Dio sa quello che è meglio per noi
Riflessioni per meditare nel giovedì della I settimana del Tempo Ordinario - Mc 1, 40 - Anno B
Autore: Autori Cristiani
– Dio sa quello che è meglio per noi
– Anche nelle debolezze troviamo il Signore
– L’amore è gratuito, non tende al possesso
IN TUTTA LA SACRA SCRITTURA Dio ci insegna a pregare, ci suggerisce parole e disposizioni. Nel Vangelo di oggi vediamo un lebbroso che si avvicina a Gesù e, inginocchiatosi, lo prega: «Se vuoi, puoi purificarmi!» (Mc 1, 40). Questo modo di chiedere aiuto a Dio ha in sé molta ricchezza. Lo stesso fatto di pregare già significa che siamo convinti che Dio vuole aiutarci; tuttavia, affermarlo espressamente presuppone, inoltre, il riconoscimento che solo lui sa in realtà quello che è bene per noi. E dalla rapidità della risposta di Gesù possiamo intuire che questo atteggiamento del lebbroso lo ha conquistato: «Lo voglio, sii purificato!» (Mc 1, 41). Benché abbiano scambiato solo poche parole, la comprensione tra Gesù e il lebbroso è stata assoluta, Dio ha trovato nel suo cuore la porta aperta.
Quando non richiediamo a Dio delle cose, come se i nostri programmi fossero più saggi dei suoi, diventiamo capaci di scoprire con una maggiore profondità il suo amore per noi. Inoltre, se ci mettiamo nelle sue mani e confidiamo nella sua sapienza, ci sentiremo più sicuri, comprenderemo la nostra vera dignità: quella di essere amati e desiderati da Dio, non per quello che abbiamo fatto, ma per quello che siamo, perché siamo usciti dalle sue mani. «La libertà guidata dall’amore è l’unica che rende liberi gli altri e noi stessi, che sa ascoltare senza imporre, che sa voler bene senza costringere, che edifica e non distrugge»[1]. Nessuno ci conosce così bene come Gesù, e nessuno come lui sa quello di cui abbiamo bisogno in ogni istante. Perciò vale la pena chiedere il suo aiuto con la disposizione umile e assolutamente fiduciosa di quel lebbroso.
SAN JOSEMARÍA COMMENTAVA così le parole del lebbroso del Vangelo: «Signore, se vuoi – e Tu vuoi sempre – puoi guarirmi. Tu conosci la mia fragilità; avverto questi sintomi, soffro queste debolezze. E gli mostriamo con semplicità le ferite, e il pus, se c’é pus. Signore, tu che hai curato tante anime, fa’ che, mentre ti porto nel mio cuore o ti contemplo nel Tabernacolo, io ti riconosca come Medico divino»[2]. E allora, stiamo attenti a ciò che il Signore vuole. Ci ripulisce e ci fa indossare il suo abito, il suo anello, chiama i musici e ammazza il vitello grasso. Ci ricorda la nostra dignità di figli: «Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare» (Lc 15, 22), dice la Sacra Scrittura.
Malgrado tutto, può succedere che abbiamo la tentazione di volerci curare da soli, di considerarci ormai grandi, adulti, che non dovremmo aver bisogno di un altro che ci ripulisca. Sogniamo anche di non macchiarci e magari ci secchiamo quando questo succede. In tal modo confondiamo la vera natura della nostra corrispondenza all’amore di Dio. Ci riempiamo di auto-sufficienza, il nostro peggior nemico. «È l’amore di Cristo che ci ha liberati ed è ancora l’amore che ci libera dalla schiavitù peggiore, quella del nostro io»[3].
Certe volte possiamo dimenticare che il Signore ci aspetta in ogni caso, non solo nei casi di vittoria. Forse, confusi dallo scoraggiamento, non sappiamo trarre profitto da queste occasioni uniche: «Ho saputo offrire al Signore, come espiazione, anche il dolore che provo per averlo – tante volte! – offeso. Gli ho offerto la vergogna dei miei interiori rossori e delle mie umiliazioni, nel considerare quanto poco progredisco sulla via delle virtù?»[4]. Per Dio tutto quello che ci riguarda è importante, anche le nostre sconfitte. Egli conosce quanto grande e sincero è il nostro desiderio di amarlo al di sopra di tutto.
«LE SUE PAROLE “SE VUOI, PUOI PURIFICARMI!” erano la testimonianza di una volontà disposta ad accettare quello che Gesù avrebbe voluto fare con lui. E la sua fede in Gesù non restò defraudata! Fratelli e sorelle – esortava san Giovanni Paolo II –: la vostra fede in Gesù non sia meno ferma e costante di quella di questi personaggi dei quali ci parlano i Vangeli!»[5]. Chiediamo a Dio che ci dia una fede come quella, vogliamo scoprire che riceviamo ogni cosa continuamente da Dio.
«Il mio povero cuore è desideroso di tenerezza – diceva san Josemaría – […]. E questa tenerezza, che hai messo nell’uomo, come rimane appagata, inondata, quando l’uomo ti cerca, dalla tenerezza (che ti ha portato alla morte) del tuo divino Cuore!»[6]. Abbiamo un gran desiderio dell’affetto di Dio, ma qualche volta può succedere che cerchiamo di saziare tali desideri in sentieri impuri, dove gli altri vengono considerati non come figli di Dio che meritano un amore gratuito. Allora possiamo cercare soltanto il nostro beneficio personale e comunque rimaniamo più vuoti.
Se chiediamo perdono ci apriamo al vero amore incondizionato di Dio. «Se vuoi, puoi purificarmi!». Sta lì la chiave dell’amore puro. «La castità è la libertà dal possesso in tutti gli ambiti della vita. Solo quando un amore è casto, è veramente amore. L’amore che vuole possedere, alla fine diventa sempre pericoloso, imprigiona, soffoca, rende infelici. Dio stesso ha amato l’uomo con amore casto, lasciandolo libero anche di sbagliare e di mettersi contro di Lui»[7]. Se chiediamo perdono, facciamo passi avanti sulla via della santa purezza, che ci permette di godere dell’amore di Dio per ciascuno di noi. La Vergine Immacolata ci aiuta ad amare tutti con quella libertà che ci farà pregustare l’amore di Cristo.
[1] Papa Francesco, Udienza, 20-X-2021.
[2] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 93.
[3] Papa Francesco, Udienza, 20-X-2021.
[4] San Josemaría, Forgia, n. 153.
[5] San Giovanni Paolo II, Discorso, 21-II-1981.
[6] San Josemaría, Apuntes intimos, 9-X-1932.
[7] Papa Francesco, Patris corde, n. 7.
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