Il lavoro e' un dono di dio
Lavorare bene, lavorare per amore - V
Autore: Javier López Díaz
San Josemaría era solito parlare della «vecchia novità» del messaggio che aveva ricevuto da Dio: «vecchio come il Vangelo e come il Vangelo nuovo» .
Vecchio, perché era ciò che avevano vissuto i primi cristiani, che sapevano di essere stati chiamati alla santità e all’apostolato senza uscire dal mondo, nelle loro occupazioni e nei loro impegni quotidiani. Per questo affermava che «il modo più facile per capire l’Opera è di pensare alla vita dei primi cristiani. Essi vivevano a fondo la loro vocazione cristiana; cercavano seriamente la perfezione alla quale erano chiamati per il fatto, semplice e sublime, di aver ricevuto il Battesimo».
Era molto contento quando negli scritti dei Padri della Chiesa trovava i capisaldi del suo messaggio. A tal riguardo sono molto chiare le parole che san Giovanni Crisostomo rivolge ai fedeli del IV secolo e che san Josemaría riprende in una delle sue Lettere: «Non vi dico: abbandonate la città e allontanatevi dalle faccende cittadine. No. Rimanete dove siete, ma praticate la virtù.
A dire la verità, preferirei che brillassero per la loro virtù quelli che vivono nelle città anziché quelli che sono andati a vivere sulle montagne; a questo infatti farebbe seguito un bene immenso, perché nessuno accende un lume e poi lo nasconde… E non venitemi a dire: ho figli, ho moglie, devo occuparmi della casa e non posso fare quello che mi dici. Se tu non avessi niente di tutto questo e fossi tiepido, tutto sarebbe perduto; se invece ti trovassi in queste condizioni, se fossi fervente, praticheresti la virtù. Una cosa sola si richiede: una disposizione generosa. Se l’hai, né l’età, né la povertà, né la ricchezza, né gli affari, né alcun’altra cosa potrebbe costituire un ostacolo alla virtù. E, in verità, vecchi e giovani, sposati e padri di famiglia, artigiani e soldati, hanno già compiuto quanto è stato comandato dal Signore.
Davide era giovane, Giuseppe era uno schiavo, Aquila esercitava una professione manuale, la venditrice di porpora era a capo di un laboratorio, un altro era guardiano di una prigione, un altro era centurione come Cornelio, un altro era malato come Timoteo, un altro era uno schiavo in fuga come Onesimo; eppure niente di tutto questo è stato di ostacolo per nessuno di loro e tutti hanno brillato per la loro virtù: uomini e donne, giovani e vecchi, schiavi e liberi, soldati e civili».
Con le debolezze e i difetti personali di ognuno, i discepoli di Cristo oggi debbono essere come quei primi: «cittadini cristiani che vogliono corrispondere in pieno alle esigenze della loro fede».
L’insegnamento di san Josemaría è rivolto a uomini e donne che non hanno bisogno di andar via dal luogo dove sono sempre stati per trovare e amare Dio, proprio perché – come ha ricordato san Giovanni Paolo II commentando l’insegnamento di san Josemaría – «il Signore vuole entrare in comunione d’amore con ciascuno dei suoi figli, nella trama delle occupazioni di ogni giorno, nel contesto feriale in cui si svolge l’esistenza» .
Era convinto che il Signore, affidandogli il messaggio che doveva diffondere, «ha voluto che mai più si ignori e si dimentichi la verità che tutti devono santificarsi e che alla maggior parte dei cristiani compete di santificarsi nel mondo, nel lavoro ordinario […]: che ci sono persone di tutte le professioni e mestieri che cercano la santità nel loro stato, nella loro professione o mestiere, essendo anime contemplative nel bel mezzo della strada».
Con il suo lavoro «l’uomo non soltanto modifica le cose e la società, ma inoltre perfeziona se stesso» . Se questo è vero già sul piano umano, non lo è meno su quello soprannaturale. Il perfezionamento della persona mediante il lavoro non è altro che la crescita in santità di colui che lo realizza. Però questo accade soltanto quando colui che lavora è già “santo”, vale a dire, quando è in grazia di Dio; nel caso contrario, non potrebbe crescere in santità per mezzo del lavoro che fa. In altre parole, soltanto chi è già “santo” può santificare il proprio lavoro e quindi crescere in santità se santifica il lavoro.
«Con la grazia di Dio, date al vostro lavoro professionale in mezzo al mondo il suo senso più profondo e più pieno, orientandolo verso la salvezza delle anime, mettendolo in relazione con la missione redentrice di Cristo […]. Però è necessario che Gesù e, con Lui, il Padre e lo Spirito Santo, abitino realmente in noi. Perciò santificheremo il lavoro se siamo santi, se ci sforziamo veramente per essere santi. […] Se non avete vita interiore, quando vi dedicate al vostro lavoro, invece di divinizzarlo, vi potrebbe succedere quello che succede al ferro quando è al rosso e s’immerge nell’acqua fredda: perde la tempra e si spegne. Dovete avere un fuoco che pro venga da dentro, che non si spenga, che accende tutto ciò che tocca» .
Il processo di santificazione di un cristiano non è altro che la sua crescita come figlio di Dio, dal Battesimo fino alla pienezza della filiazione divina nella gloria. Perciò il concetto che “santificheremo il lavoro se siamo santi”, contenuto nelle parole precedenti, si può esprimere anche in termini di filiazione divina. Il cristiano è chiamato a crescere nell’identificazione con Gesù Cristo per mezzo del lavoro, e questo è possibile soltanto se è già figlio adottivo di Dio mediante la grazia.
Come Gesù cresceva in sapienza, in età e in grazia durante gli anni di Nazaret, analogamente il cristiano, vivendo di vita soprannaturale, deve crescere come figlio di Dio, identificandosi progressivamente con Cristo per mezzo dei suoi doveri ordinari e, più esattamente, del lavoro professionale. “Santificarsi nel lavoro” significa fare in modo di crescere come figli di Dio nel lavoro: fare passi avanti nell’identificazione con Cristo per azione dello Spirito Santo, mediante il lavoro.
Tuttavia, si deve anche dire che non basta essere figlio di Dio per lavorare come figlio di Dio e crescere nell’identificazione con Cristo. Molti sono figli di Dio attraverso la grazia, ma compiono il loro lavoro al di fuori di questa meravigliosa realtà. Per questo san Josemaría consiglia di coltivare il “senso” della filiazione divina nel lavoro, di essere consapevoli quando si lavora che «Cristo vive in me».
Il lavoro professionale di un cristiano può essere lavoro di Dio, operatio Dei, perché siamo figli adottivi di Dio e formiamo una cosa sola con Cristo. Il Figlio Unigenito si è fatto Uomo per unirci a Sé – come le membra di un corpo sono uniti al capo – e operare attraverso di noi. In verità, siamo di Cristo come Cristo è di Dio. Egli vive e opera nel cristiano attraverso la grazia. «In tal modo il lavoro viene elevato all’ordine della grazia e si santifica: diventa opera di Dio, operatio Dei, opus Dei».
Sapere di essere figlio di Dio nel lavoro induce a realizzarlo come un incarico divino: «Tu e io dobbiamo ricordarci e ricordare agli altri che siamo figli di Dio, ai quali, come ai personaggi della parabola evangelica, nostro Padre ha rivolto l’invito: Figlio, va’ a lavorare nella vigna » (Mt 21, 28).
La consapevolezza della filiazione divina porta a fissare lo sguardo nel Figlio di Dio fatto uomo, specialmente durante quegli «anni intensi di lavoro e di preghiera, durante i quali Gesù condusse una vita normale […]; in quella semplice e ignorata bottega di artigiano e, successivamente, davanti alle folle, ha svolto tutto con perfezione» . La convinzione di vivere la vita di Cristo dà, a chi sa di essere figlio di Dio, la certezza che è possibile trasformare il lavoro in preghiera. «Pienamente inserito nel suo lavoro ordinario, in mezzo agli altri uomini – a cui è uguale in tutto –, attivo, impegnato, in tensione, il cristiano deve, nello stesso tempo, essere pienamente in Dio, perché ne è figlio» .
Per questo motivo san Josemaría ha predicato instancabilmente che qualunque lavoro onesto può santificarsi – divenire santo –, trasformarsi in opera di Dio. E che il lavoro così santificato ci identifica con Cristo, perfetto Dio e perfetto Uomo . In qualunque lavoro onesto l’uomo può perfezionare la sua vocazione all’amore. Per questo san Josemaría ripete che «non ha alcun senso dividere gli uomini in categorie diverse secondo il tipo di lavoro, considerando alcuni lavori più nobili di altri» , perché «il livello della mansione dipende da chi la esercita» . Per san Josemaría, ogni lavoro – incluso sicuramente il lavoro manuale – «è testimonianza della dignità
dell’uomo […], promuove lo sviluppo della sua personalità […], è mezzo per contribuire al miglioramento della società in cui si vive e al progresso di tutta l’Umanità» . «È tempo che i cristiani dicano ben forte che il lavoro è un dono di Dio»: non un castigo o una maledizione, ma una realtà voluta e benedetta dal Creatore prima del peccato originale , una realtà che il Figlio di Dio incarnato ha fatto propria a Nazaret, dove condusse una vita di lunghi anni di lavoro quotidiano in compagnia di Santa Maria e di san Giuseppe, senza lustro umano ma con splendore divino. «Nelle mani di Gesù il lavoro, un lavoro professionale simile a quello di milioni di uomini in tutto il mondo, si converte in impresa divina, in attività redentrice, in cammino di salvezza».
Lo stesso sforzo che richiede il lavoro è stato elevato da Cristo a strumento di liberazione dal peccato, di redenzione e di santificazione . Non esiste lavoro umano limpido che non possa «divenire ambito e materia di santificazione, terreno di esercizio delle virtù, dialogo d’amore» .
Dio aveva formato l’uomo con polvere del suolo e lo aveva reso partecipe del suo potere creatore perché perfezionasse il mondo con il suo ingegno. Eppure, dopo il peccato, invece di elevare le realtà terrene alla gloria di Dio con il proprio lavoro, assai spesso l’uomo si acceca e si degrada. Alcuni non vogliono lavorare, altri lo fanno solo per ottenere i mezzi economici che gli occorrono o con altri obiettivi esclusivamente umani, altri vedono nel lavoro uno strumento per un’affermazione personale sugli altri… Ma Gesù, che trasformò il fango in collirio per restituire la vista a un cieco impiega il lavoro per eliminare la nostra cecità , restituendogli la dignità di mezzo per la santità e l’apostolato. Quando scopriamo che è possibile santificare il lavoro , tutto s’ illumina di un senso nuovo e cominciamo a vedere e amare Dio – a essere contemplativi – nelle situazioni che prima sembravano monotone e volgari , che allora acquistano un valore eterno e soprannaturale. Si presenta così ai nostri occhi uno splendido panorama: «santificare il lavoro, santificarsi nel lavoro, santificare con il lavoro» .
Siamo protagonisti del disegno divino di mettere Cristo in cima a tutte le attività umane. Un disegno che san Josemaría comprese con una visione lungimirante che gli faceva scrivere, pieno di fede nella grazia e di fiducia in coloro che avrebbero dato ascolto al suo messaggio: «Già contemplo, passato il tempo, fin l’ultimo dei miei figli – perché siamo figli di Dio, ripeto – operare professionalmente con una sapienza di artista, con una felicità di poeta, con una sicurezza di maestro e con un pudore più persuasivo dell’eloquenza, mirando – nel cercare la perfezione cristiana nella sua professione e nel suo stato nel mondo – al bene di tutta l’umanità» .
È in te la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce» . La Santissima Trinità ha concesso a san Josemaría la sua luce perché contemplasse fino in fondo il mistero di Gesù Cristo, luce degli uomini: gli concesse «una vivissima contemplazione del mistero del Verbo Incarnato, grazie alla quale comprese fino in fondo che il tessuto delle realtà umane si identifica intimamente, nel cuore dell’uomo rinato in Cristo, con l’economia della vita soprannaturale, convertendosi così in luogo e mezzo di santificazione» . L’insegnamento di san Josemaría ha illuminato ormai la vita di una moltitudine di uomini e donne delle più diverse condizioni e culture, che hanno intrapreso l’avventura di essere santi nella naturalezza di una vita normale. L’avventura di un amore dedicato e forte, che riempie di felicità l’anima e semina nel mondo la pace di Cristo.
San Giovanni Paolo II ha invitato a seguire fedelmente l’esempio di san Josemaría. «Sulle orme del vostro Fondatore, proseguite con zelo e fedeltà la vostra missione.
Mostrate con lo sforzo quotidiano che l’amore di Cristo può informare tutto l’arco dell’esistenza» . Ci affidiamo soprattutto all’intercessione di Nostra Madre.
Chiediamo a Lei di prepararci ogni giorno il cammino di santità nella vita ordinaria e di conservarcelo sempre.
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