Lo Spirito e la Sposa dicono : «Vieni!»
Tratto da "Dominum et Vivificantem" - Parte terza - sezione V-VI
Autore: San Giovanni Paolo II
Carissimi Fratelli e Sorelle ,
61. Avvicinandosi la conclusione del secondo Millennio, che deve ricordare a tutti e quasi render di nuovo presente l’avvento del Verbo nella «pienezza del tempo» la Chiesa ancora una volta intende penetrare nell’essenza stessa della sua costituzione divino-umana e di quella missione, che la fa partecipare alla missione messianica di Cristo, secondo l’insegnamento e il progetto sempre valido del Concilio Vaticano II.
Seguendo questa linea, possiamo risalire al Cenacolo, dove Gesù Cristo rivela lo Spirito Santo come Paraclito, come Spirito di verità, e parla della propria «dipartita» mediante la Croce quale condizione necessaria della sua «venuta»: «È bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il consolatore; ma, quando me ne sarò andato, ve lo manderò».
Abbiamo visto che questo annuncio ha avuto la prima realizzazione già la sera del giorno di Pasqua e poi durante la celebrazione gerosolimitana della Pentecoste, e che da allora esso si verifica nella storia dell’umanità mediante la Chiesa. Alla luce di quell’annuncio prende pieno significato anche ciò che Gesù, sempre durante l’Ultima Cena, dice a proposito della sua nuova «venuta». È, infatti, significativo che nello stesso discorso di addio egli annunci non solo la sua «dipartita», ma anche la sua nuova «venuta». Dice appunto: «Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi». E nel momento del definitivo congedo, prima di salire al Cielo, ripeterà ancora più esplicitamente: «Ecco io sono con voi», lo sono «tutti i giorni, fino alla fine dei mondo». Questa nuova «venuta» di Cristo, questo suo continuo venire per essere con gli apostoli, con la Chiesa, questo suo «sono con voi fino alla fine del mondo», non cambia certo il fatto della sua «dipartita». Segue ad essa dopo la conclusione dell’attività messianica di Cristo sulla terra, ed avviene nell’ambito del preannunciato invio dello Spirito Santo e, per così dire, s’inscrive all’interno della sua stessa missione. E tuttavia si compie per opera dello Spirito Santo, il quale fa sì che il Cristo, che è andato via, venga ora e sempre in modo nuovo. Questo nuovo venire di Cristo per opera dello Spirito Santo e la sua costante presenza e azione nella vita spirituale si attuano nella realtà sacramentale. In essa il Cristo, che è andato via nella sua umanità visibile, viene, è presente e agisce nella Chiesa in modo talmente intimo da costituirla come suo corpo. Come tale, la Chiesa vive opera e cresce «fino alla fine del mondo». Tutto ciò avviene per opera dello Spirito Santo.
62. La più completa espressione sacramentale della «dipartita» di Cristo per mezzo del mistero della Croce e della Risurrezione è l’Eucaristia. In essa si realizza ogni volta sacramentalmente la sua venuta, la sua presenza salvifica: nel sacrificio e nella comunione. Si realizza per opera dello Spirito Santo, all’interno della sua propria missione. Mediante l’Eucaristia lo Spirito Santo realizza quel «rafforzamento dell’uomo interiore», di cui parla la Lettera agli Efesini. Mediante l’Eucaristia le persone e le comunità, sotto l’azione del Paraclito consolatore, imparano a scoprire il senso divino della vita umana, richiamato dal Concilio: quel senso, per cui Gesù Cristo «svela pienamente l’uomo all’uomo», suggerendo «una certa similitudine tra l’unione delle Persone divine e l’unione dei figli di Dio nella verità e nella carità». Una tale unione si esprime e si realizza specialmente mediante l’Eucaristia, nella quale l’uomo, partecipando al sacrificio di Cristo, che tale celebrazione attualizza, impara anche a «ritrovarsi… attraverso un dono… di sé», nella comunione con Dio e con gli altri uomini, suoi fratelli. Per questo i primi cristiani, sin dai giorni successivi alla discesa dello Spirito Santo, «erano assidui nella frazione del pane e nelle preghiere», formando in questo modo una comunità unita all’insegnamento degli apostoli.
Così essi «riconoscevano» che il loro Signore, risorto e già asceso al cielo, nuovamente veniva in mezzo a loro, nella comunità eucaristica della Chiesa e per suo mezzo. Guidata dallo Spirito Santo, la Chiesa sin dall’inizio espresse e confermò se stessa mediante l’Eucaristia. E così è stato sempre, in tutte le generazioni cristiane, fino ai nostri tempi, fino a questa vigilia del compimento del secondo Millennio cristiano. Certo, dobbiamo, purtroppo, constatare che questo Millennio, ormai trascorso, è stato quello delle grandi separazioni tra i cristiani. Tutti i credenti in Cristo, dunque, sull’esempio degli apostoli, dovranno mettere ogni impegno nel conformare pensiero e azione alla volontà dello Spirito Santo, «principio di unità della Chiesa», affinché tutti i battezzati in un solo Spirito per costituire un solo corpo, si ritrovino fratelli uniti nella celebrazione della medesima Eucaristia, «sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità!».
63. La presenza eucaristica di Cristo – il suo sacramentale «sono con voi» – permette alla Chiesa di scoprire sempre più profondamente il proprio mistero, come attesta tutta l’ecclesiologia del Concilio Vaticano II, per il quale «la Chiesa è in Cristo come un sacramento, o segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano». Come sacramento, la Chiesa si sviluppa dal mistero pasquale della «dipartita» di Cristo, vivendo della sua sempre nuova «venuta» per opera dello Spirito Santo, all’interno della stessa missione del Paraclito-Spirito di verità.
Proprio questo è il mistero essenziale della Chiesa, come professa il Concilio. Se in forza della creazione Dio è colui nel quale noi tutti «viviamo, ci muoviamo ed esistiamo», a sua volta la potenza della redenzione perdura e si sviluppa nella storia dell’uomo e del mondo come in un duplice «ritmo», la cui fonte si trova nell’eterno Padre. È il ritmo, da un lato, della missione del Figlio, che è venuto nel mondo, nascendo da Maria Vergine per opera dello Spirito Santo; e, dall’altro, è anche il ritmo della missione dello Spirito Santo, quale è stato rivelato definitivamente da Cristo. Per la «dipartita» del Figlio, lo Spirito è venuto e viene continuamente come consolatore e Spirito di verità. E nell’ambito della sua missione, quasi nell’intimo dell’invisibile presenza dello Spirito, il Figlio, che «era andato via» nel mistero pasquale, «viene» ed è continuamente presente nel mistero della Chiesa, ed ora si cela, ora si manifesta nella sua storia, sempre conducendone il corso. Tutto ciò avviene in modo sacramentale per opera dello Spirito Santo, il quale, attingendo alle ricchezze della redenzione di Cristo, continuamente dà la vita. Nel prendere sempre più viva coscienza di questo mistero, la Chiesa vede meglio se stessa soprattutto come sacramento. Ciò avviene anche perché, per volere del suo Signore, mediante i vari Sacramenti la Chiesa compie il suo ministero salvifico nei riguardi dell’uomo. Il ministero sacramentale, ogni volta che si attua, porta con sé il mistero della «dipartita» di Cristo mediante la Croce e la Risurrezione, in forza della quale viene lo Spirito Santo. Viene e opera: «dà la vita». I Sacramenti, infatti, significano la grazia e conferiscono la grazia: esprimono la vita e danno la vita. La Chiesa è la dispensatrice visibile dei sacri segni, mentre lo Spirito Santo vi agisce come il dispensatore invisibile della vita che essi significano. Insieme con lo Spirito c’è ed agisce Cristo Gesù.
64. Se la Chiesa è il sacramento dell’intima unione con Dio, tale è in Gesù Cristo, in cui questa stessa unione si attua come realtà salvifca. Tale è in Gesù Cristo per opera dello Spirito Santo. La pienezza della realtà salvifica, che è il Cristo nella storia, si diffonde in modo sacramentale nella potenza dello Spirito Paraclito. In questo modo lo Spirito Santo è l’«altro consolatore», o nuovo consolatore, perché mediante la sua azione la Buona Novella prende corpo nelle coscienze e nei cuori umani e si espande nella storia. In tutto ciò è lo Spirito Santo che dà la vita.
Quando usiamo la parola «sacramento» in riferimento alla Chiesa, dobbiamo tener presente che nel testo conciliare la sacramentalità della Chiesa appare distinta da quella che è propria, in senso stretto, dei Sacramenti. Leggiamo infatti: «La Chiesa è… come un sacramento, o segno e strumento dell’intima unione con Dio». Ma ciò che conta ed emerge dal senso analogico con cui la parola è impiegata nei due casi, è il rapporto che la Chiesa ha con la potenza dello Spirito Santo, colui che solo dà la vita: la Chiesa è segno e strumento della presenza e dell’azione dello Spirito vivificante. Il Vaticano II aggiunge che la Chiesa è «un sacramento… dell’unità di tutto il genere umano». Si tratta evidentemente dell’unità che il genere umano, in se stesso variamente differenziato, ha da Dio e in Dio. Essa si radica nel mistero della creazione ed acquista una dimensione nuova nel mistero della redenzione, in ordine all’universale salvezza. Poiché Dio «vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità», la redenzione comprende tutti gli uomini e, in certo modo, tutta la creazione. Nella stessa universale dimensione della redenzione agisce, in forza della «dipartita» di Cristo, lo Spirito Santo. Perciò la Chiesa, radicata mediante il suo proprio mistero nell’economia trinitaria della salvezza, a buon diritto intende se stessa come «sacramento dell’unità di tutto il genere umano».
Essa sa di esserlo per la potenza dello Spirito Santo, della quale è segno e strumento nell’attuazione del piano salvifico di Dio. In questo modo si realizza la «condiscendenza» dell’infinito amore trinitario: l’avvicinarsi di Dio, Spirito invisibile, al mondo visibile. Dio uno e trino si comunica all’uomo nello Spirito Santo sin dall’inizio mediante la sua «immagine e somiglianza». Sotto l’azione dello stesso Spirito l’uomo e, per suo mezzo, il mondo creato, redento da Cristo, si avvicinano ai loro definitivi destini in Dio. Di questo avvicinamento dei due poli della creazione e della redenzione, Dio e l’uomo, la Chiesa è «un sacramento, cioè segno e strumento». Essa opera per ristabilire e rafforzare l’unità alle radici stesse del genere umano: nel rapporto di comunione che l’uomo ha con Dio come suo Creatore, Signore e Redentore. E una verità che, in base all’insegnamento del Concilio, possiamo meditare, spiegare e applicare in tutta l’ampiezza del suo significato in questa fase di passaggio dal secondo al terzo Millennio cristiano. E ci è caro prendere una coscienza sempre più viva del fatto che dentro l’azione svolta dalla Chiesa nella storia della salvezza, inscritta nella storia dell’umanità, è presente e operante lo Spirito Santo, colui che col soffio della vita divina pervade il pellegrinaggio terreno dell’uomo e fa confluire tutta la creazione – tutta la storia – al suo termine ultimo, nell’oceano infinito di Dio.
65. Il soffio della vita divina, lo Spirito Santo, nella sua maniera più semplice e comune, si esprime e si fa sentire nella preghiera. È bello e salutare pensare che, dovunque si prega nel mondo, ivi è lo Spirito Santo, soffio vitale della preghiera. È bello e salutare riconoscere che, se la preghiera è diffusa in tutto l’orbe, nel passato, nel presente e nel futuro, altrettanto estesa è la presenza e l’azione dello Spirito Santo, che «alita» la preghiera nel cuore dell’uomo in tutta la gamma smisurata delle situazioni più diverse e delle condizioni ora favorevoli, ora avverse alla vita spirituale e religiosa. Molte volte, sotto l’azione dello Spirito, la preghiera sale dal cuore dell’uomo nonostante i divieti e le persecuzioni, e persino le proclamazioni ufficiali circa il carattere areligioso, o addirittura ateo della vita pubblica.
La preghiera rimane sempre la voce di tutti coloro che apparentemente non hanno voce – e in questa voce risuona sempre quel «forte grido», attribuito a Cristo dalla Lettera agli Ebrei. La preghiera è anche la rivelazione di quell’abisso, che è il cuore dell’uomo: una profondità, che è da Dio e che solo Dio può colmare, proprio con lo Spirito Santo. Leggiamo in Luca: «Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!». Lo Spirito Santo è il dono, che viene nel cuore dell’uomo insieme con la preghiera. In questa egli si manifesta prima di tutto e soprattutto come il dono, che «viene in aiuto alla nostra debolezza». È il magnifico pensiero sviluppato da san Paolo nella Lettera ai Romani quando scrive: «Noi nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili». Dunque, lo Spirito Santo non solo fa sì che preghiamo, ma ci guida «dall’interno» nella preghiera, supplendo alla nostra insufficienza, rimediando alla nostra incapacità di pregare: egli è presente nella nostra preghiera e le dà una dimensione divina. Così «colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio». La preghiera per opera dello Spirito Santo diventa l’espressione sempre più matura dell’uomo nuovo, che per mezzo di essa partecipa alla vita divina.
La nostra difficile epoca ha uno speciale bisogno della preghiera. Se nel corso della storia – ieri come oggi – numerosi uomini e donne hanno dato testimonianza dell’importanza della preghiera, consacrandosi alla lode di Dio e alla vita di orazione soprattutto nei monasteri con grande vantaggio per la Chiesa, in questi anni va pure crescendo il numero delle persone che, in movimenti e gruppi sempre più estesi, mettono al primo posto la preghiera ed in essa cercano il rinnovamento della vita spirituale. È questo un sintomo significativo e consolante, giacché da tale esperienza è derivato un reale contributo alla ripresa della preghiera tra i fedeli, che sono stati aiutati a meglio considerare lo Spirito Santo come colui che suscita nei cuori un profondo anelito alla santità. In molti individui e in molte comunità matura la consapevolezza che, pur con tutto il vertiginoso progresso della civiltà tecnico-scientifica, nonostante le reali conquiste e le mète raggiunte, l’uomo è minacciato, l’umanità è minacciata. Dinanzi a questo pericolo, e anzi sperimentando già la paurosa realtà della decadenza spirituale dell’uomo, persone singole e intere comunità, quasi guidate da un senso interiore della fede, cercano la forza capace di risollevare l’uomo, di salvarlo da se stesso, dai propri sbagli e abbagli, che spesso rendono nocive le sue stesse conquiste. E così scoprono la preghiera, nella quale si manifesta lo «Spirito che viene in aiuto alla nostra debolezza». In questo modo i tempi, in cui viviamo, avvicinano allo Spirito Santo molte persone, che ritornano alla preghiera. Ed io confido che tutte trovino nell’insegnamento di questa Enciclica un nutrimento per la loro vita interiore e riescano ad irrobustire, sotto l’azione dello Spirito, il loro impegno di preghiera in consonanza con la Chiesa e col suo Magistero.
66. In mezzo ai problemi, alle delusioni e alle speranze, alle diserzioni e ai ritorni di questi tempi, la Chiesa rimane fedele al mistero della sua nascita. Se è un fatto storico che la Chiesa è uscita dal Cenacolo il giorno di Pentecoste, in un certo senso si può dire che non lo ha mai lasciato. Spiritualmente l’evento della Pentecoste non appartiene solo al passato: la Chiesa è sempre nel Cenacolo, che porta nel cuore. La Chiesa persevera nella preghiera, come gli apostoli insieme a Maria, Madre di Cristo, ed a coloro che in Gerusalemme costituivano il primo germe della comunità cristiana e attendevano, pregando, la venuta dello Spirito Santo. La Chiesa persevera nella preghiera con Maria. Questa unione della Chiesa orante con la Madre di Cristo fa parte del mistero della Chiesa fin dall’inizio: noi la ve diamo presente in questo mistero, come è presente in quello di suo Figlio. Ce lo dice il Concilio: «La Beata Vergine…, adombrata dallo Spirito Santo, … diede alla luce il Figlio, che Dio ha posto quale primogenito tra molti fratelli (Rm 8,29), cioè tra i fedeli, alla cui rigenerazione e formazione essa coopera con materno amore». ella è «per le sue singolari grazie e funzioni… intimamente congiunta con la Chiesa: è figura della Chiesa».
«La Chiesa, contemplando l’arcana santità di lei ed imitandone la carità, diventa anch’essa madre» e «ad imitazione della Madre del suo Signore, con la virtù dello Spirito Santo, conserva verginalmente integra la fede, salda la speranza, sincera la carità: essa pure (cioè la Chiesa) è vergine, che custodisce… la fede data allo Sposo». Si capisce così il senso profondo del motivo, per cui la Chiesa, unita con la Vergine Madre, si rivolge ininterrottamente quale Sposa al suo divino Sposo, come attestano le parole dell’Apocalisse, riportate dal Concilio: «Lo Spirito e la Sposa dicono al Signore Gesù: “Vieni!”».
La preghiera della Chiesa è questa invocazione incessante, nella quale «lo Spirito stesso intercede per noi»: in certo modo, egli stesso la pronuncia con la Chiesa e nella Chiesa. Lo Spirito, infatti, è dato alla Chiesa, affinché per la sua potenza tutta la comunità del Popolo di Dio, per quanto largamente ramificata e varia, perseveri nella speranza: in quella speranza, nella quale «siamo stati salvati». È la speranza escatologica, la speranza del definitivo compimento in Dio, la speranza del Regno eterno, che si attua nella partecipazione alla vita trinitaria. Lo Spirito Santo, dato agli apostoli come consolatore, è il custode e l’animatore di questa speranza nel cuore della Chiesa. Nella prospettiva del terzo Millennio dopo Cristo, mentre «lo Spirito e la Sposa dicono al Signore Gesù: “Vieni!”», questa loro preghiera è carica, come sempre, di una portata escatologica, destinata a dare pienezza di significato anche alla celebrazione del grande Giubileo. E una preghiera rivolta in direzione dei destini salvifici, verso i quali lo Spirito Santo apre i cuori con la sua azione attraverso tutta la storia dell’uomo sulla terra. Nello stesso tempo, però, questa preghiera si orienta verso un preciso momento della storia, in cui è messa in rilievo la «pienezza del tempo», scandita dall’anno Duemila.
A questo Giubileo la Chiesa desidera prepararsi nello Spirito Santo, come dallo Spirito Santo fu preparata la Vergine di Nazareth, nella quale il Verbo si fece carne.
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