Castello Interiore X
Seste Mansioni - Parte 4 (Cap 7 e 8)
Autore: Santa Teresa d'Avila
Capitolo 7
Pena che sentono dei propri peccati le anime che ricevono queste grazie – Gravissimo errore in cui si cade, per spirituali che si possa essere, quando non si procura di aver sempre innanzi l’umanità di nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, la sua passione, la sua Madre gloriosa e i suoi santi – Capitolo molto utile
1 – Vi parrà, sorelle, che le anime a cui Dio si comunica così intimamente, siano ormai sicure di averlo a godere per sempre, e che non abbiano più motivo di temere né di piangere i loro peccati.
Ma è un gravissimo errore. Forse lo potranno credere coloro che a tali grazie non sono arrivati; ma se le hanno provate, e furono vere grazie di Dio, comprenderanno quello che ora dirò. Il dolore dei peccati cresce in proporzione dei favori che Dio elargisce; e ritengo che non cessi se non in quel luogo dove nessuna cosa può dar pena.
2 – Però, il dolore è più o mene pungente, e non si fa sempre sentire nel medesimo modo. L’anima, invece di pensare al castigo che i suoi peccati le hanno meritato, non vede che l’ingratitudine di cui si è resa colpevole verso Colui che ha tutto il diritto di essere servito e a cui ella tanto deve.
Nei favori che gode scopre maggiormente la grandezza di Dio, si spaventa nel riconoscere di essere stata tanto temeraria, piange il suo poco rispetto, ravvisa nella sua audacia una follia inconcepibile, e al pensiero di aver abbandonato una Maestà così grande per cose tanto vili, non finisce più di lamentarsi.
Si ricorda più spesso di questo che non delle grazie ricevute, le quali, benché tanto grandi, come quelle che ho detto e dirò, le sembrano cose che passino di tanto in tanto trasportate da un fiume impetuoso, mentre il ricordo dei suoi peccati le è sempre dinanzi come un letamaio ribollente: ed in ciò è la sua croce.
3 – So di una persona che desiderava di morire, non solo per vedere Iddio, ma anche per sottrarsi alla pena di sentirsi sempre cosa ingrata verso Colui a cui era e doveva essere obbligata.
Le pareva che le sue iniquità non potessero essere equiparate da alcun’altra creatura, non sapendo ella immaginare che qualche altra fosse stata da Dio così sopportata e favorita di tante grazie. Dell’inferno non hanno affatto paura. Raro, benché tormentoso, è pure il timore di perdere Iddio. L’unica loro apprensione è che il Signore ritiri la sua mano, permettendo che l’offendano ed abbiano a ricadere nello stato infelice in cui per qualche tempo si sono vedute. Non si curano né della pena, né della gloria futura; e se desiderano di star poco in purgatorio, è più per non esser lontane da Dio che per i tormenti che vi si patiscono.
4 – Ritengo che non sia mai sicuro per un’anima, anche se molto favorita, dimenticarsi dello stato infelice in cui forse si è un po’ veduta, perché questo ricordo aiuta molto, nonostante sia penoso. Può darsi che io pensi così per essere stata tanto cattiva, e che appunto per questo non riesca mai a dimenticarmene.
Così non sarà di chi è stato virtuoso, benché nessuno vada senza difetti finché si vive in questo corpo mortale.
Il pensiero che Dio ha perdonato e dimenticato le nostre colpe, lungi d’alleviarne la pena, l’aumenta di più, mettendo innanzi quell’eccelsa Bontà che non lascia di favorire con le sue grazie chi non ha meritato che l’inferno. Questo pensiero doveva essere il martirio di S. Pietro e della Maddalena, perché, accesi di amore e favoriti di tante grazie come erano, comprendevano meglio la grandezza e la maestà di Dio: grande doveva essere la loro pena, accompagnata da tenerissimi sentimenti.
5 – Vi parrà pure che godendo di queste cose così sublimi, non si debba più fermare la meditazione sui misteri della sacratissima Umanità di nostro Signore Gesù Cristo, ma occuparsi soltanto in amare.
Su questo argomento ho già scritto a lungo in un altro luogo. Alcuni mi han fatto opposizione, e mi hanno detto che non me ne intendo, che diverse sono le vie di Dio e che quando le anime hanno oltrepassati i princìpi, è meglio che si distacchino dalle cose corporee per non esercitarsi che in quelle della divinità.
Tuttavia non mi faranno mai confessare che questo sia un buon cammino. Ben può essere che mi sbagli o che diciamo tutti la stessa cosa, ma io so che per di qui il demonio ha tentato d’ingannarmi; e ne sono rimasta così scottata che penso di ripetere qui ciò che ho detto in altri luoghi, affinché camminiate con molta attenzione e non abbiate a credere – guardate che cosa ardisco dire! – a chi vi afferma il contrario.
Procurerò di farmi intendere meglio che non abbia fatto altrove.
Colui che aveva promesso di trattarne per iscritto, avrebbe fatto bene ad estendersi di più, perché a persone di non troppa intelligenza, un’esposizione sommaria può essere di gran danno.
6 – Certe anime credono di non essere capaci di pensare alla passione: meno ancora lo saranno quanto alla sacratissima Vergine e alla vita dei santi, dalla cui memoria ci deriva tanto aiuto e profitto. Ma io non capisco a che cosa pensino.
Separarsi da ciò che è corporeo per bruciare continuamente di amore è proprio degli spiriti angelici, non di noi che viviamo in corpo mortale. Se abbiamo bisogno di trattare, pensare e accompagnarci con coloro che, pur essendo come noi, compiono per Iddio delle magnifiche imprese, a maggior ragione non dobbiamo separarci dalla sacratissima Umanità di nostro Signore Gesù Cristo, unico nostro bene e rimedio.
Non posso credere che alcuni facciano così. Essi non si devono intendere. Ma intanto fan male a sé e agli altri.
Assicuro, se non altro, che non entreranno mai nelle due ultime mansioni, perché, perduta la guida che è il buon Gesù, non ne troveranno la strada.
Sarà già molto se potranno stare nelle altre con sicurezza. Non dice forse il Signore che Egli è la via? Non afferma ancora che è luce, e che nessuno può andare al Padre se non per Lui? E quest’altre parole: Chi vede me vede il Padre mio?
Diranno che si devono spiegare in altro modo. Io non conosco altre spiegazioni: con questa mi sono sempre trovata assai bene, e la mia anima sente che è vera.
7 – Alcune anime, – molte delle quali han trattato con me – appena elevate alla contemplazione perfetta vogliono l’impossibile: cioè, star sempre in quello stato.
Ma, dopo quella grazia, rimangono in tal modo da non esser più capaci di discorrere come prima sopra i misteri della passione e della vita di Cristo. lo non so quale ne sia la ragione, ma è un fatto che avviene di frequente e che inabilita l’intelletto alla meditazione. Secondo me, la causa deve essere questa. Siccome il lavoro della meditazione è tutto nel cercare il Signore, una volta trovatolo, e abituatisi a cercarlo con le operazioni della volontà, l’anima non vuol più stancarsi nel mettere in moto l’intelletto. Può essere inoltre che la volontà, sentendosi infiammata, non voglia più servirsi dell’intelletto. Potendolo non sarebbe male; ma non si può, specialmente quando non si è ancora arrivati a queste sublimi mansioni, e così non si fa che perdere tempo. Spesso per accendere la volontà si ha bisogno dell’intelletto.
8 – Notate, sorelle, questa cosa che è assai importante e che voglio spiegare più a lungo. Ecco un’anima che vuol tutta impiegarsi in amare: non vorrebbe far altro.
Eppure, nonostante lo voglia, non può, perché se non è morta la volontà, è morto il fuoco di cui suole avvampare, e per farlo ardere è necessario che qualcuno vi soffi sopra.
O che forse si dovrà star lì nell’aridità, aspettando, come il nostro Padre Elia, che discenda il fuoco dal cielo a consumare il sacrificio che l’anima va facendo di sé?
No, certamente: non è bene sperar miracoli. Se qualche volta il Signore si compiace di farli, come abbiamo detto e diremo ancora più innanzi, tuttavia vuole che da parte nostra ci teniamo così bassi da credercene indegni, e che ci aiutiamo da noi stessi in tutti i modi possibili: cosa che in questa vita non bisogna mai tralasciare, per alta che possa essere la nostra orazione.
9 – Di questa diligenza non han bisogno che raramente, o quasi mai, coloro che Dio ha già introdotto nella settima mansione, per la ragione che là dirò, se saprò ricordarmene. Tuttavia, nemmeno essi lasciano di star sempre con Cristo Signor Nostro, sia pure in una maniera tutta ammirabile per esser Egli Dio e Uomo insieme.
Dunque, quando la volontà non arde di quel fuoco di cui ho parlato, né si sente in noi la presenza del Signore, è volere di Dio che ce ne andiamo in cerca, come la sposa dei Cantici.
Domandiamo alle creature, come insegna S. Agostino – credo nelle Meditazioni o nelle Confessioni – da Chi siano fatte, e guardiamoci dallo star là come sciocchi, perdendo il tempo nell’attendere quello che ci è stato dato una volta. Può essere che da principio il Signore non ritorni a favorircene, non solo in un anno, ma neppure in molti. Egli ne conosce il perché, e noi non dobbiamo cercare di saperlo, non essendovene motivo. Conoscendo che lo dobbiamo servire per la via dei comandamenti e dei consigli, camminiamo per essa con somma diligenza, pensando alla vita e alla morte di nostro Signore e al molto che gli dobbiamo: il resto venga quando a Lui piacerà!
10 – Forse risponderanno che su tali argomenti non si sanno fermare; e, da quanto abbiam detto, potranno in parte aver ragione. Tuttavia, sapete che una cosa è discorrere con l’intelletto, e un’altra considerare le verità che la memoria presenta all’intelletto. Forse direte di non capirmi, e può essere che non mi capisca neppur io per sapermi spiegare. Tuttavia farò del mio meglio.
Io chiamo meditazione un discorso fatto con l’intelletto nel modo seguente. Cominciamo col pensare alla grazia che Dio ci ha fatto nel darci il suo unico Figliuolo; poi percorriamo senza fermarci tutti i misteri della sua gloriosa esistenza; oppure cominciamo con l’orazione nell’orto, seguendo con l’intelletto nostro Signore fino alla sua crocifissione; ovvero prendiamo un passo della passione, per esempio la cattura, e percorriamo questo mistero considerando minutamente tutte le circostanze che possono fare impressione, come il tradimento di Giuda, la fuga degli apostoli e tutto il resto.
Questa è un’orazione assai bella e molto meritoria.
11 – Eppure, ripeto, questa è l’orazione che le anime elevate da Dio agli stati soprannaturali e alla contemplazione perfetta dichiarano di non saper fare. Io non ne so il motivo, ma ordinariamente è cosa, ed esse han ragione.
Però, s’ingannano quando affermano di non potersi trattenere in questi misteri, né richiamarseli alla memoria, specialmente quando la Chiesa Cattolica li festeggia, essendo impossibile che un’anima, dopo aver ricevuto da Dio tante grazie, si dimentichi di così preziose manifestazioni di amore, che sono come ardenti scintille, atte ad infiammarla sempre più nella sua carità verso Dio. No, quelle anime non si devono intendere.
Quei misteri si comprendono in un modo più elevato. L’intelletto li rappresenta così al vivo, e la memoria ne rimane così impressionata che la sola vista del Signore prostrato nell’orto con quel sudore spaventoso, basta ad occuparci, non solo per un’ora, ma per molti giorni di seguito.
Con un semplice sguardo si vede chi Egli sia, e quanto enorme la nostra ingratitudine verso un dolore così grande. Accorre subito la volontà, sia pure senza tenerezza, ma col desiderio di rispondere in qualche cosa a tanta grazia e di soffrire un poco per Colui che ha tanto sofferto, ed altri simili desideri molto atti ad occupare la memoria e l’intelletto.
Questo, a mio parere, è il motivo per cui l’anima non può passare innanzi e discorrere a lungo sulla passione, e ciò le fa credere di non sapersi in essa occupare.
12 – Qualora non lo possa veramente, è sempre bene che vi si sforzi, perché so che questo esercizio non impedisce neppure la più alta orazione. No, non ho per buono che si astenga dall’esercitarvisi spesso.
Se il Signore la sospende mentre è così occupata, ciò sia alla buon’ora, perché allora le toglie quello che la occupa anche contro sua voglia. Ma io sono sicura che questa maniera di agire nonché non essere di ostacolo, serve grandemente per ogni sorta di beni. L’ostacolo sarebbe nel far di tutto per continuare a discorrere come ho detto in principio, benché non sia affatto possibile per chi è arrivato più in su. (Forse lo potrebbe anche fare, perché molte sono le vie per le quali Dio conduce le anime).
Comunque, non si condanni chi non può camminare per di qui, né lo si giudichi incapace di godere i grandi beni racchiusi nei misteri del nostro Re Gesù Cristo. Ma nessuno, per spirituale che possa essere, mi saprà persuadere che sia bene rinunciarvi.
13 – Ecco ciò che succede ad alcune anime, tanto sul principio come allora che sono alquanto avanzate.
Appena cominciano a toccare l’orazione di quiete e ad assaporare le delizie e i gusti che il Signore concede, pensano di non dover far altro che continuare a goderne.
Ma, come ho detto in altro luogo, si guardino bene dal lasciarsi troppo assorbire, perché la vita è lunga, ed è così piena di travagli che per sopportarli con perfezione, si ha sempre bisogno di considerare come li han sopportati Cristo, nostro modello, i suoi apostoli e i santi.
È troppo bella la compagnia del buon Gesù per dovercene separare! E altrettanto si dica di quella della sua santissima Madre. Egli ha piacere che qualche volta compatiamo le sue pene, a scapito delle nostre gioie e consolazioni, tanto più che le delizie dell’orazione non sono mai così continue da non lasciar tempo per tutto.
Se alcuna affermasse d’esser sempre nelle medesime condizioni – cioè, di non poter mai fare ciò che dico – riterrei il suo stato per molto dubbio.
Anche voi tenetelo per tale, e cercate di liberarvi da questo inganno, facendo il possibile per distrarvi. Se ciò non basta, parlatene alla Priora acciocché vi metta in uffici di tali preoccupazioni da togliervi subito a quel pericolo, perché se , tale stato si prolunga, vi può essere di grave danno tanto alla testa che alla ragione.
14 – Credo di aver fatto capire quanto convenga, per spirituali che si possa essere, non aver così paura delle cose corporee da sembrarci di danno anche la sacratissima Umanità di Gesù Cristo.
Oppongono quello che Gesù disse ai suoi discepoli: cioè, convenire che Egli se ne andasse.
Ma io non lo posso sopportare. Certo che non disse così alla sua santissima Madre, perché ella era forte nella fede, sapeva che Egli era Dio e Uomo, e benché l’amasse più di tutti, lo faceva in modo così perfetto che la sua presenza le era piuttosto di aiuto. Invece gli apostoli non avevano quella fede così ferma che solo ebbero più tardi, e che ora noi dobbiamo avere. Da parte mia, figliuole, vi dico che questo sistema è pericoloso, e che il demonio potrebbe finire col farci perdere la devozione al santissimo Sacramento.
15 – L’inganno in cui mi pare d’esser anch’io caduta non è arrivato a questo punto: soltanto che non godevo più di pensare a nostro Signore Gesù Cristo per andarmene tutt’assorta nell’attesa di quelle delizie.
Ma vidi chiaramente che il mio cammino non era buono, perché, siccome non potevo sempre goderne, il mio pensiero andava vagando qua e là, e l’anima pareva un uccello che svolazzasse senza trovare ove posarsi.
Perdevo molto tempo, non progredivo in virtù, non mi avanzavo nell’orazione, e non ne capivo la ragione, né giammai l’avrei capita, perché quel mio modo di fare mi sembrava molto sicuro.
Fui illuminata da un buon servo di Dio con cui ebbi a parlare della mia orazione, e allora vidi chiaramente quanto fossi fuor di strada. Presentemente non finisco più di dolermi per non aver compreso che con una perdita così grande non si può guadagnare che assai male. No, ora non voglio più alcun bene, neppure potendolo, se non per mezzo di Colui dal quale tutti ci vennero.
Sia Egli per sempre benedetto! Amen.
Capitolo 8
In che modo Iddio si comunichi all’anima nella visione intellettuale – Alcuni avvisi in proposito – Effetti che questa visione produce quando è vera – Tali grazie si devono tener segrete
1 – È bene ora vedere che, quando Dio lo vuole, noi non possiamo far altro che star sempre con Lui, e ciò vi farà capire più chiaramente la verità di quello che vi ho detto e che quanto più un’anima va innanzi, tanto più continua si fa la sua compagnia col buon Gesù, secondo quello che si apprende dalle diverse maniere con cui Egli si comunica alle anime, mostrando l’amore che ci porta. Ciò avviene mediante alcune visioni e apparizioni molto ammirabili, delle quali, se piacerà a Dio che mi sappia spiegare, vi dirò in breve qualche cosa, affinché non abbiate a spaventarvi qualora ve ne sia data qualcuna: tanto più che queste grazie, anche se non concesse a noi, servono molto a far lodare il Signore, mostrandolo così buono da non sdegnare di comunicarsi in tal modo con una creatura, nonostante tanta sua potenza e maestà.
2 – Ecco ciò che avviene. Mentre l’anima è in tutt’altri pensieri fuorché in quello di avere tali grazie – grazie che non ha mai pensato di meritare – si sente vicino nostro Signor Gesù Cristo, ma senza che lo veda, né con gli occhi del corpo, né con quelli dell’anima. E questa – non ne so il perché – si chiama visione intellettuale.
Una persona che ebbe questa grazia unitamente a molte altre di cui parlerò più avanti, da principio andava molto impressionata perché non capiva cosa fosse, non vedeva nulla e ciò nonostante intendeva così chiaramente essere Cristo quegli che le appariva, da non poterne dubitare: dubitare, dico, che si trattasse di una visione, perché circa la sua provenienza, – se da Dio o no, – era sempre timorosa, benché i grandi effetti di cui rimaneva arricchita la portassero a credere che fosse da Dio.
Ella non solo non aveva mai sentito parlare di visioni intellettuali, ma neppure sapeva se esistessero. Intendeva però chiaramente che Quegli che sentiva presente era il medesimo che altre volte le parlava nella maniera che ho detto, mentre prima non sapeva chi le parlasse, ma solo intendeva le parole.
Questa visione, inoltre, non è come l’immaginaria che passa presto, ma dura molti giorni e alle volte più di un anno.
3 – So ancora che quella persona, standosene con paura, si portò tutt’afflitta dal confessore, che le chiese come sapesse, se non vedeva nulla, che Quegli fosse nostro Signore, e le domandò come era il suo viso.
Ella rispose che non lo sapeva, che non vedeva viso di sorta, e che non sapeva dire di più di quanto aveva detto. Sapeva soltanto che Egli era Colui che le parlava, e che ne era sicura.
Non poteva dubitarne nemmeno se le mettevano indosso delle gravi paure, specialmente quando il Signore le diceva: Non temere, sono io! Queste parole avevano tal forza da toglierle subito ogni dubbio, e da lasciarla in tale compagnia piena di gioia e di coraggio.
Ciò le era di grande aiuto per pensare continuamente al Signore e procurare di non far nulla che l’offendesse, perché le sembrava che la stesse sempre guardando. E ogni qualvolta voleva trattare con Lui, sia nell’orazione che fuori, le pareva che Egli le fosse così vicino da non poter lasciare d’ascoltarla.
Riguardo alle sue parole, ella le udiva non quando voleva, ma improvvisamente, a seconda del bisogno. Sentiva che le camminava al lato destro, ma con nessuno di quei segni sensibili per i quali si può conoscere che una persona ci è vicina, bensì in una maniera più delicata che non si deve saper dire: però con la medesima certezza, anzi maggiore, perché con i sensi si può cadere in inganno, mentre qui è impossibile.
Se fosse effetto di melanconia, non si avrebbero i vantaggi e gli effetti interiori di cui l’anima si sente ripiena. E nemmeno può essere dal demonio, perché l’anima non rimarrebbe così in pace, né con desideri così continui di piacere a Dio, né con disprezzi così sentiti per tutto ciò che non l’avvicini a Lui.
4 – Col tempo la visione di quella persona si andò meglio manifestando, ed ella comprese che non era dal demonio. Tuttavia si sentiva alle volte piena di paura, e alle volte con grandissima confusione per non sapere da dove tal bene le venisse.
Io e quella persona eravamo una stessa cosa, e niente passava nella sua anima che io non conoscessi, per cui posso esserle di buon testimonio. Abbiate quindi per vero quanto di lei vi ho raccontato.
Questa grazia apporta all’anima grande confusione e umiltà.
Sarebbe tutto il contrario se fosse dal demonio. Né vi può aver parte l’industria umana, perché l’operazione di Dio è così evidente che in nessun modo l’anima può pensare che sia un bene di suo acquisto, ma datole unicamente dalla mano di Dio.
Fra le grazie già raccontate ve ne saranno forse di superiori, ma questa apporta all’anima una speciale conoscenza di Dio, dalla cui continua compagnia le deriva un amore tenerissimo verso di Lui, accompagnato dai più vivi desideri d’impiegarsi in suo servizio e da una grande purità di coscienza, perché Colui che ha sempre dinanzi, le fa avvertire ogni cosa.
E’ un fatto che, pur sapendo di esser sempre alla presenza di Dio, molte volte trascuriamo di pensarci. Ma qui la cosa è impossibile, perché l’anima è tenuta sveglia da Dio stesso che le sta vicino. Perciò, più frequenti sono pure le grazie di cui abbiamo parlato, perché l’anima è quasi sempre in continui atti d’amore verso Colui che vede o sente vicino.
5 – Insomma, dai vantaggi che lascia si conosce chiaramente che è una grazia assai grande, degna d’immensa stima. L’anima ringrazia il Signore che gliela dà senza suo merito, e non la cambierebbe con alcun tesoro o diletto della terra. Quando Dio crede di privarnela, ella si sente sola, e a nulla giovano i suoi sforzi per riaverla, perché Dio la concede quando vuole, né vi son mezzi per procurarsela.
6 – Alle volte si tratta della presenza di qualche santo, e anche allora se ne ha grande giovamento.
Ma voi mi direte: Se non si vede nulla, come si capisce che è Cristo, la sua gloriosissima Madre o qualche santo?
L’anima non lo sa dire, non comprende come lo capisca e, ciò nonostante, ne è fermissimamente sicura. Pare che la cosa sia più facile quando si tratta di Gesù Cristo che fa sentire la sua voce, ma quando sono santi che non parlano, e sembrano messi là in aiuto e compagnia dell’anima, il fatto è assai più sorprendente.
Vi sono altre cose spirituali che non si sanno spiegare, ma che servono a farci meglio conoscere quanto sia incapace la nostra natura di comprendere le infinite grandezze di Dio, dato che non comprende neppur quelle.
L’anima si contenti di ammirarle, di benedire il Signore e di ringraziarlo vivamente. Siccome non sono grazie che si danno a tutti, essa le deve molto stimare, procurando di servir meglio il Signore, ché appunto per questo gliele dà.
Ne viene intanto che l’anima, lungi dal credersi più degli altri, si persuade d’esser quella fra tutti che meno serve il Signore. Le pare di esservi obbligata più degli altri, e la minima mancanza che commette le trapassa le viscere, non senza grande ragione.
7 – Quella fra voi che Dio condurrà per di qui saprà riconoscere da questi effetti se vi è inganno o fantasia. Quanto al demonio, non credo possibile, se è lui, che la cosa si protragga a lungo, con tanti vantaggi per l’anima e tanta pace interiore.
Non è questo il suo costume. Un essere così malvagio non potrebbe produrre tanto bene neppure volendolo, perché verrebbero certi fumi di propria stima a farci subito pensare di essere migliori degli altri.
Gli dà tanta rabbia che l’anima si mantenga sempre con Dio, continuamente occupata di Lui, che se qualche volta cerca d’ingannarla, non lo fa troppo spesso.
Dio poi è fedele, e non permetterà mai al demonio di aver tanta forza sopra un’anima, la cui unica brama è di piacergli e di sacrificare anche la vita per il suo onore e la sua gloria: anzi, farà in modo che ne esca presto disingannata.
8 – Il mio pensiero è e sarà sempre questo: dal momento che l’anima si sente con questi effetti che sono propri delle grazie di Dio, qualche volta Egli potrà permettere al demonio di tentarla, ma la farà uscire con vantaggio e coprirà il maligno di confusione.
Perciò, figliuole, se alcuna va per questa strada, non si lasci spaventare. Però è bene che camminiate sempre con timore e con grande avvertenza. Guardatevi dal credere che per essere così favorite possiate alquanto trascurarvi: sarebbe segno che le vostre grazie non sono da Dio, né più né meno che se non vi vedeste con gli effetti accennati.
Da principio sarà bene che ne parliate sotto segreto di confessione con qualche persona molto dotta -sono costoro che ci devono illuminare – oppure con una molto spirituale. Però preferite il molto dotto, se la spiritualità dell’altro non è profonda. Meglio ancora: potendolo, consultate l’uno e l’altro. Se vi diranno che è una vostra immaginazione, non preoccupatevene, perché un’immaginazione non fa né bene né male. Piuttosto raccomandatevi a Dio affinché non permetta che cadiate in inganno.
Ne avrete maggior pena se vi diranno che è il demonio. Ma non ve lo dirà certamente uno molto dotto quando veda gli effetti di cui abbiamo parlato. Quand’anche ve lo dicesse, vi assicurerebbe del contrario il Signore che sta con voi, il quale vi riempirebbe di consolazione, e darebbe luce al direttore per potervi meglio comprendere.
9 – Se l’interpellato è uno che, pur praticando l’orazione, non è condotto per questa strada, si spaventerà subito e condannerà ogni cosa. Perciò vi consiglio d’indirizzarvi a un qualche grande teologo, possibilmente molto spirituale.
La Priora lo permetta, anche se in base alla buona vita che mena, vede che quell’anima va bene. È obbligata a permetterlo. E saranno ambedue sicure. Però, dopo essersi consultata, l’anima deve mettersi in pace e guardarsi dal moltiplicare consultazioni, perché il demonio può ispirare timori così eccessivi e irragionevoli da spingere l’anima a non contentarsi di una volta sola.
Ciò avviene specialmente quando il confessore non è di molta esperienza, si fa vedere timoroso, o è lui che induce l’anima a consultarsi. In tal modo vengono a divulgarsi certe cose che sarebbe bene tener segrete. Ecco allora l’anima fra le persecuzioni e le angustie.
Credeva che le sue grazie fossero occulte, e invece le vede divulgate, con un seguito di molte cose spiacevoli tanto per lei che per 1’Ordine, causa la malizia dei tempi.
Perciò è necessario avere molta prudenza, e io la raccomando assai alle Priore.
10 – Non devono esse pensare che una sorella sia migliore delle altre perché è favorita di tali grazie. Il Signore guida ognuna secondo che crede meglio. Se è vero che quei favori, quando sono corrisposti, aiutano a divenire delle grandi serve di Dio, è pur vero che alle volte il Signore non li comparte che alle più deboli.
Perciò non bisogna né approvare né condannare, ma considerare la virtù. Sarà più santa colei che servirà il Signore con maggiore mortificazione, umiltà e purità di coscienza.
Ma siccome quaggiù non si può avere che una sicurezza relativa, bisogna attendere che il vero Giudice dia a ciascuno quello che si merita.
E vedremo allora con sorpresa quanto siano diversi i suoi giudizi dai nostri terreni apprezzamenti.
Sia Egli per sempre benedetto! Amen. .. .