Da dove si esce? Come fare quando ci sentiamo persi
Meditazione per la Trentunesima domenica del T.O. anno C
Autore: Gaetano Piccolo
«Non rattristarti, sali sull’albero dove,
per te, pendette Gesù e vedrai Gesù».
Sant’Agostino, Discorso 174, 3,3
La paura di cadere
Quando attraversiamo periodi di ansia, quando siamo davanti a situazioni complicate, da cui non sappiamo come uscire, siamo visitati da sogni in cui ci sentiamo precipitare in un abisso senza fine. È la voragine dell’incertezza. È la paura di cadere nel vuoto, da cui ci sembra impossibile risalire. Sono i momenti della vita in cui ci sentiamo irrimediabilmente persi.
Gerico è l’immagine di questo abisso in cui tutti prima o poi abbiamo la sensazione di precipitare, perché non ci sentiamo mai del tutto all’altezza delle situazioni che abbiamo davanti. Gerico, infatti, è la città sprofondata sotto il livello del mare, un luogo quindi che nel linguaggio biblico diventa metafora di quell’abisso in cui l’uomo sprofonda, ma dove continuamente il Signore scende per raggiungerci e tirarci fuori. Dio si ricorda (probabile significato del nome di Zaccheo) anche di chi si sente irrimediabilmente perso.
È possibile sperare?
Zaccheo ci viene presentato da Luca proprio come l’uomo senza speranza, colui che sembra non avere vie d’uscita. È un pubblicano, ovvero un peccatore, considerato pubblicamente impuro a causa del suo lavoro di esattore delle tasse, che lo mette in contatto non solo con il denaro, ma con il denaro raccolto a nome dei pagani oppressori. Ovviamente, questa funzione sociale implicava anche un comportamento scorretto e deplorevole verso i proprio concittadini: i pubblicani approfittavano della loro condizione per sfruttare, rubare e commettere angherie. Eppure, nel capitolo precedente, persino per il pubblicano, recatosi al Tempio, c’era stata una possibilità di perdono: se n’era andato giustificato. Ora, Luca avanza una domanda provocatoria: sebbene ci sia stato perdono per un pubblicano, ci potrà mai essere perdono persino per il capo dei pubblicani? Zaccheo è definito infatti ‘capo dei pubblicani’, quasi a voler evocare un ingigantirsi del peccato, un modo per rendere il suo peso enorme e incancellabile.
Voleva vedere
Eppure, per quanto possiamo essere irrimediabilmente persi, non scompare mai definitivamente dal cuore dell’uomo il desiderio di ritornare a vivere. In qualche modo, Zaccheo è cieco nel senso che non vede una via d’uscita alla sua situazione. Questa chiave di lettura ci è offerta anche dal fatto che, proprio all’ingresso di Gerico, Gesù aveva incontrato e guarito un cieco. La situazione di Zaccheo è simile, anch’egli è cieco. Essere cieco vuol dire anche vivere una profonda solitudine. Zaccheo si sente tagliato fuori dalle relazioni sociali. Con il suo comportamento, con le sue scelte, si è messo fuori dalle relazioni. Probabilmente non si sente né amato, né riconosciuto. Quella spinta che lo porta a cercare di vedere Gesù nasce probabilmente da questo suo bisogno di incontrare qualcuno che lo guardi, qualcuno che si fermi e lo riconosca, qualcuno che lo aiuti a uscire dall’isolamento a cui si è condannato.
Quando ci sentiamo esclusi, disprezzati e giudicati può accadere di attribuire questi atteggiamenti perfino a Dio: ci sentiamo condannati e rifiutati anche da lui. Ma il libro della Sapienza ci ricorda in questa domenica che «Dio non prova disgusto per nessuna delle cose che ha creato» (Sap 11,24). Anche qualora avessimo sbagliato, Egli «chiude gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento» (Sap 11,23).
La realtà
Zaccheo ci insegna che anche quando abbiamo un grande desiderio che ci spinge, dobbiamo fare comunque i conti con la realtà, che talvolta ci impedisce di realizzare immediatamente quello che vogliamo. La realtà di Zaccheo è innanzitutto che è basso. Zaccheo deve fare i conti con la sua altezza. E forse questa allusione di Luca non è solo un riferimento fisico, ma probabilmente dice qualcosa della sua condizione umana. La realtà è rappresentata anche dalla folla che costituisce un ostacolo alla realizzazione del suo desiderio. Ci sono altri prima di lui, davanti a lui, altri che sono arrivati prima, altri che non hanno intenzione di fargli spazio. Davanti a questi ostacoli, Zaccheo avrebbe anche potuto ragionevolmente perdersi d’animo, avrebbe potuto rinunciare al suo desiderio. Avrebbe persino avuto la possibilità di autogiustificarsi. Non era del tutto colpa sua se non aveva potuto vedere Gesù. La vita ci offre sempre una scusa per rinunciare ai nostri desideri.
Il desiderio e l’audacia
Se il desiderio è autentico si trasforma però in audacia e trova delle strade originali e creative. Zaccheo sale su un albero, proprio come fanno i bambini. Si rende in qualche modo ridicolo. Si espone. E in effetti, se vogliamo realizzare i nostri desideri, non possiamo fare a meno di ritornare bambini, cioè di recuperare quella parte di noi più semplice, capace di guardare all’essenziale. I desideri si spengono quando vengono coperti di motivazioni cerebrali e di ragionamenti complessi.
Per ora, Zaccheo vuole solo vedere Gesù. Non crede ancora che può anche essere visto. Zaccheo non si riconosce degno di ritrovarsi nello sguardo di Dio. Zaccheo si accontenta. Anche in questo caso, possiamo ritrovare la dinamica del nostro desiderio: non osiamo desiderare, ci accontentiamo. Ma prima del nostro desiderio, c’è il desiderio di Dio che ci viene incontro e ci spinge a compiere un passo in più: «Dio porta a compimento ogni proposito di bene» (2Ts 1,11) e in quel proposito c’è il desiderio di Dio per la nostra felicità.
Il perdono gratuito
Zaccheo finalmente viene visto. Gesù alza lo sguardo. Zaccheo non è più in basso. E in quello sguardo di Gesù, Zaccheo non trova un rimprovero, come forse si aspettava e come la gente sperava. In quello sguardo trova accoglienza e perdono. Gesù rimette Zaccheo dentro le relazioni. Gli chiede di essere accolto nella sua casa. Ora Zaccheo vede Gesù e soprattutto è visto come uomo. Il perdono è già avvenuto e in modo assolutamente gratuito: Dio è «lento all’ira e grande nell’amore» (Sal 144,8).
Passi concreti
Proprio perché Zaccheo adesso vede chi è Gesù, desidera imitarlo. Non si tratta di un prezzo da pagare. Zaccheo non era tenuto a nessuna restituzione perché non era stato colto in flagrante. Eppure sceglie liberamente non solo di restituire, ma decide di farlo mettendo insieme, in maniera originale, la legislazione romana relativa al furto e la prescrizione rabbinica per la penitenza. È l’eccesso che dice la gratuità del gesto.
Zaccheo non è dunque solo l’uomo del desiderio, ma è anche l’uomo dei passi concreti. E ancora una volta, per compiere questi passi, Zaccheo guarda la sua realtà. Parte da quello che sta vivendo in quel momento: per lui, la strada della conversione, non può non partire da quelle stesse persone di cui aveva abusato. È lì, nella sua situazione presente, che trova la via per riprendere il suo cammino per seguire Gesù. Zaccheo si credeva perduto e invece è stato trovato!
Leggersi dentro
Quali ostacoli ti sembra di intravvedere al tuo desiderio di seguire il Signore?
Qual è il prossimo passo concreto che puoi fare per ritornare a seguire Gesù?