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Festa di tutti i santi (2)

Il culto dei Santi e delle sante immagini - Omelia

Autore: Santo Curato d'Ars

Quando il santo re Davide contemplava il cielo, la terra e tutto ciò che racchiudono, gridava con dei trasporti di ammirazione: «Oh! com’è ammirabile Dio nelle sue opere!» (Salmo 8,2).
Ma quando considerava ciò che Dio ha fatto per l’uomo, il capolavoro della sua potenza, della sua saggezza e della sua misericordia, gridava: «Oh! com’è buono il Dio d’Israele!».

Sì, fratelli miei, Dio è così buono con gli uomini, che ha donato suo Figlio per salvarci, ed ha riprodotto nei santi, tutte le virtù che Gesù Cristo ha praticato durante la sua vita.
I santi sono come tanti piccoli specchi nei quali Gesù Cristo si contempla.

Nei suoi apostoli, Egli contempla il suo zelo e il suo amore per la salvezza delle anime; nei martiri, contempla la sua pazienza, le sue sofferenze e la sua morte dolorosa; nei solitari, Egli vede la sua vita oscura e nascosta; nelle vergini, ammira la sua purezza senza macchia, e in tutti i santi la sua carità senza limiti.
In tal modo, fratelli miei, ammirando le virtù dei santi, noi non facciamo altro che ammirare le virtù di Gesù Cristo, virtù delle quali ci ha dato Egli stesso l’esempio durante la sua vita mortale.

Quale felicità per noi, fratelli miei, avere davanti agli occhi dei modelli e dei protettori nella persona dei santi del cielo!
Essi sono sempre pronti a venire in nostro soccorso quando li invochiamo; ma per meritare questa felicità noi dobbiamo:
1°- avere una grande fiducia in loro;
2°- rispettare ciò che appartiene a loro, ben convinti che l’onore che rendiamo ad essi è tutto riferito a Dio.

Il culto che rendiamo a Dio è molto diverso da quello che rendiamo ai santi; è un culto di adorazione, di dipendenza; noi onoriamo il buon Dio con la fede, con la speranza, e con la carità.
Onoriamo Dio per mezzo di un profondo abbassamento della nostra anima davanti alla sua Maestà suprema, come nostro Creatore e nostro ultimo fine; mentre il culto che rendiamo ai santi, è un sentimento di rispetto e di venerazione per le grazie che il buon Dio ha fatto loro, per le virtù che hanno praticato, e per la gloria di cui Dio li ha coronati nel cielo.
Ci raccomandiamo alle loro preghiere, perchè Dio ha donato loro un grande potere presso di Lui.
Quando onoriamo i santi, non facciamo altro che adorare Gesù Crsto, e cioè ringraziamo il buon Dio per le grazie che ha donato loro durante la loro vita, e che fa loro per tutta l’eternità; noi li riconosciamo come amici di Dio e come nostri protettori.
Possiamo dire che è per i santi che Dio ha fatto tutto ciò che ha fatto.
E’ per essi che Egli ha creato il mondo, che lo governa e lo conserva; è per essi che ha sacrificato la sua vita, morendo sulla croce; è per essi che ha operato tanti miracoli; è per essi che ha istituito questa bella religione, per mezzo della quale ci prodiga tante grazie.

Ma per meglio comprendere l’amore che Dio nutre per essi, vediamo il grado di gloria e di onore che ha donato loro nel cielo.
Gesù Cristo li associa alla compagnia degli angeli, li sceglie come suoi figli, come suoi fratelli e amici, li stabilisce come eredi del suo Regno eterno, li affranca dalla schiavitù del demonio, li purifica da tutte le loro sozzure, nel suo Sangue adorabile, li arricchisce della sua grazia e li adorna di gloria.

Ecco, fratelli miei, perchè dobbiamo essere rapiti di ammirazione, vedendo il grado di gloria a cui Gesù Cristo li eleva.
Consoliamoci pertanto, noi siamo destinati alla stessa felicità, se vorremo imitare ciò che essi hanno fatto sulla terra.
Il buon Dio vuole salvare anche noi; Egli ci ama come ama i santi.
Essi hanno sofferto per qualche tempo, è vero, ma adesso tutto è finito per loro; sono stati calunniati, umiliati, messi in prigione, si sono privati dei piaceri, hanno rinunciato alla loro volontà, sono morti a se stessi; gli uni hanno trascorso la loro vita nei deserti, altri nei monasteri; ma, ancora una volta, che cos’è tutto questo in confronto alla felicità e alla gloria di cui godono nel cielo?

Quello che è per noi una grazia molto preziosa, è che Dio ha voluto che essi fossero i nostri protettori e i nostri amici.
San Bernardo ci dice che il culto che rendiamo loro, è meno glorioso per loro che vantaggioso per noi, e che possiamo invocarli con una grande confidenza, perchè essi sanno come siamo esposti a perderci sulla terra, ricordandosi dei pericoli che essi stessi hanno corso durante la loro vita.
Per avere la fortuna di meritare la loro protezione, dobbiamo ringraziare il buon Dio delle grazie che ha fatto loro durante la vita, e sforzarci di praticare le loro virtù.
Dobbiamo onorare i patriarchi e i profeti, nella loro semplicità e nel loro amore ardente per Dio; gli apostoli, imitando il loro zelo per la gloria di Dio e la salvezza delle anime; dobbiamo onorare i martiri, imitando la loro pazienza nelle sofferenze; dobbiamo onorare le vergini, imitando la loro purezza così gradita a Dio; dobbiamo fare tutto ciò che possiamo per meritare le loro amicizia e la loro protezione.

Noi vediamo che un gran numero di peccatori si sono convertiti, per il legame che avevano con i santi.
Guardate quel giovane che san Giovanni affidò al vescovo… senza di lui si sarebbe perduto, con ogni probabilità.
Guardate il cambiamento che fece sant’Agostino, per il legame che ebbe con sant’Ambrogio.
Guardate anche come santa Maria, nipote di sant’Abramo, fosse fortunata ad avere per amico uno zio così santo!…(si tratta di esempi desunti dalla vita dei padri del deserto o da altre fonti; n.d.a.).

Come siamo fortunati ad avere per amici dei santi che ci amano, che sperano di salvare le nostre anime, che si fanno un dovere di farci conoscere le nostre colpe, per avere la fortuna di correggercene.
Eccovi un esempio ammirevole.

Una giovane, di nome Apollina, frequentava un giovane, senza sapere il pericolo a cui si esponeva.
Una pia compagna, che voleva riportarla a Dio, andò un giorno ad avvertirla con carità del male che faceva con le sue maniere troppo disinvolte con quel giovane: «Credimi, amica mia, le disse, essendo più anziana di te, conosco meglio la tua fragilità. Negli intrattenimenti e nella familiarità con persone di altro sesso, il demonio ci guadagna sempre, molto più di quello che si possa immaginare; non si esce mai da questo genere di compagnie, senza che ciò lasci nella nostra anima certe impressioni pericolose; il pudore, a poco a poco, si affievolisce, e dal momento in cui questa virtù si sia indebolita in una ragazza, ella perde ben presto il timore di Dio.
Il gusto per la virtù non si fa più sentire, tutto ciò che la religione aveva di dolce e di consolante per noi, diviene fastidioso e penoso.
I sacramenti non hanno più nessuna attrattiva, e, se li riceviamo, lo facciamo senza frutto, e qualche volta perfino con sacrilegio».
Apollina si mostrò dapprima insensibile a questi discorsi, ma poi, toccata dalla grazia di Dio, prese la decisione di andare a consultare il suo confessore.
Costui espose alla giovane tutto il male che aveva fatto, e il danno che aveva corso.
«Hai fatto un male peggiore di quanto immagini, le disse il confessore.
L’amicizia di questo giovane verso di te, e quella che tu hai avuto verso di lui, ti è risultata più funesta che se ti avessero immerso un pugnale nel cuore; così, almeno, avresti perso solo la vita del corpo, mentre questa amicizia ti ha fatto perdere la vita della tua anima, che è costata tante sofferenze a Gesù Cristo!
E’ tempo ormai che tu ti ritragga da questo abisso nel quale sei precipitata».
Apollina, toccata dal rammarico per aver offeso Dio, si effuse in lacrime, ringraziò la sua amica per gli avvertimenti caritatevoli che le aveva dato, e le chiese perdono per lo scandalo.
Ella trascorse tutto il resto della sua vita nel pentimento e nella penitenza.

Vedete, fratelli miei, come, se questa giovane non avesse avuto la fortuna di avere per amica una santa compagna, forse non avrebbe mai aperto gli occhi sul suo stato, tanto era accecata!
Ma se i santi che sono sulla terra sono già così caritatevoli, quale carità non dovranno avere quelli del cielo, dove questa virtù è perfetta?.

Io dico che noi dobbiamo invocare i santi con una grande fiducia; queste invocazioni sono una specie di comunione che unisce i fedeli sulla terra e i santi che regnano in cielo.
Il santo Concilio di Trento ci dice che con la preghiera, noi facciamo un santo commercio con il cielo.
Noi, che siamo sulla terra, dobbiamo invocare i santi in una maniera supplichevole, affinchè essi impieghino il loro potere presso Dio, e ci ottengano tutte le grazie che ci sono necessarie per vivere santamente sulla terra.
I santi, nel cielo, regnano con Gesù Cristo, e gli offrono le nostre preghiere, quando facciamo ricorso a loro.
Vedete dunque, fratelli miei, che noi abbiamo la fortuna di fare un santo commercio con il cielo, sebbene siamo ancora sulla terra.

Sì! amiamo i santi e così meriteremo la loro protezione.
Essi ci amano ancora di più di quanto noi possiamo amare loro; la carità dei santi è molto più perfetta in cielo, di quella che noi possiamo avere sulla terra.

San Cipriano ci dice che i santi trovano la loro felicità nel pregare per noi e nell’aiutarci a salvarci, poichè, ormai sicuri della loro gloria, si ricordano come anch’essi abbiano corso dei rischi, durante la loro vita.
Essi hanno ricevuto da Gesù Cristo un pieno potere; perciò chiediamo loro tutto ciò che vogliamo.
Siamone ben certi: i santi che noi invochiamo hanno senza sosta gli occhi su di noi. Ne abbiamo un bell’esempio nella vita di san Luigi Gonzaga.

Un giovane, di nome Wolfang, divenuto cieco, aveva recuperato la vista per intercessione di san Luigi Gonzaga.
Egli volle andare a Roma per visitare il suo sepolcro e, passando per un luogo deserto, fu attaccato da alcuni uomini che lo spogliarono di tutto ciò che aveva, e che stavano per togliergli la vita.
Il pellegrino, prima di entrare in quel posto tutto coperto di boschi, aveva invocato il soccorso di san Luigi Gonzaga, suo santo prediletto; allora udì una voce che gli disse: «Stai tranquillo, non temere nulla».
Vedendo poi che lo stavano maltrattando, fece ricorso al suo protettore.
Subito sentì una voce che gli disse di non temere, e che non gli sarebbe stato fatto alcun male.
Nello stesso momento apparve un giovane, con la veste ecclesiastica, che gli disse: «Amico mio, hai bisogno di qualcosa?… dove stai andando?».
«Vado a Roma, rispose Wolfang, vado a venerare i resti di san Luigi Gonzaga, che mi ha fatto recuperare la vista».
«Anch’io vado a Roma, disse lo sconosciuto».
Poi, voltandosi verso i malfattori, con una sola parola li mise in fuga.
Wolfang non dubitò più che quello sconosciuto fosse un inviato del cielo, e non osò domandargli se fosse un angelo, o lo stesso san Luigi Gonzaga.
Si rimisero in cammino. Arrivati a Firenze, Wolfang vide entrare nell’appartamento dove riposava, un personaggio di un aspetto estremamente bello che si mise a cantare.
Il nostro pellegrino fu così rapito, che avrebbe volentieri passato la notte senza dormire.
La visione scomparve subito dopo, ma lasciandogli un cuore arso di amore per Dio.
Giunti a Roma, l’inviato celeste condusse Wolfang alla tomba di san Luigi Gonzaga, poi si separò da lui, promettendogli altri servizi per l’avvenire.
Di ritorno al suo paese, egli raccontò le grazie che aveva ricevute per la protezione di san Luigi, per ispirare una tenera devozione verso questo buon santo.

Vedete, fratelli miei, come i santi sono attenti a soccorrerci, quando abbiamo la fortuna di fare ricorso a loro con una grande fiducia?

Noi diciamo che non soltanto dobbiamo avere una grande devozione verso i santi, perchè essi hanno la fortuna di essere amici di Dio, e di godere per sempre della sua santa Presenza, ma anche, che dobbiamo avere un grande rispetto per tutto ciò che è appartenuto loro.

La Chiesa ha sempre onorato molto le reliquie dei santi, perchè esse sono le membra vive di Gesù Cristo, i templi dello Spirito Santo, gli strumenti di tutte le buone opere che Dio ha operato attraverso di loro, durante la loro vita e dopo la loro morte: questo ci consola grandemente, e ravviva la nostra fede circa la risurrezione e la ricompensa dell’altra vita.

Sì, fratelli miei, c’è un’altra vita più felice di questa, e che ci è riservata, se saremo così fortunati da imitare i santi che sono vissuti prima di noi.
Quanti miracoli Dio non ha fatto, per mezzo delle reliquie dei santi?
Quanti morti risuscitati, quanti malati guariti!
Guardate gli apostoli: la loro sola ombra guariva i malati (Atti 5,15).
I vestiti che avevano toccato il corpo di san Paolo, guarivano gli zoppi, rendevano la vista ai ciechi e la salute ai malati (Atti 19,12).
Guardate la croce di Gesù Cristo, la più preziosa delle reliquie; quando la si fece toccare a un morto, costiu si levò come se non avesse fatto altro che dormire.

Si racconta nella storia che il buon Dio rivelò a un santo religioso, il posto in cui si trovava la testa di san Giovanni Battista.
Il religioso la trovò, di fatti, e passando per un luogo in cui si era svolta una battaglia, i morti si levarono, come se avessero solo dormito.
Perciò, dobbiamo ritenerci fortunati a possedere delle cose che siano appartenute ai santi.
Oh! fratelli miei, noi che abbiamo tante reliquie, quante grazie riceveremmo, se avessimo la fortuna di pregarle, di domandare ciò che ci è necessario per salvarci!
Quale fede, quale amore sentiremmo dentro di noi (sappiamo che il curato aveva molta cura nel collezionare reliquie di santi, nella sua chiesetta di Ars; si può anche sorridere di certe devozioni, ma quelli che lo fanno, sono gli stessi che poi credono ciecamente a certe ridicole superstizioni da idioti; n.d.a.).

Dobbiamo avere anche un grande rispetto per tutto ciò che li rappresenta.
Il santo Concilio di Trento vuole che abbiamo una grande venerazione per tutte le immagini che ci ricordano i santi; eccovene la ragione.
Queste immagini ci istruiscono, esse ci ricordano i misteri della nostra santa religione; alle volte basta la vista di un’immagine per toccarci e farci convertire; come prova di ciò, vi racconterò un episodio straordinario.

Un giovane, di nome Dositeo, fu molto presto affidato a un gran signore, per essere educato tra i paggi della sua corte.
Avendo sentito parlare dei luoghi santi, si recò a Gerusalemme, sperando di ottenere qualche grazia.
Passando dal Getsemani, vide un quadro in cui era rappresentato l’inferno, con i tormenti che i demoni fanno sopportare ai dannati.
Colto da timore, si fermò. Poichè cercava il significato di ciò che aveva sotto gli occhi, domandò a una venerabile dama, che sembrava essere la santa Vergine, chi fossero quei disgraziati che si facevano tanto soffrire.
Ella gli rispose che erano i riprovati, che il buon Dio puniva per non avere voluto osservare i suoi comandamenti, e per avere trascurato di salvarsi.
Il giovane, tutto spaventato, domandò che cosa si dovesse fare per salvarsi, e per non appartenere al numero di quei disgraziati.
«Mortificati, disse quella, prega e digiuna», e all’istante scomparve.
Il giovane Dositeo, da quel momento, abbracciò la penitenza, e trascorse da allora in avanti gran parte del tempo a pregare.
Un giovane signore che lo aveva accompagnato nel suo viaggio, sorpreso per il suo cambiamento, gli disse che una vita di preghiera e di mortificazioni conveniva solo a un solitario, e non a un giovane del suo stato.
Dositeo, pensando che fosse una trappola del demonio, e non volendo resistere al movimento della grazia, domandò segretamente dove ci fossero dei solitari e come vivessero; fu condoto nei famosi monasteri di san Seride, dove l’abate incaricò san Doroteo di esaminarlo.
Dopo un lungo dialogo, Doroteo, credendo di vedere in lui una vera vocazione: «Avanti, amico mio, gli disse abbracciandolo teneramente, il buon Dio che ti dona pensieri così buoni, ti benedirà».
Fu ricevuto, e trascorse il resto della sua vita nelle penitenze e nelle lacrime. Poi morì da santo.

Ebbene! fratelli miei, vdete come la sola vista di quel quadro lo toccò, lo convertì, e lo fece vivere e morire da santo.
Senza quel quadro, forse ora potrebbe essere all’inferno?…

Le immagini ci istruiscono sui misteri della nostra religione, e colpiscono la nostra immaginazione.
Leggiamo nella vita di santa Teresa, che avendo visto un quadro dell’agonia di Gesù Cristo, ne fu così toccata, che cadde quasi morta.
Ella ci pensò per tutta la vita; le sembrava di vedere continuamente Gesù Cristo nella sua agonia al giardino degli ulivi, prossimo a spirare.

D’altronde, il buon Dio, per mostrarci quanto il rispetto che portiamo alle immagini dei santi gli sia gradito, si è servito precisamente di esse per fare una quantità di miracoli.

Si racconta che nella città di Roma, la peste fece un anno di devastazione così tremenda, che sembrava non risparmiare nessuno, malgrado tutte le penitenze e le buone opere che si facevano.
Vedendo che nulla riusciva a fermare quella devastazione, il papa Gregorio ebbe l’idea di far portare in processione un’immagine della santa Vergine, che era stata dipinta, si dice, da san Luca.
Dovunque passasse questa immagine, la peste cessava; e Dio, per mostrare quanto l’onore che si rendeva all’immagine di sua Madre gli fosse gradito, inviò un angelo che fece udire queste parole: «Regina coeli, laetare; alleluia».
Nello stesso tempo la peste cessò dappertutto.
Il rispetto che portiamo alle immagini si relaziona dunque ai santi che esse rappresentano, e l’onore che i santi ricevono si rapporta a Dio.

Si racconta anche che l’imperatore Leone Isaurico, aveva una tale avversione per le sacre immagini, che ordinò di farle bruciare tutte.
San Giovanni Danasceno, allora patriarca di Alesandria, ecc….(il curato interrompe la scrittura rimandando all’omelia sul Natale; n.d.a.).

Questo miracolo vi dimostra come la santa Vergine abbia piacere dell’onore che si rende alle sue sacre immagini; e quest’esempio vi insegna il rispetto che dobbiamo avere per le immagini dei santi; e così non dovete mai permettere che le vostre case non ne abbiano qualcuna, per attirare su di voi la protezione dei santi.

Le immagini sembrano qualche volta mostrarci le cose nella loro realtà, e qualche volta esse ci colpiscono così fortemente, quasi quanto le cose che rappresentano.
Guardate ciò che accadde a Bogoris, re di Bulgaria…(altra interruzione, con rimando all’omelia sull’ultimo Giudizio; n.d.a.).
Guardate anche che cosa accadde a santa Maria Egiziaca: ella ricevette la grazia della conversione, andando a presentarsi davanti a un’immagine della santa Vergine.

E’ ben certo che non dobbiamo riporre la nostra fiducia nelle immagini, come facevano i pagani, con i loro idoli; ma dobbiamo sapere che l’onore che rendiamo ad esse, si rapporta al Signore, di modo che onorando le immagini, non facciamo altro che adorare Gesù Cristo, e onorare i santi che le immagini rappresentano.
Infatti, fratelli miei, basta spesso uno sguardo su di un quadro, per impressionarci e per ricordarci le virtù che essi hanno praticato durante la loro vita.
Ecco, fratelli miei, gettate i vostri sguardi sull’immagine di Gesù Cristo nella sua agonia nel giardino degli ulivi; ce lo rappresenta mentre piange i nostri peccati con lacrime di sangue; potremmo trovare qualcosa di più impressionante, per farci piangere sulla nostra indifferenza?
Quanti peccatori si sono convertiti, contemplando il quadro della flagellazione di Gesù Cristo?
Quale fu la causa delle lacrime di Maddalena nel deserto, se non la croce che l’angelo Gabriele pose davanti alla sua cella?
Cos’è che fece tanto piangere santa Caterina da Siena? non fu forse il fatto che vide Nostro Signore presentarsi a lei, come nel momento della sua flagellazione?
Percorrete con lo sguardo tutti i quadri di questa nostra chiesa, e vedrete che la minima riflessione vi toccherà, e vi ispirerà il felice pensiero di migliorare e di convertirvi; vedrete, nello stesso tempo, quanto siete costati a Gesù Cristo, ciò che Egli ha fatto per la vostra salvezza, e quanto siete disgraziati per non amarlo.
Se guardate il quadro di san Giovanni Battista, subito il vostro spirito si porta nel deserto, dove lo vedete nutrito e servito dagli angeli, e dedito a ogni sorta di penitenze.
Non vi sembra di vederlo, mentre gli tagliano la testa?
Non vi sembra di vedere il carnefice davanti a Erode, pronto a donare quella testa alla figlia impudica?
Se guardate san Lorenzo, non pensate subito ai suoi tormenti? Non credete di sentirgli dire al carnefice: «Girami dall’altra parte, perchè da questa mi sono abbastanza arrostito»?
Guardate san Sisto, il nostro buon patrono; che cosa vi suggerisce il suo quadro?…

Niente, fratelli miei, è più capace di impressionarci e perfino di convertirci, quanto la vista di un quadro, se vogliamo meditare sulle virtù del santo che rappresenta.
E così noi dobbiamo rispettare grandemente tutto ciò che sia capace di ricordarci sia i santi che le loro virtù, ma bisogna onorare molto di più le loro reliquie, quando abbiamo la fortuna di possederle.
Siamo certi che i santi nel cielo ci amano, e che essi desiderano ardentemente che andiamo a raggiungerli.
Essi vogliono che facciamo ricorso alla loro protezione; essi non ci abbandoneranno durante la nostra vita. Sono nostri amici, nostri fratelli: abbiamo perciò verso di loro una grande devozione, affinchè le loro preghiere e i piccoli sforzi che faremo sulla terra, ci procurino un giorno la felicità di andare a unirci a loro per tutta l’eternità.
E’ ciò che vi auguro.

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