Regola per fare elargizioni e per riconoscere gli scrupoli
Esercizi Spirituali - Sant'Ignazio di Loyola - Parte VII
Autore: Sant'Ignazio di Loyola
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[337] CHI HA L’INCARICO DI FARE ELARGIZIONI DEVE OSSERVARE LE REGOLE SEGUENTI.
[338] Prima regola. Se faccio un’elargizione a parenti o ad amici o a persone a cui sono affezionato, devo considerare quattro regole, delle quali in parte si è già parlato trattando dell’elezione [184-187]. La prima: l’amore che mi muove e mi induce a fare quella elargizione deve discendere dall’alto, cioè dall’amore di Dio nostro Signore, così che io senta prima di tutto che l’amore più o meno grande che ho per queste persone è amore per Dio, e che Dio sia presente nel motivo per cui le amo di più.
[339] Seconda regola. Devo immaginare una persona che non ho mai visto né conosciuto e, desiderando per lei ciò che è più perfetto nel suo ufficio e nel suo stato, considerare come io vorrei che essa si regolasse nel modo di fare l’elargizione, per la maggior gloria di Dio e la maggior perfezione della sua anima; farò quindi lo stesso, osservando la norma e la misura che vorrei per l’altra persona e che ritengo giusta.
[340] Terza regola. Devo considerare, come se fossi in punto di morte, il criterio e la misura che allora vorrei aver tenuto nel mio compito di amministratore; e regolandomi su questa, la osserverò nella mia elargizione.
[341] Quarta regola. Devo immaginare come mi troverò nel giorno del giudizio, pensando come allora vorrei aver adempiuto questo ufficio e incarico di amministratore; e osserverò la norma che allora vorrei aver seguito.
[342] Quinta regola. Quando uno sente propensione e affezione verso alcune persone alle quali vuole fare un’elargizione, si soffermi a riflettere bene sulle quattro regole precedenti [184-187], esaminando e vagliando su queste la sua affezione, e non faccia alcuna elargizione finché la sua affezione disordinata non sia completamente eliminata e respinta, secondo tali regole.
[343] Sesta regola. È lecito usare i beni ecclesiastici per distribuirli, quando uno è chiamato a tale ufficio dal nostro Dio e Signore; tuttavia c’è la possibilità di colpa o di eccesso circa la quantità da prelevare e da destinare a se stesso, da quello che si ha per darlo ad altri; pertanto è possibile riformare il proprio stato di vita secondo le regole precedenti.
[344] Settima regola. Per le ragioni già esposte e per molte altre, in quello che riguarda la propria persona e l’andamento della casa, è sempre meglio e più sicuro ridurre e diminuire più che si può, e avvicinarsi il più possibile al nostro supremo pontefice, nostro modello e nostra regola, che è Cristo nostro Signore. Conforme a questo principio, il terzo concilio di Cartagine (a cui prese parte sant’Agostino) stabilisce e ordina che la suppellettile del vescovo sia semplice e povera. La stessa considerazione si deve fare per tutti i modi di vita, cercando di adattarla alla condizione e allo stato delle persone. Così, per il matrimonio, abbiamo l’esempio di san Gioacchino e di sant’Anna, che, dividendo i loro beni in tre parti, davano la prima ai poveri, destinavano la seconda al ministero e al servizio del tempio, e conservavano la terza per il sostentamento proprio e della famiglia.
REGOLE PER RICONOSCERE GLI SCRUPOLI
[345] LE NOTE SEGUENTI AIUTANO A SENTIRE E A RICONOSCERE GLI SCRUPOLI E LE SUGGESTIONI DEL NOSTRO AVVERSARIO.
[346] Prima nota. Si chiama comunemente scrupolo quello che procede dal nostro giudizio e dalla nostra libertà, cioè il credere spontaneamente che sia peccato quello che peccato non è, come quando uno calpesta inavvertitamente una croce di paglia e crede, a suo giudizio, di avere peccato; ma questo, propriamente, è un giudizio erroneo e non uno scrupolo.
[347] Seconda nota. È invece propriamente uno scrupolo e una tentazione del demonio quando, dopo aver calpestato quella croce, o dopo aver pensato o detto o fatto qualche cosa del genere, mi viene dal di fuori il pensiero di aver peccato, mentre d’altra parte mi sembra di non aver peccato, e intanto in questo dubitare e non dubitare mi sento turbato.
[348] Terza nota. Il primo scrupolo, cioè quello della prima nota, dev’essere assolutamente respinto, perché non è altro che un errore; invece il secondo, cioè quello della seconda nota, per un po’ di tempo giova non poco a colui che fa gli esercizi spirituali; anzi purifica grandemente e rende limpida la sua anima, allontanandola molto da ogni ombra di peccato, come dice san Gregorio: “È proprio delle coscienze delicate vedere peccato dove peccato non c’è”.
[349] Quarta nota. Il demonio osserva bene se un’anima è grossolana o delicata. Se è delicata, cerca di renderla ancor più delicata fino all’eccesso, per turbarla e confonderla maggiormente; per esempio, se vede che uno non consente né a peccato mortale né a veniale, né ad alcuna ombra di peccato volontario, allora il demonio, quando non può farlo cadere in qualche cosa che sembri peccato, cerca di fargli credere peccato quello che peccato non è, come una parola o un pensiero senza importanza. Se invece l’anima è grossolana, il demonio cerca di renderla ancor più grossolana; per esempio, se prima non faceva conto dei peccati veniali, cercherà che faccia poco conto dei mortali; e, se prima ne faceva un po’ conto, cercherà che ora ne faccia molto meno o niente.
[350] Quinta nota. Chi desidera progredire nella vita spirituale, deve sempre procedere in senso contrario al demonio; cioè, se il demonio vuole rendere la sua anima più grossolana, cerchi di renderla più delicata; così pure, se il demonio fa in modo di affinarla per condurla all’eccesso, procuri di fissarla nel giusto mezzo per essere del tutto tranquillo.
[351] Sesta nota. Quando un’anima buona vuole dire o fare qualche cosa a gloria di Dio nostro Signore, nella fedeltà alla Chiesa e secondo la mente dei superiori, se gli viene dal di fuori il pensiero o la tentazione di non dire o di non fare quella cosa, con il pretesto di vanagloria o d’altro, allora deve elevare la mente al suo Creatore e Signore: se vede che quella cosa è per il suo debito servizio, o almeno non contraria, deve agire in modo diametralmente opposto a quella tentazione, come dice san Bernardo: “Non ho incominciato per te, né per te finirò”.
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