Cammino di Perfezione - Capitoli 4, 5, 6
Autore: Santa Teresa d'Avila
CAPITOLO 4
Esorta all’osservanza della Regola e di tre precetti importanti per la vita spirituale. Parla del primo fra essi, cioè l’amore del prossimo, e del danno che procurano le amicizie particolari.
1. Avete ormai visto, figlie mie, quanto sia alto il fine che vogliamo conseguire; come dovremo comportarci per non sembrare troppo temerarie agli occhi di Dio e del mondo? È evidente che dovremo lavorare molto, e ci sarà di grande aiuto nutrire generosi desideri per sforzarci d’ottenere che lo siano anche le opere. Ora, se procuriamo di osservare fino in fondo, con gran diligenza, la nostra Regola e le nostre Costituzioni, spero che il Signore accoglierà le nostre preghiere. Non vi chiedo nulla di nuovo, figlie mie, ma soltanto di rispettare i voti della nostra professione poiché la nostra vocazione costituisce il nostro impegno, benché ci siano grandi differenze nel modo di osservalo.
2. La nostra Regola primitiva dice che dobbiamo pregare incessantemente. Adempiendo questo dovere che è il più importante, con tutto lo zelo possibile, non trascureremo anche di osservare i digiuni, le discipline e il silenzio che l’Ordine comanda. Sapete bene infatti che l’orazione, per essere vera, deve essere aiutata da tutte queste pratiche, perché comodità e orazione non sono compatibili tra loro.
3. L’orazione è ciò di cui m’avete pregato di dirvi qualcosa, e io vi prego, in cambio di quello che vi dirò, di rileggere spesso e praticare di buon animo quanto ho detto finora. Prima di parlare delle cose interiori, cioè dell’orazione, dirò alcune cose necessarie a coloro che vogliono battere il cammino dell’orazione; cose tanto necessarie che con esse, senza essere spiriti contemplativi, si potrà progredire molto nel servizio del Signore, mentre se non si possiedono, è impossibile essere grandi anime contemplative. Chi pensasse di esserlo s’ingannerebbe di molto. Il Signore mi dia il suo aiuto a tal fine e mi suggerisca ciò che devo dire, affinché risulti a sua gloria. Amen!
4. Non pensate, sorelle e amiche mie, che siano molte le cose che vi raccomanderò. Piaccia, infatti, al Signore che osserviamo quelle che i nostri santi Padri hanno ordinato e adempiuto, giacché percorrendo questa strada hanno meritato il nome di santi. Sarebbe un errore cercarne una diversa per nostra iniziativa o istruiti da altri. Mi limiterò a parlarvi solo di tre cose inerenti alle stesse Costituzioni, essendo molto importante intendere l’obbligo rigoroso di osservarle per avere la pace interna ed esterna, che il Signore ci ha tanto raccomandato: la prima è l’amore reciproco, la seconda, il distacco da tutte le creature, la terza, la vera umiltà che, sebbene sia da me nominata per ultima, è la virtù principale e le abbraccia tutte.
5. Quanto alla prima, cioè l’amore reciproco, essa è di grandissima importanza, perché non vi è nulla di così gravoso che non si sopporti facilmente fra coloro che si amano, e occorrerebbe che fosse cosa ben dura se riuscisse gravosa. Se questo comandamento fosse osservato nel mondo come si deve, credo che aiuterebbe molto a osservare anche gli altri; ma, ora per troppo zelo, ora per poco, non si arriva mai a osservarlo in modo perfetto.
Sembra, in proposito, che l’eccesso fra noi non debba essere nocivo, eppure porta con sé tanto male e tante imperfezioni che, a mio giudizio, non può crederlo se non chi è stato testimone oculare. Qui il demonio tende molte insidie, che in coscienze le quali procurano di piacere a Dio alla bell’e meglio si avvertono poco, anzi sembrano ispirazioni virtuose. Coloro che, invece, mirano alla perfezione, se ne rendono perfettamente conto, perché a poco a poco tolgono alla volontà la forza di applicarsi interamente all’amore di Dio.
6. E credo che questo difetto si riscontri nelle donne ancor più che negli uomini; esso reca evidentissimi danni a una comunità, perché ne segue che le monache non si amino tutte ugualmente, che si soffra per la mortificazione subita da un’amica, che si desideri di aver qualcosa da regalarle, che si cerchi il momento di parlarle, e molte volte per dirle che la si ama e altre cose inopportune, più che per parlarle dell’amore che si nutre per Dio. È raro, infatti, che queste grandi amicizie siano rivolte ad aiutarsi vicendevolmente ad amare di più Dio; anzi, credo che il demonio le faccia nascere per creare fazioni opposte negli Ordini religiosi. Si vede subito quando, invece, l’amore è rivolto al servizio di Sua Maestà; si vede subito, perché l’affetto non è guidato dalla passione, ma cerca un aiuto per vincere altre passioni.
7. Di questa specie di amicizie io ne vorrei molte nei grandi monasteri, perché in questa casa – ove non siamo e non dobbiamo essere più di tredici – tutte devono sentirsi amiche, tutte devono amarsi, volersi bene e aiutarsi reciprocamente. Per sante che siano, si guardino, per amor di Dio, da queste amicizie particolari, le quali di solito anche tra fratelli sono un veleno. Io non vedo in esser alcun vantaggio, se riguardano parenti meno prossimi, peggio ancora: una vera peste. Credetemi, sorelle, che anche se questo vi sembra esagerato, comporta un’alta perfezione e una grande pace ed evita molte occasioni pericolose a quelle che non sono ben salde nella virtù. Se l’affetto inclina più verso una che verso un’altra (né potrà essere altrimenti, trattandosi di un sentimento naturale, che molte volte ci porta ad amare la più imperfetta, se particolarmente dotata di attrattive innate), teniamo a freno il nostro sentimento per non lasciarci dominare da quell’affetto. Amiamo le virtù e le qualità interiori, sforzandoci sempre attentamente di non far caso alle qualità esteriori.
8. Non permettiamo mai, sorelle, che il nostro cuore sia schiavo di alcuno, se non si tratta di colui che l’ha riscattato con il suo sangue; guardate che, altrimenti, senza sapere come, vi troverete in un tale intrico da non poterne uscire. Oh, mio Dio, le puerilità che nascono da queste amicizie particolari non si contano! E siccome sono tali piccolezze che solo chi ne è stato testimone può crederlo e capirlo, non c’è ragione di parlarne qui: basti dire che se ciò è un male per qualunque religiosa, per la priora è una vera peste.
9. Nell’arginare queste parzialità, occorre molta cura fin dal momento in cui comincia a manifestarsi l’amicizia; bisogna agire con abilità ed amore più che con rigore. Un rimedio eccellente a tal fine è non stare insieme né parlarsi, se non nelle ore stabilite, secondo l’usanza che ora seguiamo, rispettando la Regola che prescrive di non stare insieme, ma di rimanere ognuna nella propria cella. Il monastero di San Giuseppe sia, quindi, esente da avere un luogo di lavoro comune perché, pur essendo questa una lodevole usanza, si osserva meglio il silenzio quando ognuna sta per conto proprio e ci si abitua alla solitudine, ottima disposizione per l’orazione. Ora, siccome questa dev’essere il fondamento di questa casa, è necessario adoperarsi a prendere affezione a ciò che può favorirne la pratica.
10. Ritornando a parlare dell’amore scambievole, sembra fuor di proposito raccomandarlo; infatti, come si può essere così barbari da non amarsi, trattandosi e vivendo sempre insieme, senza la possibilità di parlare, né aver relazione, né svagarsi con persone estranee alla casa, sapendo, inoltre, che Dio ci ama e che le nostre sorelle amano lui, visto che per amore di Sua Maestà hanno abbandonato tutto? Tanto più che la virtù attira l’amore, e io spero che, con l’aiuto di Dio, essa sarà sempre praticata dalle monache di questa casa. Pertanto, a questo riguardo, mi sembra che non ci siano molte raccomandazioni da fare.
11. Vorrei ora parlare un po’, secondo la mia elementare capacità, di come debba essere questo amore reciproco, in che consista l’amore virtuoso – quello che io desidero veder regnare qui – e da quali segni riconosceremo di possedere questa virtù, che è ben grande, se nostro Signore l’ha raccomandata e con tanta insistenza a tutti, specialmente ai suoi Apostoli. Ma se voi lo troverete minuziosamente spiegato in altri libri, non date importanza a quanto scrivo, perché forse non so quello che dico.
12. L’amore di cui intendo parlare è di due specie: una del tutto spirituale, perché nulla in esso sembra aver rapporto con la sensitività o tenerezza naturale che gli faccia perdere la sua purezza; l’altra, spirituale anch’essa, in cui, allo stesso tempo, l’amore è congiunto alla nostra sensitività e alla nostra debolezza, ma è un amore che sembra lecito e buono, come quello che si nutre tra parenti e amici, di cui ho già detto qualcosa.
13. Voglio ora parlare dell’amore spirituale, in cui la passione non ha parte alcuna, perché se interviene la passione, tutta l’armonia dell’anima resta turbata; ma se, trattando con persone virtuose, specialmente con i confessori, ci regoliamo con moderazione e prudenza, è molto utile. Se, poi, nel confessore si scorgesse qualcosa che inclina alla vanità, si abbia tutto per sospetto, e in nessun modo si tengano conversazioni con lui, anche se sono sante, ma si faccia una breve confessione, per concluderla presto. Anzi, il meglio da farsi sarebbe dire alla priora che la vostra anima non si trova bene con quel confessore e cambiarlo. Questa sarebbe la soluzione più opportuna, se si può farlo senza danno della sua reputazione.
14. In questi e altri casi simili in cui il demonio potrebbe tendere insidie, quando non si sa a che partito appigliarsi, la decisione più prudente è cercare di parlare con un uomo dotto, cosa che, avendone bisogno, vi sarà concessa; occorrerà confessarsi da lui e seguire il suo consiglio in quella circostanza perché, essendo inevitabile ricorrere a qualche precauzione, si potrebbero, altrimenti, commettere gravi errori. E quanti se ne fanno nel mondo per non prendere consiglio circa le proprie azioni, specialmente quando si tratta di pregiudicare altri! È, dunque, inammissibile tralasciare di ricorrere a un rimedio, perché quando il demonio comincia ad attaccare da questa parte, non è solo per poco, se non lo si arresta subito. Pertanto, come ho detto, cercare di parlare con un altro confessore è il meglio che si possa fare, se c’è la disposizione dovuta, e io spero nel Signore che ci sarà sempre.
14. Badate che tale raccomandazione è molto importante, perché la vanità in un confessore è cosa assai pericolosa, un inferno e una rovina per tutta la comunità. E, ripeto, non si deve aspettare che il male sia già grande, ma arrestarlo al principio, con tutti i mezzi possibili. Lo potete fare con assoluta buona coscienza. Ma io spero che il Signore non permetterà che persone le quali devono sempre occuparsi dell’orazione possano nutrire affetto se non per chi è gran servo di Dio. Su ciò non v’è dubbio, altrimenti è ugualmente certo che non sono anime dedite all’orazione o non mirano alla perfezione, come qui si esige. Se infatti vedono che il confessore non comprende il loro linguaggio, e non è portato a parlare di Dio, non potranno amarlo, perché non somiglia loro. Se invece somiglia, date le pochissime occasioni di male che qui vi saranno, egli, a meno di essere troppo semplice, non si turberà né vorrà turbare le serve di Dio.
16. Poiché ho cominciato a parlare di questo male che, come ho detto, è uno dei più gravi che il demonio possa fare e di cui ci si accorge molto tardi, aggiungo che per esso si può man mano disorientarsi nella via della perfezione, senza conoscerne la causa. Se infatti il confessore vuol suscitare vanità per il fatto che egli vi si abbandona, tiene in poco conto anche le altre mancanze. Dio ci liberi, per la sua maestà, da simili cose! Basterebbe questo a turbare tutte le monache, perché la propria coscienza dice loro il contrario di quel che suggerisce il confessore, e se sono costrette ad averne uno solo, non sanno che fare né come riacquistare la pace. Chi, infatti, doveva tranquillizzarle e soccorrerle è quello che fa loro danno. Grandi afflizioni di questo genere devono esserci in alcuni luoghi; io ne ho una grande compassione, pertanto non meravigliatevi se insisto molto a parlarvi di questo pericolo.
CAPITOLO 5
Continua a parlare dei confessori e dice quanto sia necessario che essi siano dotti.
1. Nella sua immensa bontà il Signore non faccia mai provare ad alcuna di voi il tormento di vedersi oppressa anima e corpo, come ho detto; peggio, poi, se la priora va perfettamente d’accordo con il confessore perché, in tal caso, non si osa dir nulla né a lui di lei, né a lei di lui. Allora si potrà anche andare soggetti alla tentazione di omettere di confessare peccati molto gravi, nel timore di non stare più in pace. Oh, mio Dio, che danno può far qui il demonio e quanto caro costano alle monache tali costrizioni e falsi punti d’onore! Credono che per il fatto di non avere più d’un confessore ci guadagni molto la disciplina religiosa e l’onore del monastero, ma il demonio dispone per questa via di accalappiare le anime, quando non vi riesce con altri espedienti. Se le monache chiedono un altro confessore, sembra subito di scombinare la disciplina religiosa; se poi non appartiene allo stesso Ordine, foss’anche un santo, soltanto per il fatto di trattare con lui, sembrerebbe di fare un affronto alla comunità.
2. Questa santa libertà io chiedo, invece, per amore del Signore, a chi sarà la priora: di far sì, d’accordo col vescovo o con il provinciale, che tutte, lei compresa, possano di tanto in tanto trattare e aprire la propria anima con persone dotte, all’infuori dei confessori ordinari, specialmente se questi non hanno cultura, malgrado la loro virtù. La scienza è una gran cosa per dar luce a tutto. Sarà anche possibile trovare le due qualità nella stessa persona; quanto più il Signore vi favorirà nell’orazione, tanto più sarà necessario che le vostre opere e la vostra orazione poggino su un saldo fondamento.
3. Già sapete che la prima pietra dev’essere una buona coscienza; pertanto, con tutte le vostre forze, cercate di liberarvi anche dei peccati veniali e di tendere sempre ad una maggiore perfezione. Vi sembrerà che questo lo sappia qualunque confessore, ma v’ingannate. Mi accadde di trattare di argomenti di coscienza con uno che aveva seguito tutto il corso di teologia. Ciò nonostante, costui mi arrecò un gran danno dicendomi che certe mancanze erano cose da nulla. Io so che egli non voleva ingannarmi, né ci sarebbe stato motivo di farlo, ma non ne sapeva di più. La stessa cosa mi accadde anche con altri due o tre, senza contare questo.
4. Tutto il nostro bene consiste nel disporre di una vera luce per osservare perfettamente la legge di Dio; essa costituisce la base solida dell’orazione; senza questo saldo fondamento, tutto l’edificio poggia sulla sabbia. Se non vi concederanno la libertà di confessione, cercate di trattare le cose della vostra anima con persone simili a quelle che ho detto, fuori della confessione. Anzi, oso dire di più, cioè che, quand’anche il confessore abbia tutte le qualità richieste, di tanto in tanto si faccia quanto ho raccomandato, perché può darsi che egli, talvolta, s’inganni e non è giusto che per causa sua s’ingannino tutti. Agite in questo modo, ma cercate sempre di non contravvenire all’obbedienza. Vi sono mezzi leciti per tutto e, poiché tale libertà giova molto alle anime, è bene che ve la procuriate come potrete.
5. Tutto questo che ho detto riguarda soprattutto la priora. Torno, quindi, a pregarla di concedere alle sue monache questa consolazione dell’anima. Le strade attraverso le quali Dio conduce le anime sono molte e un confessore non è obbligato a conoscerle tutte. Io vi assicuro che, malgrado la vostra povertà, non vi mancheranno mai persone sante disposte a trattare con voi di tali cose e a consolare le vostre anime, se voi siete quali dovete essere, perché colui che fornisce alimento al vostro corpo spingerà qualcuno ad aiutarvi spiritualmente, ispirandogli il sincero desiderio di riuscire ad illuminare le vostre anime. In tal modo si scongiurerà il male che io tanto temo. Quando, infatti, il demonio tentasse il confessore, ingannandolo circa qualche punto di dottrina, sapendo che voi trattate anche con altri, sarà più cauto, controllandosi meglio in tutto quel che fa.
Chiusa questa porta al demonio, io spero in Dio che egli non avrà mai accesso a questa casa. Pertanto chiedo, per amore del Signore, al vescovo, chiunque egli sia, di lasciare alle mie consorelle questa libertà e di non toglierla loro mai, se i confessori saranno tali da riunire in sé dottrina e virtù, cose di cui si viene subito a conoscenza in una città piccola come questa.
6. Per mia propria esperienza conosco quanto ho detto; l’ho saputo da altri e ne ho trattato con persone dotte e sante, che hanno badato a ciò che meglio conveniva alla nostra casa affinché progredisse in essa la perfezione. Ora, fra i pericoli – che ci sono ovunque, finché viviamo – questo riteniamo che sia il minore. Non dev’esserci, peraltro, nessun vicario che abbia la libertà di entrare e uscire a suo piacere dal monastero né che l’abbia alcun confessore: che essi provvedano a vigilare sul raccoglimento e il decoro della casa, sul profitto interiore ed esteriore delle monache, per riferirne al loro superiore, quando ve ne fosse bisogno, ma non facciano essi da superiori.
7. Questo è ciò che si fa ora, e non solo in rispetto al mio punto di vista, ma anche per il parere del vescovo attuale, sotto la cui obbedienza noi siamo (giacché per molte ragioni non ci siamo poste sotto l’obbedienza dell’Ordine). Questo gran servo di Dio, uomo virtuoso, santo e di nobile famiglia si chiama don Alvaro de Mendoza. Volendo egli aiutare questa casa in tutti i modi possibili, fece riunire persone dotte, di segnalata virtù ed esperienza, per giungere a una decisione in merito e si venne alla conclusione di cui sopra. Sarà bene che i prelati suoi successori pervengano alla stessa determinazione, visto che l’hanno presa uomini così virtuosi, i quali con tante preghiere hanno chiesto al Signore di illuminarli circa il meglio da farsi e, da quanto finora si è visto, questo è proprio il meglio. Piaccia al Signore di proseguire sempre in questa via a sua maggior gloria! Amen.
CAPITOLO 6
Ritorna sull’argomento dell’amore perfetto, di cui aveva cominciato a parlare.
1. Mi sono allontanata molto dall’argomento, ma ciò che ho detto è talmente importante che chi lo capisce non me ne farà una colpa. Torniamo ora all’amore che è bene avere gli uni per gli altri, voglio dire all’amore puramente spirituale. Non so se ho chiara consapevolezza di quel che dico, ma a me, almeno, sembra che non sia necessario parlarne a lungo, perché sono pochi ad averlo. Coloro ai quali il Signore lo avrà concesso, gliene rendano lode, perché è di un’altissima perfezione. Infine, desidero dirne qualcosa: forse sarà di qualche utilità. Infatti, chi desidera la virtù e si sforza di acquistarla, appena gliela poniamo dinanzi agli occhi, l’ama.
2. Piaccia a Dio ch’io sappia intenderlo e specialmente spiegarlo, perché mi pare di non capire bene né quando è amore puramente spirituale, né quando vi si mescola qualcosa di sensibile, né so come ardisco trattarne. È come chi ode parlare da lontano e non comprende ciò che si dice; così sono io, che alcune volte non devo proprio capire ciò che dico e, tuttavia, il Signore fa che sia ben detto. Se altre volte le mie parole risulteranno essere delle sciocchezze, è la cosa più naturale per me non azzeccarne una.
3. Mi sembra ora che, quando Dio ha fatto pervenire un’anima alla chiara conoscenza di cosa sia il mondo e quanto valga, alla certezza dell’esistenza di un altro mondo così opposto al primo – l’uno eterno e l’altro un breve sogno – , alla differenza tra l’amore del Creatore e quello della creatura (questo costatato per esperienza, il che è ben diverso dal solo pensarlo o crederlo), al vedere e toccare con mano ciò che è il Creatore e ciò che è la creatura, ciò che si guadagna con l’uno e ciò che si perde con l’altra, e molte altre verità che il Signore insegna a quelli che si abbandonano al suo insegnamento nell’orazione, o a quelli cui si degna di insegnarlo, allora quell’anima ama in modo completamente diverso da coloro che non sono giunti a questo stato.
4. Forse, sorelle, vi sembrerà superfluo che vi trattenga su questo argomento, perché direte che queste cose voi le sapete già tutte. Piaccia al Signore che sia così, che voi le sappiate nel modo dovuto e che le abbiate impresse nell’intimo del vostro cuore. Se, dunque, le sapete, riconoscerete che non mento nel dire che possiede tale amore chi è elevato da Dio fino a questo grado. Le anime che Dio fa giungere fin qui sono anime generose, anime splendide; non si compiacciono di amare cosa così miserevole come questi nostri corpi, per belli che siano, per molte attrattive che abbiano, anche se dilettino la vista e siano motivo per lodarne il Creatore. Ma fermarsi in questo, no. Dico fermarsi nel senso che abbiano ad amarli a causa di queste sole qualità. Sembrerebbe loro di aver cara una cosa senza alcun valore e di amare un’ombra; si vergognerebbero di se stesse e non avrebbero più il coraggio, senza sentirsi in preda a gran confusione, di dire a Dio che l’amano.
5. Mi direte che tali esseri non sapranno amare né ricambiare l’amore che si ha per loro. Per lo meno, si curano poco d’essere amati, giacché se lì per lì talvolta l’istinto li porta a rallegrarsene, riprendendo il controllo di se stessi, riconoscono che è un’insensatezza, tranne che si tratti di persone che possono trarne profitto sia per la scienza, sia per la preghiera. Ogni altra affezione li annoia, perché capiscono che non ne traggono alcun profitto e potrebbero riceverne gravi danni, anche se non mancano di esser grati a coloro che li amano e di ricambiare il loro affetto raccomandandoli a Dio. Lo accettano come cosa di cui affidare la cura al Signore, comprendendo che viene da lui, perché non sembra a tali anime di avere nulla in se stesse che meriti amore, pertanto ritengono di essere amate perché Dio le ama. Così lasciano a Sua Maestà la cura di soddisfare il loro debito di gratitudine, pregandolo vivamente di farlo, e con ciò restano libere, come se la cosa non le riguardasse più. Tutto considerato, se non si tratta di persone, ripeto, che possono aiutarci ad acquistare beni perfetti, penso a volte quale gran cecità ci induca a desiderare di essere amati.
6. Notate infatti che, mentre si cerca sempre, quando si desidera di essere amati da una persona, qualche interesse o soddisfazione personale, queste anime perfette invece tengono adesso sotto i piedi tutti i beni e i piaceri che il mondo può offrire. Le loro soddisfazioni sono ormai tali che, quand’anche le vogliano, per modo di dire, non possono averle se non in Dio o nel trattare di Dio. Che profitto può, dunque, venir loro dall’essere amati?
7. Dal momento in cui ricordano questa verità, ridono di se stesse e della pena che procurava loro in altri tempi chiedersi se il loro amore fosse o meno ricambiato. Anche se l’affetto è buono, è ben naturale desiderare che sia ricambiato. Ma, una volta ricevuto il contraccambio, vediamo che è solo paglia, aria senza peso che il vento porta via. Quand’anche, infatti, ci abbiano molto amati, che cosa ci rimane? Ecco perché a queste anime non importa d’essere amate più che di non esserlo, a meno che non si tratti di un rapporto con persone che, come ho detto, giovino al loro profitto spirituale, perché capiscono che la nostra natura è tale che, senza un affetto cui appoggiarsi, si abbatterebbero subito.
Vi sembrerà che tali anime non amano né sanno amare nessuno se non Dio. Amano, invece, sì, e molto di più, e il loro amore è più vero, più appassionato, più proficuo; in conclusione è amore. Esse sono sempre più propense a dare che a ricevere; ciò accade loro perfino con lo stesso Creatore. Questo io dico che merita di essere chiamato amore, mentre le basse affezioni della terra ne hanno usurpato il nome.
8. Vi domanderete anche: se non amano ciò che vedono, a che cosa si indirizzerà la loro affezione? La verità è che esse amano ciò che vedono e si affezionano a ciò che odono; ma le cose che vedono sono stabili. Se dunque amano, vanno al di là del corpo: volgono gli occhi sull’anima e guardano se in essa vi è qualcosa da amare. Se non c’è, ma vedono un qualche inizio o disposizione tale da far pensare che, scavando, troveranno oro in questa miniera, se nutrono amore per essa, la fatica non è loro di peso: non esiterebbero ad affrontare nessuna difficoltà di fronte alla quale venissero a trovarsi, per il bene di quell’anima, perché desiderano continuare ad amarla e sanno perfettamente che ciò è impossibile se non possiede beni spirituali e non ama molto Dio. E dico che è impossibile, per quanto possa obbligarle, che muoia d’amore per loro, faccia per esse tutto quello che può ed abbia in sé riuniti tutti i doni di natura: l’amore non sarà forte né durevole. Ormai sanno e conoscono per esperienza il valore di tutto, e non si lasceranno ingannare. Vedono che non sono fatte per vivere insieme, che è impossibile continuare ad amarsi reciprocamente, perché è un amore che finirà con la vita, se l’altra persona non osserva la legge di Dio, se si capisce che non lo ama, e che dovranno andare in parti diverse.
9. Le anime alle quali Dio ha ormai comunicato la vera conoscenza non stimano quest’amore, che ha la sua durata solo nella vita presente, più di quel che vale, e nemmeno quanto vale, perché per coloro ai quali piace godere delle cose del mondo, diletti, onori, ricchezze, avrà qualche valore il fatto che uno sia ricco o possa offrire passatempi o distrazioni. Chi, invece, aborrisce ormai tutto ciò, farà poco o nessun conto di tale amore.
Queste anime, quindi – se ne amano un’altra – riversano il loro amore nell’adoperarsi con passione a renderla degna d’essere amata dal Signore, perché altrimenti, come ho detto, sanno che l’amore non sarà durevole. È, il loro, un amore che costa caro, perché non tralasciano di far nulla per il profitto di chi amano; sarebbero pronte a sacrificare mille volte la vita per un minimo vantaggio dell’altra anima.
Oh, prezioso amore che cerca di seguire il modello dell’amore, Gesù, nostro bene!