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Onora il padre e la madre

I Dieci Comandamenti  ovvero: 10 consigli (divini)  per una vita felice - Parte III

Autore: Gianfranco Vanzini

 

Parte precedente : https://smartpray.org/i-10-comandamenti-parte-2-g-vanzini/

 

7)      Onora il padre e la madre

Perché Dio si rivolge ai figli anziché ai genitori? Perché tutti nasciamo figli, poi… cresciamo e potremmo diventare padre e madre. E allora dobbiamo, da subito, imparare ad essere bravi figli onorando e rispettando i genitori

Ho pensato diverse volte al 4° Comandamento: onora il padre e la madre  e perché Dio si rivolge ai figli anziché ai genitori. La risposta che mi sono data è la seguente: perché tutti nasciamo figli, poi…cresciamo e potremmo diventare padre e madre. E allora dobbiamo, da subito, imparare ad essere bravi figli onorando e rispettando i genitori.

Vale la pena ricordare, infatti, che coloro che ci hanno dato la vita sono e resteranno sempre i nostri genitori. Questa condizione è stabile, per sempre, e mai modificabile. E’ un fatto questo sul quale non ci possono essere né fraintendimenti né scambio di ruoli. Il rispetto per i genitori è un doveroso atto di riconoscenza verso coloro che ci hanno dato la vita, e con il loro amore e il loro lavoro, hanno permesso ai figli di crescere in età, in sapienza e in grazia. Sentimenti che si manifestano attraverso la docilità e l’obbedienza ai loro insegnamenti e l’aiuto in caso di necessità.

Il figlio saggio ama la disciplina, lo spavaldo non ascolta il rimprovero.” (Prv 13,1)

Dio, come protegge i figli nella loro debolezza e incapacità iniziali, affidandoli alle cure di due genitori, così protegge i vecchi, spesso diventati altrettanto deboli e incapaci, affidandoli ai figli. Imparando ad essere bravi figli, automaticamente, impareremo ad essere, a nostra volta, bravi genitori. In questo quadro di diritti e di doveri, di servizi ricevuti e resi, di valori appresi e trasmessi, di responsabilità verso Dio e verso il prossimo, ogni cosa è al suo posto e tutto acquista un significato armonico e soddisfacente. Cioè si vive bene… qui… oggi.

Perché tutto questo, nel nostro tempo, avviene così raramente? Perché si sono perse le coordinate di fondo, si è smarrito il fondamento di tutto, ci si è dimenticati di Dio e dei suoi insegnamenti.

Solo per fare un esempio.

Abbiamo trasformato un atto d’amore, dal quale può scaturire una nuova vita, in un banale atto sessuale. Oggi si dice: “Faccio sesso”, come si direbbe: “Faccio sport o vado al cinema”, ma non è la stessa cosa.  L’attività sessuale non è un esercizio fisico, è un attoche coinvolge la persona nel suo complesso, che comprende sentimenti e valori e che richiede una maturità e una  preparazione adeguate. Purtroppo in molti casi la preoccupazione dei genitori e, spesso anche di numerosi educatori, non è quella di insegnare ai figli e ai giovani il giusto usonei tempi e nei modi, della sessualità;  ma è unicamente quella di raccomandare una adeguata protezione.

Come se ad un figlio o figlia, o a un ragazzo, o ragazza,  che chiedono  se va bene mangiare una mela acerba, si dicesse: ”Mangiala pure, ma avvolgila prima in un sacchetto di plastica.” Una  risposa  del tipo: “Ogni frutto ha la sua stagione, aspetta che maturi”, è senz’altro più intelligente  e corretta sia dal  punto di vista umano che da quello morale.

Ultimamente e pericolosamente si sta diffondendo anche una visione distorta della persona umana e delle sue relazioni: la cosiddetta teoria del gender. Cioè l’idea che non nasciamo con una già definita identità sessuale originale (quando non si vuole credere non basta neppure la oggettiva constatazione visiva: maschi e femmine sono diversi dalla nascita) ma l’identità potrà essere definita strada facendo, in età più adulta, in quanto frutto di una libera scelta in base ai propri convincimenti personali e culturali, o alle proprie sensazioni. Sarebbe come pensare – è una semplificazione, ma non lontana dalla realtà, che una macchina costruita per andare a benzina possa, in base alle convinzioni personali del suo proprietario, funzionare bene anche a gasolio.

È  di qualche tempo fa la prassi, introdotta in vari paesi, che all’atto della registrazione della nascita di un figlio/a, all’anagrafe del Comune, il genitore possa indicare come sesso: maschio, femmina, indefinito. Questo perché, così, “l’interessato/a” da grande, potrà scegliere se diventare maschio o femmina o…  non si sa bene che cosa.

Possono esistere, a volte, situazioni personali complesse, in cui vi è una tensione tra la percezione personale della propria identità sessuale e quella biologica, ma affermare che la propria definizione sessuale (cioè essere maschio o femmina) sia oggetto di una libera scelta, è frutto solo di una visione ideologica e distorta della realtà. Se non fossero vere si potrebbe dire che queste sono cose da matti. Purtroppo sono vere!

(Continua)

8)   La vita

Come al solito, Dio attraverso un divieto, ci dà una indicazione: rispetta la vita. Solo Dio, infatti, è il Signore della vita, dal suo inizio alla sua fine

Per aiutarci a mantenere la rotta e per non farci andare fuori strada, Dio ci dà una indicazione molto precisa su un tema fondamentale: la vita.

Usando una espressione del codice della strada, possiamo dire che ci dà un segnale di divieto; con il quinto comandamento ci dice: “Non uccidere”. Il messaggio è chiaro e non lascia spazio a equivoci, fraintendimenti o finzioni. Come al solito, Dio attraverso un divieto, ci dà una indicazione: rispetta la vita. Solo Dio, infatti, è il Signore della vita, dal suo inizio alla sua fine. Nessuno, in nessuna circostanza, può rivendicare a sé il diritto di distruggere volontariamente un essere umano.

E quando Dio dice: “Non uccidere” si riferisce a tutto il genere umano e non fa distinzioni di razza, di età, di genere, di ceto sociale, di condizioni particolari.

     Tutti vuol dire tutti e basta! Il perché è molto semplice: siamo tutti figli di Dio e come tali, siamo tutti fratelli eabbiamo pertanto il dovere di volerci bene, di non odiarci, di non farci del  male  o, peggio ancora, di ucciderci.

Il celebre scienziato Albert Einstein quando un impiegato dell’ufficio immigrazione, al suo arrivo negli Stati Uniti, gli chiese di che razza fosse rispose: “Umana”. E aveva ragione. Come ha ragione San Josemarìa Escrivà quando dice: “Apparteniamo tutti alla razza dei figli di Dio”. Queste semplici considerazioni risolverebbero automaticamente molti dei problemi su cui oggi si discute.

La vita è sacra. Quella di tutti. Ed è quella di tutti che va tutelata e difesa. Non c’è chi ha più diritti e chi meno, chi deve essere protetto e chi no. Siamo tutti uguali in dignità e figliolanza divina. Non si può perciò uccidere direttamente o indirettamente, da soli o con altri, una persona. Come prima e diretta conseguenza, sono vietati anche: l’aborto e l’eutanasia.

Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l’altissima missione di procreare e di proteggere la vita. La vita, una volta concepita va protetta in ogni modo e con ogni cura, e non può essere distrutta a nostro piacimento. Qualsiasi azione diretta a mettere fine alla vita delle persone, in qualsiasi situazione si trovino, è inaccettabile.

Le stesse considerazioni valgono per il suicidio. Noi siamo solo gli amministratori della nostra vita. Non ne siamo i proprietari, siamo tenuti a rispettarla e ad usarla secondo il fine per i quali ci è stata donata, che è quello di amare Dio e amare il nostro prossimo. Togliersi la vita è un atto di profonda sfiducia nella Provvidenza e nella misericordia di Dio ed è una offesa all’amore del prossimo, poiché spezza ingiustamente i legami di solidarietà e di fiducia verso la società familiare e l’intera comunità.  Si potranno considerare le condizioni particolari in cui una persona può trovarsi, tuttavia la gravità del fatto rimane. Dio ci mette in guardia e ci ricorda di non compiere atti dannosi per noi, o per il nostro prossimo, dei quali poi, una volta riconosciuto il male compiuto, proveremo un rimorso forte e duraturo.

Prendiamo, come esempio, il caso dell’aborto che merita una attenzione particolare, non fosse altro per la grande frequenza con la quale viene praticato. Fra i 70 e 80 mila casi ogni anno, solo in Italia. Chiariamo subito un punto che fino a qualche tempo fa sembrava controverso: quando comincia la vita?  Sono ormai tutti concordi nel dire che la vita comincia nel momento in cui lo spermatozoo maschile feconda l’ovulo femminile. In quel momento scocca la scintilla e nasce una nuova vita.

E’ ancora superprotetta nel grembo materno, ma ha già una sua individualità. Per svilupparsi non ha bisogno di alcun altro intervento esterno, il nutrimento che la madre gli passa è sufficiente per crescere e venire alla luce dopo 9 mesi. Dopo il concepimento, sopprimerlo, per qualsiasi motivo e in qualsiasi modo, è sopprimere una vita umana. Non grida e non piange, ma c’è. Una volta si diceva anche: non si vede. Oggi con l’ecografia, non si può più dire. Perché c’è e si vede.

(Continua)

9)  La  guerra

Papa Paolo VI  il 4 ottobre 1965, parlando all’Assemblea dell’Onu, con una affermazione che era, nello stesso tempo, di dolore e di appassionata speranza, diceva: “Mai più gli uni contro gli altri, mai più! Non più la guerra, non più la guerra! La pace deve guidare le sorti dei popoli e dell’intera umanità”.

La volta scorsa ci lasciamo lasciati dicendo che abortire significa: sopprimere una vita umana. È una vita che non grida e non piange, ma c’è. Una volta si diceva anche: non si vede. Oggi con l’ecografia, non si può più dire. Perché c’è e si vede.

L’unica differenza fra sopprimere un feto, anche di pochi giorni e un bambino/a di qualche mese, è solo che quest’ultimo si vede ad occhio nudo mentre  per vedere l’altro occorre fare un’ecografia. Ma sono esseri viventi entrambi e allo stesso modo.  Riflettere di più su questo punto, con meno furore ideologico e complicati ragionamenti, osservare la realtà senza pregiudizi e smascherare i copiosi interessi economici che stanno dietro a questa concezione di “vita disponibile”, sarebbe certamente molto utile per tutti.

Vale la pena ricordare cosa diceva il Dr. Alexis Carrell – Premio Nobel per la medicina -:“Poca osservazione e molto ragionamento conducono all’errore; molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità.”

Ecco, allora, che cosa ci insegna e ci documenta l’osservazione, cioè  l’esperienza quotidiana. Mi limito a dare voce alle tante lettere che mi è capitato di leggere, su giornali e riviste, di giovani donne che in vari modi e in diverse circostanze hanno abortito.

Il messaggio unanime è: “…ho sofferto tanto e soffro ancora” oppure: “…la mia creatura oggi compirebbe 3, 4, 7, ecc. anni, e invece non c’è più perché l’ho eliminata”.

Non aggiungo la descrizione di altre sofferenze, ma tutte sono sullo stesso piano. Oggi si possono leggere quasi su qualsiasi rivista seria.

Se quelle ragazze, aiutate dai padri delle loro creature (dai loro partner come si dice oggi) dai loro genitori, dalla comunità circostante (Stato, Comune, Consultorio, Parrocchia, Associazioni di volontariato, ecc.) avessero fatto nascere i loro figli, molto probabilmente sarebbero andate incontro a difficoltà pratiche, economiche, sociali, a volte anche pesanti, ma oggi sarebbero senz’altro molto più serene e con meno rimorsi e sofferenze.

Ancora due brevi riflessioni sul quinto comandamento.

Da una parte, un comando di Dio: non uccidere; al quale fa seguito una puntualizzazione di Gesù: “Avete inteso che fu detto: occhio per occhio e dente per dente, ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra tu porgigli anche l’altra” (Mt 5, 38-44).

Dall’altra, gli effetti della disubbidienza a questo comando, descritti bene da Gandhi che dice:“Non occorre uccidere; è sufficiente applicare la legge “occhio per occhio” per fare deragliare l’umanità verso la cecità totale.” Immaginiamo quindi che cosa può succedere quando una parte dell’umanità dichiara guerra ad un’altra parte.

     La guerra è, per definizione, quella situazione in cui le azioni di almeno una delle parti in causa sono animate e mosse da intenti e fini di conquista, di sopraffazione e di dominio sull’altra. Pur di raggiungere i fini prefissati si calpestano i diritti più elementari delle persone, primo fra tutti il diritto alla vita. Non si va per il sottile: si uccide.

Molto spesso, troppo spesso, a questa prima azione violenta si risponde con altrettanta violenza: entrambe le parti in causa uccidono. Va da sé che la situazione della parte che offende e prevarica è molto diversa da quella di chi, legittimamente, si difende e si protegge. Tuttavia entrambe violano il comandamento: non uccidere.

La Costituzione della Repubblica Italiana dà una risposta netta e precisa a questo riguardo e all’art.11 recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento per la risoluzione dei Conflitti internazionali.” In questo modo, non solo si mette in pratica il comandamento: non uccidere, scartando a priori l’ipotesi di una guerra di offesa; ma, anche nell’ipotesi di conflitti fra Stati, la guerra non dovrà mai essere presa in considerazione come soluzione dei conflitti.

Papa Paolo VI  il 4 ottobre 1965, parlando all’Assemblea dell’Onu, con una affermazione che era, nello stesso tempo, di dolore e di appassionata speranza, diceva: “Mai più gli uni contro gli altri, mai più! Non più la guerra, non più la guerra! La pace deve guidare le sorti dei popoli e dell’intera umanità.” Ed è solo con la pace dei cuori che si può raggiungere questo obiettivo. ( Continua)

10)  La fedeltà

Condannando l’adulterio, Dio prima e Gesù dopo, intendono proteggere l’istituto del matrimonio, uno e indissolubile, in quanto sanno molto bene che questo è il modo migliore per garantire ai coniugi e ai figli tranquillità, sicurezza e serenità

Siamo arrivati al sesto punto del Decalogo, quando Dio detta a Mosè: “Non commettere adulterio.” (Es 20,14 – Dt 5,18 ). Facendo mente locale ai discorsi che sento quasi quotidianamente e a quello che mi capita spesso di leggere, mi è sorta una domanda: oggi la gente, i giovani in particolare, sanno che cosa è l’adulterio? Io credo che siano pochi quelli che lo sanno veramente. O, per lo meno, che conoscono bene il significato e le conseguenze dell’adulterio.

Partiamo allora dalle origini, cioè dal momento della creazione: “Poi il Signore Dio disse: non è bene che l’uomo sia solo; gli voglio fare un aiuto che gli sia simile… (Gn 2,18).

Successivamente Gesù ricorda agli Israeliti che: “All’inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre, e i due saranno una carne sola. Sicché non sono più due ma una sola carne. L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto” (Mc 10, 6-9). E aggiunge: “Avete inteso che fu detto: non commettere adulterio, ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” (Mt 5, 27-28).

Condannando l’adulterio, Dio prima e Gesù dopo, intendono proteggere l’istituto del matrimonio, uno e indissolubile, in quanto sanno molto bene che questo è il modo migliore per garantire ai coniugi e ai figli tranquillità, sicurezza e serenità. Gesù si rivolge direttamente agli uomini, ma è sottinteso che quello che dice vale anche per le donne. Spendiamo allora due parole sul matrimonio, premessa indispensabile perché esista l’adulterio. La nascita della coppia è un atto creativo di Dio, è Dio stesso che originariamente crea una nuova entità uomo-donna, che ha la sua espressione più profonda nell’unione fisica realizzata nel quadro armonico del contratto nuziale, cioè del matrimonio, dove i coniugi si promettono reciproco amore, totale donazione e fedeltà per tutta la vita.

La Chiesa, che ha come compito quello di tradurre e tramandare nel tempo il messaggio divino, è anch’essa molto chiara in proposito e ai paragrafi n. 2380 e 2381 del Catechismo colloca l’adulterio fra le offese alla dignità del matrimonio e recita: “L’adulterio designa l’infedeltà coniugale… Il sesto comandamento e il Nuovo Testamento proibiscono l’adulterio in modo assoluto… L’adulterio è un’ingiustizia: chi lo commette viene meno agli impegni assunti. Ferisce il vincolo matrimoniale, lede i diritti dell’altro coniuge, e attenta l’istituto del matrimonio, violando il contratto che lo fonda. Compromette il bene della generazione umana e dei figli, i quali hanno bisogno dell’unione stabile dei due genitori.”.

L’unione fisica e spirituale è, nelle intenzioni di Dio, un sì definitivo detto all’altro e, nello stesso tempo, un assumersi la responsabilità di essere compagno/a dell’altro/a, cioè di colui con il quale si condivide il pane quotidiano. In tutti i casi, all’infuori del matrimonio come Dio lo ha previsto, questa chiara assunzione di responsabilità reciproca, manca.

Oggi su questo tema la confusione è totale. Molte volte mi è capitato di leggere le lettere che i lettori o le lettrici inviano ai direttori o ai consulenti specializzati nelle questioni di  cuore, amore, sessualità, relazioni, ecc. di cui le riviste che vanno per la maggiore sono piene. In quelle lettere, una domanda ricorrente, è, più o meno, la seguente: “Sono pazzamente innamorata di un uomo sposato, lui dice di non essere felice con la propria moglie e mi ha più volte promesso di lasciarla, ma ogni volta che gli chiedo di farlo davvero tergiversa, dice che pensa a lei, ai suoi figli che ne soffrirebbero, e non si decide mai. Che cosa devo fare?”

Non occorre essere laureati in psicologia o sociologia o in qualsiasi altra scienza, per saper dare all’interessata una risposta netta e chiara del tipo: “Cara signorina (o signora, nel qual caso la situazione è ancora più grave perché le persone offese sono due) lasci perdere. Anzi, dal momento che ha saputo che il suo innamorato era sposato, ha già perso troppo tempo inutilmente”.

Un uomo sposato non è più un uomo libero e una donna sposata non è più una donna libera. È  una persona che ha fatto una promessa solenne ad un’altra persona: la promessa di esserle fedele per sempre.

La rottura di questa promessa provoca dolore, molto dolore, alla persona che subisce l’infedeltà. Senza sottovalutare il danno, certo e documentato, che la rottura di una famiglia crea ai figli, soprattutto se piccoli. Nel momento in cui una persona sa che il proprio partner ha già degli impegni dovrebbe porre, non al giornale, ma alla sua coscienza, una domanda molto semplice: posso cercare di costruire la mia felicità, attraverso l’infelicità di un’altra o di altre persone?

La risposta: “Queste cose non si fanno” risolve il problema alla radice, senza se e senza ma. Insegnare ai ragazzi questo tipo di risposte di fronte a certe situazioni, è senz’altro più efficace e utile del banale sesso sicuro. Anche in questi casi, quelli che sembrano divieti, vincoli, costrizioni, non sono altro che utili istruzioni per l’uso.

(Continua)

10)     La fedeltà

 

Condannando l’adulterio, Dio prima e Gesù dopo, intendono proteggere l’istituto del matrimonio, uno e indissolubile, in quanto sanno molto bene che questo è il modo migliore per garantire ai coniugi e ai figli tranquillità, sicurezza e serenità

 

Siamo arrivati al sesto punto del Decalogo, quando Dio detta a Mosè: “Non commettere adulterio.” (Es 20,14 – Dt 5,18 ). Facendo mente locale ai discorsi che sento quasi quotidianamente e a quello che mi capita spesso di leggere, mi è sorta una domanda: oggi la gente, i giovani in particolare, sanno che cosa è l’adulterio? Io credo che siano pochi quelli che lo sanno veramente. O, per lo meno, che conoscono bene il significato e le conseguenze dell’adulterio.

Partiamo allora dalle origini, cioè dal momento della creazione: “Poi il Signore Dio disse: non è bene che l’uomo sia solo; gli voglio fare un aiuto che gli sia simile… (Gn 2,18).

Successivamente Gesù ricorda agli Israeliti che: “All’inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre, e i due saranno una carne sola. Sicché non sono più due ma una sola carne. L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto” (Mc 10, 6-9). E aggiunge: “Avete inteso che fu detto: non commettere adulterio, ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” (Mt 5, 27-28).

Condannando l’adulterio, Dio prima e Gesù dopo, intendono proteggere l’istituto del matrimonio, uno e indissolubile, in quanto sanno molto bene che questo è il modo migliore per garantire ai coniugi e ai figli tranquillità, sicurezza e serenità. Gesù si rivolge direttamente agli uomini, ma è sottinteso che quello che dice vale anche per le donne. Spendiamo allora due parole sul matrimonio, premessa indispensabile perché esista l’adulterio. La nascita della coppia è un atto creativo di Dio, è Dio stesso che originariamente crea una nuova entità uomo-donna, che ha la sua espressione più profonda nell’unione fisica realizzata nel quadro armonico del contratto nuziale, cioè del matrimonio, dove i coniugi si promettono reciproco amore, totale donazione e fedeltà per tutta la vita.

La Chiesa, che ha come compito quello di tradurre e tramandare nel tempo il messaggio divino, è anch’essa molto chiara in proposito e ai paragrafi n. 2380 e 2381 del Catechismo colloca l’adulterio fra le offese alla dignità del matrimonio e recita: “L’adulterio designa l’infedeltà coniugale… Il sesto comandamento e il Nuovo Testamento proibiscono l’adulterio in modo assoluto… L’adulterio è un’ingiustizia: chi lo commette viene meno agli impegni assunti. Ferisce il vincolo matrimoniale, lede i diritti dell’altro coniuge, e attenta l’istituto del matrimonio, violando il contratto che lo fonda. Compromette il bene della generazione umana e dei figli, i quali hanno bisogno dell’unione stabile dei due genitori.”.

L’unione fisica e spirituale è, nelle intenzioni di Dio, un sì definitivo detto all’altro e, nello stesso tempo, un assumersi la responsabilità di essere compagno/a dell’altro/a, cioè di colui con il quale si condivide il pane quotidiano. In tutti i casi, all’infuori del matrimonio come Dio lo ha previsto, questa chiara assunzione di responsabilità reciproca, manca.

Oggi su questo tema la confusione è totale. Molte volte mi è capitato di leggere le lettere che i lettori o le lettrici inviano ai direttori o ai consulenti specializzati nelle questioni di  cuore, amore, sessualità, relazioni, ecc. di cui le riviste che vanno per la maggiore sono piene. In quelle lettere, una domanda ricorrente, è, più o meno, la seguente: “Sono pazzamente innamorata di un uomo sposato, lui dice di non essere felice con la propria moglie e mi ha più volte promesso di lasciarla, ma ogni volta che gli chiedo di farlo davvero tergiversa, dice che pensa a lei, ai suoi figli che ne soffrirebbero, e non si decide mai. Che cosa devo fare?”

Non occorre essere laureati in psicologia o sociologia o in qualsiasi altra scienza, per saper dare all’interessata una risposta netta e chiara del tipo: “Cara signorina (o signora, nel qual caso la situazione è ancora più grave perché le persone offese sono due) lasci perdere. Anzi, dal momento che ha saputo che il suo innamorato era sposato, ha già perso troppo tempo inutilmente”.

Un uomo sposato non è più un uomo libero e una donna sposata non è più una donna libera. È  una persona che ha fatto una promessa solenne ad un’altra persona: la promessa di esserle fedele per sempre.

La rottura di questa promessa provoca dolore, molto dolore, alla persona che subisce l’infedeltà. Senza sottovalutare il danno, certo e documentato, che la rottura di una famiglia crea ai figli, soprattutto se piccoli. Nel momento in cui una persona sa che il proprio partner ha già degli impegni dovrebbe porre, non al giornale, ma alla sua coscienza, una domanda molto semplice: posso cercare di costruire la mia felicità, attraverso l’infelicità di un’altra o di altre persone?

La risposta: “Queste cose non si fanno” risolve il problema alla radice, senza se e senza ma. Insegnare ai ragazzi questo tipo di risposte di fronte a certe situazioni, è senz’altro più efficace e utile del banale sesso sicuro. Anche in questi casi, quelli che sembrano divieti, vincoli, costrizioni, non sono altro che utili istruzioni per l’uso.

(Continua)

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Il testo completo :

Parte 1 : https://smartpray.org/i-10-comandamenti-parte-1-g-vanzini/

Parte 2 : https://smartpray.org/i-10-comandamenti-parte-2-g-vanzini/

Parte 3 : https://smartpray.org/i-10-comandamenti-parte-3-g-vanzini/

Parte 4 ( ultima) : https://smartpray.org/i-10-comandamenti-parte-4-g-vanzini/