di questo vermiciattolo che osa tanto. Guardate, mio Dio, ai miei desideri, alle lacrime con cui vi rivolgo la mia supplica e, per quello che siete, dimenticate le mie opere, abbiate pietà di tante anime che si perdono e soccorrete la vostra Chiesa. Non permettete più disastri tra i cristiani, o Signore! Dissipate, vi prego, queste tenebre!

10. Vi supplico, sorelle mie, per amore del Signore, di raccomandare a Sua Maestà questa poveretta perché le dia umiltà e ve lo chiedo come una cosa a cui siete obbligate. Io non vi chiedo d’intercedere con la preghiera particolarmente per i re, i prelati della Chiesa, soprattutto per il nostro vescovo: vi vedo attualmente così zelanti nel farlo, che non mi sembra ci sia bisogno d’altro. Mi auguro che quelle che verranno dopo comprendano che se avranno santi prelati, lo saranno anch’esse loro suddite, e che, essendo cosa di tanta importanza, non cessino mai di raccomandarli al Signore. Il giorno in cui le vostre discipline e i vostri digiuni non avessero più l’obiettivo che ho indicato sopra, sappiate che non adempite né rispettate il fine per cui il Signore vi ha qui riunite.

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