“Come ferro alla calamita”
Don Luigi Guanella ed il suo Gesù sacramentato
Autore: Sr. Laura Brambilla
9 settembre 2024
Monastero WiFi Roma ospite del Casa S.Maria della Provvidenza, casa femminile del Don Guanella
Catechesi di Sr. Laura Brambilla.
Buona sera a tutti, sono Laura, una consacrata delle Flammae Cordis, un piccolo germoglio nato qualche anno fa nel solco del carisma oratoriano, quindi di San Filippo Neri.
Sono qui per motivi di amicizia e “corrispondenza d’amorosi sensi”.
Costanza mi aveva parlato dell’incontro fatto con voi del don Guanella, di come ci venisse volentieri, di quanto fosse entusiasta di queste nuove amicizie e mi aveva già fatto venire voglia di venire a conoscervi. Poi mi ha chiamata per chiedermi questo incontro proprio mentre io stavo finendo di leggere il suo ultimo libro (benedetto il giorno che abbiamo sbagliato), che mi aveva donato tante risate insieme ad un bel nutrimento spirituale, molto sostanzioso e quindi ero proprio nel picco della gratitudine per poter dire di no (nonostante la mia ritrosia a parlare in pubblico…).
Infine – ciliegina sulla torta – quest’estate ho trascorso una settimana in montagna proprio nei luoghi natali di don Luigi Guanella, precisamente nella casa alpina che porta il suo nome a Gualdera, il paese a 1600 metri dove il padre possedeva un podere e dove il bambino Luigi portava gli animali al pascolo.
Io non conoscevo granchè di questo santo, ma in quest’occasione ho potuto visitare la sua casa a Franciscio, la parrocchia in cui è stato battezzato e ha ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana e soprattutto appunto a Gualdera il luogo dove si era rifugiato il giorno della sua prima Comunione per stare un po’ raccolto e dove (racconta lui) ha vissuto un’esperienza fortissima e dolcissima di unione a Dio e ha avuto anche una visione della Madonna che gli mostrò tutto quello che avrebbe fatto per i poveri. Un luogo speciale (di una bellezza incredibile tra l’altro: dolcissimi prati e colli e altipiani di pascoli) dove si fissò nel giovanissimo Luigi la centralità dell’Eucarestia nella sua vita.
Ho letto poi alcune pagine autobiografiche e dei suoi primi figli (fondò come sapete la famiglia religiosa dei Servi della Carità) in cui emerge con tutta evidenza questo suo essere “come ferro alla calamita” come abbiamo intitolato anche questo incontro.
“Aperta una casa, non si acquietava sino a quando col permesso dell’Ordinario locale Gesù sacramentato non vi dimorasse” dice uno dei suoi primi figli e biografi.
Quando don Luigi Guanella entrava in un paese a visitare uno dei suoi Istituti, prima d’ogni altra cosa visitava il Santissimo sacramento; quando voleva por mano alla fondazione d’una delle sue mirabili Opere, primo suo pensiero era una chiesa, un tabernacolo attorno al quale raccogliere i suoi poveri.
“Pane e Signore” era quello che voleva dare ai poveri, già prima della fondazione della sua Opera nei paesi in cui fu mandato come giovane prete si trasformarono presto in luoghi di orazione e di carità.
“Circondate di mura Savogno, e ne avrete un convento” dicevano…
“Il mondo sarà salvo, quando molti fra i cristiani, unendosi a Gesù nel gran Sacramento, pregheranno con viva fede Iddio buono, che assiste la sua Chiesa e vi provvede in ogni tempo”.
Eucarestia principalmente nel Sacrificio della Messa e poi nell’Adorazione al Santissimo Sacramento.
Il tabernacolo era il rifugio dove non solo effondeva il suo amore, ma dove andava a deporre le sue difficoltà, a trovarne soluzione e conforto.
Promuoveva la Comunione frequente e l’Adorazione non solo dei suoi religiosi ma anche degli ospiti delle sue case.
Se approfondiamo la vita di tutti i Santi della Carità, vediamo che in tutti è centrale l’Eucarestia… pensate a don Bosco, a don Orione, al Cottolengo, a Madre Teresa per citarne solo alcuni… Per tutti loro, dalla vita eucaristica, dal cibarsi di Dio ed essere trasformato, deificato nasceva il flusso della Carità senza limiti…
Quando leggiamo le vite e le opere dei santi, è bene avere come sfondo la Lettera agli Ebrei: “considerando attentamente l’esito del loro tenore di vita, imitatene la fede” (e non le opere, perché non tutti siamo chiamati a essere don Guanella, ad esempio, ma tutti – ognuno nella SUA vita – può vivere in modo “eucaristico”).
Allora ho pensato che sarebbe stato bello proprio in questo luogo tracciare alcune linee eucaristiche (con l’aiuto proprio della devozione eucaristica del don Guanella, ma anche del magistero petrino di papa Francesco e di papa Benedetto e di qualche altro autore spirituale) che ci aiutino a comprendere meglio e poi a vivere il legame tra Eucarestia e Carità.
Cose molte semplici e che conosciamo già, ma che – ribadite e ricordate – ci possono aiutare ad alimentare il fervore, il desiderio, la sete di Gesù Eucaristico. D’altra parte, ri-cor-dare vuol dire ridare al cuore, sede della nostra volontà, delle nostre scelte, dei nostri desideri più profondi.
- Nell’Eucarestia c’è lo stesso movimento trinitario
Don Luigi Guanella parlava di Gesù sacramentato come della presenza reale di Dio nel sacramento del suo amore, che fa maturare opere di bene, educando alla gloria di Dio e al bene delle anime. Come un fiume di grazia, infatti, Cristo trasforma i fedeli conformandoli a Sé, e lo stesso don Luigi -se lo scrive- doveva sentirsi confermato nelle virtù teologali da Colui che -in Sacramento- definisce fonte inesauribile delle virtù.
Ci si accosta dunque al Cuore amante di Gesù, al Cristo benedetto che entra delizioso nel tabernacolo dei poveri cuori dei fedeli, apportandone delizie ed espandendone molte grazie, parla del Sacro Cuore eucaristico di Gesù, della fusione di noi stessi in Dio.
Poi però scrive anche che “i Figli del Sacro Cuore quando adorano il Santissimo Sacramento danno speciale sfogo all’amore e alla confidenza, perché l’Eucaristia è il Padre comune; essi stanno alla sua presenza affettuosamente, come figli dinanzi al Padre, per trovarvi e gustarvi compiacenze sante. Ed ancora esorta le suore a stringersi in adorazione come figlie intorno all’ottimo Padre. Qui lascia intravedere la ricchezza del suo pensiero intorno all’Eucaristia ‘Padre comune’ che in alcuni passi definisce Dio-Uomo agonizzante, appronta un confronto fra la figura del padre terreno con quella di Gesù per tratteggiare la figura del Padre agonizzante.
Da questa personalizzazione dell’amore di Dio Padre, don Guanella fa scattare la necessità di una risposta personale; infatti ritiene che la risposta all’amore di Dio richieda un ardente colloquio adorante con Gesù sacramentato, in cui si esprime la volontà di cooperare con il Padre, per conoscere sempre più e sempre meglio la sua volontà, per amarlo con tutte le forze, per identificarsi con i sentimenti del suo Cuore divino del Figlio e per far giungere a tanti l’amore di quel Cuore santissimo.
Don Guanella afferma che l’Eucaristia è il Padre comune, il buon Sacro Cuore di Gesù Cristo. Nel suo pensiero, la figura del Sacro Cuore di Gesù è una delle principali manifestazioni della paternità di Dio, una immagine ricca di valore evocativo: il Cuore di Cristo è un “vesuvio di fiamme”, fiamme dell’amore del Padre, per le quali agli uomini non resta che slanciarsi nel mare di fiamme del Cuore divino di Gesù.
Inoltre ci si rende conto che don Guanella pensava ad una vera e propria trasformazione operata da Gesù nel discepolo con l’azione dello Spirito, parlando dell’Eucaristia, spesso don Guanella si riferisce alla trasformazione della propria esistenza e alle virtù infuse; così, implicitamente, rimanda alla presenza e all’azione dello Spirito.
In che modo possiamo dunque riassumere la vita trinitaria che viviamo nella Comunione?
Unendomi a sé, Gesù mi dona la sua prerogativa divina di essere Figlio. L’Unigenito dà all’anima sposa soprattutto quello che gli è proprio, cioè il suo essere Figlio. L’unica cosa che differisce tra il Padre e il Figlio è proprio il fatto che uno è Padre e l’altro è Figlio. Ebbene, Gesù mi dona proprio questa Sua proprietà, che ha solo Lui e mi può dare solo Lui: quella di essere figlio, il che significa che io divengo, come Gesù, totale rapporto con il Padre, perché sono uno con il Cristo: ecco perché il Sacramento porta alla perfezione. L’adozione filiale è la piena vita trinitaria. Divengo sposo del Cristo e figlio del Padre. Egli mi fa vivere lo stesso rapporto che ha con il Padre! [don Divo e p. Serafino]
- Rapporto essenziale Parola e Eucarestia
Ascoltiamo ora Papa Francesco: “Quello che vediamo quando ci raduniamo per celebrare l’Eucarestia, la Messa, ci fa già intuire che cosa stiamo per vivere. Al centro dello spazio destinato alla celebrazione si trova l’altare, che è una mensa, ricoperta da una tovaglia, e questo ci fa pensare ad un banchetto. Sulla mensa c’è una croce, a indicare che su quell’altare si offre il Sacrificio di Cristo: è lui il cibo spirituale che lì si riceve, sotto i segni del pane e del vino. Accanto alla mensa c’è l’ambone, cioè il luogo da cui si proclama la Parola di Dio: e questo indica che lì ci si raduna per ascoltare il Signore che parla mediante le Sacre Scritture, e dunque il cibo che si riceve è anche la sua Parola. Parola e Pane nella Messa diventano un tutt’uno, come nell’ultima Cena, quando tutte le parole di Gesù, tutti i segni che aveva fatto si condensarono nel gesto di spezzare il pane e di offrire il calice, anticipo del Sacrificio della croce, e in quelle parole: Prendete, mangiate, questo è il mio corpo; Prendete, bevete, questo è il mio sangue.”
Mi pare di poter dire che quando celebriamo l’Eucarestia, quando riceviamo Gesù nella Santa Comunione, ma anche quando siamo in Adorazione del Santissimo Sacramento, tutta la Parola di Dio ci può aiutare a entrare, a vivere il Mistero dell’Amore di Dio, “masticando” dei versetti del Vangelo: rimanete nel mio Amore, chi rimane in Me porta molto frutto, senza di me non potete fare niente, venite a Me voi tutti affaticati e oppressi, chi mangia di Me vivrà per Me…. Il Padre ha tanto amato il mondo da dare il Suo Figlio… Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo… Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore… In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli… Rimanete nel mio amore… Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena… Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici…
Se è vero che anche solo stare davanti al Tabernacolo, come davanti ad un Sole che scalda, purifica, illumina ci trasforma e ci unisce a Sé, a volte accedere alle parole dei Salmi o del Vangelo ad esempio e ruminarle mentre adoriamo e lodiamo il Signore ce le fa comprendere e vivere sempre meglio… Tornando al nostro don Guanella, lui ad esempio consigliava di recitare anche la Liturgia delle Ore possibilmente davanti al Tabernacolo.
- Messa = Sacrificio del Calvario
Il brano che abbiamo letto prima del Santo Padre Francesco continua così: “Il gesto di Gesù compiuto nell’ultima Cena è l’estremo ringraziamento al Padre per il suo amore, per la sua misericordia. Ringraziamento in greco si dice eucaristia. E per questo il sacramento si chiama Eucarestia: è il supremo ringraziamento al Padre, che ci ha amato tanto da darci il suo Figlio per amore. Ecco perché il termine Eucarestia riassume tutto quel gesto, che è gesto di Dio e dell’uomo insieme, gesto di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo. Dunque la celebrazione eucaristica è ben più di un semplice banchetto: è proprio il memoriale della Pasqua di Gesù, il mistero centrale della salvezza. Memoriale non significa solo un ricordo, un semplice ricordo, ma vuol dire che ogni volta che celebriamo questo sacramento partecipiamo al mistero della passione, morte e resurrezione di Cristo. L’Eucarestia costituisce il vertice dell’azione di salvezza di Dio: il Signore Gesù, facendosi pane spezzato per noi, riversa infatti su di noi tutta la sua misericordia e il suo amore, così da rinnovare il nostro cuore, la nostra esistenza e il nostro modo di relazionarci con lui e con i fratelli. È per questo che comunemente, quando ci si accosta a questo sacramento, si dice di ricevere la Comunione, di fare la Comunione: questo significa che nella potenza dello Spirito Santo, la partecipazione alla mensa eucaristica ci conforma in modo unico e profondo a Cristo, facendoci pregustare già da ora la piena comunione con il Padre che caratterizzerà il banchetto celeste, dove con tutti i santi avremo la gioia di contemplare Dio faccia a faccia.”
Qualche anno prima a Colonia Benedetto XVI aveva parlato ai giovani della “celebrazione eucaristica come di quell’”ora” di Gesù di cui parla il Vangelo di Giovanni. Mediante l’Eucaristia questa sua “ora” diventa la nostra ora, presenza sua in mezzo a noi. Insieme con i discepoli Egli celebrò la cena pasquale d’Israele, il memoriale dell’azione liberatrice di Dio che aveva guidato Israele dalla schiavitù alla libertà. Gesù segue i riti d’Israele. Recita sul pane la preghiera di lode e di benedizione. Poi però avviene una cosa nuova. Egli ringrazia Dio non soltanto per le grandi opere del passato; lo ringrazia per la propria esaltazione che si realizzerà mediante la Croce e la Risurrezione, parlando ai discepoli anche con parole che contengono la somma della Legge e dei Profeti: “Questo è il mio Corpo dato in sacrificio per voi. Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio Sangue”. E così distribuisce il pane e il calice, e insieme dà loro il compito di ridire e rifare sempre di nuovo in sua memoria quello che sta dicendo e facendo in quel momento.
Che cosa sta succedendo? Come Gesù può distribuire il suo Corpo e il suo Sangue? Facendo del pane il suo Corpo e del vino il suo Sangue, Egli anticipa la sua morte, l’accetta nel suo intimo e la trasforma in un’azione di amore. Quello che dall’esterno è violenza brutale – la crocifissione -, dall’interno diventa un atto di un amore che si dona totalmente. È questa la trasformazione sostanziale che si realizzò nel cenacolo e che era destinata a suscitare un processo di trasformazioni il cui termine ultimo è la trasformazione del mondo fino a quella condizione in cui Dio sarà tutto in tutti (cfr 1 Cor 15, 28). Già da sempre tutti gli uomini in qualche modo aspettano nel loro cuore un cambiamento, una trasformazione del mondo. Ora questo è l’atto centrale di trasformazione che solo è in grado di rinnovare veramente il mondo: la violenza si trasforma in amore e quindi la morte in vita. Poiché questo atto tramuta la morte in amore, la morte come tale è già dal suo interno superata, è già presente in essa la risurrezione. La morte è, per così dire, intimamente ferita, così che non può più essere lei l’ultima parola. È questa, per usare un’immagine a noi oggi ben nota, la fissione nucleare portata nel più intimo dell’essere – la vittoria dell’amore sull’odio, la vittoria dell’amore sulla morte. Soltanto questa intima esplosione del bene che vince il male può suscitare poi la catena di trasformazioni che poco a poco cambieranno il mondo. Tutti gli altri cambiamenti rimangono superficiali e non salvano. Per questo parliamo di redenzione: quello che dal più intimo era necessario è avvenuto, e noi possiamo entrare in questo dinamismo. Gesù può distribuire il suo Corpo, perché realmente dona se stesso.
Questa prima fondamentale trasformazione della violenza in amore, della morte in vita trascina poi con sé le altre trasformazioni. Pane e vino diventano il suo Corpo e Sangue. A questo punto però la trasformazione non deve fermarsi, anzi è qui che deve cominciare appieno. Il Corpo e il Sangue di Cristo sono dati a noi affinché noi stessi veniamo trasformati a nostra volta. Noi stessi dobbiamo diventare Corpo di Cristo, consanguinei di Lui. Tutti mangiamo l’unico pane, ma questo significa che tra di noi diventiamo una cosa sola. L’adorazione, abbiamo detto, diventa unione. Dio non è più soltanto di fronte a noi, come il Totalmente Altro. È dentro di noi, e noi siamo in Lui. La sua dinamica ci penetra e da noi vuole propagarsi agli altri e estendersi a tutto il mondo, perché il suo amore diventi realmente la misura dominante del mondo.”
- Chiesa- Comunione. Dall’Eucarestia nasce anche la cattolicità della Chiesa
Scrive don Guanella: “In questo divin Sacramento è il sole celeste che illumina e riscalda. In questo divin Sacramento è il fuoco della divina carità, entro il quale cuoce la massa di pasta, il popolo cristiano, che è per uscirne pane eletto che si presenta sulla mensa tanto del povero come del ricco”, come pane degno di essere presentato dinanzi a Dio, agli uomini e agli angeli. Infatti, come in forno, l’Eucaristia cuoce la massa, il popolo dei fedeli (la Chiesa), perché divenga popolo eletto degno di presentarsi davanti a Dio, agli uomini e agli angeli. E si intuisce che si tratta di un pane che ‘si spezza’, ‘si mangia’, ‘sazia la fame’… tanto del povero quanto quella del ricco.
Qui l’Eucaristia sembra abbracciare la cattolicità della Chiesa: dentro di essa c’è posto per tutti, per il povero e per il ricco, visto che dentro il ‘forno’ dell’Eucaristia c’è posto per la massa, nessuno escluso (neanche i più derelitti). La dignità del pane risiede nell’ardore di carità che, sgorgando dal focolare amoroso del Cuore eucaristico di Cristo, anima la Chiesa e ‘cuoce’ i suoi membri, trasformandoli in popolo eletto. Il cristiano deve “cuocere il pane del proprio cuore nel forno dell’Eucaristia”!
Cristo-Eucaristia realizza la trasformazione dell’uomo, l’identificazione con Lui e con il Padre. L’Eucaristia diventa allora “il sole che scalda la terra e dà vita ad ogni cosa”, il cibo che dà forza a tutto il nostro essere. Lungo il cammino della vita, Gesù-Eucaristia é il pane che dà vita!
- Apostoli della carità eucaristica
In una Circolare scritta ai Servi della Carità nel 1913 si legge un brano illuminante sul rapporto tra vita eucaristica e vita di carità e si esplicita il rapporto che intercorre tra Eucaristia e servizio ai poveri. “Cerchiamo di fare vita nostra la vita del sacro Cuore eucaristico, ben persuasi che dobbiamo riempire il nostro cuore dello spirito di fede e di carità, se vogliamo poter giovare all’anima nostra e ai gravi bisogni che ne circondano, a sollievo di tante miserie corporali e spirituali del prossimo.”
Da quelle parole si deduce che per don Guanella il rapporto con Cristo è descritto come una osmosi di vita, per mezzo della quale vengono trasfuse da Cristo le virtù della fede e della carità; a partire da una tale osmosi che si realizza nella comunione eucaristica, si ha un autentico giovamento per sé e per il mondo. A Lui si rivolge sempre con tono umile ed affettivo. Il Cristo datosi tutto per amore esige una risposta di amore: una libera, generosa e fedele cooperazione all’azione salvifica per la redenzione del mondo.
Cercando di far propria la vita del sacro Cuore, secondo don Guanella, è possibile dare ai poveri: “Pane e Signore”, un binomio inscindibile tradotto anche dall’espressione analoga: ‘dare sollievo di tante miserie corporali e spirituali’.
Al Sacro Cuore eucaristico va richiesta la carità esimia perché, con il cuore e i sentimenti di Cristo, si riesca ad essere apostoli e vittime. Essere vittima è espressione della partecipazione intima allo stato di Cristo presente nell’Eucaristia, è la condizione misteriosa di colui che è chiamato, come san Paolo, a completare ciò che manca alla passione del Cristo.
Si intuisce che don Luigi, nel Sacrificio di Cristo, si riscopre vittima anch’esso: vittima di gratitudine, di amore e di dolore, come tra l’altro scriveva già alle sue suore e poi anche ai preti. In don Guanella questa capacità di farsi vittima per amore è la logica conseguenza dell’amorosa contemplazione del sacrificio di Cristo, Vittima del Calvario, e del desiderio di contribuire con Lui alla redenzione dei fratelli.
L’apostolato di don Luigi è il risultato del suo stare intorno al focolare della divina carità, che è il Santissimo Sacramento; là egli emula il fervore degli angeli, perché la sua vita ‘esploda’ in uno slancio apostolico capace di infiammare il mondo intero di carità: “La divina Eucaristia è il sole che illumina, che riscalda, che fa fruttificare la terra. ’Io sono venuto -dice Gesù Cristo- a portare il fuoco della carità e che voglio io, se non che questo fuoco si accenda nel cuore degli uomini”. Al fuoco della carità don Guanella intende rispondere con altrettanta carità infuocata, per questo motivo esorta le sue suore in adorazione a rispondere amorevolmente a Gesù: “Amatelo, amatelo assai voi pure Gesù ed esso, […] vi farà degne di lui. […] Il fuoco divino disceso dal cielo, che avvampa e non consuma, e vi accenderà dell’amor suo”, perché Egli, “carità per essenza, lega i cuori all’amore di Dio, all’amore per il prossimo”.
Anche don Luigi si sente legato a Dio, afferrato dal suo amore, la Carità di Cristo lo chiama, e allo stesso tempo si sente legato all’amore del prossimo. E allora può dirsi a pieno titolo apostolo della carità eucaristica.
- Agnello: potenza vera e forza terribile
Gesù nell’Eucarestia è il massimo segno di povertà, di debolezza, è l’Agnello immolato. Teniamo a mente le 2 immagini principali di Gesù- Agnello: quella di S. Giovanni Battista che vede Gesù venire a farsi battezzare e lo chiama appunto l’Agnello di Dio e quella dell’Apocalisse, in cui l’Agnello è sì sgozzato ma in piedi, nella Gloria.
Allora tiriamo le somme di quanto detto per spunti, per delineare quale vita meravigliosa sia vivere da agnelli nell’Agnello, da figli nel Figlio, accettando la logica di Dio.
Da p. Serafino: “La teologia della debolezza non è la teologia dei deboli, ma è la teologia dei forti. Gesù ha detto: A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra e questo rimane vero. Dal corpo di Gesù usciva una tale potenza che risanava coloro che lo toccavano con fede e questo rimane vero…. Ma allora Gesù è potente o no? Gesù è potente, ma la sua è potenza di amore. E l’amore è spogliamento, dono di sé. Gesù è superlativamente potente nell’amore, perché l’Agnello scardina tutto il sistema. Un re agnello non si era mai visto, ecco la novità di Gesù, la novità della regalità di Cristo… L’Agnello subisce la violenza, perché il male si sfoga su di lui, è bene che si sfoghi sull’agnello perché solo sfogandosi può perdere la sua forza. Solo così il lupo potrà trasformarsi in agnello, come è successo diverse volte nella storia della Chiesa. La mitezza innocente, perseguitata ma che continua ad amare ha una forza devastante.”
Gesù ci vuole attirare in questa logica divina, lo vogliamo?
Con Lui si diventa prima carta assorbente e poi canale di Grazia: prima si assorbe il male, annullandolo o per lo meno riducendolo, poi si diventa canale, cioè strumento di Grazia.
Un ultimo accenno alla sofferenza innocente, in quest’ottica dell’Agnello.
Il famoso filosofo francese Emmanuel Mounier aveva una figlia gravemente affetta da encefalopatite progressiva. All’inizio fece fatica ad accettare il suo stato, ma poi intraprese un cammino di fede e di comprensione. Mentre era in guerra scrisse una lettera alla moglie invitandola ad accostarsi alla figlia come ci si avvicina al Santissimo Sacramento, al Signore, facendo una genuflessione ogni volta che passava davanti al lettino della piccola…. La sofferenza innocente è la rivelazione suprema di Dio… Non è cattiveria, sadismo: nessuno vuole la sofferenza per la sofferenza. Si desidera la salvezza, ma la salvezza passa di lì.
Quindi la Carità che sgorga dall’Eucarestia e ci fa traboccare d’Amore, in questi luoghi si trasforma in Adorazione vera di Gesù anche in queste nostre sorelle.
FONTI:
Udienze generali del 5 e 12 febbraio 2014 di Papa Francesco
Omelia Spianata di Marienfeld – Colonia Domenica, 21 agosto 2005 di Benedetto XVI
“Meditazioni sull’Eucaristia. La forza della debolezza”, di padre Serafino Tognetti
Link alla fonte »