Continuare a crescere alla scuola di Gesù
La parabola del seme e della terra Mc 4,26-34
Autore: Don Gianmario Pagano
La predicazione che cerca di spiegare il significato delle parabole di Gesù spesso non coglie l’elemento di provocazione che esse, in vario modo, contengono. Le parabole non sono un modo semplice di spiegare cose difficili, né un linguaggio facile per gli sprovveduti. Le parabole sono pensate e costruite come uno strumento della parola per offrirci la possibilità di vedere le cose in modo diverso e provocare una risposta attiva, sia nella mente, sia nella pratica della vita.
Le tre parabole “contadine” di Mc 4 sono esemplari. Siamo invitati a leggerle come un codice che ci introduce a verità nascoste, eppure evidenti davanti a noi. Ma la chiave giusta è in ogni caso la relazione con il loro narratore: Gesù stesso. La differenza tra chi può capire e chi non può capire è quella tra chi rimane a interrogare il Maestro e ad ascoltarlo e chi pensa invece che ci sia di meglio da fare. Il discepolo ha la possibilità di comprendere perché rimane esposto al ciclo continuo dell’apprendimento. Ed è in questo ripetersi nel tempo dell’imparare e cambiare, nella trasformazione progressiva del nostro modo di essere e di pensare che si trova il vero motore ermeneutico delle parabole. Esattamente come il contadino che semina, aspetta, falcia e poi ricomincia, così il discepolo, nella vita personale e persino la Chiesa stessa, anche attraverso le generazioni. È qui, nella comprensione della dinamica del discepolo, nella logica della pedagogia divina, che si può comprendere anche la corretta relazione tra valore della tradizione e necessario cambiamento.