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Della sua Assunzione si rallegrano gli angeli

La vicenda terrena di Maria

Autore: Autori Cristiani

Conosciamo pochi dettagli sugli ultimi anni della Madonna sulla terra.

Tra l’Ascensione e la Pentecoste, la Scrittura la colloca nel Cenacolo; successivamente sarebbe certo rimasta assieme a San Giovanni, poiché era stata affidata alle sue cure filiali. Però la Scrittura non riporta né il momento né il luogo in cui avvenne l’Assunzione.

Secondo alcune antichissime testimonianze, sarebbe avvenuta a Gerusalemme; secondo altre, di origine più recente, ad Efeso.

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Maria è stata assunta da Dio, in corpo e anima, nei Cieli. Ne gioiscono gli angeli e gli uomini. Perché ci pervade oggi questa letizia intima, perché sentiamo il cuore traboccante e l’anima inondata di pace? Perché celebriamo la glorificazione di nostra Madre, ed è naturale che i suoi figli, costatando l’onore tributatole dalla Trinità Beatissima, sentano una grande allegrezza (…): figlia di Dio Padre, madre di Dio Figlio, sposa di Dio Spirito Santo. Più di Lei, soltanto Dio (È Gesù che passa, n. 171).

La fede in questa verità consolante dell’Assunzione ci porta ad affermare che: “l’immacolata Vergine, preservata immune da ogni macchia di colpa originale, finito il corso della sua vita terrena, fu assunta alla celeste gloria col suo corpo e con la sua anima, e dal Signore esaltata come la Regina dell’universo, perché fosse più pienamente conformata al Figlio suo, il Signore dei dominanti, il vincitore del peccato e della morte” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 966).

Questo è, pertanto, il nucleo dell’insegnamento trasmesso dalla Chiesa sui misteri ultimi della vita terrena della Madonna: partecipando alla vittoria di Cristo, Ella ha vinto la morte e già trionfa nella gloria celeste nella pienezza del suo essere, in corpo e anima. La liturgia ce lo fa contemplare ogni anno nella solennità dell’Assunzione il 15 agosto, e nella memoria della Santa Vergine Maria Regina, che si celebra il 22, per ricordare che, dal suo ingresso nel Paradiso, esercita assieme a suo Figlio il suo regno materno sopra tutta la creazione.

onosciamo pochi dettagli sugli ultimi anni della Madonna sulla terra. Tra l’Ascensione e la Pentecoste, la Scrittura la colloca nel Cenacolo (cfr. Atti, 1, 13-14); successivamente sarebbe certo rimasta assieme a San Giovanni, poiché era stata affidata alle sue cure filiali (Cfr. Gv 19, 25-27). Però la Scrittura non riporta né il momento né il luogo in cui avvenne l’Assunzione. Secondo alcune antichissime testimonianze, sarebbe avvenuta a Gerusalemme; secondo altre, di origine più recente, ad Efeso.

Tra le tradizioni della Città Santa spiccano alcuni racconti, che appartengono al genere apocrifo, del Transitus Virginis o Dormitio Mariæ; con questa espressione si è sempre voluto manifestare che il termine della vita della Madonna è apparso come un dolce sonno: questi scritti raccontano che, quando la Madonna lasciò questo mondo, mentre gli apostoli erano riuniti attorno al suo letto, lo stesso Signore scese dal cielo accompagnato da innumerevoli angeli e prese l’anima di sua Madre, poi i discepoli collocarono il corpo di Maria in un sepolcro e, dopo tre giorni, il Signore tornò per prenderlo e riunirlo all’anima in Paradiso. Nel descrivere questi fatti, gli autori distinguono due luoghi: la casa dove avvenne il transito e la tomba da cui il corpo della Vergine fu portato in Cielo.

Troviamo echi di queste testimonianze negli insegnamenti di vari Padri della Chiesa. San Giovanni Damasceno, che morì a Gerusalemme verso la metà dell’VIII secolo, racconta l’Assunzione in modo simile agli apocrifi, e colloca gli avvenimenti nel Cenacolo e nell’Orto degli Ulivi: il corpo della Vergine, avvolto nel lenzuolo funebre, “preso dal Monte Sion, sulle spalle gloriose degli apostoli, è trasportato con il sepolcro nel tempio celeste. Ma prima è condotto attraverso la città, come una bellissima sposa, adornata per lo splendore ineffabile dello Spirito, e così è accompagnata fino all’orto santissimo del Getsemani, mentre gli angeli la precedono, la seguono e la coprono con le loro ali assieme alla Chiesa tutta” (San Giovanni Damasceno, Omelia in Dormitionem Beatæ Mariæ Virginis, 12)

Nella Città Santa due chiese conservano ancora oggi la memoria di quei misteri: sul monte Sion, a pochi metri dal Cenacolo, la basilica della Dormizione; e nel Getsemani, vicino all’orto dove Gesù pregò la notte del Giovedì Santo, la Tomba di Maria.

La basilica della Dormizione

In un articolo precedente si è parlato del monte Sion, la collina che si trova all’estremità sud-ovest della Città Santa, che ricevette questo nome in epoca cristiana. Lì, attorno al Cenacolo, nacque la Chiesa primitiva; e lì, durante la seconda metà del IV secolo, si costruì una grande basilica, chiamata Santa Sion e considerata la madre di tutte le chiese. Oltre al Cenacolo, includeva il luogo del transito della Madonna, che la tradizione situava in un’abitazione vicina. Quel tempio passò attraverso varie distruzioni e ricostruzioni nei secoli successivi, fino a che rimase in piedi solo il Cenacolo. Certamente il ricordo del legame tra quella zona e la vita della Madonna rimase sempre, di modo che nel 1910, quando l’imperatore di Germania Guglielmo II ottenne dei terreni a Sion, fu costruita una abbazia benedettina con annessa basilica dedicata alla Dormizione della Vergine.

Si tratta di una chiesa di stile romanico tedesco con tratti bizantini, concepita su due livelli. Al piano superiore si trova la navata principale, a pianta circolare, sormontata da una grande cupola adorna di mosaici; attorno si aprono sei cappelle laterali e, sul lato orientale, un’abside come presbiterio, coperta da una volta a botte e un catino absidale pure decorato con un grande mosaico. Scendendo al piano inferiore, l’attenzione è attratta dal centro della cripta, dove c’è una immagine della Vergine giacente, protetta da un tempietto. Diverse cappelle, dono di diversi paesi o associazioni, circondano il santuario.

Don Alvaro venne nella basilica della Dormizione il 22 marzo 1994, l’ultimo giorno del suo pellegrinaggio in Terra Santa. Lì fece orazione la mattina, preparandosi intensamente per celebrare la Santa Messa nella chiesa del Cenacolo, che si trova nel vicino convento di San Francesco.

La Tomba di Maria

La Tomba di Maria si trova nel letto del torrente Cedron, sul Getsemani, qualche decina di metri a nord della basilica dell’Agonia e dell’Orto degli Olivi. È chiamata anche chiesa dell’Assunzione dai cristiani ortodossi greci e armeni, che condividono la proprietà, e dai siri, copti ed etiopi, che pure detengono alcuni diritti sul luogo.

Per arrivare al venerato sepolcro bisogna scendere due rampe di scale: la prima dalla strada fino a un cortile a un livello inferiore, che serve da atrio alla chiesa e che porta anche alla grotta dell’Arresto; la seconda, all’interno dell’edificio, dal portico fino alla navata. Questa profondità si spiega con il fatto che il letto del Cedron si è innalzato con il passare dei secoli, e perché la costruzione conservata fino a noi corrisponde in realtà alla cripta della primitiva basilica, la cui costruzione può farsi risalire al IV o V secolo.

Nel 1972 una inondazione obbligò ad effettuare vasti restauri della chiesa, e si approfittò per condurre anche studi archeologici. Questi studi, assieme alle fonti storiche, indicano che la sepoltura dove, secondo la tradizione, riposò il corpo della Vergine, faceva parte di un complesso funerario del I secolo. Era stato interamente scavato nella roccia, ed era costituito di tre ambienti. Quando fu deciso di includere la tomba della Madonna in un edificio di culto, gli architetti bizantini dovettero seguire un procedimento simile a quello impiegato con il Santo Sepolcro: la isolarono dal resto, eliminando anche gli altri due ambienti; sostituirono il tetto con una cupola di pietra, e sopra innalzarono il santuario.

Analogamente a quanto successe per altri luoghi cristiani in Terra Santa, le invasioni del primo millennio fecero sì che il santuario si trovasse in cattive condizioni all’arrivo dei crociati nell’XI secolo. Nel 1101 vi si stabilì una comunità di benedettini di Cluny, e cominciarono i lavori di restauro: si aprì l’entrata alla cripta, allargando la scalinata; ai lati della discesa furono allestite due cappelle, utilizzate successivamente come panteon reale; si abbellì la tomba della Vergine, coprendola con un tempietto di marmo; si ricostruì la chiesa superiore e, a fianco, si edificò un monastero con un ostello per i pellegrini e un ospedale. Pochi decenni più tardi, dopo la conquista di Gerusalemme da parte di Saladino, di tutto il complesso rimasero solo la cripta, la facciata e la scala che le univa, con le due cappelle: il che costituisce la chiesa attuale.

In corpo e anima

“Il mistero dell’Assunzione di Maria in corpo e anima è tutto inscritto nella Risurrezione di Cristo. L’umanità della Madre è stata “attratta” dal Figlio nel suo passaggio attraverso la morte. Gesù è entrato una volta per sempre nella vita eterna con tutta la sua umanità, quella che aveva preso da Maria; così lei, la Madre, che Lo ha seguito fedelmente per tutta la vita, Lo ha seguito con il cuore, è entrata con Lui nella vita eterna, che chiamiamo anche Cielo, Paradiso, Casa del Padre” (Francesco, Omelia, 15 agosto 2013). Allo stesso tempo, “l’Assunzione è una realtà che tocca anche noi, perché ci indica in modo luminoso il nostro destino, quello dell’umanità e della storia. In Maria, infatti, contempliamo quella realtà di gloria a cui è chiamato ciascuno di noi e tutta la Chiesa” (Benedetto XVI, Angelus, 15 agosto 2012).

La Madonna, resa pienamente partecipe dell’opera della nostra salvezza, doveva seguire da presso il cammino di suo Figlio condividendone la povertà a Betlemme, la vita nascosta di umile lavoro a Nazaret, la manifestazione della divinità a Cana di Galilea, l’obbrobrio nella Passione, il sacrificio divino nella Croce, la beatitudine eterna nel Paradiso.

Tutto questo ci riguarda direttamente, perché questo itinerario soprannaturale deve essere anche il nostro. Maria ci dimostra che tale via può essere percorsa, e che è la via sicura. Ella ci ha preceduti nel cammino dell’imitazione di Cristo, e la glorificazione di nostra Madre è pegno di ferma speranza della nostra salvezza; perciò la chiamiamo spes nostra, causa nostrae laetitiae, nostra speranza e motivo della nostra felicità.

Non possiamo mai perdere la fiducia di giungere alla santità, di rispondere agli inviti divini, di perseverare fino alla fine. Il Signore, che ha iniziato in noi l’opera della santificazione, la porterà a compimento (cfr. Fil 1, 6) (È Gesù che passa, n. 176).

Questa speranza, che è un dono di Dio, non ci esime dalla lotta: nessuno può rimanere passivo. Al contrario, la fede e l’esperienza personale ci dimostrano che la vita cristiana passa dalla Croce per raggiungere la Gloria, e che la fedeltà consiste in un continuo cominciare e ricominciare.

– Ricominciare? Sì!: ogni volta che fai un atto di contrizione – e giornalmente dovremmo farne molti – tu ricominci, perché dai a Dio un nuovo amore (Forgia, n. 384).

La nostra esistenza sulla terra è un tempo di traversie, di viaggio, in cui non mancheranno i sacrifici, il dolore, le privazioni … e nemmeno l’allegria.

Forse vi sembrerà eccessivo questo ottimismo, dal momento che non c’è uomo che non conosca i propri limiti e i propri insuccessi, e non abbia fatto esperienza della sofferenza, della stanchezza, dell’ingratitudine e forse dell’odio. Noi cristiani, in tutto uguali agli altri, come possiamo essere esenti da queste costanti della condizione umana?

Sarebbe ingenuo negare l’insistente presenza del dolore e dello sconforto, della tristezza e della solitudine nel nostro pellegrinaggio terreno. Dalla fede abbiamo appreso con certezza che tutto ciò non è frutto del caso e che il destino delle creature non consiste nel progressivo annientamento dei loro desideri di felicità. La fede ci insegna che ogni cosa ha un senso divino, perché fa parte dell’essenza stessa della vocazione che ci conduce alla casa del Padre. Tuttavia questa comprensione soprannaturale dell’esistenza cristiana non semplifica la complessità umana; ma dà all’uomo la sicurezza che tale complessità può essere attraversata dal nerbo dell’amor di Dio, dal forte e indistruttibile cavo che lega la vita di quaggiù con la vita definitiva nella Patria (È Gesù che passa, n. 177).

Per accrescere la nostra speranza, rivolgiamoci con fiducia alla Santissima Vergine: Cor Mariae dulcissimum, iter para tutum; Cuore dolcissimo di Maria, dà forza e sicurezza al nostro cammino sulla terra: sii tu stessa il nostro cammino, perché tu conosci il sentiero più diretto e sicuro che conduce, per amor tuo, all’amore di Gesù Cristo (ibid. n.178).

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