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Umiltà

Cammino XXVI

Autore: San Josemaría Escrivá

589. Quando senti gli applausi del trionfo, fa’ che risuonino nelle tue orecchie anche le risa che hai provocato con i tuoi insuccessi.

590. Non voler essere come quella banderuola dorata del grande edificio: per quanto brilli e per quanto stia in alto, non conta nulla per la solidità della costruzione.
—Fossi tu come la vecchia pietra nascosta nelle fondamenta, sotto terra, dove nessuno ti veda: proprio per te la casa non crollerà.

591. Quanto più mi esaltano, Gesù mio, tanto più umiliami nel mio cuore, facendomi comprendere quello che sono stato e quello che sarei se tu mi lasciassi.

592. Non dimenticare che sei… il bidone della spazzatura. —Perciò, se il Giardiniere divino ti utilizza, ti pulisce, ti lustra… e ti riempie di magnifici fiori…, né il profumo, né i colori che abbelliscono la tua bruttezza devono renderti orgoglioso.—Umìliati: non sai che sei il secchio dei rifiuti?

593. Se ti vedi come sei, deve sembrarti logico che ti disprezzino.
594. Non sei umile quando ti umilii, bensì quando ti umiliano e lo sopporti per Cristo.
595. Se ti conoscessi, gioiresti nel disprezzo, e il tuo cuore piangerebbe di fronte all’esaltazione e alla lode.
596. Non dolerti se vedono le tue mancanze; l’offesa a Dio e lo scandalo che tu potresti cagionare: questo deve addolorarti.

—Quanto al resto, lascia che sappiano come sei e ti disprezzino. —Non ti dia pena essere niente, perché così è Gesù che dovrà darti tutto.
597. Se tu agissi secondo gli impulsi che senti nel cuore e secondo quelli che la ragione ti detta, staresti di continuo con la bocca a terra, prostrato, come un verme sudicio, brutto e spregevole… davanti a questo Dio che tanto ti sopporta!

598. Com’è grande il valore dell’umiltà! — “Quia respexit humilitatem…”. Al di sopra della fede, della carità, della purezza immacolata, l’inno gaudioso di nostra Madre nella casa di Zaccaria canta così:
“Poiché ha posato lo sguardo sulla mia umiltà, ecco, da ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata”.
599. Sei polvere sudicia e caduta. —Benché il soffio dello Spirito Santo ti sollevi al di sopra di tutte le cose della terra e, riflettendo sulla tua miseria i raggi sovrani del Sole di Giustizia, ti faccia brillare come l’oro, non dimenticare la povertà della tua condizione.
Un istante di superbia ti farebbe ricadere al suolo e cesseresti d’essere luce per diventare fango.

600. Tu…, superbia? —Di che?
601. Superbia? —Perché?… Fra poco —anni, giorni— sarai un mucchio di putridume fetido: vermi, umori nauseanti, brandelli sudici del sudario…, e nessuno, sulla terra, si ricorderà di te.
602. Tu, dotto, celebre, eloquente, potente: se non sei umile, non vali nulla. —Taglia, strappa quell’“io” che possiedi in grado superlativo —Dio ti aiuterà —, e allora potrai cominciare a lavorare per Cristo, nell’ultimo posto del suo esercito di apostoli.

603. Codesta falsa umiltà è comodità; in tal modo tu, così umilino, stai rinunciando a diritti… che sono dei doveri.
604. Riconosci umilmente la tua debolezza per poter dire con l’Apostolo: “Cum enim infirmor, tunc potens sum” —quando sono debole, allora sono forte.
605. Padre: come può sopportare tutta questa spazzatura? —mi dicesti—, dopo una confessione contrita.

—Tacqui, pensando che se la tua umiltà ti porta a sentirti così —spazzatura, un mucchio di spazzatura— potremo ancora fare qualcosa di grande di tutta la tua miseria.
606. Guarda com’è umile il nostro Gesù: un asinello fu il suo trono in Gerusalemme!…
607. L’umiltà è un’altra buona strada per giungere alla pace interiore. —L’ha detto Lui: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore… e troverete pace nelle vostre anime”.
608. Non è mancanza d’umiltà che tu riconosca il progresso della tua anima. —Così ne puoi ringraziare Dio.
—Non dimenticare che sei un poveretto che indossa un bell’abito… imprestato.

609. La conoscenza di sé conduce, quasi per mano, all’umiltà.
610. La tua energia nel difendere lo spirito e le norme dell’apostolato in cui lavori, non deve vacillare per falsa umiltà. —Questa energia non è superbia: è virtù cardinale di fortezza.

611. Per superbia. —Incominciavi già a crederti capace di tutto, da solo. —Ti ha lasciato un istante, e sei caduto a capofitto. —Sii umile e il suo appoggio straordinario non ti mancherà.
612. Sarebbe ora che respingessi quei pensieri di orgoglio: sei quello che è un pennello nelle mani dell’artista. —E nient’altro.—Dimmi a che serve un pennello, se non lascia fare al pittore.

613. Perché tu sia umile, tu così vuoto e così soddisfatto di te, è sufficiente che consideri le parole di Isaia: sei “goccia d’acqua o di rugiada che cade sulla terra e quasi non si nota”.