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Gesù parla di sé a Maria Cecilia Baij

Estratti dal libro "Vita interna di Gesù Cristo"

Autore: Suor Maria Cecilia Baij

Stando in quel deserto, come ho detto, operando molto con le mie suppliche ed offerte per la salute dei miei fratelli, passando molte ore in orazione per trattare il tutto col Padre mio, seguitai quivi il modo di lodare il Padre, come facevo, mentre stavo in casa con la mia diletta Madre ed all’ore stabilite. Sapeva la mia diletta Madre quando io mi ponevo a cantare le divine lodi, ed ella si univa meco. Mentre stavo lodando il Padre mio, sempre con nuovi cantici, venivano tutti gli animali e tutte le fiere selvagge che in quel deserto abitavano, e con atto umile si ponevano ad udire le lodi del lor Creatore. Ed io allora pregavo il Padre mio a dare ai miei fratelli un simil sentimento, perchè molto più ad essi conviene di stare ad udire le lodi del loro Creatore, avendoli creati ad immagine sua, e data loro l’anima razionale, e capaci di amarlo e servirlo e di goderlo eternamente. Ed io bramavo, che tutti i miei fratelli corressero ad udire quelli che si impiegano in cantare e recitare le divine lodi, che per questo appunto il Padre mio ha fatto che siasi istiuito un sì santo esercizio, ed ha eletto alcuni perchè lo stiano lodando e gli altri l’ascoltino, ed in quel tempo ancor essi diano gloria e lodi al lor Creatore: Vedevo io, come quelle bestie e gli animali tutti stavano con attenzione e silenzio ad udirmi, e poi rivolgevo il pensiero e lo sguardo verso dei miei fratelli, e, vedendoli in ciò sì trascurati e distratti, ne sentivo gran pena. Vedevo, come molti non si sarebbero pigliato alcun pensiero di soddisfare all’obbligo loro, cioè, di stare ad ascoltare le divine lodi, e che piuttosto si sarebbero divertiti in passatempi mondani. E vedevo come molti vi avrebbero assistito sì male, che piuttosto avrebbero provocato a sdegno il mio divin Padre con le loro irriverenze, offendendolo gravemente nel tempo istesso che devono dargli quel culto, che per ogni giustizia gli è dovuto. E vedendo che in questo si sarebbero fatti superare dall’istesse fiere e animali irragionevoli, ne sentivo gran pena, e perciò pregai molto il mio divin Padre ad illuminarli, e dar loro la sua grazia in abbondanza, acciò in questo si portasse ognuno come deve, e riflettesse che Iddio è presente e con modo speciale assiste alle funzioni sacre, alle divine lodi, e tanto sta osservando chi le recita, tanto chi l’ascolta, per premiare o punire quell’opera che, per sua gloria, ha fatto istituir, e per salute e merito di chi le recita come di chi vi assiste. Mi promise per costoro molta grazia il Padre mio, come difatti ad ognuno la comparte. Ma, oh quanti ve ne sono che se ne abusano e non ne fanno conto alcuno, e rigettano i lumi divini, che il Padre con tant’amore loro invia!
Terminato poi che avevo le divine lodi, ordinavo a tutte quelle bestie ed animali che ancor essi, al lor modo, lodassero il lor Creatore, ed ognun di loro, con somma ordinanza, alzata la lor vocé al canto, al lor modo di intendere lodavano il Padre mio. Ed io dicevo, e con ragione: – Ah, mio divin Padre! le bestie più feroci e selvagge, gli animali più foresti obbediscono alla mia voce. Ed è possibile, che solo i miei fratelli, da me tanto amati, da voi tanto beneficati, si rendano sordi e duri alla mia voce, e non vogliano eseguire quel tanto che da me loro sarà ordinato per la vostra gloria e per la loro salute? E pur sarà così! – E tutto afflitto, pregavo il Padre ad usar loro misericordia, a perdonarli ed a non castigarli come meritavano. E per verità il Padre, in questo, si mostrava molto adirato, ed io lo placavo, offerendogli le mie lodi a nome di tutti i miei fratelli. E come vedevo, che ve ne erano molti, che in ciò sarebbero stati pronti e fedeli, gli offerivo anche le lodi di costoro unite con le mie, acciò con questa unione, avessero anche quelle il loro merito appresso unione, avessero anche quelle il loro merito appresso il Padre mio. E di ciò restava il Padre molto soddisfatto. Per questo poi di nuovo il lodavo e ringraziavo, e magnificavo la sua bontà e misericordia.
Unito che fui a quell’umanità, adorai in primo luogo l’eterno mio Padre, e lo ringraziai del beneficio fatto al genere umano in donargli me stesso, suo Figlio Unigenito, per l’umana redenzione. Lo adorai e lo ringraziai a nome di tutte le creature razionali, alle quali io mi dichiarai allora loro fratello; mi protestai, sin da quel momento, che tutto ciò che io avessi operato e patito in ogni istante della mia vita, tutto intendevo di operare e patire per i miei fratelli e supplire con questo al mancamento e negligenza loro.
Dopo questo primo atto di adorazione e ringraziamento, domandai all’eterno mio Padre una grazia particolare per la mia diletta Madre, e fu, che ogni volta che io respiravo, mentre dimoravo nelle di lei viscere, le avesse accresciuto un grado di grazia, e questa fosse per rimunerarle in questa vita il centuplo, mentre quel respiro mi veniva somministrato dall’alito del suo purissimo cuore. Si degnò il Padre in questo di compiacermi, ed insieme farne consapevole la mia diletta Madre, acciò maggiormente si rallegrasse e si compiacesse di dare albergo a me suo Figlio diletto.
Condisceso che fu il Padre mio a compartire questi doni ala mia Madre, io, unito con essa lei, cioè l’anima mia con il suo spirito, gli rendemmo le dovute grazie, ed io gli resi grazie anche da me per parte di mia Madre: perchè, come Dio, di più valore erano i miei ringraziamenti e perciò più graditi dal Padre mio.
Ritrovandomi, sposa carissima, quivi a giacere in terra, avvilito, annichilito, da tutti abbandonato e privo di ogni umano soccorso, mi era di una pena molto grande. Piangevo per tenerezza in vedermi in tanta miseria e povertà, gelato dal freddo ( L’oriente e l’Occidente sono sempre andati d’accordo nel riconoscere che Gesù nacque durante una delle dodici notti sacre, che l’antichità particolarmente venerava dal 25 dicembre al 6 gennaio. Eran vi senza dubbio delle ragioni mistiche per far brillare al mondo la gran luce del Messia, proprio in quell’epoca in cui il sole, arrivato innanzi al segno del Capricorno, si leva al di sopra del punto solstiziale e risale di nuovo verso la primavera per comunicare alla terra una vita nuova; ma la ragione fondamentale fu che, per tempo, la prima generazione cristiana apprese che il Salvatore era nato in una stalla, durante una notte d’inverno. Le ragioni in contrario che si desumono dal gregge che passava la notte in pien’aria, come dice S. Luca, non sono troppo forti. Oggi ancora gli Arabi, dopo le piogge del dicembre, cioè verso la fine del mese, lasciano le loro dimore e discendono nelle pianure coi loro armenti. Baclay, Schwarte, Schiiberi ed altri viaggiatori celebri dichiarano che spesso le settimane dellarne di dicembre sono in Palestina le più belle dell’anno. La terra si riveste di verde; Tobler ci fa sapere che si approfitta di questo tempo per far uscire le pecore dalle stalle e metterle alla pastura nei campi. Sono divenute però le circostanze di povertà e di freddo nella tradizione un commentario naturale del vangelo nella nascità di Gesù, che la Chiesa non poteva dimenticare. – Un’altra difficoltà la desumono dal censo di Cesare Augusto, che dovette essere intrapreso durante la bella stagione. Ma fu già risposto che il popolo romano non aveva l’abitudine di darsi molto pensiero delle comodità dei suoi alleati e tributari. Se l’ordine di Augusto fu promulgato in settembre, dopo la pace dell’impero, il censo non potè farsi che nell’inverno per i paesi lontani da Roma, come la Palestina. – Si trova in S. Ippolito (in Dan. IV.) la più antica testimonianza in favore del 25 dicembre. L’oriente celebrò dapprima la festa della Natività il 6 gennaio, Roma preferì sostituirla alle feste pagane che si celebravano il 24 dicembre in onore della nascita dell’invincibile: Natales Invicti, S. Leone Magno, Serm. 21, 6, e s. Agostino, con. Faust, 20,4. Al V secolo la Chiesa graca ammise la data della Chiesa romana, e da quel tempo la Natività è stata celebrata dovunque il 25 dicembre) , che pure sentivo molto sensibile, quantunque in quell’età; e tutto questo offerivo al Padre mio assieme con le mie lacrime, in soddisfazione dei peccati di tutto il genere umano, ed in particolare delle molte delicatezze con cui trattano i miei fratelli il loro corpo, non potendo soffrire che questo patisca alcuna incomodità o penuria di tutto il necessario non solo, ma anche del superfluo.
Adorato che io ebbi l’eterno mio Padre, dopo che fui uscito dall’utero verginale, gli offrii quelle adorazioni, che tanto erano a Lui grate, ancora per parte dei miei fratelli, in particolare di quelli che, subito nati, non sono capaci di adorarlo per essere privi dell’uso di ragione. Lo ringraziai per parte di tutti, giacchè in quell’età non sono capaci di farlo. Il Padre mio tutto accettò e gradì, e per parte di tutti restò adorato, ringraziato ed onorato in modo tale, che se questi muoiono prima dell’uso di ragione, oppure in quell’istante dopo nati, oppure pervenendo all’età di potere amare, lodare, adorare, ringraziare Dio e non lo fanno per loro negligenza o malizia, nondimeno il Padre mio è restato glorificato con tutti questi atti che io ho fatto per loro, senza eccettuarne neppure un solo. E quella gloria che io gli diedi in quel primo istante della mia natività per tutti essi, benchè questi siano poi a Lui ribelli, nondimeno non con le mie lacrime, in soddisfazione dei peccati di tutto il genere umano, ed in particolare delle molte delicatezze con cui trattano i miei fratelli il loro corpo, non potendo soffrire che questo patisca alcuna incomodità o penuria di tutto il necessario non solo, ma anche del superfluo.
Adorato che io ebbi l’eterno mio Padre, dopo che fui uscito dall’utero verginale, gli offrii quelle adorazioni, che tanto erano a Lui grate, ancora per parte dei miei fratelli, in particolare di quelli che, subito nati, non sono capaci di adorarlo per essere privi dell’uso di ragione. Lo ringraziai per parte di tutti, giacchè in quell’età non sono capaci di farlo. Il Padre mio tutto accettò e gradì, e per parte di tutti restò adorato, ringraziato ed onorato in modo tale, che se questi muoiono prima dell’uso di ragione, oppure in quell’istante dopo nati, oppure pervenendo all’età di potere amare, lodare, adorare, ringraziare Dio e non lo fanno per loro negligenza o malizia, nondimeno il Padre mio è restato glorificato con tutti questi atti che io ho fatto per loro, senza eccettuarne neppure un solo. E quella gloria che io gli diedi in quel primo istante della mia natività per tutti essi, benchè questi siano poi a Lui ribelli, nondimeno non gliela possono più levare.
Ritrovandomi poi così giacente in terra tra tante miserie, piangevo, sposa carissima, inconsolabile, tutti i peccati dei miei fratelli, che’già vedevo essere di tanto disonore e dispregio del Padre mio, e vedevo che sopra di me si dovevano scaricare tutti i flagelli per placare lo sdegno e l’ira paterna, giustamente irritata dalla malizia degli uomini. Dicevo al Padre:
Padre mio amatissimo! ecco questo mio corpo, che già è uscito al suo mondo per dare tutte quelle soddisfazioni alla divina giustizia che vuole sopra di me! Pertanto, scaricate pure i flagelli della vostra ira e sdegno, che portate al peccatore, sopra di me! Eccomi pronto a darvi tutte quelle soddisfazioni che la vostra giustizia richiede da me, purchè si convertano e vivano i peccatori! Muoia io fra patimenti, purchè essi siano fatti degni di vivere eternamente con Voi in quel regno, che io ora son venuto ad acquistar loro! Passate, o Padre mio, queste mie richieste ed offerte con rescritti di grazia! Fate, che tutte le creature, che hanno buona volontà, si convertano a Voi, e glorifichino in eterno la Vostra misericordia!
Si compiaceva molto il mio divin Padre di queste mie esibizioni e l’accettava con sommo gusto, promettendomi quanto io gli richiedevo.
Arrivata la sera, dopo di essermi trattenuto alquanto con i miei apostoli, a prendere qualche ristoro per conservare l’umanità, la quale era molto abbattuta e necessitosa per le continue fatiche del viaggio e della predicazione, fatte le solite orazioni, come più volte ho detto, mi ritirai in quella notte alla campagna solo, ad orare al Padre mio.
Quella notte la spesi tutta in orare. Supplicai il mio divin Padre per tutti i miei fratelli ed a Lui raccomandai, come Padre di tutti, e desiderai di lasciare ad essi un modo di orare facile ed efficace. Perciò composi l’orazione del Pater noster, consultando il tutto col mio divin Padre. E lo pregai ad esaudire tutti i miei fratelli quando, con fede ed amore, avessero recitata la suddetta orazione, nella quale si contiene tutto ciò che essi possono desiderare. Piacque al divin Padre la suddetta orazione composta da me, suo amato e diletto Figlio, chè in me molto si compiaceva. Vidi l’efficacia che avrebbe avuto la suddetta orazione appresso del Padre, e perciò desiderai di presto insegnarla ai miei discepoli, e, per essi, a tutti i miei fratelli. Vidi ancora in quella notte, tutti quelli che l’avrebbero recitata con fede ed amore, e le molte grazie che costoro, per mezzo di essa avrebbero ottenute, ed il gusto che avrebbero dato al mio divin Padre nel recitarla devotamente ed attentamente, e di ciò molto mi rallegrai e godei molto. Vidi ancora il gran numero di quelli che l’avrebbero strapazzata, recitandola senza amore, con poca fede e senza attenzione, e che costoro non solo avrebbero fatto dispiacere al mio divin Padre, privandolo del gusto che sente, quando è ben recitata, ma ancora privando loro stessi del conseguimento delle grazie che in essa domandano; e di costoro intesi una somma amarezza. Io in quella notte, la recitai al Padre con tutto l’amore, a nome di tutti i miei fratelli, ed il Padre ricevè di ciò un sommo gusto; e gliela offerii in supplemento di tutto il dispiacere che gli avrebbero fatto i miei fratelli, quando la recitano malamente. Ed il Padre restò soddisfatto per la mia offerta di suo sommo compiacimento.
Terminata pertanto la notte, recitate le divine lodi, e rese le dovute grazie al Padre; tornai dai miei apostoli i quali si erano in quella notte riposati. Lodato che ebbi con essi il mio divin Padre, acciò si fosse degnato di illuminarli, per ben capire l’eminenza dell’orazione che io ad essi voleva insegnare. Ed il Padre li illuminò, e loro diede un ardente desiderio di udir presto e ben capire l’orazione che io volevo insegnar loro.
Essendosi pertanto disposti per udire ed imparare la suddetta orazione, la dissi loro, stando io in mezzo di essi, come Maestro loro. In ogni parola che io dicevo del Pater, loro facevo la spiegazione di tutto il contenuto, ed essi mi udivano attentamente, ed il tutto ben capivano, ed inteneriti,
per la consolazione che sentivano in udire la suddetta orazione, dirottamente piangevano, considerando quel tanto, che in detta orazione si conteneva, e si anche per vedere l’amore con cui ad essi l’insegnavo.
Terminato pertanto che io ebbi di insegnar loro la suddetta orazione, con tutte le sue dichiarazioni, la feci recitare a tutti unitamente, genuflessi in terra, alla presenza del Padre mio. E restò impressa tutta nella loro mente. Si compiacque il divin Padre della suddetta orazione, e pregato da me ad esaudirli, apostoli i quali si erano in quella notte riposati. Lodato che ebbi con essi il mio divin Padre, acciò si fosse degnato di illuminarli, per ben capire l’eminenza dell’orazione che io ad essi voleva insegnare. Ed il Padre li illuminò, e loro diede un ardente desiderio di udir presto e ben capire l’orazione che io volevo insegnar loro.
Essendosi pertanto disposti per udire ed imparare la suddetta orazione, la dissi loro, stando io in mezzo di essi, come Maestro loro. In ogni parola che io dicevo del Pater, loro facevo la spiegazione di tutto il contenuto, ed essi mi udivano attentamente, ed il tutto ben capivano, ed inteneriti,
per la consolazione che sentivano in udire la suddetta orazione, dirottamente piangevano, considerando quel tanto, che in detta orazione si conteneva, e si anche per vedere l’amore con cui ad essi l’insegnavo.
Terminato pertanto che io ebbi di insegnar loro la suddetta orazione, con tutte le sue dichiarazioni, la feci recitare a tutti unitamente, genuflessi in terra, alla presenza del Padre mio. E restò impressa tutta nella loro mente. Si compiacque il divin Padre della suddetta orazione, e pregato da me ad esaudirli, prómise di dare ad essi quel tanto che in detta orazione gli avevano domandato. E, nelle persone loro, lo promise anche a tutti i miei fratelli quando ancor essi in tal modo l’avessero recitata.
Terminata l’orazione, e rese le dovute grazie al divin Padre, restarono i miei apostoli confortati e consolati sentendo nel loro interno un’insolita e divina consolazione, e perciò unitamente lodavano il Padre mio e me, loro Maestro, per avergliela insegnata. Ed io di nuovo li istruii, dicendo loro, che ogni volta che essi volevano orare il Padre, recitassero e meditassero la suddetta orazione, e che il Padre li avrebbe esauditi.

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