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Dacci un taglio! Quando possiamo dire veramente di aver deciso

Meditazione per la Tredicesima domenica del T.O. – anno C

Autore: Gaetano Piccolo

«Quando l’agricoltore va col suo aratro a spargere la semente, non tira forse – almeno a volte – il vento gelido e non c’è lo spauracchio della pioggia? Egli guarda il cielo e lo vede tetro: trema per il freddo, tuttavia avanza spargendo il seme. Teme che, mentre s’attarda a guardare il tempo inclemente e aspetta la stagione propizia, passi il tempo e non abbia cosa raccogliere al tempo della mietitura. Non rimandate a più tardi, miei fratelli. Seminate d’inverno; seminate le opere buone anche quando vi tocca piangere»,

Sant’Agostino, Esposizione sul Salmo 125, 13

Decidere è inevitabile

Siamo in un’epoca molto complessa, nella quale è diventato ancor più difficile fare delle scelte. Sembra infatti che trovandoci davanti a numerose possibilità, facciamo più fatica a scegliere quello che è più adatto a noi o quello che vogliamo veramente.
Da qualche decennio si sono sviluppati e diffusi molti libri sul decision making, nei quali si tenta di spiegare come prendere decisioni. Queste strategie vengono proposte e applicate soprattutto nelle aziende, senza però tener conto che nella decisione è sempre coinvolta anche la nostra vita, la nostra personalità e soprattutto la nostra felicità.
Ci rendiamo conto facilmente infatti che non possiamo non decidere. Ogni nostro comportamento, silenzio, parola o azione dice qualcosa di noi, è una decisione. Pertanto molte decisioni, in realtà, le subiamo, non arriviamo mai a prenderle. Alcune decisioni sono dei compromessi. Ci lasciamo portare dalla corrente. Al contrario, saremo tanto più felici e realizzati quanto più avremo scelto in maniera consapevole e coinvolta. Avremo deciso veramente quando avremo tagliato con tutte le altre possibilità! Non a caso la parola decidere ha la stessa radice di re-cidere, cioè tagliare.

Decidere è trasformare

Le letture di questa domenica ci propongono infatti diversi processi decisionali: Eliseo che deve decidere se accettare la missione che gli viene affidata, la decisione di Gesù che lo porterà a compromettersi definitivamente, le decisioni di coloro che vorrebbero seguire Gesù, ma che, come spesso avviene, sperimentano l’incertezza e la paura.
L’esempio di Eliseo è interessante, perché, come avviene di frequente nella Bibbia, è chiamato mentre sta svolgendo il suo lavoro, si tratta cioè di una persona già in qualche modo realizzata, uno che ha già la sua vita, ma viene chiamato a trasformarla, affinché possa essere messa a servizio di Dio e del popolo, ma in primis, affinché quella vita si possa realizzare fino in fondo e più profondamente.
Seguire Elia è per Eliseo una scelta difficile, significa lasciare tante cose. Ci viene descritto infatti come un uomo di famiglia agiata, tant’è vero che ha a disposizione dodici paia di buoi! E per questo possiamo anche pensare che tanti buoi servissero ad arare un’estensione di terra ampia. Sembra inoltre che Eliseo abbia un fisico possente, se è vero infatti che egli stesso conduce l’ultima coppia di buoi.
Sono tutte cose buone. Dio, attraverso il profeta Elia, non chiede a Eliseo di buttare via la sua vita, non disprezza quello che sta facendo, gli chiede però di trasformare la sua vita, di farne qualcosa che sia buono anche per altri. Il gesto di Eliseo è infatti eloquente: uccide i buoi e ne distribuisce la carne e brucia gli attrezzi per cuocere quel cibo. Gli animali e gli strumenti sono trasformati, servono a qualcos’altro, simbolo della vita stessa di Eliseo che non è distrutta, ma trasformata per un bene più grande.

La decisione è un rischio

In mezzo c’è la decisione di Gesù, che diventa l’esempio e il criterio della nostra vita. Siamo proprio al cuore del Vangelo di Luca. E il centro del Vangelo è questa decisione: andare a Gerusalemme, nella consapevolezza di trovare la morte. Gesù si compromette per noi. La decisione infatti è anche rischio. Gesù sfida il potere, sfida soprattutto gli schemi e i pregiudizi. Luca ci fa notare che questa decisione è presa senza incertezza: indurì il volto. Non c’è esitazione.
Nel contempo, Gesù manda davanti a sé dei messaggeri che possano preparare la strada. I messaggeri annunciano il suo passaggio, di modo che la gente possa decidersi. Davanti a Gesù che passa, siamo chiamati noi stessi a fare una scelta: farlo passare attraverso la nostra vita o rifiutarlo. Non tutti accolgono Gesù: come possiamo allora noi meravigliarci quando non ci sentiamo accolti? Sperimentare il rifiuto nella nostra vita non è strano, ma accade. Giovanni e Giacomo sono espressione di coloro che non accettano di essere rifiutati, soprattutto perché si sentono dalla parte del potere, dalla parte del giusto. Gesù insegna loro ad accogliere e perdonare anche coloro che ci sbarrano la strada.

Decidere è guardare avanti

Ci siamo poi tutti noi, chiamati a decidere se vogliamo seguire o meno Gesù. Luca ci presenta questi potenziali discepoli come personaggi anonimi, un po’ forse per permetterci di identificarci con loro e metterci a loro posto, un po’ forse anche perché questo anonimato è il triste destino di coloro che non riescono a decidersi mai nella vita.
Ci sono infatti coloro che non riescono a prendere una decisione perché non arrivano mai a chiudere con il loro passato: c’è sempre una tomba aperta, un morto da seppellire, un lamento che ancora non è stato portato a termine. Il padre da seppellire richiama infatti l’immagine dell’origine e del passato, il padre è la storia che ci ha generato, ma da cui occorre separarsi per poter prendere in mano la propria vita e generare.
Più in generale, come mostra un altro di questi seguaci anonimi, sono a volte i legami che ci legano, le relazioni, in sé anche buone, che però ci trattengono e non ci permettono di dare compimento alla nostra vita: questo seguace di Gesù vuole congedarsi da quelli di casa sua con il rischio però di rimanere intrappolato. Anche Eliseo aveva chiesto la possibilità di questo congedo, ma nel contempo aveva compiuto un’azione radicale che esprimeva la sua reale intenzione di separazione e cambiamento.
Uno dei motivi per cui non arriviamo mai a decidere risiede nella tentazione di voltarci continuamente indietro, chiedendoci ogni volta se sia stata la scelta giusta, proprio come chi sta conducendo l’aratro e si gira per verificare continuamente se il solco è diritto, ma in questo modo non porta a compimento il suo lavoro. Il solco che stiamo tracciando infatti non sarà sempre diritto, perché la vita è fatta anche di sbandamenti, oscillazioni e deviazioni, ma ciò che conta è continuare ad arare, così come ci è possibile, perché solo così, con un solco più o meno diritto, non importa se perfetto, il nostro campo porterà frutto.

Leggersi dentro

Come prendi le decisioni importanti della tua vita? Rimandi, scegli in modo impulsivo, fai discernimento…?
Quali sono le difficoltà che incontri nella tua decisione di seguire Gesù?

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