Il Cuore di Maria: la progettualità di chi sa lasciarsi amare
Autore: Don Mauro Leonardi
Quando mi è stato proposto di intervenire su “Il Papa e la Chiesa oggi” la mia mente è subito andata allo straordinario radio messaggio che il 16 novembre 2013 Papa Francesco ha rivolto all’incontro/pellegrinaggio di Guadalupe, subito definito dagli osservatori più attenti come “programma del pontificato”.
Sebbene si riferisca esplicitamente a due santuari mariani – Aparecida e Guadulupe -, in quel discorso non si parla espressamente di Maria ma io credo che quando si dice che “l’intimità della Chiesa con Gesù è un’intimità itinerante, suppone un uscire da se stessi, un camminare e seminare sempre di nuovo, sempre più in là”; quando si afferma che si deve “arrivare a tutti, senza escludere nessuno e tenendo in gran considerazione le circostanze di ognuno”; e se, infine, si dice che il Vescovo che conduce la pastorale della chiesa, lo fa come lo fa “come il pastore che conosce per nome le sue pecore, le guida con vicinanza, con tenerezza, con pazienza, manifestando effettivamente la maternità della Chiesa e la misericordia di Dio”, non si fa altro che parlare di Maria, Colei che è la Sequela di Cristo. Per questo motivo credo che il mio intervento, per forza di cose breve e sintetico, si possa ridurre a un commento di Lc 2,19 quando il vangelo afferma che “Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
Il Vangelo ci parla esplicitamente del cuore di Maria solo in due occasioni e in entrambe le occasioni l’evangelista Luca si esprime nello stesso modo: il cuore di Maria è un cuore che custodisce gli eventi e le parole che riguardano il suo Figlio Gesù (cfr Lc 2,19 e 2,51). Sappiamo bene che nel linguaggio della Sacra Scrittura il cuore è il centro della persona, il luogo in cui si prendono le decisioni e non solo la sede degli affetti e dei sentimenti. Possiamo dunque dire che la persona di Maria, perché il suo cuore non è altro che Lei stessa, ci viene consegnata dai Vangeli come una donna che in primo luogo custodisce e medita. Se non partissi da questo dato biblico, rischierei di non aver chiaro l’atteggiamento con cui la Vergine rimane continuamente davanti al mistero di Dio, e di dimenticare che questo atteggiamento altro non è che quello del buon discepolo di Cristo. E così Maria è, per così dire, l’autentica sequela di Cristo. Guardare a lei significa comprendere come nella nostra vita di discepoli siamo chiamati a seguire Gesù.
Luca ci mette in chiaro che, nell’economia della salvezza, c’è una parte che spetta a Maria. Da parte sua, dice il vangelo, cioè ella è chiamata in piena libertà a coinvolgersi nel mistero di Dio che le viene incontro.
Questa parte è, per dirla in breve, la parte della risposta docile e responsabile all’avvicinarsi di Dio nella sua vita. Il vangelo dell’annunciazione ci ricorda la sua risposta: avvenga per me secondo la tua parola (Lc 1,38). Questo avvenga riassume il significato profondo del suo identificarsi come la serva del Signore. Lungi dall’essere un asservimento superficiale o una sottomissione irresponsabile quel verbo (nell’originale greco un optativo) ci dice che Maria desidera nella profondità di sé quello che l’angelo le ha appena chiesto. L’esser serva è in fondo il riconoscimento che il desiderio di Dio per la mia vita corrisponde al mio desiderio profondo.
Maria, sempre nella sua vita terrena e oggi nello svolgersi della vita della Chiesa, compie questa sua parte, ascoltando il desiderio di Dio, custodendolo e facendolo risuonare in continuazione dentro di sé.
L’arte della custodia appartiene a ogni discepolo di Gesù. Ma cosa significa custodire? Si potrebbero dire tante cose, dal prendersi cura al osservare dei comandamenti. Cogliamo una sfumatura biblica interessante (che per altro la tradizione della Chiesa ci fa cogliere quando nella Liturgia delle Ore ai cantici vigilari del comune della Vergine ci fa cantare il Cantico di Is. 62). Il verbo custodire in ebraico sta alla radice del sostantivo sentinella . Plasticamente per dare valore all’idea del custodire l’Antico Testamento ci parla delle sentinelle. Custodire allora significa vivere da sentinelle! Sulle tue mura, Gerusalemme, ho posto sentinelle (Is 62,6) Custodire significa scrutare l’orizzonte e prendersi a cuore la vita di chi ci è stato affidato.
Questo è l’atteggiamento di Maria, atteggiamento che mentre parla di stabilità dice anche una dinamicità interiore meravigliosa. Nel momento dell’annunciazione Maria si lascia avvolgere dallo Spirito Santo (obumbravit), lascia che l’intera sua persona sia avvolta, penetrata dall’Amore, da quel nuovo regno d’Amore che il Padre ci dona nel suo Figlio Gesù: e per l’intera sua vita quel suo cuore non farà altro che questo, scrutare l’orizzonte per accorgersi e lasciarsi avvolgere da questo regno che viene. All’annunciazione in modo straordinario attraverso l’angelo Gabriele, poi nell’ordinarietà della vita, negli eventi che accadono come ci racconta il vangelo (davanti ai pastori, a Simeone, ai dottori della legge fino alla croce e nel cenacolo dopo la risurrezione).
Come per noi, anche per Maria, tutto questo è un cammino che si compie nella fede. Proprio per questo il Vaticano II parla di lei come una pellegrina : anche la beata Vergine ha avanzato nel cammino della fede (in pellegrinatione fidei processit) e ha conservato fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce (LG 58). Seguire Cristo significa in fondo vivere come ha vissuto Maria con questo atteggiamento che potremmo, senza esagerare, definire anche profetico perché il profeta è colui che si accorge del regno d’amore che viene e lo segue. Nella vita della chiesa è stato proprio così: la storia ci insegna che i quattro dogmi mariani – verginità perpetua di Maria, maternità divina, l’immacolata concezione e l’assunzione al cielo – sono stati elaborati per conoscere Cristo prima ancora che Maria. Essere “Sequela Christi” significa essere a tal punto discepolo di Cristo da giungere ad essere una sola cosa con Lui. Maria ottiene questo per ciascuno di noi. Ecco come spiega magistralmente tutto ciò Joseph Ratzinger, allora Prefetto per la Dottrina della Fede: “Riconoscere a Maria il posto che il dogma e la tradizione le assegnano significa stare saldamente radicati nella cristologia autentica. (Vaticano II: ” La Chiesa, pensando a lei con pietà filiale e contemplandola alla luce del Verbo fatto uomo, con venerazione penetra più profondamente nell’altissimo mistero dell’Incarnazione e si va sempre più conformando con il suo Sposo “, Lumen Gentium n. 65).
È del resto al servizio diretto della fede nel Cristo – non dunque, innanzitutto, per devozione alla Madre – che la Chiesa ha proclamato i suoi dogmi mariani: prima la verginità perpetua e la maternità divina e poi, dopo una lunga maturazione e riflessione, il concepimento senza la macchia del peccato originale e l’assunzione al cielo. Questi dogmi mettono al riparo la fede autentica nel Cristo, come vero Dio e vero uomo: due nature in una sola Persona. Mettono al riparo anche l’indispensabile tensione escatologica, indicando in Maria assunta il destino immortale che tutti ci attende. E mettono al riparo pure la fede, oggi minacciata, in Dio creatore che (è tra l’altro uno dei significati della più che mai incompresa verità sulla verginità perpetua di Maria) può liberamente intervenire anche sulla materia. Insomma, come ricorda ancora il Concilio: ” Maria, per la sua intima partecipazione alla storia della salvezza, riunisce per così dire e riverbera i massimi dati della fede” (Lumen Gentium n. 65)”. (Rapporto sulla fede, Intervista con Vittorio Messori, Edizioni San Paolo 1985)
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