Etty, un percorso di interiorità
«Quello che c'è qui (e indicava la testa) deve finire qui (e indicava il cuore)»
Autore: Etty Hillesum
Etty Hillesum si manifesta nei suoi scritti e nella sua vita come una limpida testimonianza di un cammino verso la proprio interiorità non come rifugio per un’anima inquieta e rassicurasi così nela contemplazione delle sue miserie o del suo io, o per un tempo storicamente drammatico (la persecuzione degli Ebrei da parte dei nazisti, con la viva esperienza dei campi di concentramento) ma per pacificare e unificare il senso della sua vita e degli eventi del tempo, e ritrovare – a contatto con le cose a lei care e che abitano nel suo profondo e in un confronto con i valori di cui Vangelo e alcuni autori preferiti erano portatori – forza e coraggio, e luce per il cammino.
Una vera “esperienza” di Spirito, un vero dinamismo vitale.
Qui di seguito alcuni brani, scollegati tra loro, ma come flash.
Anticipati da alcune tappe percorse che ricostruiamo con empatia.
Cosa è per Etty l’interiorità?
Una voce che si ascolta dal profondo
che occorre imparare a riconoscere tra le altre voci più assordanti
e che si apprende a sentire con un atteggiamento di silenzio e di disponibilità ad entrare in sé
che a volte risuona con fatica
che si confronta con il quotidiano
con gli eventi
le persone
le porta dentro
trova la ricchezza della vita
la gioia, il gusto e il senso
anche nelle situazioni più tragiche
che permette di entrare in solidarietà con gli altri
in un clima rappacificato e incapace di odiare
che sa ringraziare per la vita
che si esprime al meglio nella preghiera
e che permette l’unico incontro/confronto che conta: Dio.
UN LUNGO DOLOROSO PROCESSO
La nascita di un’autentica autonomia interiore è un lungo e doloroso processo: è la presa di coscienza che per te non esiste alcun aiuto o appoggio o rifugio presso gli altri, mai. Che gli altri sono altrettanto insicuri, deboli e indifesi. Che tu dovrai esser sempre la persona più forte. Non credo che tu sia il tipo da trovare queste cose in un altro. Sei sempre e da capo rimandata a te stessa. Non c’è nient’altro, il resto è finzione. Ma doverlo riconoscere, ogni volta! Soprattutto come donna. Hai pur sempre un gran desiderio di perderti in un altro. Ma anche questa è una favola, seppur bella. Due vite non possono combaciare. Per lo meno non per me. Può succedere in alcuni momenti: ma quei momenti giustificano una vita in comune, possono tenerla insieme? Però è un sentimento forte anche quello, talora felice. Sola, Dio mio. È dura. Perché il mondo è inospitale. Ho un cuore molto appassionato, ma mai per una persona sola: per tutte le persone. È un cuore molto ricco, io credo. Una volta pensavo sempre che lo avrei dato tutto a una persona sola: ma è impossibile. E quando, a ventisette anni, si arriva a “verità” così dure, ci si sente a volte disperati, soli e impauriti, ma anche indipendenti e orgogliosi. Sono affidata a me stessa e dovrò cavarmela da sola. L’unica norma che hai sei tu stessa, lo ripeto sempre. E l’unica responsabilità che puoi assumerti nella vita è la tua. Ma devi assumertela pienamente.
UNA VITA IN ASCOLTO
L’essenziale è stare nell’ascolto di ciò che sale da dentro.
Le nostre azioni spesso non sono altro che imitazione, dovere ipotetico o rappresentazione erronea di che cosa deve essere un essere umano.
Ma la sola vera certezza che tocca la nostra vita e le nostre azioni può venire solo dalle sorgenti che zampillano nel profondo di noi stessi.
Si è a casa sotto il cielo si è a casa dovunque su questa terra se si porta tutto in noi stessi.
Spesso mi sono sentita, e ancora mi sento, come una nave che ha preso a bordo un carico prezioso: le funi vengono recise e ora la nave va, libera di navigare dappertutto.
Dobbiamo essere la nostra propria patria.
TUTTO IN NOI STESSI
«È vero, ci portiamo dentro proprio tutto, Dio e il cielo e l’inferno e la terra e la vita e la morte e i secoli, tanti secoli. Uno scenario, una rappresentazione mutevole delle circostanze esteriori. Ma abbiamo tutto in noi stessi e queste circostanze non possono essere mai così determinanti, perché esisteranno sempre delle circostanze – buone e cattive – che dovranno essere accettate, il che non impedisce poi che uno si dedichi a migliorare quelle cattive. Però si deve sapere per quali motivi si lotta, e si deve cominciare da noi stessi, ogni giorno da capo».
UNA PREPARAZIONE INTERIORE
Per tanti, la peggior sofferenza è la totale impreparazione interiore, per cui crollano miseramente già prima di aver visto un campo di lavoro. Secondo loro, la nostra catastrofe è completa e definitiva. L’Inferno di Dante è davvero un’operetta frivola al confronto. “Questo è l’inferno”: così aveva detto lui poco tempo fa, molto semplicemente e molto oggettivamente. Certe volte la mia testa si sente urlare, mugghiare, e fischiare intorno, e i cieli si stendono così bassi e minacciosi sopra di me. Eppure, di tanto in tanto, riaffiora quell’umore leggero e come danzante che non m’abbandona veramente mai e che non è umorismo macabro, per lo meno non credo. Col passare del tempo mi sono pian piano preparata a questi momenti, ora posso continuare a vivere indisturbata guardando con occhio limpido alle cose. In questi ultimi anni non mi sono solo occupata di belle lettere, alla mia scrivania.
E queste cose potranno ora compensare un anno e mezzo, che è stato come un’intera vita di dolore e di distruzione: sono cresciute dentro di me e io con loro, sono diventate una perenne riserva che mi aiuterà a vivere senza stentare troppo.
TUTT’UNO CON LA VITA
Mi accorgo che questo stato d’animo si ripete ogni volta: dopo giorni di vita interiore terribilmente intensa, ricerca di chiarezza, doglie patite per sentimenti e pensieri che non sono affatto pronti per nascere, enormi pretese da parte mia, e la ricerca di una piccola forma propria che diventa di un’importanza capitale, ecc. ecc. ecc. – ecco che poi tutto quest’affanno, improvvisamente, mi cade di dosso; il mio cervello è piacevolmente stanco, c’è bonaccia di nuovo, sento quasi una sorta di dolcezza anche verso me stessa, e su di me cala un velo attraverso cui la vita filtra più mite, e spesso più ridente. Sento allora di essere tutt’uno con la vita. Inoltre: che non sono io individualmente a volere o a dovere fare questo o quello, ma che la vita è grande e buona e attraente e eterna – e se tu dai tanta importanza a te stessa, ti agiti e fai chiasso, allora ti sfugge quella grande, potente, e eterna corrente, che è appunto la vita. È proprio in questi momenti – e quanto ne sono riconoscente – che ogni aspirazione personale mi abbandona, la mia ansia, per esempio, di conoscere e sapere si acquieta, e un piccolo pezzo d’eternità scende su di me con un largo colpo d’ala. So bene che questo stato d’animo non dura a lungo: magari è già passato dopo mezz’ora, ma nel frattempo ho potuto di nuovo attingervi forza.
DESIDERIO DI ARMONIA
Pare che io sia in un periodo di grande fioritura, irradio luce in tutte le direzioni, dice S., e lui ne gode insieme con me. Un anno fa ero proprio una moribonda, con le mie sieste di due ore e il mio mezzo chilo di aspirine al mese, era una situazione da far paura. Ormai è “letteratura antica”, mi sembrano così lontani i problemi che avevo allora. Ho dovuto percorrere un cammino faticoso per ritrovare quel gesto intimo verso Dio, la sera alla finestra, per poter dire: ti ringrazio, Signore. Nel mio mondo interiore regnano tranquillità e pace. È stato proprio un cammino faticoso. Ora sembra tutto così semplice e così ovvio. Questa frase mi ha perseguitata per settimane: “Bisogna osar dire che si crede”. Osar pronunciare il nome di Dio. In questo momento, un po’ fiacca e stanca e triste e non del tutto contenta di me stessa, non sento così, ma so che questo sentimento esiste. Stasera non dirò certo niente a Dio, anche se sento il desiderio di quelle pietre fredde, di riflettere, di prendere le cose sul serio. Le cose del corpo. Il mio temperamento va ancora troppo per la sua strada, non è in armonia con l’anima. Credo però di possedere questo desiderio di armonia, anche se dubito sempre più che lo stesso uomo possa andarmi bene, corpo e anima.
INSICUREZZA
Per me, questo lavoro spirituale, questa intensa vita interiore hanno valore soltanto a condizione che possano essere proseguiti in qualsiasi circostanza: e se non è possibile nella pratica, almeno nel pensiero. Altrimenti, tutte le cose che faccio ora sono solo ‘belle lettere’. Forse quel che mi paralizza un po’ è proprio il timore di non poter rimanere me stessa in quelle condizioni, è l’insicurezza di non poter superare quella prova (una volta sarei potuta restare bloccata per settimane, ma probabilmente non credevo ancora nella necessità del mio lavoro). Dovrò ancora dimostrare la validità di quel modo di Essere, se continuerò a vivere come faccio ora: io non so fare l’operaia socialista o la rivoluzionaria politica, questo posso togliermelo dalla testa, anche se i miei sensi di colpa potrebbero ugualmente spingermi in quella direzione.
SEMPLICITÀ
Quante volte ho pregato, neppure un anno fa: Signore, ti prego, rendimi un po’ più semplice. E se quest’anno mi ha portato qualcosa, è stata proprio questa maggiore semplicità interiore. E credo che in futuro riuscirò anche a esprimere le cose difficili di questa vita con parole molto semplici. In futuro.
LE MINACCE ESTERNE
Non sono mai le circostanze esteriori, è sempre il sentimento interiore – depressione, insicurezza, o altro – che dà a queste circostanze un’apparenza triste o minacciosa. Nel mio caso funziona sempre dall’interno verso l’esterno, mai viceversa. Di solito le disposizioni più minacciose – e ce ne sono parecchie, attualmente – vanno a schiantarsi contro la mia sicurezza e fiducia interiori, e una volta risolte dentro di me, perdono molto della loro carica paurosa.
SILENZIO
E oggi voglio ritirarmi a riposare nel mio silenzio: nello spazio del mio silenzio interiore a cui chiedo ospitalità per un giorno intero. Forse riuscirò a riposarmi così. Corpo e mente sono molto stanchi e funzionano male, ma oggi non ho da lavorare, e credo che andrà bene.
C’è sole su quel tetto e un tripudio di voci di uccelli, questa camera è già così raccolta intorno a me che ci potrei pregare. Abbiamo avuto entrambi una vita molto libera, lui con le donne, io con gli uomini, e ciò nonostante lui era seduto col suo pigiama celeste sul bordo del mio letto: per un momento la sua testa era abbandonata fra le mie braccia nude, abbiamo parlato un pochino, poi era via di nuovo. Trovo che è una cosa molto commovente. Né l’uno né l’altro abbiamo il cattivo gusto di abusare di una situazione troppo facile. Alle nostre spalle c’è una vita libera e sregolata di amori trascorsi in molti letti altrui, eppure siamo ancora capaci di essere timidi ogni volta. È molto bello che sia così e me ne rallegro. Ora mi metto la mia vestaglia colorata e scendo di sotto per leggere la Bibbia insieme con lui. Passerò tutto il giorno in un angolino di quella gran sala silenziosa che ho dentro di me. Oggi non devo lavorare, non ho compiti casalinghi e non ho da far lezione. La mia colazione è pronta in un cartoccio e Adri ci porterà il nostro pranzo caldo. Così, stanca, posso restar seduta nell’angolino del mio silenzio, accoccolata come un buddha e anche col suo sorriso – interiormente, s’intende.
UN CUORE CHE NON SI INARIDISCE
Ieri è stato un giorno pesante, molto pesante; ho dovuto soffrire molto dentro di me, ma ho assorbito tutte le cose che mi sono precipitate addosso, e mi sento già in grado di sopportare qualcosa in più. Probabilmente è di lì che mi viene questa serenità, questa pace interiore: dalla coscienza di sapermela cavare da sola ogni volta, dalla constatazione che il mio cuore non s’inaridisce per l’amarezza, che i momenti di più profonda tristezza e persino di disperazione mi lasciano tracce positive, mi rendono più forte. Non mi faccio molte illusioni su come le cose stiano veramente e rinuncio persino alla pretesa di aiutare gli altri, partirò sempre dal principio di aiutare Dio il più possibile e se questo mi riuscirà, bene, allora vuol dire che saprò esserci anche per gli altri. Ma su questo punto non dobbiamo farci delle illusioni eroiche.
SOLE INTERIORE
C’è fango, talmente tanto fango che da qualche parte fra le costole si deve proprio possedere un gran sole interiore se non se ne vuol diventare la vittima psicologica… anche per accettare la propria fine si ha bisogno di forza interiore.
VOLTI ALTRUI
Mi chiedo che cosa farei effettivamente, se mi portassi in tasca il foglio con l’ordine di partenza per la Germania, e se dovessi partire tra una settimana. Supponiamo che quel foglio mi arrivi domani: cosa farei? Comincerei col non dir niente a nessuno, mi ritirerei nel cantuccio più silenzioso della casa e mi raccoglierei in me stessa, cercando di radunare tutte le mie forze da ogni angolo di anima e corpo. Mi farei tagliare i capelli molto corti e butterei via il mio rossetto. Cercherei di finire di leggere le lettere di Rilke. Mi farei fare dei pantaloni e una giacchetta con quella stoffa che ho ancora per un mantello d’inverno. Naturalmente vorrei ancora vedere i miei genitori e racconterei loro molte cose di me, cose consolanti – e ogni minuto libero vorrei scrivere a lui, all’uomo di cui so già che mi farà morire di nostalgia. Certe volte mi sembra di morire già adesso, quando penso che dovrò lasciarlo e che non saprò più niente di lui. Tra qualche giorno andrò dal dentista per farmi otturare tutti quei denti bucati: sarebbe proprio grottesco che mi venisse mal di denti. Mi procurerò uno zaino e porterò con me lo stretto necessario, poco, ma tutto di buona qualità. Mi porterò una Bibbia e quei libretti sottili, i Briefe an einen jungen Dichter, e in qualche angolino dello zaino riuscirò a farci stare lo Stundenbuch? Non mi porto ritratti di persone care, ma alle ampie pareti del mio io interiore voglio appendere le immagini dei molti visi e gesti che ho raccolto, e quelle rimarranno sempre con me.
Anche queste due mani vengono con me, con le loro dita espressive che sono come giovani rami robusti. Spesso saranno congiunte in una preghiera e mi proteggeranno; e staranno con me fino alla fine. E così questi occhi scuri col loro sguardo buono dolce e indagatore. E se i tratti del mio viso diventeranno brutti e sconvolti dalla sofferenza e dal lavoro eccessivi, allora tutta la vita del mio spirito potrà concentrarsi negli occhi.
UN ORIZZONTE CHE SI AMPLIA
La cosa più deprimente è sapere che quasi mai, nelle persone con cui lavoro, l’orizzonte interiore si amplia per queste esperienze. Non soffrono neppure in profondità. Odiano, e sono ciecamente ottimisti se si tratta della loro piccola persona, e sono ancora ambiziosi per il loro piccolo impiego; è una gran porcheria e ci sono dei momenti in cui mi perdo completamente di coraggio e vorrei abbandonare la testa sulla mia macchina da scrivere e dire: non posso più andare avanti così. Ma poi vado avanti, e imparo sempre qualcosa sugli uomini.
LA PROPRIA VOCE INTERIORE
Ho cominciato la giornata in modo stupido: parlando della “situazione”. Come se esistessero parole adatte. Questo dono prezioso, questo giorno libero che ho, devo impiegarlo bene – e non mettermi a parlare, e a turbare le persone intorno a me. Stamattina voglio nutrire un pochino il mio spirito recalcitrante, ho sempre più bisogno che mi digerisca le cose. Quest’ultima settimana è stata proprio una grande conferma di me stessa. In quel manicomio io ascolto la mia voce interiore, e tiro dritto per la mia strada.
ONESTA E APERTA
Ancora una cosa: credo proprio di avere come un regolatore interno. Un malumore mi avverte ogni volta che ho preso la strada sbagliata, e se continuo a essere onesta e aperta, se conservo la mia volontà di diventare quella che dovrò essere e di fare ciò che la mia coscienza mi prescrive di fare, di questi tempi, allora andrà tutto a posto. Credo che la vita pretenda molto da me e che mi riservi anche molto, ma devo saper ascoltare la mia voce interiore, devo rimanere onesta e aperta, e non sfuggire a quel sentimento.
OCCORRE ASCOLTARLA
È dunque così che vivono gli uomini: usano gli altri per farsi convincere di qualcosa in cui in fondo non credono; cercano negli altri uno strumento per coprire la propria voce interiore. Se ascoltassimo solo un po’ di più questa voce, se provassimo solo a farne risuonare una dentro di noi, quanto meno caos ci sarebbe.
Imparerò ad accettare la mia parte, qualunque essa sia.
SEMPRE PIÙ FORTE
La vita qui non consuma troppo le mie forze più profonde – fisicamente si va forse un po’ giù e spesso si è immensamente tristi, ma il nostro nucleo interiore diventa sempre più forte. Vorrei che fosse così anche per voi e per tutti i miei amici, è necessario, dobbiamo ancora condividere molte esperienze e molto lavoro tutti insieme.
Sai, se qui tu non hai una grande forza interiore, se non guardi alle apparenze come a pittoreschi accessori che non intaccano il grande splendore (non mi viene in mente un’altra parola) che può essere una parte inalienabile della tua anima – allora è proprio una situazione disperata.
DIO, PARTNER DEL DIALOGO, RICCHEZZA DELLA VITA
Mi hai resa così ricca, mio Dio, lasciami anche dispensare agli altri a piene mani. La mia vita è diventata un colloquio ininterrotto con te, mio Dio, un unico grande colloquio. A volte, quando me ne sto in un angolino del campo, i miei piedi piantati sulla tua terra, i miei occhi rivolti al cielo, le lacrime mi scorrono sulla faccia, lacrime che sgorgano da una profonda emozione e riconoscenza. Anche di sera, quando sono coricata nel mio letto e riposo in te, mio Dio, lacrime di riconoscenza mi scorrono sulla faccia e questa è la mia preghiera.
Sono molto, molto stanca, già da diversi giorni, ma anche questo passerà, tutto avviene secondo un ritmo più profondo che si dovrebbe insegnare ad ascoltare, è la cosa più importante che si può imparare in questa vita.
Io non combatto contro di te, mio Dio, tutta la mia vita è un grande colloquio con te. Forse non diventerò mai una grande artista come in fondo vorrei, ma mi sento già fin troppo al sicuro in te, mio Dio. A volte vorrei incidere delle piccole massime e storie appassionate, ma mi ritrovo prontamente con una parola sola: Dio, e questa parola contiene tutto e allora non ho più bisogno di dire quelle altre cose. E la mia forza creativa si traduce in colloqui interiori con te, e le ondate del mio cuore sono diventate qui più lunghe, mosse e insieme tranquille, e mi sembra che la mia ricchezza interiore cresca ancora.