Castello Interiore XIII
Settime Mansioni - Parte 2 (Cap 3 e 4)
Autore: Santa Teresa d'Avila
Capitolo 3
Effetti di questa orazione – Bisogna considerarli con grande cura e attenzione perché ammirabile è la differenza che li distingue dagli altri
1 – Abbiamo detto che la farfalletta è morta, felicissima d’aver trovato il suo riposo, e che Cristo vive in lei.
Vediamo ora come vive, e se la sua vita attuale differisca da quella di prima, potendosi conoscere da questi effetti se realmente abbia ricevuta la grazia di cui si è detto.
A quanto ne posso giudicare, gli effetti sono i seguenti.
2 – Anzitutto un grande oblio di sé, così profondo da farle credere di non esistere più. Si sente trasformata in tal maniera da non riconoscersi più. Non pensa né al cielo che l’attende, né alla vita, né all’onore, ma solo a impiegarsi alla maggior gloria di Dio.
Le parole dettele dal Signore, cioè, che prendesse cura delle cose di Lui perché Egli si curerebbe delle sue, pare che abbiano prodotto quello che significano, tanto che ella non si preoccupa più di nulla. Non vuol essere nulla in nessuna cosa, eccetto quando vede di poter alquanto contribuire nell’accrescere, anche solo di un punto, l’onore e la gloria di Dio: per questo sacrificherebbe volentieri la vita. Ma quanto al resto, si sente in un così strano oblio da sembrare, ripeto, di non esistere più.
3 – Non dovete però credere, figliuole, che trascuri di mangiare e dormire, benché le sia di gran tormento, e nemmeno che lasci di compiere i doveri a cui per il suo stato è obbligata: qui non parliamo che delle disposizioni interiori.
Quanto alle opere esterne, vi è ben poco da dire. E questo costituisce la sua pena, per esser costretta a vedere che le sue forze non valgono a nulla. Ma se può qualche cosa, e vede che è di gloria al Signore, nulla al mondo la trattiene.
4 – Il secondo effetto è un gran desiderio di patire, ma non in modo d’averne inquietitudine, come già per l’innanzi.
Sua brama ardentissima non è che di compiere la volontà di Dio, e perciò ritiene come buono tutto quello che il Signore dispone: se Egli vuole che patisca, ciò sia alla buon’ora; se non lo vuole, non s’inquieta come prima.
5 – Se viene perseguitata sperimenta nel suo interno una vivissima gioia, e permane in una pace molto più profonda che non negli stati precedenti. Non solo non prova il minimo risentimento per quelli che le fanno o le vogliono fare del male, ma li circonda di maggiori attenzioni; e se li vede in qualche travaglio, ne rimane teneramente afflitta, sino ad essere disposta a far di tutto per sollevarli.
Li raccomanda instantemente al Signore, e rinuncerebbe volentieri ad alcune delle sue grazie affinché Dio le concedesse a loro, ed essi non l’offendessero più.
6 – Ma ecco ciò che più mi sorprende. Avete veduto le angosce e le desolazioni di queste anime per il desiderio di morire e di andare a godere Iddio. Ma ora desiderano tanto di servirlo, di farlo da tutti servire e di affaticarsi anche per il profitto di un’anima, che non solo non sospirano più di morire, ma bramano di vivere a lungo, anche fra gravissimi travagli, pur di ottenere che Dio sia lodato un po’ di più. Non se ne curerebbero nemmeno se fossero sicure di andar subito a Dio appena uscite dal corpo, perché alla gloria dei santi non pensano, né per allora la desiderano. La loro gloria è nell’aiutare il loro Dio crocifisso, specialmente quando vedono fino a che punto sia Egli offeso e come pochi cerchino il suo onore, trascurando tutto il resto.
7 – Vero è che talvolta, dimenticandosi di tutto questo, riprendono con i più teneri sospiri a desiderare di godere Iddio e di uscire da questo esilio, specialmente quando considerano il poco che sanno fare per Lui; ma ritornano presto al loro stato, e vedendo che infine lo hanno sempre con sé, se ne contentano e gli offrono l’accettazione della vita come un dono assai caro, il più costoso che gli possano offrire. Non hanno più paura della morte che di un soave rapimento. E ciò che sorprende è che autore di questi sentimenti è il medesimo che prima dava loro quei desideri così eccessivi e tormentosi.
Sia Egli per sempre lodato e benedetto!
8 – Insomma, queste anime non desiderano né gusti né consolazioni spirituali, perché hanno con sé lo stesso Dio, ed Egli vive con loro. Ora, siccome la sua vita non fu che un continuo martirio, è chiaro che tale debba pur rendere la loro, almeno nei desideri se non nella pratica, nella quale Egli usa conformarsi alla nostra debolezza benché non manchi, quando lo vede necessario, di venirci in aiuto con la sua forza.
Tali anime sono staccate da tutto, non d’altro bramose che di star sole o di lavorare per la salute delle anime. Non hanno né aridità né pene interiori, e non vorrebbero far altro che lodare Iddio, di cui vanno teneramente occupate.
Quando si distraggono, sono richiamate da Dio stesso nella maniera che ho detto, e l’impulso con cui le sveglia – non so che altra parola adoperare – procede dal loro stesso interiore, come ho detto trattando degli impeti, ma con grande soavità. È desso un fenomeno tanto frequente e ordinario, che lo si è potuto esaminare attentamente. Non è frutto dell’intelletto, né della memoria, né di qualunque cosa che possa far pensare a un concorso della stessa anima. Come il fuoco che, malgrado ogni sua più grande intensità, non dirige mai in basso le sue fiamme, ma sempre in alto, così qui: quel movimento inferiore procede dal centro dell’anima e sale a svegliare le potenze.
9 – Veramente, quand’anche non vi fosse alcun altro vantaggio su questo cammino dell’orazione che di vedere con quanta premura Iddio cerchi di comunicarsi con noi e come ci vada pregando – sì, dico pregando – di rimanere con Lui, sarebbero fin troppo sufficienti per ripagarci di ogni possibile travaglio questi suoi tocchi di amore così soavi e penetranti.
Certo che li avrete provati pur voi perché credo che una volta giunti all’orazione di unione, non mancherà Iddio di farsi così sentire, sempre inteso che da parte nostra non si trascurino i suoi voleri. Quando ciò vi accadesse, ricordatevi che procede dalla stanza interiore che Dio occupa in voi, e lodatelo grandemente.
E’ un suo messaggio, un biglietto scritto con grande amore, della cui provenienza non si può dubitare, e di cui vuole che soltanto voi conosciate i caratteri e ciò che con essi vi domanda.
E voi, – per quante occupazioni esteriori possiate avere, anche se in conversazione con varie persone – non lasciate mai di rispondegli.
Sì, può darsi che Dio vi faccia questa segretissima grazia mentre siete con gli altri; ma siccome la risposta dev’essere interiore, potete dargliela egualmente con grandissima facilità, consistendo essa in un atto di amore, o nel dire con S. Paolo: Che volete, Signore, che io faccia?
È questo un tempo propizio, nel quale il Signore sembra che ci stia ascoltando per insegnarci come meglio piacergli: alla qual cosa ordinariamente dispone assai bene questo tocco delicato, eccitandone una volontà risoluta.
10 – Ciò che caratterizza questa mansione è che vi mancano quasi del tutto le aridità e le inquietitudini interiori che di tanto in tanto si producono nelle altre.
L’anima è quasi sempre nella pace, così sicura della divina provenienza di questa grazia da neppur dubitare che possa trattarsi di una contraffazione: non del demonio, perché non credo che egli ardisca, e che Dio gli permetta di entrare in questa mansione dove il Signore ha invitata l’anima per stare con lei e farsi da lei contemplare; non dei sensi e delle potenze, perché qui, come ho detto, non hanno nulla a che fare; e neppure della stessa anima, perché in queste grazie ella non può prestare altro concorso che quello già da lei prestato nel darsi tutta al Signore.
11 – Il modo con cui Dio arricchisce ed istruisce l’anima in questa orazione è così calmo e silenzioso da fare pensare alla costruzione del tempio di Salomone, durante la quale non si sentiva il minimo rumore.
Così in questo tempio di Dio, in questa mansione che è sua: Dio e l’anima si godono in altissimo silenzio. L’intelletto non ha movimenti né ricerche da fare.
Chi l’ha creato vuole che si riposi e contempli ciò che avviene come per una piccola fessura. Di tanto in tanto verrà privato pur di questo e non potrà più vedere, ma soltanto per poco, perché qui le potenze non si perdono, ma stan lì assorte senza operare.
12 – Ecco ciò che mi stupisce. L’anima arrivata a questo punto non va più soggetta ad alcuna estasi, almeno in modo da perder l’uso dei sensi. E se qualche volta vi va ancora, non è mai con quei rapimenti e voli di spirito di cui ho parlato.
Comunque, ciò le avviene assai di rado, e quasi mai in pubblico: cosa che prima le era assai ordinaria. Non servono più ad eccitarvela neppure quelle grandi occasioni che prima accendevano la sua devozione, come un’immagine devota, le note d’una musica, oppure una predica che poi quasi non ascoltava.
Siccome la povera farfalletta era tutta in ansietà, si spaventava di ogni cosa e prendeva il volo. Ora, invece, sia che abbia già scoperto il suo riposo; sia che per le grandi meraviglie vedute in questa mansione non si stupisca più di nulla; sia che per aver trovato una tale compagnia non si senta più così sola come prima; oppure che si tratti di una qualche altra ragione a me sconosciuta, fatto sta, sorelle, che non è più così.
Sarà perché quando Dio comincia a introdurre e a mostrare all’anima le meraviglie di questa mansione, ella perde l’estrema debolezza che prima aveva e che tanto la tormentava, oppure perché il Signore l’ha fortificata, dilatata e resa più abile; ovvero perché prima voleva far conoscere pubblicamente, per certi suoi fini particolari quello che le accordava in segreto. Comunque, i giudizi di Dio sono superiori a ogni nostra immaginazione.
13 – Questi gli effetti che Dio opera nell’anima quando la unisce a sé con quel bacio che la sposa domandava e che qui, a quanto pare, le viene accordato.
A questi si devono aggiungere tutti quelli che nei diversi gradi di orazione abbiamo classificati per buoni. Qui ella si delizia nel tabernacolo di Dio.
Qui la colomba inviata da Noè per vedere se il diluvio era finito trova l’olivo, ad indicare che in mezzo alle acque e alle tempeste di questo mondo ha finalmente scoperto terra ferma.
Oh, Gesù, se potessi conoscere tutti i passi della sacra Scrittura tendenti a far comprendere questa pace dell’anima!
Sapendo quanto essa importi, fate, o mio Dio, che i cristiani si muovano tutti a cercarla, e conservatela, nella vostra misericordia, a chi l’avete già data, benché sappiamo di dover sempre vivere con timore fino a quando non ci darete la vera pace, conducendoci dove essa non può più terminare.
Dico vera pace, non perché questa di cui parlo non sia vera, ma perché allontanandoci da Dio, possiamo ricadere nella guerra di prima.
14 – Oh, la pena di queste anime nel vedere di esser ancora capaci di perdere un tanto Bene! Perciò camminano più cautamente e procurano di cavar forza dalla loro debolezza per non trascurare una sola occasione di maggiormente piacere a Dio.
Più si vedono da lui favorite, più diffidano e temono di se stesse, sino alle volte a non aver coraggio neppure di sollevare gli occhi, come il Pubblicano del Vangelo, per aver meglio conosciuto nelle divine grandezze la loro estrema miseria e l’enorme malizia dei loro peccati.
Altre volte invece, bramose di sentirsi sicure, sospirano di morire, ma poco dopo, mosse dall’amore che nutrono per Iddio, desiderano di vivere per meglio servirlo, rimettendosi alla sua divina misericordia per tutto ciò che le riguarda.
Talvolta poi la vista delle molte grazie ricevute le riempie di confusione, nel timore che avvenga loro come a quei vascelli, che, per essere troppo carichi, colano a picco.
15 – No, sorelle, neppure queste anime van senza croce. Però non si angustiano, né perdono la pace: tutto passa rapidamente come un’onda, o come una tempesta a cui segua la bonaccia.
La presenza del Signore che portano con sé fa dimenticare loro ogni cosa.
Sia Egli per sempre benedetto, e tutte le creature lo lodino! Amen.
Capitolo 4
Si conclude, dicendo ciò che il Signore sembra proporsi nel concedere a un’anima questi grandi favori, e come occorra che Marta e Maria vadano d’accordo – Capitolo molto utile
1 – Non dovete credere, sorelle, che gli effetti di cui ho parlato si mantengano sempre nel medesimo grado. È per questo che quando mi ricordo dico che ciò avviene in via ordinaria, perché alle volte il Signore abbandona l’anima alla sua natura, e allora sembra che tutte le cose velenose dei dintorni e delle mansioni del castello si uniscano insieme per vendicarsi di lei anche per quel tempo che non possono averla fra le mani.
2 – No, non è uno stato che duri molto: al massimo un giorno o poco più. Il mutamento avviene di solito per qualche grande occasione, e allora nello scompiglio che ne sente, l’anima apprezza meglio la santa compagnia in cui si trova, grazie alla quale il Signore le infonde fermezza per non deviare in nulla dal suo servizio e dalle buone risoluzioni, le quali, anzi, sembra che vadano aumentando. Insomma, l’anima non torce in nulla dalle sue buone determinazioni neppure per un primo moto piccolissimo.
Se questo stato non dura molto è perché il Signore vuole che l’anima non perda il ricordo della sua miseria, si conservi umile, intenda meglio il molto che gli deve, e lo ringrazi per la grandezza del favore che le fa.
3 – Queste anime hanno vivi desideri e ferme risoluzioni di non commettere imperfezioni di sorta, ma non senza che per questo lascino di commetterne molte, e anche peccati. Non però con avvertenza: in questo il Signore le deve molto aiutare.
Parlo dei peccati veniali, non dei mortali, dai quali si sperano libere, benché non con molta sicurezza, essendo possibile che ne abbiano qualcuno di occulto: il che molto le angustia.
Altro tormento è la vista delle anime che si perdono. Benché abbiano una certa grande speranza di non essere del loro numero, tuttavia non possono non temere quando pensano a qualche personaggio della sacra Scrittura che pareva da Dio favorito, come Salomone, che ebbe con il Signore tante e così sublimi comunicazioni.
Quella fra voi che si sente più sicura, tema più di tutte, perché dice David: Beato l’uomo che teme il Signore!
Egli sempre ci protegga! La maggiore sicurezza è nel supplicare il Signore a concederci di non mai offenderlo. Sia Egli per sempre benedetto! Amen.
4 – Sarà bene, sorelle, che vi dica il motivo per cui Dio fa quaggiù tante grazie.
Se mi avete seguita con attenzione, l’avrete capito attraverso gli effetti che esse producono, ma ora ve lo voglio ripetere affinché nessuna cada nel grave errore di pensare che sia soltanto per vezzeggiare le anime. Siccome Dio non può farci maggior favore che concederci una vita conforme a quella del suo amatissimo Figliuolo, tengo quindi per certo che lo scopo di queste grazie sia di fortificare la nostra debolezza onde sappiamo imitarlo nel molto patire, come mi sembra di aver detto altre volte.
5 – Quelli che si sono avvicinati di più a nostro Signore Gesù Cristo hanno anche sofferto di più. Considerate le sofferenze della sua santissima Madre e dei suoi gloriosi apostoli. E S. Paolo, in che modo ha potuto soffrire così gravi travagli?
In lui, veramente, si ammirano gli effetti della vera contemplazione e delle visioni che sono da Dio, non dall’immaginazione o dal demonio. Forse che egli si nascose per non occuparsi che in godere di quelle grazie? Ma lo sapete anche voi: non ebbe riposo di giorno, e neppure dovette averne di notte, perché in essa si guadagnava da vivere.
Mi piace molto ricordarmi di S. Pietro a cui, mentre fuggiva dal carcere, apparve nostro Signore per dirgli che andava a Roma per esservi nuovamente crocifisso.
Non recitiamo mai l’ufficio che ricorda questo fatto senza che io ne provi una particolare consolazione.
Dopo questa grazia come rimase S. Pietro? Cosa fece?
Si offrì subito alla morte. E non fu una grazia da poco se trovò chi gliela dette.
Questa pia tradizione era ricordata nell’antico Breviario carmelitano, di cui si serviva S. Teresa, il 29 giugno, festa del Principe degli apostoli, all’antifona del « Magnificat » la quale diceva: Beatus Petrus Apostolus vidit sibi Christum occurrere. Adorans cum ait: Domine, quo vadis? – Venio Romam iterum crucifigi.
6 – Oh, sorelle mie! Come deve trascurare il proprio riposo l’anima che vive così unita al Signore! Come non si deve curare dell’onore! Come dev’essere lontana dal desiderare d’essere stimata in qualche cosa! Sì, se ella s’intrattiene spesso con Lui, come sarebbe doveroso, finisce col dimenticare se stessa per esaurire ogni sua preoccupazione nel cercare di maggiormente contentarlo e nel conoscere in quali cose e per quali vie possa mostrargli l’amore che gli porta.
Questo è il fine dell’orazione, figliuole mie. A questo tende il matrimonio spirituale: a produrre opere ed opere, essendo queste, come ho detto, il vero segno per conoscere se si tratta di favori e di grazie divine.
7 – Infatti, che mi gioverebbe starmene profondamente raccolta in solitudine, occupata in atti virtuosi innanzi a Dio, proponendo e promettendo di far meraviglie in suo servizio, se poi, uscendo di là, facessi, al presentarsi di un’occasione, tutto il contrario di come ho promesso?
Tuttavia non bisogna credere che non se ne cavi alcun vantaggio, perché il tempo che si trascorre con Dio è sempre di grande utilità. Se spesso la nostra debolezza ci impedisce di mettere in pratica le prese risoluzioni, qualche volta il Signore ci può dar grazia di farlo, anche a dispetto di ogni nostra ripugnanza, come avviene di frequente.
Egli, infatti, quando vede un’anima assai pusillanime, le manda, contro sua voglia, un qualche grande travaglio e glielo fa superare vittoriosamente: allora essa smette ogni timore, e si offre a Dio con maggiore coraggio.
Ho voluto dire che giova poco in paragone del molto che si ricaverebbe, se le opere si conformassero ai propositi e alle parole. Perciò chi non può far tutto in una volta, faccia a poco a poco.
Se vuole che l’orazione le sia di profitto, si sforzi di vincere la sua volontà: occasioni non mancano, neppure in questi piccoli monasteri.
8 – Ricordatevi che questo importa assai di più di quanto potrei dire. Fissate i vostri sguardi sul crocifisso, e vi diverrà facile ogni cosa.
Se il Signore ci ha dimostrato il suo amore con opere così grandi e con così orribili tormenti, perché volerlo contentare soltanto di parole?
Sapete voi che cosa vuol dire esser veramente spirituali?
Vuol dire esser gli schiavi di Dio, tali che, segnati con il suo ferro, quello della croce, Egli li possa vendere come schivi di tutto il mondo, com’è stato per Lui.
E non ci farebbe alcun aggravio, bensì una grazia non piccola, avendogli noi sacrificato la nostra libertà. Chi non prende questa determinazione non farà mai gran profitto, ne stia sicuro, perché, come ho detto, l’umiltà è il fondamento dell’edificio, e non mai il Signore lo eleverà di molto, se detta virtù non sarà veramente ben salda. E ciò nel vostro stesso interesse, per evitare che tutto cada per terra.
Sorelle, se volete che il vostro edificio s’innalzi sopra un buon fondamento, procurate di essere le ultime e le schiave di tutte, studiando in che modo e per quali vie vi sia possibile di meglio contentare e servire le altre. E in tal modo fareste più il vostro che l’altrui vantaggio, perché porreste pietre così salde da impedire che il castello ruini.
9 – Ma per questo, ripeto, è necessario che cerchiate di non far consistere il vostro fondamento soltanto nel recitare e contemplare, perché se non procurate di acquistare le virtù e non ne fate l’esercizio, rimarrete sempre delle nane.
E piaccia a Dio che vi limitiate soltanto a non crescere, perché su questa via, come sapete anche voi, chi non va innanzi torna indietro. Tengo per impossibile, infatti, che l’amore, quando vi sia, si contenti di rimaner sempre in uno stato.
10 – Forse penserete che io m’indirizzi agli incipienti, e dica che dopo un certo tempo essi possono riposarsi. Ma vi ho già fatto sapere che se interiormente queste anime sono nel riposo, è perché esteriormente non lo sono che pochissimo, e neppure lo desiderano. Secondo voi, infatti, qual’è il motivo di quelle ispirazioni o, a meglio dire, aspirazioni di cui ho parlato, di quei messaggi che dal suo centro interiore l’anima invia agli abitanti della parte più alta del castello e delle mansioni che circondano l’appartamento in cui ella si trova?
Forse perché si mettano a dormire? No, no, no.
Da quel centro ella scatena la guerra per impedire ai sensi, alle potenze e a tutto ciò che è corporeo di rimanersene in ozio, guerra più dura di quella che moveva loro quando con essi pativa. Forse in quel tempo non comprendeva ancora la grande utilità dei patimenti, benché sia stato appunto con essi che il Signore l’ha condotta sin qui. Ma ora la compagnia che gode le comunica maggiori forze che mai, perché se come dice David, con i santi saremo santi, nessun dubbio che l’anima, essendo divenuta una cosa sola con il Forte in quest’unione sublime di spirito a spirito, debba partecipare della sua fortezza, a quel modo che ne parteciparono i santi per patire e morire.
11 – Di questa forza che da qui le deriva, l’anima rende partecipi tutti gli abitanti del castello e perfino lo stesso corpo. Spesse volte il corpo pare che non ne senta vantaggio; ma il vigore acquistato dall’anima col bere il vino della cantina in cui lo Sposo l’ha introdotta e da cui non la lascia più uscire, si riversa sulla sua debolezza, a quel modo che il cibo introdotto nello stomaco fortifica la testa e tutte le membra.
Ciò nonostante il corpo, finché vive, è votato a sorte ben dura, perché, per quanto faccia, gli par tutto un niente di fronte alla grande forza interiore e alla guerra con cui l’anima lo stimola. Da ciò le grandi penitenze che fecero molti santi, specialmente la gloriosa Maddalena, benché cresciuta fra le delizie; da ciò lo zelo per la gloria di Dio che ebbe il nostro Padre Elia, e la brama con cui S. Domenico e S. Francesco radunarono anime a lodare il Signore.
Nel dimenticarsi così di se stessi, dovettero soffrire non poco.
12 – Ecco, dunque, sorelle, quanto vorrei che procurassimo. Desideriamo e pratichiamo l’orazione non già per godere, ma per aver la forza di servire il Signore. Lungi da noi voler camminare per una strada non battuta! Ci perderemmo sul più bello!
Sarebbe veramente singolare pretendere le grazie di Dio per una via diversa dalla sua e da quella dei suoi santi. Non pensiamolo neppure! Credetemi: per ospitare il Signore, averlo sempre con noi, trattarlo bene e offrirgli da mangiare, occorre che Marta e Maria vadano d’accordo.
In che modo Maria, stando seduta ai suoi piedi, poteva dargli da mangiare se sua sorella non l’aiutava?
Si dà da mangiare al Signore quando si fa il possibile per guadagnare molte anime, le quali, salvandosi, lo lodino eternamente.
13 – Ma voi mi farete osservare due cose; la prima che per testimonianza di nostro Signor Gesù Cristo, Maria ha scelto la parte migliore.
Sì, ma ella aveva già fatto l’ufficio di Marta servendo il Signore con lavargli i piedi e asciugandoglieli con i suoi capelli.
E credete che sia stato da poco per una signora pari suo andar per quelle strade, e forse sola – giacché il fervore le impediva di considerare come andava – entrare dove non era mai stata, ed ivi soffrire le mormorazioni del fariseo e le molte altre cose che vi dovette sopportare?
Che cambiamento per una donna come lei, presentarsi in città a quel modo, e fra gente così cattiva, a cui bastava sapere che ella era in amicizia col Signore da loro tanto aborrito, per ricordarsi della sua vita passata, e dire che poi voleva fare la santa, avendo ella già mutato vestito e ogni altra cosa!…
Se oggi si sparla tanto di persone meno illustri, che sarà stato di lei? Sì, sorelle, la parte migliore non le venne data che a prezzo di travagli e di mortificazioni senza numero, pur prescindendo dal dolore che doveva sentire nel vedere il suo Maestro così aborrito.
Che dire poi di quel che dovette sopportare alla morte del Signore? Credo che se non ebbe il martirio, fu perché lo sofferse sul Calvario nel veder morire il suo Maestro.
E quanto angosciosi le dovettero essere gli anni che gli sopravvisse nello scorgersi da Lui lontana!.. Da ciò si vede che non stava sempre ai piedi del Signore fra le delizie della contemplazione!
14 – L’altra cosa che mi vorrete dire è che per guadagnare anime a Dio voi non potete né avete i mezzi sufficienti; che lo fareste molto volentieri, ma che non dovendo insegnare né predicare come gli apostoli, non sapete in che altro modo attendervi.
A questa difficoltà ho già risposto per iscritto altre volte,’ e non so se l’abbia fatto anche in questo Castello.
Ma siccome è una cosa che credo vi passi per la mente con i desideri che il Signore vi dona, non lascerò di ripetermi pur qui.
Alle volte, come vi ho detto altrove, il demonio ci ispira grandi desideri per ottenere che, trascurando di servire Iddio nelle cose possibili che abbiamo tra mano, ci dichiariamo contente di aver desiderato le impossibili.
Benché la vostra orazione sia giovevole a tutto il mondo, tuttavia non dovete pensarlo, ma contentarvi che sia tale per quelle che sono con voi, verso le quali siete più obbligate.
In tal modo la vostra opera diverrà molto più grande, non essendo certo da poco ottenere che con la vostra umiltà e mortificazione, con i vostri servizi in favore delle sorelle, con la vostra carità verso di esse e con il vostro amore per Iddio, diveniate un fuoco che tutte le abbruci, e che le stimoliate continuamente con le vostre virtù.
Sarete allora di grandissimo vantaggio, e renderete a Dio un servizio molto gradito. Allora il Signore, vedendovi sfruttare ogni vostra possibilità, conoscerà che siete disposte a far molto di più, e vi ricompenserà come se in realtà lo faceste, guadagnandogli molte anime.
15 – Direte che questo non è convertire, perché le vostre sorelle sono già virtuose. Ma che v’importa di ciò? Più saranno perfette, più gradite saliranno a Dio le loro lodi, e più la loro orazione sarà giovevole al prossimo.
Insomma, sorelle mie – e con ciò concludo – guardiamoci dall’innalzare torri senza fondamento. Più che alla magnificenza delle opere, il Signore guarda all’amore con cui si fanno.
Se faremo quanto dipende da noi, ci darà modo di fare sempre meglio. Però, non dobbiamo subito stancarci, ma offrire a Dio, interiormente ed esteriormente, tutto il sacrificio che possiamo nella corta durata di questa vita – più corta forse di quanto pensiamo.
Egli l’unirà a quello che offrì per noi sulla croce e gli conferirà il valore meritato dalla nostra volontà, nonostante la piccolezza delle opere.
16 – Piaccia a Dio, sorelle e figliuole mie, di vederci tutte in quel luogo ove lo benediremo per sempre!
Intanto mi conceda di fare anch’io qualche cosa di quello che v’insegno: glielo domando per i meriti del suo Figliuolo, che vive e regna per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Grande è la confusione che provo, e perciò vi scongiuro nel nome del Signore di non mai dimenticarvi nelle vostre preghiere di questa povera miserabile.
EPILOGO
1 – Come ho detto in principio, quando cominciai a scrivere queste pagine lo feci con grande ripugnanza; ma, ora che ho finito, sono molto contenta e ne ritengo per bene impiegata la fatica, del resto non molto grande.
Pensando alla vostra stretta clausura, ai pochi motivi d’intrattenimento che avete, e come in certi monasteri difettiate pure di uno spazio conveniente, mi pare, sorelle, che vi debba essere di conforto potervi ricreare in questo Castello interiore, nel quale vi è lecito entrare e passeggiare in qualunque ora senza il permesso della Priora.
2 – Certo che con le vostre energie non potete entrare in tutte le sue mansioni, neppure se vi sembra di essere assai forti, a meno che non v’introduca lo stesso Signore del castello.
Perciò, se incontrate resistenza, vi consiglio di starvene tranquille, per non disturbarlo in tal maniera da chiudervene per sempre l’entrata. Egli ama molto l’umiltà, e se vi riterrete indegne di neppure entrare nelle terze mansioni, otterrete dalla sua benevolenza che vi faccia presto entrare nelle quinte.
Allora, recandovi in esse frequentemente, lo potrete servire così bene da meritare che v’introduca nella sua stessa mansione, da cui non uscirete mai più, se non chiamate dalla Superiora, la cui volontà Egli vuole adempiate né più né meno della sua.
Se per obbedienza doveste star fuori molto tempo, al vostro ritorno vi farebbe sempre trovare aperta la porta. E abituate che foste a riposarvi nel castello, la sola speranza di ritornarvi – e che nessuno vi può togliere – vi renderebbe leggera ogni cosa, anche se molto dura.
3 – Benché non si parli che di sette mansioni, ognuna di esse si suddivide in molte altre, collocate in basso, in alto e ai lati, con bei giardini, fontane ed altre cose così deliziose da farvi bramare di struggervi tutte, in lode a quel gran Dio che le ha create a sua immagine e somiglianza.
Se in questo che ho scritto troverete qualche cosa di buono, credetemi: l’avrà dettato il Signore a vostra consolazione. Io non vi ho aggiunto che il difettoso.
4 – Per il gran desiderio che ho di aver parte nell’aiutarvi a servire questo mio Dio e Signore, vi chiedo che ogni qualvolta leggerete questo scritto, lodiate grandemente in nome mio Sua Maestà, pregando per l’esaltazione della sua Chiesa e per la conversione dei luterani.
Supplicate insieme il Signore che mi perdoni i miei peccati e mi liberi dal purgatorio dove forse la sua misericordia mi terrà quando questo libro vi verrà dato a leggere, se, esaminato da uomini dotti, sarà giudicato degno di esser visto.
Se contiene qualche errore, è perché io non me n’intendo. Mi sottometto in tutto a ciò che insegna la santa Chiesa Cattolica Romana. Questi i sentimenti in cui ora vivo, e nei quali protesto e prometto di voler vivere e morire. Il Signore Dio nostro sia sempre lodato e benedetto! Amen, amen.
5 – Questo scritto è stato terminato nel monastero di S. Giuseppe di Avila l’anno 1577, vigilia di S. Andrea, a gloria di Dio che vive e regna per tutti i secoli! Amen.
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