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Castello Interiore VII

Seste Mansioni - Parte 1 (Cap 1 e 2)

Autore: Santa Teresa d'Avila

Capitolo 1

Quanto più grandi sono le grazie che il Signore comincia a compartire, tanto più gravi sono i travagli che ne vengono – Si parla di alcuni di essi, e si dice come li sopporti chi è entrato in questa mansione – Utile per le anime che soffrono pene interiori

1 – Con l’aiuto dello Spirito Santo, veniamo ora a parlare delle seste mansioni, nelle quali l’anima, già ferita dall”amore dello Sposo, cerca con maggior cura di starsene in solitudine, sfuggendo, per quanto il suo stato glielo permette, tutto ciò che la potrebbe distrarre. La vista dello Sposo l’ ha così colpita, che ora ogni suo desiderio è di tornare a goderlo. Qui veramente non si vede nulla per dover usare la parola vista, neppure con l’immaginazione; ma se l’adopero è per il paragone che ho adottato.
L’anima, dunque, è fermamente decisa di non prendere altro sposo. Ma lo sposo, invece di guardare all’ardore con cui ella desidera che si celebri il fidanzamento, vuole che i suoi desideri si rendano più intensi, e che quel bene, superiore a ogni bene, le costi almeno qualche cosa.
È vero che di fronte a un tanto bene vi è ben poco che valga; ma vi devo pur dire, figliuole, che non meno grandi sono anche le prove che d’ora innanzi le succedono, tanto che per sopportarle ha bisogno di quei pegni di cui si vede favorita.
Oh, mio Dio!… Quali pene interiori ed esteriori deve mai ella soffrire prima di entrare nella settima mansione!…

2 – In verità, quando vi penso temo che, prevedendole, sia assai difficile che la nostra debolezza si risolva a sopportarle, neppure con la prospettiva di una infinità di vantaggi, a meno che non si sia già arrivati alla settima mansione, dove non si ha più paura di nulla e dove l’anima è decisamente risoluta a sopportare qualsiasi cosa per amore di Dio. La ragione è che allora è quasi sempre in intima unione col Signore, da cui le deriva ogni forza.
Credo utile descrivervi alcune pene che qui si soffrono, e che io conosco assai bene. Certo che non tutte le anime sono condotte per questa strada. Tuttavia, quelle che Dio favorisce di tali cose di cielo, sia pure ad intervalli, è mio parere che, in un modo o in un altro, debbano andar soggette alle sofferenze della terra.
Non era mia intenzione fermarmi su di ciò; ma poi ho pensato che la cognizione di ciò che soffrono le anime, a cui Dio comparte tali grazie, può essere di conforto a chi si trova in dette angustie, nelle quali sembra veramente che tutto sia perduto. Nel parlarne non seguirò l’ordine con cui si succedono, ma come mi si presenteranno alla mente.

3 – Voglio cominciare dalle più piccole, che sono le mormorazioni, tanto delle persone con cui si hanno rapporti, come di quelle con cui non se ne hanno, e di cui non si avrebbe mai pensato che potessero occuparsi delle cose nostre.
Dicono: « Vuol far la santa! Fa di tutto per ingannare il mondo e screditare gli altri, che sono assai migliori di lei, benché senza tante cerimonie! ». Si noti intanto che ella non fa proprio cerimonie, ma cerca solo di osservare esattamente ciò che esige il suo stato. Tuttavia, quelli che riteneva per amici si allontanano da lei, e facendosi suoi nemici l’assalgono con i morsi più dolorosi e più sensibili: « Quell’anima è un’illusa! È in inganno evidente! Sono artifizi del demonio! Le avverrà come a quella e a quell’altra che andarono perdute! Dà motivo di screditare la virtù! Inganna i confessori!…
E andranno a dirlo agli stessi confessori, citando l’esempio di coloro che per quella, via si sono perduti. E mille altri scherni e dicerie.

4 – Io so di una persona che, al punto a cui le cose eran giunte, temeva di non poter più trovare chi volesse confessarla. Non mi fermo a raccontare i particolari, perché troppo numerosi.
Il peggio è che questa guerra non termina tanto presto, ma dura tutta la vita, perché gli uni raccomandano agli altri di stare in guardia e di non trattare con tali anime.
Mi direte che vi sono anche di quelli che ne parlano bene.
Si, figliole, ma come pochi di fronte al gran numero dei denigratori! Del resto, per quell’anima le lodi non sono che un motivo di tormento, perché, essendosi veduta poco prima in grandi peccati e molto povera, riconosce che se ora ha qualche bene, questo non è suo, ma di Dio che gliel’ ha dato, per cui la stima degli uomini le si fa intollerabile: almeno da principio, poi la pena diminuisce, e ciò per più motivi.
Primo, perché l’esperienza la persuade che gli uomini tono tanto pronti a dir bene che a dir male, per cui non fa più conto di una cosa che dell’altra.
Secondo, perché Dio le fa maggiormente conoscere non essere in lei alcun bene che non provenga da Lui, e perciò non fa che ringraziarlo, dimenticando la parte che ella vi ebbe, quasi sia di altri.
Terzo, perché vedendo alcune anime far progressi nel conoscere le grazie di cui ella è favorita, pensa che il Signore voglia ad esse giovare mediante la stima di cui quelle la circondano senza suo merito.
Quarto, perché occupandosi dell’onore e della gloria di Dio più che di se stessa, si sente libera dal timore, comune ai principianti, che quelle lodi le siano di danno, come lo furono ad alcune persone di sua conoscenza. Pur di ottenere che per suo mezzo Dio sia lodato una volta sola di più, non si cura neppure di cadere nel disonore: avvenga quel che vuole avvenire.

5 – Queste ed altre ragioni attenuano la gran pena che le lodi le producono. Tuttavia, ne sente sempre qualche cosa, a meno che non vi presti attenzione. Ma incomparabilmente più grave di tutti è il tormento di vedersi pubblicamente ritenuti per buoni senza alcuna ragione.
Quando un’anima arriva a non curarsene, molto meno si curerà delle critiche: queste anzi la ricreeranno come una musica soave. E ciò è verissimo, perché i frutti di quel cammino fanno l’anima più forte: lei stessa lo riconosce e vede che chi la perseguita non lo fa con offesa di Dio, ma solo perché così Egli permette allo scopo di farle ricavare maggiori beni.
E siccome vede che è così, circonda quelle persone di una tenerezza tutta particolare, le riguarda come le sue amiche più sincere, perché le procurano maggiori vantaggi che non coloro che dicon bene di lei.

6 – Oltre a ciò il Signore suole inviare infermità molto gravi.
Questa prova supera la precedente, soprattutto quando i dolori sono acuti: credo infatti che fra le prove esteriori non ve ne sia alcuna sulla terra che eguagli il tormento di gravissimi dolori. Intendo dolori molto forti: degli altri, ne vengano quanti vogliono.
Dolori siffatti mettono sossopra l’interiore e l’esteriore: l’anima si altera, non sa più cosa fare, tanto che pur di sottrarsi a quel tormento, accetterebbe di buona voglia qualunque rapido martirio.
Bisogna però dire che il dolore non dura sempre nella sua più alta intensità, perché Dio non dà più di quello che si può sopportare, e prima di tutto infonde pazienza. Ma in via ordinaria manda sofferenze molto gravi e malattie di ogni specie.

7 – Conosco una persona che da quando cominciò ricevere la grazia di cui ho parlato, vale a dire da quarant’anni a questa parte, può affermare di non aver mai avuto un sol giorno senza dolori e senza soffrire in diverse altre maniere, tanto per mancanza di salute corporale che per altri travagli molto gravi.
È vero che era stata molto cattiva, e perciò di fronte all’inferno che aveva meritato, stimava tutto poca cosa. Forse chi non ha tanto offeso il Signore sarà condotto per altre vie, ma io preferisco sempre quella della croce, se non altro per imitare nostro Signore Gesù Cristo. Lo farei anche se non vi fosse alcun altro vantaggio: a maggior ragione nel vederne un sì gran numero.

8 – Che dire poi delle pene interiori? Se si potessero ben descrivere, come parrebbero leggere le esteriori! Ma chi può descriverle nella maniera in cui si sentono?
Cominciano col tormento d’incontrarci con un confessore così pauroso e poco sperimentato che non trova nulla di sicuro. Vedendo cose straordinarie, teme di tutto, dubita di tutto e condanna tutto come opera del demonio o effetto di melanconia, specialmente se nell’anima così favorita viene a scorgere qualche imperfezione, quasi che le persone a cui Dio fa tali grazie, debbano essere angeli, cosa assolutamente impossibile finché siamo in questo corpo.
Ciò del resto non mi meraviglia. Ai nostri giorni la melanconia ha invaso il mondo: si è tanto diffusa, e il demonio se ne serve per tanti mali, che i confessori han ragione di temere e di guardarsene attentamente.
Ma la povera anima che, essendo agitata dai medesimi timori, ricorre al confessore come a un giudice e si vede da lui condannata, cade in preda ad angosce e a inquietudini così vive da non essere comprese se non da chi le ha provate.
Altro supplizio di tali anime – specialmente se sono state imperfette – è di pensare che Dio permetta tale inganno in castigo dei loro peccati. È vero che quando ricevono tali grazie ne sono affatto sicure, e nemmeno possono dubitare che non siano dallo spirito di Dio; ma siccome quei favori passano rapidamente, mentre il ricordo dei peccati persevera, il loro tormento non tarda molto a ricominciare, specialmente se vedono in sé dei difetti, che non mancano mai. Godono un po’ di pace quando il confessore le rassicura; ma se egli le impaurisce, la loro pena diviene insopportabile, specialmente se sono in una di quelle aridità in cui pare che non si abbia mai avuto, né si avrà mai alcun pensiero di Dio, udendo parlare del quale sembra che si accenni a una persona che si è sentita nominare molto tempo addietro.

9 – Ma questo è ancora nulla. Guai se oltre a ciò l’anima si lascia vincere dal timore di non sapersi manifestare e di ingannare i confessori! Allora non le giova a nulla neppure se, esaminandosi attentamente, non scorge in sé nemmeno un primo moto che tenga loro nascosto. L’intelletto è così al buio che non è più capace di vedere la verità, crede a tutte le rappresentazioni della fantasia, che allora è padrona, e a tutte le insinuazioni del demonio a cui Dio deve certo permettere di porre l’anima alla prova, sino a farle intendere di essere da Lui rigettata.
Sono tanti gli assalti da cui è combattuta, ed ha un’angoscia interiore così tormentosa e intollerabile, che io non so ad altro paragonarla che alle pene dell’inferno. In tanta tempesta, ogni consolazione è proscritta; e se ne cerca qualcuna dal confessore, le vien da pensare che tutti i demoni si colleghino con lui per tormentarla di più.
Un confessore che dirigeva un’anima sottoposta a questo supplizio le aveva detto, dopo che la prova era passata, che quando vi andasse soggetta, glielo facesse sapere, perché quell’angoscia, risultando da tante cose, gli pareva molto pericolosa.
Ma siccome il male peggiorava dovette persuadersi che neppur lui vi poteva nulla. Se quell’anima prendeva un libro in volgare, le accadeva di non capirvi niente, come se non conoscesse neppur l’alfabeto, benché sapesse leggere benissimo: la sua intelligenza ne era affatto incapace.

10 – Per questa tempesta non vi è rimedio di sorta: bisogna aspettare la misericordia di Dio, il quale, con una sola parola o con qualunque fortuito avvenimento, toglie immediatamente ogni angoscia quando meno si pensa.
Allora l’anima si sente inondata di gioia, e così piena di sole da sembrarle di non essere mai stata fra le tenebre. È come un soldato uscito vittorioso da una tremenda battaglia, e ringrazia il Signore che ha combattuto per lei, ottenendole di vincere.
Da parte sua è persuasissima di non aver affatto combattuto, perché le armi con cui poteva difendersi le sembravano tutte fra le mani dei nemici. E così conosce la sua grande miseria e il poco che noi possiamo, quando Dio ci abbandona.

11 – Le pare che per intendere questa verità non abbia più bisogno di riflettere, perché l’esperienza avuta e la totale impotenza in cui si è trovata le hanno fatto conoscere il nulla del nostro essere e la bassezza della nostra miseria.
Durante quella tempesta non ha offeso e non avrebbe offeso il Signore per alcuna cosa al mondo: perciò è in grazia, ma ella non lo sente. Anzi, le pare di non avere in sé neppure una scintilla di amor di Dio, né di averne mai avuto, sogno le buone opere compiute, e fantasia le grazie da Dio ricevute. Non vede altro che i suoi peccati, e questi con chiarezza.

12 – Oh, Gesù! … Che spettacolo veder un’anima così abbandonata, a cui giovano a nulla tutte le consolazioni della terra! Sorelle, se vi succede di trovarvi in questo stato, non crediate che i ricchi e quelli che godono libertà siano in grado di aver rimedio più di voi. No, no.
A quel modo che tutti i piaceri del mondo, posti innanzi ai condannati a morte, non solo non li confortano, ma accrescono il loro tormento, così qui, perché si tratta di una pena che vien dall’alto e non può esser guarita da alcuna cosa al mondo. Dio vuole che conosciamo la sua sovranità e la nostra miseria, essendo ciò importantissimo per quello che ha da venire.

13 – Che deve fare la povera anima se quel suo stato si prolunga per vari giorni? Se prega, è come se non pregasse (in riguardo, dico, ad averne consolazione) perché non solo non penetra il senso della preghiera, ma non sa neppure cosa dice, nonostante preghi vocalmente.
Per l’orazione mentale, meno che meno: le sue potenze non vi sono disposte. Di maggiore pregiudizio le è pure la solitudine: e, ciò nonostante, non può soffrire la compagnia, né sentire alcuno che le parli senza sperimentarne un nuovo e particolare tormento.
E così, malgrado ogni suo sforzo in contrario, non può a meno di mostrare all’esterno una certa noia e malumore che è impossibile non vedere. Sa dire ciò che prova? No.
Si tratta di cose indicibili, di pene ed angustie spirituali che non si sanno nominare. Il miglior rimedio, non già per farle scomparire – che non ve n’è – ma solo per poterle alquanto sopportare, è di occuparsi in opere di carità o in altre cose esteriori, fiduciosi nella misericordia di Dio che non manca mai a chi in Lui confida. Sia Egli sempre benedetto! Amen.

14 – Quanto alle sofferenze esteriori causate dal demonio, non credo utile parlarne, perché devono essere molto rare e non tanto penose. Per quanto facciano, credo che i demoni non arrivino mai a inabilitare le potenze e a turbare l’anima nel modo che ho detto, rimane sempre la ragione per pensare che non possono andare più in là di quanto il Signore permette; e finché rimane la ragione, ogni pena è leggera di fronte a quello che ho detto.

15 – Parleremo di altre pene interiori trattando dei diversi modi di orazione e dei favori che Dio accorda in queste mansioni.
Molte di esse superano in intensità le precedenti, come appare dallo stato in cui lasciano il corpo. Tuttavia non meritano il nome di pene, e non è giusto che così si chiamino: sono elettissime grazie di Dio, riconosciute come tali anche dall’anima che le soffre, tanto da giudicarle superiori a ogni suo merito.
La più grande di queste pene sopraggiunge all’ingresso della settima mansione, ed è accompagnata da molte altre. Parlerò soltanto di alcune, perché di tutte è impossibile, come è impossibile dichiararne la natura.
Hanno un’origine molto più alta delle precedenti; e se di quelle che sono di ordine più basso io non ho saputo dire che questo, meno ancora ne saprò dire della altre. Si degni Iddio, per i meriti di suo Figlio, di prestarmi in tutto il suo aiuto! Amen.

Capitolo 2

Diversi modi con i quali Iddio eccita l’anima – Si tratta di favori molto grandi e preziosi, nei quali, a quanto sembra, non vi è nulla da temere

1 – Sembra che abbiamo dimenticato la nostra piccola colomba, ma non è così perché le prove di cui ho parlato sono appunto quelle che la impennano a un volo più alto. Cominciamo ora a vedere come lo Sposo si comporta con lei.
Prima di darsi a lei totalmente, la fa sospirare a lungo, usando certi mezzi molto delicati che la stessa anima non comprende, e che io non penso di saper spiegare se non per farmi intendere da chi ne ha l’esperienza. Si tratta di certi impulsi che procedono dal profondo dell’anima, così delicati e sottili da non aver paragoni neppure per darne un’idea.

2 – Differiscono molto da quei sentimenti che possiamo procurare da noi stessi, come pure da quei gusti spirituali di cui abbiamo parlato. Spesso, quando meno si pensa e neppure si è occupati di Dio, Sua Maestà scuote l’anima come per un colpo di tuono o a guisa di cometa che passi rapidamente.
Non si sente alcun rumore, ma l’anima intende che Dio l’ ha chiamata, e lo intende così bene che alle volte, specialmente sul principio, trema ed esce in lamenti, benché nulla le dolga.
Sente di essere stata ferita, ma non sa da chi, né in che modo. Però riconosce che è una ferita preziosa e non vorrebbe guarirne.
Si lamenta con lo Sposo con esterne parole di amore, senza potersi frenare, perché conosce che Egli è presente e che ciò nonostante non vuol manifestarsi onde non lo goda. Intensissima è la pena che ne sente, ma deliziosa e soave: l’anima non potrebbe sottrarsene, neppure volendolo.
Del resto, non lo vorrebbe nemmeno, perché prova più gioia in questa pena che non nella deliziosa sospensione dell’orazione di quiete, priva di ogni pena.

3 – Sto struggendomi per darvi ad intendere in che consista questa operazione di amore, ma non so come fare. Dire che l’Amato dia chiaramente a conoscere di essere con l’anima, e che ciò nonostante chiami l’anima con un segno così evidente da escludere ogni dubbio, con un fischio così penetrante che essa ode e le è impossibile di non udire, sembra importare contraddizione.
Eppure, pare che lo Sposo, dalla settima mansione ove risiede, faccia sentire la sua voce senza dire parola, e che gli abitanti delle altre mansioni – sensi, immaginazione e potenze – non osino muoversi.
O mio potente Signore, come sono grandi i vostri segreti! Come diverse le cose dello spirito da quanto si può vedere e intendere quaggiù, dove non c’è nulla che possa lumeggiare un fenomeno come questo, che pure è tanto piccolo di fronte ai molti che Voi operate nelle anime!

4 – L’effetto che ne risulta è che l’anima si va struggendo in desideri, pur senza sapere cosa brami, perché vede d’avere Iddio con sé.
Voi mi direte: Ma se l’anima ha questa conoscenza, che altro desidera? Di che si affligge? Che cosa vuole di più?
Non lo so. Ma so che questa pena sembra compenetrarla intimamente, e che quando le vien tolta la saetta da cui è stata ferita, le pare, per il grande amore di cui arde, che con la saetta le strappino pure le viscere.
Ecco ciò che mi vien da pensare. Non potrebbe essere che dal fuoco dell’acceso braciere che è il mio Dio, si fosse spiccata una scintilla e fosse venuta a toccare l’anima facendole sentire l’ardore di quell’incendio? Non potrebbe essere che, essendo una scintilla molto deliziosa ma non tanto forte per consumarla, lasciasse l’anima in balìa della pena prodottale nel toccarla?
Ecco, a mio parere, il miglior paragone che ho potuto trovare.
Si tratta di un dolore delizioso che non è dolore e che non si fa sempre sentire nel medesimo grado. Alle volte dura a lungo e alle volte pochissimo, conforme piace al Signore comunicarlo, non essendo cosa che si possa ottenere con industria umana.
Anche se si prolunga per un buon tratto di tempo, non è mai costante, ma va e viene. Perciò l’anima non finisce mai di abbruciarsi. Anzi, quando sta per accendersi, la scintilla si spegne, ed ella rimane con il desiderio di tornare all’amoroso tormento di cui quella scintilla le è causa.

5 – Qui non si tratta né di un effetto della natura o della melanconia, né di un’illusione prodotta dal demonio o dall’immaginazione: lo si vede assai bene, e se ne può essere sicuri.
E’ un movimento che proviene da dove abita Colui che è immutabile, e i cui effetti sono molto diversi da quelli delle altre devozioni, nelle quali il profondo assorbimento causato dal gusto spirituale può appunto ispirare qualche dubbio. Siccome i sensi e le potenze non sono sospesi, vanno considerando ciò che succede, ma senza mettervi ostacolo. Anzi, quanto a quella pena deliziosa, credo che non possano far nulla, né aumentarla né toglierla.
Chi ha ricevuto da Dio questa grazia – e se l’ ha ricevuta lo vedrà benissimo leggendo questo scritto – lo ringrazi infinitamente e non abbia paura di essersi ingannato. Tema soltanto di mostrarsene ingrato, e faccia il possibile per meglio servire il Signore e perfezionare la propria vita.
Allora Iddio non cesserà di favorirlo e non si sa dove andrà a finire. Una certa persona che aveva ricevuto questa grazia l’aveva goduta per vario tempo, ne era talmente contenta che con essa si sarebbe ritenuta abbondantemente ripagata anche se avesse servito il Signore per molti anni in mezzo a grandi sofferenze. Sia Egli per sempre benedetto! Amen.

6 – Può essere che mi domandiate perché questo favore sia più sicuro degli altri. Ed eccone le ragioni. Primo, perché credo che il demonio non produca mai una pena così deliziosa come questa. Se può dar delizie e soavità che sembrano spirituali, non è però in suo potere unire alla sofferenza – e a tale sofferenza – tanta gioia e tranquillità di spirito.
La sua potenza non si esplica che al di fuori; e le sue pene, quando le produce, nonché essere deliziose e tranquille, sono torbide e inquiete.
Secondo, perché questo dolce uragano si scatena da una regione nella quale il demonio non può far nulla.
Terzo, per i grandi vantaggi che ne derivano all’anima, i più comuni dei quali sono, fra gli altri, la risoluzione di patire per Iddio, il desiderio di avere molte croci e una determinazione fermissima di fuggire le soddisfazioni e le conversazioni del mondo, e altre cose consimili.

7 – Che non sia effetto d’immaginazione, lo si prova con l’incapacità di riprodurlo, neppure volendolo. È così chiaro, che l’illusione ne è assolutamente impossibile: impossibile, dico, che ci sembri essere quando non è, o si possa solo dubitarne.
Anzi, se si rimane con dubbio – d’esserne o di non esserne stati favoriti – bisogna dire che non sono veri impeti, perché questi si fan sentire così bene, come alle orecchie del corpo una voce molto forte.
E nemmeno si può dubitare che provenga da melanconia, perché questa fabbrica le sue chimere nell’immaginazione, mentre la pena di cui parlo procede dall’interno dell’anima. Ben può essere che m’inganni ma fino a quando persone competenti non mi apporteranno altre ragioni, io sarò sempre di questo parere.
So di un’anima che temeva sempre di essere in inganno: eppure di questa orazione non poté mai dubitare.

8 – Il Signore ha pure altri mezzi per eccitare l’anima. Talvolta, ad esempio, mentre si prega vocalmente, senza alcun pensiero di cose interiori, par di sentire, tutto a un tratto, una certa soave infiammazione, simile a un profumo molto delizioso che ci investa d’improvviso, diffondendosi per tutti í sensi.
Non già che si senta profumo o altra cosa somigliante: se adopero questo paragone, è per far intendere che lo Sposo è presente e che muove l’anima a un dolcissimo desiderio di goderlo, per cui essa rimane disposta a grandi atti e a impiegarsi tutta nel lodarlo.
L’origine di questa grazia – che per l’anima è assai ordinaria – è la medesima della precedente. Tuttavia non vi è nulla che dia pena, neppure i desideri di vedere Iddio. Per alcune ragioni già dette, mi pare che non vi sia da temere nemmeno qui: ma bisogna ricevere questo favore con rendimento di grazie.

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