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La trasmissione della vita

Familiaris Consortio - Parte Terza - Il servizio della vita -

Autore: San Giovanni Paolo II

Carissimi Fratelli e Sorelle,

28. Con la creazione dell’uomo e della donna a sua immagine e somiglianza, Dio corona e porta a perfezione l’opera delle sue mani: Egli li chiama ad una speciale partecipazione del suo amore ed insieme del suo potere di Creatore e di Padre, mediante la loro libera e responsabile cooperazione a trasmettere il dono della vita umana: «Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela”» (Gen 1,28).
Così il compito fondamentale della famiglia è il servizio alla vita, il realizzare lungo la storia la benedizione originaria del Creatore, trasmettendo nella generazione l’immagine divina da uomo a uomo (cfr. ibid. 5,1ss).
La fecondità è il frutto e il segno dell’amore coniugale, la testimonianza viva della piena donazione reciproca degli sposi «II vero culto dell’amore coniugale e tutta la struttura familiare che ne nasce senza trascurare gli altri fini del matrimonio, a questo tendono, che i coniugi, con fortezza d’animo siano disposti a cooperare con l’amore del Creatore e del Salvatore, che attraverso di loro continuamente dilata e arricchisce la sua famiglia» («Gaudium et Spes», 50).

La fecondità dell’amore coniugale non si restringe però alla sola procreazione dei figli, sia pure intesa nella sua dimensione specificamente umana: si allarga e si arricchisce di tutti quei frutti di vita morale, spirituale e soprannaturale che il padre e la madre sono chiamati a donare ai figli e, mediante i figli, alla Chiesa e al mondo.
29. Proprio perché l’amore dei coniugi è una singolare partecipazione al mistero della vita e dell’amore di Dio stesso, la Chiesa sa di aver ricevuto la missione speciale di custodire e di proteggere l’altissima dignità del matrimonio e la gravissima responsabilità della trasmissione della vita umana.

Così, in continuità con la tradizione viva della comunità ecclesiale lungo la storia, il recente Concilio Vaticano II e il magistero del mio predecessore Paolo VI, espresso soprattutto nell’enciclica «Humanae Vitae», hanno trasmesso ai nostri tempi un annuncio veramente profetico, che riafferma e ripropone con chiarezza la dottrina e la norma sempre antiche e sempre nuove della Chiesa sul matrimonio e sulla trasmissione della vita umana.
Per questo, nella loro ultima assemblea, i Padri Sinodali hanno testualmente dichiarato: «Questo Sacro Sinodo, riunito nell’unità della fede col successore di Pietro, fermamente mantiene ciò che nel Concilio Vaticano II (cfr. «Gaudium et Spes», 50) e, in seguito, nell’enciclica «Humanae Vitae» viene proposto, e in particolare che l’amore coniugale deve essere pienamente umano, esclusivo e aperto alla nuova vita (Propositio 22. La conclusione del n. 11 dell’enciclica «Humanae Vitae» così afferma: «Richiamando gli uomini all’osservanza delle norme della legge naturale interpreta dalla sua costante dottrina, la Chiesa insegna che qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere aperto alla trasmissione della vita» AAS 60 [1968] 488).

30. La dottrina della Chiesa si colloca oggi in una situazione sociale e culturale, che la rende ad un tempo più difficile da comprendere e più urgente ed insostituibile per promuovere il vero bene dell’uomo e della donna.
Infatti, il progresso scientifico-tecnico, che l’uomo contemporaneo accresce di continuo nel suo dominio sulla natura, non sviluppa solo la speranza di creare una nuova e migliore umanità, ma anche un’angoscia sempre più profonda circa il futuro. Alcuni si domandano se sia bene vivere o se non sia meglio neppure essere nati; dubitano, se sia lecito chiamare altri alla vita, i quali forse malediranno la propria esistenza in un mondo crudele, i cui terrori non sono neppure prevedibili. Altri pensano di essere gli unici destinatari dei vantaggi della tecnica ed escludono gli altri, ai quali vengono imposti mezzi contraccettivi o metodi ancor peggiori. Altri ancora, imprigionati come sono dalla mentalità consumistica e con l’unica preoccupazione di un continuo aumento di beni materiali, finiscono per non comprendere più e quindi per rifiutare la ricchezza spirituale di una nuova vita umana. La ragione ultima di queste mentalità è l’assenza, nel cuore degli uomini di Dio, il cui amore soltanto è più forte di tutte le possibile paure del mondo e le può vincere.
E’ nata così una mentalità contro la vita (anti-life mentality), come emerge in molte questioni attuali: si pensi, ad esempio, a un certo panico derivato dagli studi degli ecologi e dei futurologi sulla demografia, che a volte esagerano il pericolo dell’incremento demografico per la qualità della vita.

Ma la Chiesa fermamente crede che la vita umana, anche se debole e sofferente, è sempre uno splendido dono del Dio della bontà. Contro il pessimismo e l’egoismo, che oscurano il mondo, la Chiesa sta dalla parte della vita: e in ciascuna vita umana sa scoprire lo splendore di quel «Sì», di quell’«Amen», che è Cristo stesso (cfr. 2Cor 1,19; Ap 3,14). Al «no» che invade ed affligge il mondo, contrappone questo vivente «Sì», difendendo in tal modo l’uomo e il mondo da quanti insidiano e mortificano la vita.
La Chiesa è chiamata a manifestare nuovamente a tutti, con un più chiaro e fermo convincimento, la sua volontà di promuovere con ogni mezzo e di difendere contro ogni insidia la vita umana, in qualsiasi condizione e stadio di sviluppo si trovi.

Per questo la Chiesa condanna come grave offesa della dignità umana e della giustizia tutte quelle attività dei governi o di altre autorità pubbliche, che tentano di limitare in qualsiasi modo la libertà dei coniugi nel decidere dei figli. Di conseguenza qualsiasi violenza esercitata da tali autorità in favore della contraccezione e persino della sterilizzazione e dell’aborto procurato e del tutto da condannare e da respingere con forza. Allo stesso modo è da esecrare come gravemente ingiusto il fatto che nelle relazioni internazionali l’aiuto economico concesso per la promozione dei popoli venga condizionato a programmi di contraccezione, sterilizzazione e aborto procurato (cfr. Messaggio del VI Sinodo dei Vescovi alle Famiglie cristiane nel mondo contemporaneo, 5 [24 Ottobre 1980]).
31. La Chiesa è certamente consapevole anche dei molteplici e complessi problemi, che oggi in molti Paesi coinvolgono i coniugi nel loro compito di trasmettere responsabilmente la vita. Riconosce pure il grave problema dell’incremento demografico, come si configura in varie parti del mondo, con le implicazioni morali che esso comporta.
Essa ritiene, tuttavia, che una approfondita considerazione di tutti gli aspetti di tali problemi offra una nuova e più forte conferma dell’importanza della dottrina autentica circa la regolazione della natalità, riproposta nel Concilio Vaticano II e nell’enciclica «Humanae Vitae».

Per questo, insieme con i Padri del Sinodo, sento il dovere di rivolgere un pressante invito ai teologi, affinché, unendo le loro forze per collaborare col Magistero gerarchico, si impegnino a porre sempre meglio in luce i fondamenti biblici, le motivazioni etiche e le ragioni personalistiche di questa dottrina. Sarà così possibile, nel contesto di un’esposizione organica, rendere la dottrina della Chiesa su questo importante capitolo veramente accessibile a tutti gli uomini di buona volontà, favorendone la comprensione ogni giorno più luminosa e profonda in tal modo il progetto divino potrà essere sempre più pienamente attuato per la salvezza dell’uomo e per la gloria del Creatore.
A questo riguardo, il concorde impegno dei teologi, ispirato da convinta adesione al Magistero, che è l’unica guida autentica del Popolo di Dio, presenta particolare urgenza anche in ragione dell’intimo legame che esiste tra la dottrina cattolica su questo punto e la visione dell’uomo che la Chiesa propone: dubbi o errori nel campo matrimoniale o familiare comportano un grave oscurarsi della verità integrale sull’uomo in una situazione culturale già così spesso confusa e contraddittoria. Il contributo di illuminazione e di approfondimento, che i teologi sono chiamati ad offrire in adempimento del loro compito specifico, ha un valore incomparabile e rappresenta un servizio singolare, altamente meritorio, alla famiglia e all’umanità.

32. Nel contesto di una cultura che gravemente deforma o addirittura smarrisce il vero significato della sessualità umana, perché la sradica dal suo essenziale riferimento alla persona, la Chiesa sente più urgente e insostituibile la sua missione di presentare la sessualità come valore e compito di tutta la persona creata, maschio e femmina, ad immagine di Dio.
In questa prospettiva il Concilio Vaticano II ha chiaramente affermato che «quando si tratta di comporre l’amore coniugale con la trasmissione responsabile della vita, il carattere morale del comportamento non dipende solo dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va determinato da criteri oggettivi, che hanno il loro fondamento nella natura stessa della persona umana e dei suoi atti e sono destinati a mantenere in un contesto di vero amore l’integro senso della mutua donazione e della procreazione umana; e tutto ciò non sarà possibile se non venga coltivata con sincero animo la virtù della castità coniugale» («Gaudium et Spes», 51).
E’ proprio movendo dalla «visione integrale dell’uomo e della sua vocazione, non solo naturale e terrena, ma anche soprannaturale ed eterna» (Paolo PP. VI, «Humanae Vitae», 7), che Paolo VI ha affermato che la dottrina della Chiesa «è fondata sulla connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l’uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell’atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo» (Ibid. 12). Ed ha concluso ribadendo che è da escludere come intrinsecamente disonesta «ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di rendere impossibile la procreazione» (Ibid. 14).

Quando i coniugi, mediante il ricorso alla contraccezione, scindono questi due significati che Dio Creatore ha inscritti nell’essere dell’uomo e della donna e nel dinamismo della loro comunione sessuale, si comportano come «arbitri» del disegno divino e «manipolano» e avviliscono la sessualità umana, e con essa la persona propria e del coniuge, alterandone il valore di donazione «totale». Così, al linguaggio nativo che esprime la reciproca donazione totale dei coniugi, la contraccezione oppone un linguaggio oggettivamente contraddittorio, quello cioè del non donarsi all’altro in totalità: ne deriva, non soltanto il positivo rifiuto all’apertura alla vita, ma anche una falsificazione dell’interiore verità dell’amore coniugale, chiamato a donarsi in totalità personale.
Quando invece i coniugi, mediante il ricorso a periodi di infecondità, rispettano la connessione inscindibile dei significati unitivo e procreativo della sessualità umana, si comportano come «ministri» del disegno di Dio ed «usufruiscono» della sessualità secondo l’originario dinamismo della donazione «totale», senza manipolazioni ed alterazioni (Ibid 13).

Alla luce della stessa esperienza di tante coppie di sposi e dei dati delle diverse scienze umane, la riflessione teologica può cogliere ed è chiamata ad approfondire la differenza antropologica e al tempo stesso morale, che esiste tra la contraccezione e il ricorso ai ritmi temporali: si tratta di una differenza assai più vasta e profonda di quanto abitualmente non si pensi e che coinvolge in ultima analisi due concezioni della persona e della sessualità umana tra loro irriducibili. La scelta dei ritmi naturali comporta l’accettazione del tempo della persona, cioè della donna, e con ciò l’accettazione anche del dialogo, del rispetto reciproco, della comune responsabilità, del dominio di sé. Accogliere poi il tempo e il dialogo significa riconoscere il carattere insieme spirituale e corporeo della comunione coniugale, come pure vivere l’amore personale nella sua esigenza di fedeltà. In questo contesto la coppia fa l’esperienza che la comunione coniugale viene arricchita di quei valori di tenerezza e di affettività, i quali costituiscono l’anima profonda della sessualità umana, anche nella sua dimensione fisica. In tal modo la sessualità viene rispettata e promossa nella sua dimensione veramente e pienamente umana, non mai invece «usata» come un «oggetto» che, dissolvendo l’unità personale di anima e corpo, colpisce la stessa creazione di Dio nell’intreccio più intimo tra natura e persona.

33. Anche nel campo della morale coniugale la Chiesa è ed agisce come Maestra e Madre.
Come Maestra, essa non si stanca di proclamare la norma morale che deve guidare la trasmissione responsabile della vita. Di tale norma la Chiesa non è affatto né l’autrice né l’arbitra. In obbedienza alla verità, che è Cristo, la cui immagine si riflette nella natura e nella dignità della persona umana, la Chiesa interpreta la norma morale e la propone a tutti gli uomini di buona volontà, senza nasconderne le esigenze di radicalità e di perfezione.
Come Madre, la Chiesa si fa vicina alle molte coppie di sposi che si trovano in difficoltà su questo importante punto della vita morale: conosce bene la loro situazione, spesso molto ardua e a volte veramente tormentata da difficoltà di ogni genere, non solo individuali ma anche sociali; sa che tanti coniugi incontrano difficoltà non solo per la realizzazione concreta, ma anche per la stessa comprensione dei valori insiti nella norma morale.
Ma è la stessa ed unica Chiesa ad essere insieme Maestra e Madre. Per questo la Chiesa non cessa mai di invitare e di incoraggiare, perché le eventuali difficoltà coniugali siano risolte senza mai falsificare e compromettere la verità: è infatti convinta che non può esserci vera contraddizione tra la legge divina del trasmettere la vita e quella di favorire l’autentico amore coniugale (cfr. «Gaudium et Spes», 51). Per questo, la pedagogia concreta della Chiesa deve sempre essere connessa e non mai separata dalla sua dottrina. Ripeto, pertanto, con la medesima persuasione del mio predecessore: «Non sminuire in nulla la salutare dottrina di Cristo è eminente forma di carità verso le anime» (Paolo PP. VI «Humanae Vitae», 29).

D’altra parte l’autentica pedagogia ecclesiale rivela il suo realismo e la sua sapienza solo sviluppando un impegno tenace e coraggioso nel creare e sostenere tutte quelle condizioni umane – psicologiche, morali e spirituali – che sono indispensabili per comprendere e vivere il valore e la norma morale.
Non c’è dubbio che tra queste condizioni si debbano annoverare la costanza e la pazienza, l’umiltà e la fortezza d’animo, la filiale fiducia in Dio e nella sua grazia, il ricorso frequente alla preghiera e ai sacramenti dell’Eucaristia e della riconciliazione (cfr. ibid. 25). Così corroborati, i coniugi cristiani potranno mantenere viva la coscienza del singolare influsso che la grazia del sacramento del matrimonio esercita su tutte le realtà della vita coniugale, e quindi anche sulla loro sessualità: il dono dello Spirito, accolto e corrisposto dai coniugi, li aiuta a vivere la sessualità umana secondo il piano di Dio e come segno dell’amore unitivo e fecondo di Cristo per la sua Chiesa.
Ma tra le condizioni necessarie rientra anche la conoscenza della corporeità e dei suoi ritmi di fertilità. In tal senso bisogna far di tutto perché una simile conoscenza sia resa accessibile a tutti i coniugi, e prima ancora alle persone giovani, mediante un’informazione ed una educazione chiare, tempestive e serie, ad opera di coppie, di medici e di esperti. La conoscenza poi deve sfociare nell’educazione all’autocontrollo: di qui l’assoluta necessità della virtù della castità e della permanente educazione ad essa. Secondo la visione cristiana, la castità non significa affatto né rifiuto né disistima della sessualità umana: significa piuttosto energia spirituale, che sa difendere l’amore dai pericoli dell’egoismo e dell’aggressività e sa promuoverlo verso la sua piena realizzazione.

Paolo VI, con profondo intuito di sapienza e di amore, altro non ha fatto che dare voce all’esperienza di tante coppie di sposi quando ha scritto nella sua enciclica: «il dominio dell’istinto mediante la ragione e la libera volontà, impone indubbiamente una ascesi, affinché le manifestazioni affettive della vita coniugale siano secondo il retto ordine e in particolare per l’osservanza della continenza periodica. Ma questa disciplina, propria della purezza degli sposi, ben lungi dal nuocere all’amore coniugale, gli conferisce invece un più alto valore umano. Esige un continuo sforzo, ma grazie al suo benefico influsso i coniugi sviluppano integralmente la loro personalità arricchendosi di valori spirituali: essa apporta alla vita familiare frutti di serenità e di pace e agevola la soluzione di altri problemi; favorisce l’attenzione verso l’altro coniuge, aiuta gli sposi a bandire l’egoismo, nemico del vero amore, ed approfondisce il loro senso di responsabilità nel compimento dei loro doveri. I genitori acquistano con essa la capacità di un influsso più profondo ed efficace per l’educazione dei figli» («Humanae Vitae», 21).
34. E’ sempre di grande importanza possedere una retta concezione dell’ordine morale, dei suoi valori e delle sue norme: l’importanza cresce, quando più numerose e gravi si fanno le difficoltà a rispettarli.
Proprio perché rivela e propone il disegno di Dio Creatore, l’ordine morale non può essere qualcosa di mortificante per l’uomo e di impersonale; al contrario, rispondendo alle esigenze più profonde dell’uomo creato da Dio, si pone al servizio della sua piena umanità, con l’amore delicato e vincolante con cui Dio stesso ispira, sostiene e guida ogni creatura verso la sua felicità.
Ma l’uomo, chiamato a vivere responsabilmente il disegno sapiente e amoroso di Dio, è un essere storico, che si costruisce giorno per giorno, con le sue numerose libere scelte: per questo egli conosce ama e compie il bene morale secondo tappe di crescita.

Anche i coniugi, nell’ambito della loro vita morale, sono chiamati ad un incessante cammino, sostenuti dal desiderio sincero e operoso di conoscere sempre meglio i valori che la legge divina custodisce e promuove, e dalla volontà retta e generosa di incarnarli nelle loro scelte concrete. Essi, tuttavia, non possono guardare alla legge solo come ad un puro ideale da raggiungere in futuro, ma debbono considerarla come un comando di Cristo Signore a superare con impegno le difficoltà. «Perciò la cosiddetta “legge della gradualità”, o cammino graduale, non può identificarsi con la “gradualità della legge”, come se ci fossero vari gradi e varie forme di precetto nella legge divina per uomini e situazioni diverse. Tutti i coniugi, secondo il disegno divino, sono chiamati alla santità nel matrimonio e questa alta vocazione si realizza in quanto la persona umana è in grado di rispondere al comando divino con animo sereno, confidando nella grazia divina e nella propria volontà» (Giovanni Paolo PP. II, Omelia per la conclusione del VI Sinodo dei Vescovi, 8 [25 Ottobre 1980]: ASS 72 [1980] 1083). In questa stessa linea, rientra nella pedagogia della Chiesa che i coniugi anzitutto riconoscano chiaramente la dottrina della «Humanae Vitae» come normativa per l’esercizio della loro sessualità, e sinceramente si impegnino a porre le condizioni necessarie per osservare questa norma.

Questa pedagogia, come ha rilevato il Sinodo, comprende tutta la vita coniugale. Per questo il compito di trasmettere la vita deve essere integrato nella missione globale dell’intera vita cristiana, la quale senza la croce non può giungere alla risurrezione. In simile contesto si comprende come non si possa togliere il sacrificio dalla vita familiare, anzi si debba accettare di cuore, perché l’amore coniugale si approfondisca e diventi fonte di intima gioia.
Questo comune cammino esige riflessione, informazione, idonea educazione dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici, che sono impegnati nella pastorale familiare: tutti costoro potranno aiutare i coniugi nel loro itinerario umano e spirituale, che comporta la coscienza del peccato, il sincero impegno di osservare la legge morale, il ministero della riconciliazione. E’ pure da tenere presente come nell’intimità coniugale siano implicate le volontà di due persone, chiamate però ad una armonia di mentalità e di comportamento: ciò esige non poca pazienza, simpatia e tempo. Di singolare importanza in questo campo è l’unità dei giudizi morali e pastorali dei sacerdoti: tale unità dev’essere accuratamente ricercata ed assicurata, perché i fedeli non abbiano a soffrire ansietà di coscienza (cfr. Paolo PP. VI «Humanae Vitae», 28).
Il cammino dei coniugi sarà dunque facilitato se, nella stima della dottrina della Chiesa e nella fiducia verso la grazia di Cristo, aiutati ed accompagnati dai pastori d’anime e dall’intera comunità ecclesiale, essi sapranno scoprire e sperimentare il valore di liberazione e di promozione dell’amore autentico, che il Vangelo offre ed il comandamento del Signore propone.
35. Di fronte al problema di un’onesta regolazione della natalità, la comunità ecclesiale, nel tempo presente, deve assumersi il compito di suscitare convinzioni e di offrire aiuti concreti per quanti vogliono vivere la paternità e la maternità in modo veramente responsabile.

In questo campo, mentre si compiace dei risultati raggiunti dalle ricerche scientifiche per una conoscenza più precisa dei ritmi di fertilità femminile e stimola una più decisiva ed ampia estensione di tali studi, la Chiesa non può non sollecitare con rinnovato vigore la responsabilità di quanti – medici, esperti, consulenti coniugali, educatori, coppie – possono aiutare effettivamente i coniugi a vivere il loro amore nel rispetto della struttura e delle finalità dell’atto coniugale che lo esprime. Ciò significa un impegno più vasto, decisivo e sistematico per far conoscere, stimare e applicare i metodi naturali di regolazione della fertilità (cfr. Giovanni Paolo PP. II, Discorso ai Delegati del «Centre de Liaison des Equipes de Recherche», 9 [3 Novembre 1979]: «Insegnamenti di Giovanni Paolo II», II 2 [1979] 1035; cfr. anche Discorso ai Partecipanti al primo Congresso per la Famiglia d’Africa e d’Europa (15 Gennaio 1981): «L’Osservatore Romano» (16 Gennaio 1981).

Una preziosa testimonianza può e deve essere data da quegli sposi che, mediante l’impegno comune della continenza periodica, sono giunti ad una più matura responsabilità personale di fronte all’amore ed alla vita. Come scriveva Paolo VI, «ad essi il Signore affida il compito di rendere visibile agli uomini la santità e la soavità della legge che unisce l’amore vicendevole degli sposi con la loro cooperazione all’amore di Dio autore della vita umana» («Humanae Vitae», 25).

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