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Commemorazione dei defunti (2)

«Abbiate pietà di me, almeno voi che siete mie amici, poichè la mano del Signore si è appesantita su di me» - Omelia

Autore: Santo Curato d'Ars

Da dove provengono, fratelli miei, queste preghiere toccanti, questi tristi accenti?
Forse dalla profondità di un sepolcro?
No, poichè se i sepolcri ci insegnano qualcosa, è solo sulla nullità delle grandezze umane; i morti che vi sono distesi, ci parlano solo col loro silenzio.
Sarà forse dall’alto del bel cielo, il felice soggiorno degli eletti, che si fanno udire questi tristi gemiti, capaci di spezzare le più dure rocce?
No, fratelli miei, la stessa mano che ha distribuito loro queste splendenti corone, ha nello stesso tempo asciugato le loro lacrime; non vi si ode più se non canti di gioia e di allegria eterna.
Sarà forse dal profondo dell’inferno, da questo luogo di orrore e di tormenti, che si fanno sentire queste grida così tenere e così strazianti?

Ahimè! fratelli miei, no; gli oscuri abitanti di questi luoghi di tenebre, non domandano nè sperano alcun sollievo; essi sono dannati, sono separati dal loro Dio, e lo saranno per sempre.
Essi hanno detto un addio eterno al cielo e a tutti i suoi beni; essi sono certi che non usciranno mai da quegli abissi; la mano del Signore non li tocca soltanto, ma li folgora e li schiaccia.

E’ dunque dal Purgatorio che si fanno sentire queste pressanti sollecitazioni, questi teneri gemiti.

Ma a chi, fratelli miei, si rivolgono queste lacrime e questi singhiozzi?
Ascoltate la Chiesa, questa tenera madre, che piange amaramente sui tormenti che sopportano i suoi figli…
Essa prega e ci scongiura di avere pietà di loro e di prestare loro soccorso.
Sì, dopo aver fatto il quadro della felicità della quale godono i beati nel cielo, essa ci trasporta in quella regione di lacrime e di tormenti, per farci il triste quadro delle pene che vi sopportano queste povere anime.
Che c’è di più degno e di più capace di intenerire i nostri cuori, delle grida di queste anime sofferenti?
Ascoltatele: «O voi, amici miei, strappateci, strappateci da queste fiamme che ci divorano!».
Vedete quella madre? ella vi tende quelle mani che tante volte vi hanno sollevati.
Vedete quel povero figlio, la cui separazione vi fu così crudele?
Abbracciandolo per l’ultima volta gli avevate promesso che non lo avreste mai dimenticato…
Noi possiamo, fratelli miei, consolarli; ma che dico? noi possiamo aprire loro le porte del cielo, e far godere loro una felicità che non avrà mai fine.
Per impegnarvi in ciò, vi mostrerò:
1°- la grandezza dei tormenti che essi sopportano;
2°- la facilità dei mezzi che possiamo impiegare per confortarli.

Se stessi parlando, fratelli miei, a degli empi, a degli increduli, oppure a delle persone che marciscono in una ignoranza grossolana, che non credono a nulla e che negano tutto, comincerei col dimostrare loro l’esistenza di quel luogo destinato a espiare le colpe veniali, e i peccati mortali che sono stati perdonati nel tribunale della Penitenza, e che non sono stati ancora interamente espiati con delle pene temporali; ma, poichè sto parlando a dei cristiani istruiti, e perfettamente convinti di questa grande verità, non fornisco altre prove se non quelle che avete trovato nel vostro catechismo.

Vi dirò che è certo, molto certo, che esiste un Purgatorio, e cioè un luogo di tormenti, in cui le anime dei giusti finiscono di espiare le loro colpe, prima di essere ammessi alla gloria del Paradiso, che gli è assicurato.
Niente è stato più dimostrato, dell’esistenza di questo luogo.
Leggiamo nella Scrittura che niente di sudicio entrerà nel cielo.
«Ci sono peccati che non saranno rimessi nè in questo secolo nè nel secolo futuro», ma nel Purgatorio (interpretazione singolare di Matteo 12,32; n.d.a.).

San Paolo ci dice anche che molti non saranno salvati, se non dopo essere passati attraverso le fiamme del Purgatorio (1Corinzi 3,15!).
Oh! quante anime giuste la morte sorprende in qualche colpa veniale! Dove vanno a finire queste povere anime, dal momento che non sono sufficientemente pure da entrare in cielo?
Forse che saranno gettate all’inferno?
No, no, sono anime giuste, e le fiamme degli abissi non sono affatto per coloro che brillano del fuoco della carità.
E’ dunque nelle fiamme del Purgatorio che esse andranno a completare l’espiazione delle loro colpe, prima di essere riunite al loro caro e celeste Sposo, che esse amano e dal quale esse sono amate.

Sì, fratelli miei, è una verità di fede che, sebbene i nostri peccati siano perdonati nel tribunale della Penitenza, noi non siamo per questo esenti dal subirne le pene temporali.
Guardate il santo re Davide, al quale Dio stesso inviò un profeta, per assicurargli che il suo peccato era stato perdonato.
Tuttavia il Signore fece morire quel figlio che doveva essere per lui la speranza di una gioiosa vecchiaia.
La giustizia di Dio, non contenta di questa punizione, colpì anche tutto il suo regno con i più terribili flagelli.
La peste sembrava volesse lasciarlo solo al mondo, egli si vide scacciato dal suo trono, proprio da colui al quale aveva dato la vita.
Questo figlio disgraziato non temette di perseguitarlo; volle togliere la vita a colui del quale Dio si era servito per donargli la sua.
Fino alla sua morte, Davide trascorse i suoi giorni e le sue notti nelle lacrime e nelle penitenze.
Egli le spinse a un tale rigore, che i suoi piedi non potevano più sostenerlo.
Guardate ancora il pio re Ezechia: per un leggero pensiero di orgoglio, il Signore lasciò il suo regno in preda a mille disgrazie.
Guardate san Pietro e santa Maddalena.
Nessuno deve dubitare che, sebbene i nostri peccati siano perdonati nel tribunale della Penitenza, ci restino ancora delle pene temporali da subire, o in questo mondo o nelle fiamme del Purgatorio.
Ci è necessario credere questa verità, per salvarci, quanto lo stesso mistero dell’Incarnazione.
Fermiamoci qui, fratelli miei, e discendiamo in spirito in questi luoghi di tormenti; siamo testimoni dei mali che vi sopportano quelle povere anime; esse stesse ci dipingeranno il triste quadro delle pene che li corrodono e li divorano.

Due supplizi sono per loro particolarmente dolorosi.
Anzitutto la pena del danno, e cioè la privazione della visione di Dio, e poi la pena del senso.
L’amore che essi nutrono verso Dio è così grande, il pensiero di esserne private per loro stessa colpa, causa loro un dolore così violento, che mai sarà possibile a un mortale concepirne la minima idea.
Dal mezzo delle fiamme che li bruciano, esse vedono i troni di gloria che sono preparati per essi, e che li attendono.
Una voce sembra gridare verso di loro: «Ah! come siete privati di grandi beni! se aveste avuto la fortuna di raddoppiare le vostre penitenze e le vostre lacrime, voi oggi sareste seduti su questi bei troni, tutti raggianti di gloria; ah! come siete stati ciechi a ritardare una tale felicità, per colpa vostra!».

Questo solo discorso accresce il loro dolore e il desiderio di essere riuniti al loro Dio; esse si rivolgono al cielo e alla terra, invocano gli angeli e gli uomini.
«Ah! amici miei, ci gridano, se vi rimane ancora un po’ di amicizia per noi, abbiate pietà di noi, strappateci da queste fiamme: voi lo potete!…
O bel cielo, quando ti vedremo?».

Si racconta nella storia di Citeaux, che un religioso, dopo essere stato per tutta la vita un modello di virtù, apparve a un altro religioso, dicendogli che era stato in Purgatorio, e che la più grande sofferenza che vi aveva provato, era la privazione della visione di Dio.

L’altra pena di queste povere anime è il dolore dei sensi, e cioè il fuoco.
I santi padri ci assicurano che è un fuoco materiale, o piuttosto che è il medesimo che brucia gli infelici dannati.
Questo fuoco è così violento, che un’ora sola sembra a coloro che la subiscono, milioni di secoli (a parte l’esagerazione “caratteriale” del curato, l’immagine del fuoco eterno, per quanto la si possa, ma non la si debba per forza, considerare un mero simbolo, deriva dal Vangelo: Matteo 18,8; 25,41! n.d.a.).
Sì, ci dicono, se si potesse comprendere la grandezza dei loro supplizi, notte e giorno noi chiederemmo misericordia per loro.

Un altro santo si spinge ancora oltre, dicendoci che le loro sofferenze superano perfino quelle che Gesù Cristo ha provato nella sua crudele e dolorosa passione; e tuttavia, se le soffrenze che Gesù Cristo ha sopportato, fossero state divise tra tutti i mortali, nessuno di loro avrebbe potuto sopportarle.
Ah! povere anime! chi potrà mai, dunque, raccontare la grandezza delle vostre pene?

Leggiamo nella storia ecclesiastica che un santo rimase sei gioni in Purgatorio, prima di entrare in cielo.
Egli apparve in seguito a uno dei suoi amici, dicendogli che aveva sopportato sofferenze così grandi, che superavano tutte quelle che hanno sopportato e che sopporteranno tutti i martiri messi insieme, fino alla fine dei secoli.

O mio Dio! com’è temibile la tua giustizia per il peccatore!…
Tuttavia, fratelli miei, chi potrebbe ascoltare, senza fremere, il racconto di ciò che hanno subito i martiri, ciascuno in particolare?
Gli uni sono stati immersi nelle caldaie d’olio bollente, altri segati con seghe di legno; uno, disteso su un cavalletto, e straziato con degli uncini di ferro, che gli estraevano l’intestino, altri calpestati sotto i piedi.
Uno, disteso su bracieri ardenti, al punto che gli restavano solo le ossa, annerite e bruciacchiate; infine, altri sono stati messi su tavole armate di lame taglienti, che trapassavano da una parte all’altra quelle povere vittime.
Si potrebbe pensare a tutto questo, senza sentirsi penetrare da un dolore che giunge fino al fondo dell’anima?
Ah! se è vero dunque che un’anima nel Purgatorio soffre più di tutti i martiri messi insieme, chi potrà sopportarlo?…
Mio Dio! Mio Dio! abbi pietà di queste povere anime!…

Ma per convincercene in una maniera ancora più sensibile, ascoltiamo: santa Brigida, alla quale Dio fece conoscere i dolori che sopportano queste povere anime, ci assicura che le loro pene sono così grandi e i loro dolori così violenti, che mai un uomo potrà farsene una minima idea.
Dio le fece vedere alcune anime che sarebbero dovute restare in Purgatorio fino alla fine del mondo.
Il papa Innocenzo III apparve dopo la sua morte a santa Lutgarda, sotto forma materiale.
Spaventata da una tale visione, ella si gettò con la faccia a terra, domandando al buon Dio di dirle che cosa potesse essere.
Il morto le rispose che lui era il papa deceduto recentemente.
«Mio Dio, gridò quella, piangendo amaramente, se un papa che è stato un modello di virtù, soffre tali mali, povera me!».
Il papa le disse che, se non fosse stato per la santa Vergine, alla quale aveva fatto costruire una chiesa, sarebbe dannato, e condannato a bruciare all’inferno; ma, prima di morire, la santa Vergine aveva pregato suo Figlio per ottenergli una vera contrizione dei suoi peccati.
«Io resterò nelle fiamme fino alla fine del mondo, aggiunse, e vengo a chiedere l’aiuto delle vostre preghiere», e disparve gridando: «Ah! quanto soffro! strappatemi alle fiamme che mi divorano».

San Vincenzo Ferreri ci dice che Dio gli fece vedere un’anima condannata a un anno di Purgatorio per un solo peccato veniale.
Ascoltate ancora quello che ci dice san Luigi, dell’ordine di san Domenico.
Suo padre gli apparve in forma materiale, emettendo delle grida spaventose e dei profondi gemiti.
Egli veniva a implorare il soccorso delle sue preghiere.
Subito san Luigi di mise a piangere e a fare penitenza, con le macerazioni più orribili; celebrava ogni giorno per lui la santa Messa, e non restò un solo giorno senza invocare l’aiuto della santa Vergine.
Malgrado ciò, ogni mattina suo padre appariva, emettendo le stesse grida e gli stessi singhiozzi: «Ah! come soffro! figlio mio, abbi pietà di me!».
San Luigi non cessava di chiedere, giorno e notte, misericordia per suo padre.
«Mio Dio! Mio Dio! gridava, forse che non ti lascerai toccare dalle mie preghiere e dalle mie lacrime?».
Soltanto sette anni dopo, Dio gli fece sapere che suo padre era stato liberato.

«Ma, mi direte voi, forse, che cosa potrebbe aver fatto mai quel padre disgraziato, per soffrire tanto?».
Oh! amico mio, se tu conoscessi bene che cosa sia il peccato! io non oso dirvelo, per timore di gettarvi nella disperazione.
San Luigi racconta che suo padre aveva fatto una piccola cosa: una persona gli aveva reso dei grandi servizi, ed egli cercava di dimostrargli la sua riconoscenza, non pensando affatto, forse, che era Dio solo che avrebbe dovuto ringraziare per i suoi benefici!…

Quanti anni di Purgatorio, fratelli miei, per noi che commettiamo questo genere di peccati tanto spesso, e con così poco scrupolo!
Quante menzogne, per evitare una piccola umiliazione o per far divertire qualcuno!
Quante piccole maldicenze!
Quante buone ispirazioni alle quali non abbiamo risposto!
Quante distrazioni volontarie nelle preghiere!
Quante volte il buon Dio ci ha ispirato il pensiero di elevare a Lui il nostro cuore, sia al nostro risveglio, sia durante il giorno, ma noi non abbiamo voluto farlo! oppure, lo abbiamo fatto, ma con quanta pena e con quale negligenza?
Quante volte abbiamo avuto il pensiero di fare qualche mortificazione nei nostri pasti, o nel nostro “prurito” di chiacchierare?
Quante volte saremmo potuti andare a Messa, ma poi per pigrizia, o per non perdere qualche momento, non ci siamo andati!
Quante volte il buon Dio ci ha dato il pensiero di non indugiare nel peccato, ma di andare prontamente a confessarci!
Quante volte abbiamo avuto il pensiero di correggerci, per avere la felicità di accostarci più spesso al sacramento adorabile dell’Eucaristia!
Quante buone opere, quante penitenze, avremmo potuto fare, ma che non abbiamo fatto!
O mio Dio! quanti anni, o piuttosto quanti secoli dovremo soffrire tra le fiamme!
Mio Dio! quanto siamo ciechi!…

Leggiamo nella storia che una persona, dopo essere vissuta cristianamente, apparve a una sua amica, tutta circondata dalle fiamme, e soffrendo crudelmente, per aver trascurato di frequentare i sacramenti.
Dio, infatti, le aveva spesso ispirato, sulla terra, il desiderio di correggersi dalle sue piccole colpe veniali, e di ricevere più spesso il sacramento del suo amore; e così Egli le aveva permesso di apparire alla sua amica, per esortarla a fare quello che non era stata capace di fare lei stessa, cioè di condurre una vita più pura e più santa, e di offrire le sue comunioni per lei, e così Dio le avrebbe usato misericordia.
Infatti, dopo molte comunioni, ella le apparve di nuovo, ma tutta raggiante di gloria, e la ringraziò delle comunioni che aveva offerto per la sua liberazione.

Verrà un giorno, fratelli miei, che rimpiangeremo di non aver condotto una vita abbastanza pura e abbastanza cristiana, per guadagnarci la felicità di venire più spesso a sederci alla tavola degli angeli, cosa che abbrevierebbe di molto le pene del Purgatorio.

Ma ritorniamo alle nostre povere prigioniere che, in mezzo alle fiamme, ci tendono le mani supplichevoli, e ci scongiurano di non lasciarle soffrire più a lungo.
Chi sono queste povere anime sulle quali la giustizia di Dio si appesantisce?
Ahimè! sono, forse, nostri parenti, che una morte crudele ha separato da noi, forse solo da qualche giorno.
Sono dei cari amici, che sono appena scesi nella tomba, dove noi li seguiremo ben presto.
Queste povere anime sono trattenute nei torrenti di fiamme che le inondano e le divorano; la mano del Signore le perseguita, le colpisce e le castiga rigorosamente.
«O voi, amici nostri, ci gridano, siate sensibili ai mali che soffriamo!».
Ma voi le guardate, le ascoltate queste povere anime?
Ciascuna si rivolge a coloro che lei stessa ha amato e protetto durante la vita, per indurle ad avere pietà di lei.
Ascoltate questa sposa che alza gli occhi e tende le mani supplicanti verso il suo sposo: «Ah! se tu potessi, dice, comprendere le mie sofferenze, potresti mai dimenticare una sposa che ti ha amato così teneramente?
Hai dimenticato il mio ultimo saluto, quando, stringendoti fra le mie braccia, ti ho dato l’ultima prova della mia tenerezza?
Tu mi hai promesso di non dimenticarti mai di me; ma perchè ora sei insensibile ai tormenti che sopporto?
Ah! per favore, strappami dal fuoco che mi divora; tu lo potresti…Ah! quanto soffro!».
Ascoltate le grida strazianti di questa povera anima a suo figlio: «Figlio mio, perchè mi lasci subire dei tormenti così terribili? hai già dimenticato tutto quello che ho fatto per te? io che ho avuto tanta pena morendo, nel timore che, separato da me, tu potessi essere infelice!
Tu mi abbandoni in un luogo dove soffro crudelmente.
Per favore, liberami, libera colei che ha versato tante lacrime per te, che tanto spesso ha chiesto a Dio di farla soffrire al posto tuo!
Figlio mio, abbi pietà della tua povera madre che ti ha tanto amato, e che è degna di essere ripagata da te!…».
Ascoltate questo povero figlio, la cui separazione vi fece versare tante lacrime: «Ah! madre mia! ti grida; hai forse dimenticato quel momento in cui mescolavamo insieme le nostre lacrime, allorchè la morte ci costringeva a separarci? mi lascerai forse tra queste fiamme che mi divorano, mentre ti sarebbe così facile liberarmi?
Oh! per favore, non mi abbandonare! Quando arriverà il tuo turno e verrai giudicata, io non ti dimenticherò, ma andrò io stesso a gettarmi ai piedi del tuo Giudice, del quale io sarò allora l’amico e il figlio diletto. E se non dovessi essere io stesso abbastanza potente, chiamerò tutta la corte celeste in mio aiuto, per chiedere la grazia per te».

Ma a chi si potranno rivolgere quelle povere anime che non hanno nè parenti, nè amici, che possano pensare a loro?
Mi sembra di sentirle gridare: «Pastore caritatevole, di’ a tutti i cristiani quanto le nostre sofferenze siano lunghe e crudeli; no, non c’è che Dio solo che possa conoscere il rigore dei supplizi che sopportiamo; ah! di’ loro che non saremo ingrate verso di loro».
Ahimè! queste povere anime sono tra le fiamme come delle prigioniere che, da un gran numero di anni, gemono in fondo a celle tenebrose, sospirando il momento della loro liberazione.
Ma è invano; le si abbandona, esse subiscono di punto in punto la loro condanna; esse vedono arrivare anime molto più colpevoli di loro, ma che vengono liberate più presto, perchè hanno degli amici che soddisfano alla giustizia di Dio.
«Mio Dio! gridano ad ogni istante, non abbiamo nessuno che ci liberi?».

Quanto dureranno le pene di queste povere anime?
Ahimè! fratelli miei, anche se questi supplizi durassero solo un giorno, o una sola ora, o una mezz’ora, sembrerebbe loro più lunga di milioni di secoli vissuti, in mezzo ai supplizi più rigorosi che si possano soffrire in questo mondo.
E perchè questo?
Amico mio ecco. Quando Dio punisce qualcuno in questo mondo, non lo fa che sottto il regno della sua misericordia e della sua bontà, poichè se Dio ci manda una infermità, una perdita di beni o altre miserie, tutto questo non ci è dato che per farci evitare le pene del Purgatorio, o per farci uscire dal peccato.
Infatti, se il Signore ha trattato il sant’uomo Giobbe così duramente su questa terra, non è stato forse perchè lo amava in una maniera tutta particolare?
Quel sant’uomo, non dice lui stesso che «la punta del dito di Dio lo ha toccato?».
L’angelo non dice forse a Tobia, che se Dio lo aveva afflitto, lo aveva fatto perchè gli era particolarmente gradito?
Così dunque, se in questo mondo Dio ci fa soffrire, lo fa solo per amore e per carità.
Nell’altro mondo, al contrario, Dio è guidato solo dalla sua Giustizia e dalla sua vendetta; noi abbiamo peccato, è ormai passato il tempo della misericordia; Egli ci ha minacciato mille volte, bisogna che ora la sua giustizia si compia e che la sua vendetta sia soddisfatta.
Oh! com’è terribile cadere nelle mani di un Dio vendicatore!

Ma, ciò che dovrebbe indurci a non trascurare nulla pur di liberare queste povere anime, è il fatto che noi siamo la causa della disgrazia della maggior parte di loro.
Eccovene la ragione.
Quella sposa sarà nelle fiamme, perchè ha avuto per il suo sposo troppa debolezza, forse anche delle compiacenze contrarie alla legge del Signore.
Quel povero padre, quella povera madre, soffrono nel Purgatorio, perchè non hanno corretto abbastanza i loro figli, e hanno permesso loro ciò che non avrebbero dovuto permettergli mai.
Quell’amico o quel vicino soffre anche perchè essendo in vostra compagnia, non ha osato rimproverarvi, allorchè avete parlato male del prossimo o avete detto parole poco decenti.
Infine, una motitudine di altre, bruciano in quei bracieri, perchè avete dato loro cattivo esempio, e questo le ha indotte a peccare.
Ah! povere anime! siamo noi la causa dei vostri tormenti, e noi vi lasciamo, noi vi abbandoniamo!…
Ingrati! verrà un giorno che piangeremo la nostra insensibilità per queste povere anime sofferenti!
Cosa? le lasciamo bruciare, pur potendo così facilmente condurle in cielo?
Ah! fratelli miei, lasciamoci commuovere, poichè Dio ha messo la loro liberazione nelle nostre mani.

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