Cammino di Perfezione - Capitoli 39, 40, 41, 42
Autore: Santa Teresa d'Avila
CAPITOLO 39
Prosegue sul medesimo argomento; dà consigli su tentazioni di vario genere e indica due mezzi per potersene liberare.
1. Guardatevi inoltre, figlie mie, da certe umiltà ispirate dal demonio che destano grande inquietudine per la gravità dei nostri peccati. Egli suole opprimere con esse in vari modi, fino ad allontanare le anime dalla comunione e dal praticare l’orazione per conto proprio (non essendone degne, suggerisce loro il demonio). Pertanto, quando si apprestano a ricevere il santissimo Sacramento, il tempo in cui avrebbero dovuto giovarsi delle grazie se ne va nell’indagare se si sono preparate bene o no alla comunione. Lo scrupolo giunge a tali estremi che fa pensare all’anima di essere, a causa della sua indegnità, così abbandonata da Dio da mettere quasi in dubbio la sua misericordia. Tutto quello di cui si occupa le sembra un pericolo, come le sembra senza alcun frutto tutto ciò che compie per servire il Signore, per apprezzabile che sia. Le viene uno scoraggiamento da farle cadere le braccia, sentendosi impotente per qualunque opera buona, perché quel che è un bene in altri, le appare un male in se stessa.
2. State ora molto attente, figlie mie, a quello che vi dirò. Può infatti talvolta essere umiltà e virtù il ritenervi tanto misere, e altre volte una grave tentazione. Siccome io ci sono passata, la conosco. L’umiltà non inquieta né turba né agita l’anima, per quanto grande essa sia, ma è accompagnata da pace, gioia e serenità. Anche se, vedendo la propria miseria, l’anima intende chiaramente che merita di stare nell’inferno, se ne affligge, le sembra che a buon diritto tutti dovrebbero detestarla e non osa quasi invocare misericordia. Ma se è vera umiltà, questa pena è accompagnata da una dolcezza intima e da una gioia tale che non vorremmo vederci privi di essa. Non agita né opprime l’anima, anzi la dilata e la rende capace di servire meglio Dio. L’umiltà proveniente dal demonio, invece, turba, agita, sconvolge tutta l’anima ed è causa di molta amarezza. Credo che il demonio voglia farci credere di possedere l’umiltà per farci in cambio perdere, potendolo, la fiducia in Dio.
3. Quando vi troverete in questo stato, fate il possibile per distogliere il pensiero dalla vostra miseria e riponetelo nella misericordia di Dio, nel suo grande amore e in ciò che ha sofferto per noi. Se è tentazione, non potrete farlo, perché il demonio non lascerà riposare il vostro pensiero, né applicarlo se non a cose che vi daranno maggior tormento; sarà già molto se riconoscerete che si tratta d’una tentazione. Così è delle penitenze eccessive, di cui il demonio si serve per farci credere che siamo più penitenti di altre e che facciamo qualcosa di meritorio. Se vi applicherete ad esse all’insaputa del confessore o della priora o se, essendovi stato ordinato di non farle, non le abbandonerete, è un’evidente tentazione. Cercate – anche se debba procurarvi maggior pena – di ubbidire, perché in ciò vi è maggiore perfezione.
4. Un’altra tentazione assai pericolosa consiste in una certa sicurezza nel credere che in nessun modo potremo tornare agli stessi errori passati e ai piaceri del mondo e dire: «Ormai l’ho capito e so che tutto finisce e mi danno più piacere le cose di Dio». Questa tentazione, se si verifica al principio, è molto dannosa, perché con tale sicurezza non c’importa nulla esporci di nuovo a occasioni, ci cadiamo in pieno, e piaccia a Dio che la ricaduta non sia molto peggiore della caduta! Infatti il demonio, se vede che l’anima può nuocergli e giovare alle altre, mette in opera tutte le sue risorse perché non si rialzi. Così, per quante gioie e pegni d’amore il Signore vi dia, non sentitevi mai tanto sicure da non aver più paura di poter tornare a cadere e da non fuggirne le occasioni.
5. Procurate sempre di parlare di queste grazie e di queste gioie a chi vi può illuminare, senza nascondere nulla, e abbiate l’avvertenza, per quanto elevata sia la contemplazione, di cominciare e finire l’orazione con la conoscenza di voi stesse. E se l’orazione viene da Dio, vostro malgrado e senza bisogno di tale avviso, lo farete anche più volte perché, in questo caso, essa porta con sé l’umiltà e ci lascia sempre più aperte a capire il poco che noi siamo. Non voglio indugiarmi oltre, perché troverete molti libri su questi consigli. Se ne ho parlato, è perché ci sono passata anch’io e molte volte mi sono vista in difficoltà. Ma tutto quanto si può dire non serve a dare una completa sicurezza.
6. Allora, eterno Padre, che cosa dobbiamo fare se non ricorrere a voi e supplicarvi perché i nostri nemici non c’inducano in tentazione? Gli attacchi aperti vengano pure, perché con il vostro aiuto potremo liberarcene più facilmente, ma tali insidie chi potrà scoprirle, mio Dio? Abbiamo sempre bisogno d’invocare il vostro aiuto. Diteci, Signore, qualche parola che possa illuminarci e rassicurarci. Sapete bene che i più non seguono questo cammino e, se si deve percorrerlo con tante paure, saranno ancora meno quelli disposti ad intraprenderlo.
7. È una cosa strana, quasi che il demonio non tentasse anche coloro che non seguono il cammino dell’orazione, che tutti si meraviglino maggiormente nel vedere in inganno una sola anima di quelle che sono pervenute a un certo grado di perfezione, che non di centomila irretite pubblicamente in inganni e in peccati, e circa le quali non c’è da investigare se quel che fanno è buono o cattivo, perché si vede, mille miglia lontano, che sono in potere di Satana. In verità, il mondo ha ragione, essendo talmente pochi quelli che il demonio riesce ad ingannare fra coloro che recitano il Pater noster, nel modo in cui abbiamo detto, che il fatto desta meraviglia come cosa nuova e insolita. È infatti proprio di noi mortali passar sopra a ciò che si vede di continuo e meravigliarci molto di ciò che avviene raramente o quasi mai. E sono gli stessi demoni a suscitare tale meraviglia, indotti dal loro interesse, perché perdono molte anime, per una che pervenga alla perfezione.
CAPITOLO 40
Spiega come, cercando sempre di procedere nell’amore e nel timore di Dio, cammineremo con sicurezza fra tante tentazioni.
1. Dateci, dunque, nostro buon Maestro, qualche rimedio per poter vivere senza sussulti in una guerra così pericolosa. Quello a cui possiamo far ricorso, figlie mie, lasciatoci da Sua Maestà, è l’amore e il timore. L’amore ci farà accelerare il passo, il timore ci farà guardare dove mettiamo i piedi, per non cadere lungo un cammino percorrendo il quale tutti noi che viviamo quaggiù incontriamo tanti inciampi. Così facendo, sicuramente non saremo mai ingannate.
2. Forse mi chiederete da quali segni potrete accorgervi di possedere queste due grandi virtù, e avete ragione, perché una prova assolutamente certa e concreta non si può avere, in quanto se fossimo sicure di avere l’amore, lo saremmo anche di possedere uno stato di grazia. Ma sappiate, sorelle, che ci sono certi segni visibili, sembra, anche ai ciechi: non sono segreti e, anche se non volete accorgervene, parlano con tanta forza da far molto rumore perché, non essendo molti quelli che li possiedono in tutta perfezione, balzano agli occhi con maggiore evidenza. Par niente dire: amore e timore di Dio! Sono due castelli fortificati da dove si può far guerra al mondo e ai demoni.
3. Coloro che amano veramente Dio, amano tutto ciò che è buono, desiderano tutto ciò che è buono, lodano tutto ciò che è buono, si uniscono sempre ai buoni, li aiutano e li difendono; non amano che la verità e ciò che è degno d’essere amato. Pensate che sia possibile, per chi ama veramente Dio, amare cose vane? Su di lui non hanno alcun potere le ricchezze, i piaceri del mondo, gli onori. Non conosce né contese né invidie. Tutto perché non vuole altro se non accontentare l’Amato. Muore dal desiderio d’esserne riamato; pertanto fa consistere la sua vita nel cercare il modo di riuscirgli più gradito. Potrà mai nascondersi tale amore? Oh, l’amore di Dio – se è veramente amore – non si può nascondere! Se non mi credete, guardate san Paolo e la Maddalena: il primo, cioè san Paolo, in tre giorni cominciò a dimostrare d’essere malato d’amore; la Maddalena fin dal primo giorno. E com’era evidente il loro amore! È vero che può essere maggiore o minore, pertanto si rivela in proporzione della sua forza: molto, se è grande; poco, se è piccola, ma poco o molto, se è amore di Dio, si riconosce sempre.
4. Non è certo piccolo, però, quello dei contemplativi, di cui ora più ci occupiamo, essendo essi particolarmente esposti agli inganni e alle illusioni del demonio. Il loro amore è sempre grande – altrimenti non sarebbero veri contemplativi – pertanto si manifesta con evidenza e in molti modi. È un grande fuoco che non può non emettere un grande splendore. E se questo manca, l’anima deve diffidare molto di sé, reputare che c’è di che temere, cercarne la causa, fare orazione e supplicare il Signore di non indurla in tentazione, perché, certo, mancando questo segno, temo che vi sia già. Ma se procede con umiltà, cercando di conoscere la verità, obbedendo al confessore e parlando a lui con tutta franchezza e semplicità, il demonio – come si è detto – dove credeva di darle la morte, le darà la vita, per quante lusinghe e illusioni voglia insinuarle.
5. Se poi sentite quest’amore di Dio di cui ho parlato e il timore di cui ora parlerò, rallegratevi e tranquillizzatevi. Il demonio, per turbarvi l’anima in modo che non goda di così grandi beni, v’ispirerà mille falsi timori e farà sì che altri ve li ispirino. Non potendo, difatti, guadagnarvi a sé, cerca per lo meno di farvi perdere qualcosa e farla perdere a coloro che potrebbero avvantaggiarsi molto dal credere che provengono da Dio le grandi grazie che egli concede a una misera creatura e che è possibile, quindi, riceverle. Dico così perché a volte sembra che non ci ricordiamo più delle sue antiche misericordie.
6. Credete che importi poco al demonio ispirare tali paure? No, anzi molto, perché fa un duplice danno: uno, spaventare le anime che odono parlare di questi pericoli, distogliendole dall’orazione, nel timore che possano essere ingannate anch’esse; l’altro, impedire che se ne accostino a Dio molte di più, vedendo che egli, nella sua grande bontà, può – come ho detto – comunicarsi così intimamente a noi peccatori fin da ora. Ciò le accenderebbe – e con ragione – di un gran desiderio di lui. Difatti io conosco alcune persone che, incoraggiate da tale speranza, hanno cominciato a praticare l’orazione e in poco tempo ne sono uscite con perfezione, avendole il Signore favorite di grandi grazie.
7. Perciò, sorelle, quando vedrete che c’è qualcuna fra voi cui il Signore elargisca le sue grazie, lodatela molto a motivo di ciò, ma non pensate che per questo sia sicura, anzi aiutatela con molte preghiere, perché nessuno può essere sicuro, finché vive quaggiù ed è in mezzo ai pericoli di questo mare tempestoso. Non mancherete certo di riconoscere questo amore, quando c’è, né io so come potrebbe restare nascosto. Quello che portiamo alle creature dicono che non si può dissimulare e che quanto più si cerca di nasconderlo, tanto più esso si manifesta, pur essendo cosa tanto vile da non meritare neppure il nome d’amore, fondato com’è sul nulla. E si dovrebbe poter nascondere un amore così forte, così giusto, che va sempre aumentando, che nulla è capace di estinguere, che poggia su tal fondamento qual è la certezza di essere ricambiato da un altro amore di cui non si può dubitare, perché si è manifestato tanto chiaramente con tormenti e pene così grandi e con tanto spargimento di sangue, fino all’immolazione della vita, proprio perché non ci restasse alcun dubbio su di esso? Oh, mio Dio, che gran differenza dev’esserci fra l’uno e l’altro di questi amori per l’anima che ne ha fatto esperienza!
8. Piaccia a Sua Maestà concederci l’amore divino, prima di farci lasciare questa vita, perché sarà d’indicibile conforto nel momento della morte pensare di dover essere giudicate da chi abbiamo amato sopra ogni cosa. Potremo presentarci sicure circa l’esito del processo dei nostri debiti: non sarà andare in terra straniera, ma nella propria patria, poiché è quella di chi tanto amiamo e che a sua volta ci ama tanto. Considerate, a questo punto, figlie mie, il guadagno che tale amore comporta e la perdita di non averlo, essendo noi allora alla mercé del tentatore. In mani così crudeli, così nemiche di ogni bene e così amiche di ogni male.
9. Che sarà della povera anima che, appena uscita da tali dolori e da tali angosce quali sono quelli della morte, cade subito in quegli artigli? A quale orribile riposo va incontro! Come cadrà nell’inferno fatta a pezzi! Che moltitudine di serpenti d’ogni specie! Che luogo spaventevole! Che disgraziato soggiorno! Se per una sola notte sopporta male un cattivo alloggio chi è abituato a vivere negli agi (e son proprio quelli che in maggior numero devono andare lì), che cosa pensate che sentirà quell’infelice anima di un tale alloggio eterno, senza fine? Figlie mie, non ricerchiamo agi mondani; stiamo bene qui, non si tratta che di passare una notte in un cattivo albergo. Lodiamo Dio, sforziamoci di far penitenza in questa vita. Ma come sarà dolce, poi, la morte di chi avrà fatto penitenza di tutti i suoi peccati e non dovrà andare in purgatorio! Come fin da quaggiù potrà forse cominciare a godere della gloria del cielo! Non sentirà in sé alcun timore, ma solo una pace assoluta.
10. Se non giungeremo a questo , sorelle, supplichiamo Dio che, dovendo subire pene, sia in un luogo dove, con la speranza di liberarci un giorno di esse, possiamo sopportarle di buon animo, e dove non perderemo la sua amicizia e la sua grazia. Supplichiamolo, infine, di darci in questa vita quella di non cadere in tentazione senza rendercene conto.
CAPITOLO 41
Si parla del timore di Dio e di come preservarsi dai peccati veniali.
1. Come mi sono dilungata! Eppure non tanto come avrei voluto, perché è dolce cosa parlare di tale amore: che sarà mai l’averlo? Il Signore me lo conceda per quello che egli è! Passiamo ora a parlare del timore di Dio. È una virtù anch’essa facilmente riconoscibile sia da chi la possiede, sia da quelli che trattano con costui. Ma voglio che sappiate che, al principio, tale timore non è così sviluppato da manifestarsi esternamente, a meno che non si tratti di alcune persone che – come ho detto – il Signore favorisce di notevoli grazie e in breve tempo arricchisce di virtù. Pertanto non si avverte in tutti, ripeto, all’inizio; il suo valore va aumentando man mano che s’ingrandisce, anche se non si tarda a vederne la presenza, perché subito l’anima si allontana dal peccato, dalle occasioni pericolose e dalle cattive compagnie, per non parlare di altri segni. Ma quando è ormai giunta alla contemplazione – che è ciò di cui soprattutto trattiamo in questo libro – anche il timore di Dio si rivela in pieno, come l’amore; non si può dissimulare neanche esternamente. Infatti, pur osservando con molta attenzione queste persone, non si scoprirà mai che sono trascurate. Il Signore le sostiene in modo tale che per tutto l’oro del mondo non commetterebbero di proposito un peccato veniale; quelli mortali poi, li temono come il fuoco. È mio desiderio, sorelle, che temessimo soprattutto le illusioni; supplichiamo sempre Dio che la tentazione non sia mai così forte da indurci ad offenderlo, ma che ce la mandi in conformità della forza che ci darà per vincerla. Ciò è quanto importa, questo è il timore che desidero vedere sempre in voi, essendo la nostra difesa.
2. Oh, che gran cosa è non offendere mai il Signore, [per incatenare] i suoi servi e i suoi schiavi infernali! Perché infine tutti, volere o no, devono servirlo; solo che essi lo fanno per forza e noi con tutta la nostra volontà. Ora, più accontenteremo il Signore più terremo a distanza i demoni. Così, per quanto vogliano indurci in tentazione e tenderci occulte insidie, non faranno nulla che possa nuocerci.
3. Seguite questo consiglio: è cosa molto importante che vi sorvegliate attentamente fino a che non sentiate tale ferma risoluzione di non offendere il Signore, da essere disposte a perdere mille vite, piuttosto che commettere un peccato mortale. Quanto ai veniali, abbiate molta cura di non commetterli; intendo dire non commetterli di proposito, perché – involontariamente – chi potrà evitare di non commetterne molti? Vi è però un’avvertenza che si accompagna a molta riflessione, e un’altra così improvvisa che commettere il peccato veniale e rendersene conto è quasi tutt’uno, tanto da non potersene accorgere in tempo. Ma dal peccato fatto con piena determinazione, per piccolo che sia, Dio ci liberi! Tanto più che non è mai poco ciò che offende una così eccelsa Maestà, il cui sguardo sappiamo sempre fisso su di noi. Questa – a me sembra – è una colpa ben premeditata; è come dire: «Signore, anche se vi dispiace, lo farò; so che mi vedete e che non lo volete, me ne rendo perfettamente conto, ma preferisco seguire il mio capriccio e il mio desiderio che non la vostra volontà». E io non sono del parere che sia poca la colpa di un simile comportamento, per quanto il peccato possa essere di lieve entità, io lo trovo grave, anzi gravissimo.
4. Se volete acquistare questo timore di Dio, considerate, sorelle, per amore suo, la grande importanza di comprendere quanto sia grave offenderlo. Cercate di pensarci assai spesso, perché questa virtù si radichi bene nelle nostre anime: ne va molto più che della nostra vita. Finché non l’avremo, è necessario procedere sempre con moltissima attenzione e allontanarci da tutte le occasioni e compagnie che non ci siano d’aiuto ad avvicinarci di più a Dio; badare a tutto ciò che facciamo, per vincere la nostra volontà, e a quel che diciamo, perché sia sempre di edificazione; fuggire da qualsiasi conversazione ove non si parli di Dio.
Ci vuole molto perché resti in noi ben impresso questo timore di Dio, ma se c’è un vero amore si acquista presto. Tanto più se – come ho già detto – l’anima si sentirà fermamente risoluta a non recare, per nessuna cosa al mondo, offesa a Dio, anche se in seguito talvolta possa cadere, perché siamo deboli e non dobbiamo fidarci di noi stessi; anzi, quanto più grande è la nostra determinazione, tanto meno dobbiamo confidare in noi; la nostra fiducia dev’essere riposta solo in Dio. Quando riconosceremo di avere in noi la disposizione che ho detto, non ci sarà più bisogno di nutrire tanta timidezza e paura, perché il Signore ci assisterà e la buona abitudine, ormai contratta, ci sarà d’aiuto a non offenderlo. Allora potrete agire con una santa libertà nelle legittime relazioni con il prossimo, anche se tratterete con persone dedite a distrazioni mondane. Se infatti, prima che aveste questo vero timore di Dio, esse sarebbero state un veleno e un mezzo per procurare la morte della vostra anima, dopo invece vi saranno di aiuto ad amare e lodare di più Dio, per avervi liberato da quello che ora vedete chiaramente come un pericolo. Se prima potevate contribuire ad assecondare la loro debolezza, ora le aiuterete a dominarsi solo per il fatto di essere alla vostra presenza. E si domineranno veramente, anche se non mosse da alcun motivo di rispetto.
5. Lodo spesso il Signore considerando da dove provenga questa forza, senza pronunciare neppure una parola. Molte volte un servo di Dio impedisce che si facciano discorsi contro di lui. Dev’essere come accade nel mondo: se abbiamo un amico, lo si rispetta sempre; quando è assente, si bada a non dirne male davanti a noi per il fatto che gli siamo amici. Allo stesso modo avviene di colui che è in stato di grazia: la stessa grazia deve far sì che, sia pure egli della più bassa condizione, gli si porti rispetto e non lo si contristi in cosa di cui si sa che soffrirebbe molto, com’è il vedere offeso Dio. Non so quale ne sia la causa, ma il fatto è che generalmente avviene così. Evitate pertanto di avere troppe apprensioni perché, se l’anima comincia a vedere pericoli dappertutto, si rende inabile ad ogni bene; a volte, poi, finisce con il cadere negli scrupoli, ed eccola allora inutile a sé e agli altri. Ma anche se non cade negli scrupoli, potrà giovare a sé, non, però, condurre molte anime a Dio, una volta che vedano in essa tanta apprensione e avvilimento. La nostra natura è tale che dette anime ne restano spaventate e paralizzate. Fuggono così dal seguire la via che voi seguite, pur sapendo chiaramente che è un cammino di maggior virtù.
6. Da qui, ancora, nasce un altro danno, che è quello di giudicare gli altri: siccome non seguono la vostra strada (per giovare al prossimo trattano con libertà e senza tante soggezioni), subito vi sembreranno imperfette. Se manifestano una santa allegria vi sembreranno dissolute, specialmente se si tratta di noi che non siamo istruite e non sappiamo come si può trattare con il prossimo senza peccare. È, questa, una cosa assai pericolosa, essere soggette a una continua tentazione di grave danno, perché in pregiudizio del prossimo: credere che tutti quelli che non procedono come voi, con le vostre soggezioni, non seguano la strada giusta, è una pessima cosa. Vi è, poi, un altro inconveniente: che in alcune occasioni in cui dovrete parlare e in cui è giusto che parliate, per timore di eccedere in qualcosa, non oserete farlo tranne, forse, per approvare quello che sarebbe assai conveniente detestare.
7. Cercate, invece, sorelle, per quanto è possibile, senza offesa di Dio, di essere affabili e di comportarvi con tutte le persone che tratteranno con voi in modo tale che amino la vostra conversazione, invidino il vostro modo di vivere e di agire e non abbiano timore né si sgomentino della virtù. Questo è un consiglio molto importante per le religiose; più saranno sante e più dovranno essere socievoli con le loro sorelle; e, quand’anche voi abbiate a soffrire molto se non tutte le conversazioni delle vostre compagne saranno conformi a ciò che voi desiderereste udire da esse, non meravigliatevene mai, se volete aiutarle ed essere amate. Soprattutto, infatti, dobbiamo procurare di essere affabili, gradevoli e accondiscendenti con le persone con le quali trattiamo, specialmente con le nostre consorelle.
8. Per questo, figlie mie, cercate di capire bene che Dio non bada a tante piccolezze, come voi credete, e non permettete alla vostra anima di abbattersi né vi venga meno il coraggio, perché potranno andar perduti molti beni. Abbiate la retta intenzione, la ferma volontà, come ho detto, di non offendere Dio. Non lasciate che la vostra anima diventi gretta, perché tale atteggiamento, invece di procurarvi la santità, vi farà incorrere in molte imperfezioni causate dal demonio per diverse vie. E, ripeto, non sarete utili né a voi né alle altre, così come avreste potuto.
9. Da quanto vi ho detto, potete costatare come con queste due virtù – amore e timore di Dio – noi possiamo seguire il nostro cammino in pace e tranquille, anche se – poiché il timore deve avere la precedenza – non dobbiamo mai dimenticarci di stare in guardia, non potendo mai avere piena sicurezza finché viviamo: la piena sicurezza sarebbe, infatti, un grande pericolo. Ed è quello di cui il nostro Maestro si rende ben conto quando, al termine di questa orazione, dice a suo Padre queste parole come chi sapeva quanto fossero necessarie.
CAPITOLO 42
Tratta delle ultime parole del Pater noster: Sed libera nos a malo. Amen. Ma liberaci dal male. Amen.
1. Il buon Gesù aveva ben ragione, mi sembra, di chiedere questo anche per se stesso. Sì, perché noi vediamo quanto fosse stanco di questa vita quando disse ai suoi apostoli, nell’ultima cena: Ho desiderato ardentemente di mangiare questa pasqua con voi, che era l’ultima della sua vita. Da ciò si vede quanto dovesse essere ormai stanco di vivere; e oggi gli uomini anche quelli che hanno cento anni, non solo non si sentono stanchi, ma hanno sempre il desiderio di vivere più a lungo. In verità, la nostra esistenza non scorre così male, né con tante sofferenze e povertà come quella di Sua Maestà. Che cosa fu tutta la sua vita se non una morte continua per il fatto di avere sempre davanti agli occhi la fine crudele che gli avrebbero inflitto? E questo era ancora il meno, ma le tante offese che si facevano a suo Padre e le tante anime che si perdevano! Se questo, quaggiù, per un’anima che abbia carità è un grande tormento, che cosa sarà stato per la carità senza limiti e senza misura di nostro Signore? E come aveva ragione di supplicare il Padre di liberarlo da tanti mali e sofferenze e di introdurlo per sempre nella pace di quel regno di cui egli era il vero erede.
2. «Amen». Con la parola «Amen» credo che, siccome pone fine a tutte le richieste, il Signore chieda al Padre di liberare da ogni male per sempre anche noi. Così io supplico il Signore di liberarmi da ogni male per sempre, perché, lungi dall’estinguere i debiti che ho con lui, vado forse aumentandoli ogni giorno di più. E quel che io non posso sopportare, Signore, è non riuscire a sapere con certezza se vi amo e se i miei desideri vi sono accetti. Oh, mio Signore e mio Dio, liberatemi alfine da ogni male e compiacetevi di condurmi dove regna solo il bene! Cosa possono ormai sperare quaggiù coloro ai quali avete dato una qualche conoscenza di ciò che è il mondo e coloro che hanno una viva fede in ciò che l’eterno Padre ha loro riservato?
3. Chiedere questo con vivo desiderio e assoluta determinazione è un indizio sicuro, per i contemplativi, del fatto che le grazie da loro ricevute nell’orazione vengono da Dio; coloro ai quali il Signore lo concederà, pertanto, abbiano molta stima di tale desiderio. Se lo chiedo io, non è per questo motivo, voglio dire che non lo si attribuisca a questo motivo. La vera ragione è che, avendo vissuto così male, temo ormai di vivere più a lungo e sono stanca di tante sofferenze. Non è da stupirsi che coloro i quali partecipano dei doni di Dio desiderino stare dove non ne godano solo a sorsi, che non vogliano rimanere nella vita terrena, ove si frappongono tanti ostacoli al godimento di un tale bene e che aspirino a trovarsi dove non tramonti mai per essi il sole di giustizia. Dopo quelle grazie sembrerà loro tutto oscuro quanto vedono quaggiù e mi stupisco che possano continuare a vivere. Non vivrà certo con gioia chi ha cominciato a godere di esse ed ha ricevuto da Dio, già su questa terra, il suo regno. Se vive ancora quaggiù non è per sua volontà, ma per quella del suo Re.
4. Oh, come dovrebbe essere diversa questa vita, per non desiderare la morte! Come la nostra volontà ha inclinazioni diverse da quelle di Dio! La sua volontà divina esige che noi amiamo la verità e noi amiamo la menzogna; vuole che aspiriamo a ciò che è eterno, e noi, quaggiù, propendiamo a ciò che è transitorio; vuole che desideriamo cose grandi e sublimi e noi, qui, ci affezioniamo alle miserie della terra; vorrebbe che amassimo solo ciò che è sicuro e noi, qui, amiamo ciò che è incerto: davvero, figlie mie, non dobbiamo se non supplicare Dio che ci liberi da ogni pericolo per sempre e ci tolga da ogni male. E, per quanto imperfetto sia ancora il nostro desiderio, sforziamoci di insistere in questa richiesta. Che ci costa chiedere molto, visto che ci rivolgiamo all’Onnipotente? Ma, per riuscire meglio, lasciamo alla sua volontà di darci quel che vuole, avendogli già consegnato la nostra. Sia per sempre santificato il suo nome in cielo e in terra e si compia sempre in me la sua volontà! Amen.
5. Considerate ora, sorelle, come il Signore mi ha alleggerito la fatica, insegnando a voi e a me il cammino di cui avevo cominciato a parlarvi e facendomi capire quali grandi cose chiediamo quando recitiamo questa preghiera del Vangelo. Sia per sempre benedetto, perché certo non mi era mai passato per la mente che essa contenesse così grandi segreti. Avete, infatti, visto che racchiude in sé tutto il cammino spirituale, dal principio fino a quando l’anima si immerge in Dio, ed egli le dà abbondantemente da bere a quella fonte di acqua viva che, come ho detto, si trova al termine del cammino. Sembra che il Signore abbia voluto farci intendere, sorelle, il grande conforto in essa racchiuso e di quanto grande utilità sia per le persone che non sanno leggere. Se esse lo capissero bene, da questa preghiera potrebbero trarre parecchia dottrina e trovare in essa motivo di consolazione.
6. Infine, sorelle, dall’umiltà che c’insegna il nostro buon Maestro, impariamo ad esser umili. Supplicatelo anche di perdonarmi se ho osato parlare di cose tanto sublimi. Sua Maestà sa bene che se egli non mi avesse insegnato quello che ho detto, con la mia intelligenza ne sarei stata incapace. Perciò ringraziatelo voi, sorelle, giacché deve averlo fatto per l’umiltà che vi ha ispirato a chiedermi questo scritto e a voler essere istruite da una così miserabile creatura.
7. Se il padre Presentato fra Domingo Báñez, che è il mio confessore, al quale rimetterò il libro prima che lo vediate voi, reputando che serva al vostro profitto, ve lo darà in lettura, certo mi sarà di conforto che ne abbiate motivo di consolazione. Ma se fosse tale da non meritare di essere letto da alcuno, accettate la mia buona volontà, perché, scrivendo quest’opera, ho obbedito a ciò che mi avete chiesto. Con questo io mi reputo ben pagata della fatica sostenuta nello scriverla, perché quanto a pensare ciò che ho scritto, non ho affatto sofferto. Sia benedetto e lodato il Signore, dal quale ci viene tutto il bene che è nelle nostre parole, nei nostri pensieri e nelle nostre azioni! Amen.
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