Il secondo comandamento di Dio
«Non nominerai il Nome di Dio invano» - Omelia
Autore: Santo Curato d'Ars
E’ molto strano, fratelli miei, che il buon Dio sia obbligato a fare un comandamento, per proibirci di profanare il suo santo Nome.
E’ mai concepibile, fratelli miei, che dei cristiani possano consegnarsi ai demoni, al punto da diventare uno strumento di cui egli si serve per maledire un Dio così buono e così benefico?
Si può mai concepire che una lingua, che è stata consacrata al buon Dio per mezzo del santo Battesimo, e che tante volte è stata bagnata dal suo Sangue adorabile, sia impiegata a maledire il suo Creatore?
Potrebbe mai farlo, uno che fosse convinto sinceramente che il buon Dio gli ha dato la lingua unicamente per benedire e per cantare le sue lodi?
Converrete con me che si tratta di un crimine spaventoso, che sembra costringere il buon Dio ad abbatterci con ogni sorta di disgrazie, e ad abbandonarci al demonio, al quale noi obbediamo con tanto zelo!
Questo crimine fa drizzare i capelli sulla testa a ogni persona che non abbia ancora perso completamente la fede.
Tuttavia, nonostante la gravità di questo peccato, il suo carattere orribile e la sua tenebrosità, vi è forse un peccato più comune del giuramento, delle bestemmie, delle imprecazioni e delle maledizioni?
Non si prova dolore a sentire dalla bocca dei fanciulli, che appena appena conoscono il “Padre nostro”, questo genere di giuramenti, capaci di attirare ogni sorta di disgrazie su una parrocchia?
Vi mostrerò dunque, fratelli miei, che cosa si intende per giuramento, bestemmie, rinnegamenti, imprecazioni e maledizioni.
Cercate durante questo tempo, di dormire, affinchè nel giorno del giudizio, voi abbiate fatto il male senza sapere ciò che facevate, e voi vi danniate, solo perchè la vostra ignoranza sarà stata la vostra unica colpa (battute ironiche “a grappolo”, o sarcasmo bonario; n.d.a.).
Per farvi comprendere la grandezza di questo peccato, fratelli miei, bisognerebbe farvi comprendere la gravità dell’oltraggio che esso fa al buon Dio; cosa che non sarà mai data a un mortale.
No, fratelli miei, non c’è che l’inferno, non c’è che la collera, la potenza e il furore di un Dio, tutte messe insieme contro questi mostri infernali (i bestemmiatori), che possano far comprendere la grandezza dell’atrocità di questo peccato; no, no, fratelli miei, non andiamo oltre, occorre, per esso, un inferno eterno.
D’altronde non è questo il mio progetto: io voglio solo farvi conoscere la differenza che c’è tra i giuramenti, le bestemmie, i rinnegamenti, le imprecazioni, le maledizioni, e le parole grossolane.
Molti le confondono e prendono una cosa per l’altra; e questo è il motivo per cui quasi mai vi accusate per i vostri peccati nel modo giusto, e ciò vi espone a fare delle cattive confessioni, e di conseguenza, a dannarvi.
Il secondo comandamento, che vi proibisce di fare dei giuramenti falsi e inutili e di spergiurare, si esprime in questi termini: «Non userete il Nome del Signore vostro Dio, invano».
E’ come se il Signore ci dicesse: «Io vi ordino e vi comando di riverire questo Nome, perchè è santo e adorabile; vi proibisco di profanarlo, impiegandolo per autorizzare la menzogna, l’ingiustizia, e perfino la verità, senza una sufficiente ragione»; e Gesù Cristo ci dice di non giurare per nessun motivo.
Io dico, in primo luogo, che le persone ignoranti confondono spesso le bestemmie con i giuramenti.
Un disgraziato, in un momento di collera dirà: «Il buon Dio non è giusto a farmi soffrire o perdere questa certa cosa».
Con queste parole egli ha rinnegato il buon Dio; poi si accuserà, nella confessione, dicendo: «Padre mio, mi accuso di aver giurato»; ma non è affatto un giuramento, ma una bestemmia quella che ha proferito.
Una persona sarà accusata ingiustamente per una colpa che non ha commesso; ella, per giustificarsi, dirà: «Se ho fatto questo, possa io non vedere mai il Volto di Dio!».
Ma questo non è un giuramento, ma una orribile imprecazione.
Ecco due peccati che sono cattivi come i giuramenti (sott. “ma non sono giuramenti”; n.d.a.).
Un altro, che avrà detto al suo vicino che è un ladro, o un briccone, si accuserà in confessione «di aver giurato col suo vicino»; ma non è giurare, ma dire delle ingiurie.
Un altro dirà delle parole sporche e disoneste, e si accuserà di aver detto delle cose cattive. Ma ti sbagli, devi dire che hai detto delle oscenità.
Ma ecco, fratelli miei, che cos’è giurare: è prendere il buon Dio come testimone di ciò che si dice o che si promette, e lo spergiuro è un giuramento falso: ciò accade quando si giura per una menzogna.
Il Nome del buon Dio è così santo, così grande e così adorabile, che gli angeli e i santi, ci dice san Giovanni, dicono senza sosta in Cielo: «Santo, santo, santo, è il Signore grande degli eserciti; che il suo santo Nome sia benedetto nei secoli dei secoli!» (citazione, come al solito, confezionata dal curato, tra Apocalisse, Isaia e qualche versetto di Salmi; n.d.a.).
Allorchè la santa Vergine andò a visitare la cugina Elisabetta, quando questa santa le disse: «Come sei felice, per essere stata scelta a essere la Madre di Dio!», la santa Vergine le rispose: «Colui che è Onnipotente, e il cui Nome è santo, ha fatto in me grandi cose».
Noi dovremo dunque, fratelli miei, avere un grande rispetto per il Nome del buon Dio, e non dovremo pronunciarlo che con una grande venerazione, e mai invano.
San Tommaso ci dice che pronunciare il Nome del buon Dio invano, è un grave peccato, e che per questo peccato, non è come per gli altri: negli altri peccati, la “parvità” della materia ne diminuisce la nefandezza e la malizia, e, molto spesso, ciò che per sua natura sarebbe peccato mortale, non è altro che peccato veniale.
La collera e l’ingordigia sono dei peccati mortali, ma una piccola collera, o una piccola ingordigia, non sono altro che peccati veniali.
Ma riguardo al giuramento, non è la stessa cosa: più la materia è leggera, più la profanazione è grande.
La ragione è che quanto più la materia è leggera, più grave è il disprezzo, come nel caso che una persona pregasse il re di fargli da testimone per una bagattella: equivarrebbe a prendersi gioco di lui e a disprezzarlo.
Il buon Dio ci dice che colui che giurerà nel suo Nome, sarà punito con rigore.
Leggiamo nella Sacra Scrittura che al tempo di Mosè, vi erano due uomini, uno dei quali giurò per il santo Nome di Dio; lo presero e lo portarono da Mosè, che chiese al buon Dio che cosa bisognasse fare.
Il Signore gli disse di portarlo in un campo, e di ordinare a tutti quelli che erano stati testimoni di questa bestemmia, di mettergli la mano sulla testa e di tramortirlo, per recidere il bestemmiatore di mezzo al suo popolo.
Lo Spirito Santo ci dice ancora che per colui che è abituato a giurare, la sua casa sarà piena d’iniquità, e la maledizione non uscirà mai dalla sua casa, fino a che sarà distrutta.
Nostro Signore Gesù Cristo ci dice, nel Vangelo, di non giurare affatto, nè per il Cielo, nè per la terra, perchè nè l’uno nè l’altra ci appartengono.
Ma, quando volete assicurare una certa cosa dite: «Ciò è o non è; sì o no; l’ho fatto o non l’ho fatto; tutto quello che direte in più, viene dal demonio».
D’altronde, una persona che abbia l’abitudine di giurare, è una persona nervosa, attaccata ai suoi sentimenti, che giura per qualunque cosa, sia per la menzogna che per la verità.
«Ma, dirà qualcuno, se non giuro, nessuno mi crederà».
Vi sbagliate; non si crede mai a una persona che giura, perchè si suppone che una persona del genere non abbia alcuna religione, e una persona senza religione, non è degna di essere creduta.
Ci sono spesso alcuni che non sanno vendere la minima cosa senza giurare, come se il loro giuramento bonificasse la loro mercanzia.
Se si vede un mercante che giura, mentre sta vendendo, subito si pensa che questa persona non abbia nessuna fede, e che bisognerà stare attenti, perchè ci potrebbe ingannare.
I suoi giuramenti destano orrore, e non le si crede.
Al contrario, se una persona non giura, presteremo fede a quello che dice.
Leggiamo nella storia un esempio riportato dal cardinale Bellarmino, che vi mostrerà che i giuramenti non ottengono nulla.
Vi erano, ci dice, a Colonia, due mercanti, che sembrava che non potessero vendere niente, senza giurare.
Il loro pastore li spronò molto ad abbandonare questa cattiva abitudine, perchè così, ben lungi dal perderci qualcosa, ci avrebbero guadagnato molto; essi seguirono il suo consiglio.
Tuttavia, per qualche tempo, non vendettero molto.
Allora andarono a trovare il loro pastore, dicendogli che non stavano vendendo tanto, come lui aveva fatto sperare loro.
Il pastore disse: «Abbiate pazienza, figli miei, siate certi che il buon Dio vi benedirà».
Infatti, dopo qualche tempo, l’afflusso di gente fu così grande, che sembrava che vendessero la mercanzia gratis. Vedevano essi stessi che il buon Dio li benediceva in una maniera particolare.
Lo stesso cardinale ci dice che vi era una buona madre di famiglia, che aveva una forte abitudine di giurare.
Le facevano notare che questi giuramenti erano indegni di una madre, e che ella non faceva che attirare la maledizione sulla sua casa.
Essendosi corretta a dovere, confessò lei stessa che, da quando aveva perso la sua cattiva abitudine, si accorgeva che tutto le riusciva meglio, e che il buon Dio la benediceva in una maniera particolare.
Volete, fratelli miei, essere felici nella vostra vita, e che il buon Dio benedica la vostra casa?
Fatte attenzione a non giurare mai, e vedrete che tutto andrà bene per voi.
Il buon Dio ci dice che nella casa dove regnerà il giuramento, la maledizione del Signore vi cadrà sopra, e essa verrà distrutta.
E perchè, fratelli miei, vi lasciate andare al giuramento, dal momento che il buon Dio lo proibisce sotto pena di renderci infelici in questo mondo, e dannati, nell’altro?
In secondo logo diciamo che c’è un altro giuramento ancora più cattivo: si verifica quando si aggiungono al giuramento invocazioni di esecrazione, ciò che deve far tremare.
Come, ad esempio quei disgraziati che dicono: «Se ciò che dico non è vero, che io possa non veder mai il Volto di Dio!».
Ah! disgraziati, voi rischiate fin troppo di non vederlo mai!…
Altri dicono: «Se ciò non è vero, che io possa perdere il mio posto in Paradiso! Che il buon Dio mi faccia dannare! Oppure: che il demonio mi prenda».
Ah! vecchio indurito! il demonio ti porterà via certamente, senza bisogno che tu gli dia un anticipo.
Ci sono altri che hanno il demonio sulla bocca; alla minima cosa che non vada come essi vorrebbero! «Ah! diavolo di un figlio! Diavolo di una bestia! O diavolo di un lavoro!… Che tu possa crepare una buona volta, perchè mi stai seccando!».
Ahimè! una persona che ha spesso il nome del demonio sulla bocca, c’è da temere che lo abbia anche nel cuore!
Tanti altri, sono sempre pronti a dire: «Oh! fede mia, sì…oh! fede mia, non…; oppure: Ah! matin d’enfant! (?); o ancora: per Bacco!… per Marte…; in tutta coscienza!…; per la fede dei cristiani!…».
Vi è un altro genere di giuramenti, di maledizioni, che non si pensa di dover confessare; sono i giuramenti che si fanno nel proprio cuore.
Ci sono alcuni che pensano che, siccome non sono pronunciati con la bocca, non c’è nulla di male.
Vi sbagliate grandemente, amici miei.
Vi è successo che qualcuno vi abbia fatto qualche danno nelle vostre terre, o altrove; voi giurate poi nel vostro cuore e li maledite, dicendo: «Se almeno il demonio se li fosse portati via!… Se il tuono li avesse disintegrati!… Se almeno le rape o i pomodori li avessero avvelenati mentre li mangiavano!…».
E conservate nel vostro cuore questi pensieri per parecchio tempo!
Però credete che, siccome non li avete pronunciati con la bocca, non fa nulla.
Amico mio! è un grosso peccato; devi accusartene, altrimenti sarai perduto.
Ahimè! ci sono poche persone che conoscono lo stato della loro povera anima, così com’è agli occhi del buon Dio!
In terzo luogo, diciamo che ci sono altri ancora più colpevoli, che giurano non solo per cose vere, ma anche per cose false.
Se poteste comprendere quanto la vostra empietà oltraggi il buon Dio, non avreste mai il coraggio di commetterla.
Vi comportate verso il buon Dio come uno vile schiavo che dicesse al re: «Sire, dovresti farmi da falso testimone»: questo non vi suscita orrore, fratelli miei?
Il buon Dio ci dice nella Sacra Scrittura: «Siate santi, perchè Io sono santo. Non mentite affatto, e non ingannate mai il vostro prossimo, e non spergiurate, prendendo il Signore vostro Dio a testimone per una menzogna, e non profanete il Nome del Signore».
San giovanni Crisostomo ci dice: «Se è già un grande crimine giurare per una cosa vera, qual è la gravità del crimine di colui che giura falsamente, per avallare una menzogna?».
Lo Spirito Santo ci dice che colui che pronuncia menzogne perirà.
Il profeta Zaccaria ci assicura che la maledizione si abbatterà su colui che giurerà per avallare una menzogna, e che vi resterà fino a quando questa casa non sia sconvolta e distrutta.
Sant’Agostino ci dice che lo spergiuro è un grave crimine e una bestia feroce, che fa una devastazione terribile.
Ciò che aggrava ancora di più questo peccato, è il fatto che alcuni aggiungono al giuramento falso, una esecrazione, dicendo: «Se ciò non è vero, che io non possa mai vedere ilVolto di Dio!… Che Dio mi danni!… Che il demonio mi rapisca!…».
Ah! disgraziato! se il buon Dio ti prendesse sulla parola, che ne sarebbe di te? Chissà da quanti anni bruceresti all’inferno!
Ditemi, fratelli miei, si può mai concepire che un cristiano possa rendersi colpevole di un tale crimine e di un tale orrore?
O mio Dio! un verme di terra spinge la sua barbarie a un simile eccesso!
No, fratelli miei, no, ciò non è concepibile per un cristiano.
Bisogna ancora esaminare se avevate deciso di giurare, oppure di fare false imprecazioni, e per quanti giorni avete avuto questo pensiero, cioè, per quanto tempo siete stati disposti a farlo.
Gran parte dei cristiani non vi fa affatto attenzione, sebbene si tratti di un grosso peccato.
«Ma, mi direte voi, è vero che ci ho pensato, ma poi non l’ho fatto».
Non lo avete fatto, ma il vostro cuore l’ha fatto; e siccome siete nella disposizione di poterlo fare, siete colpevoli agli occhi del buon Dio.
Ahimè! povera religione, quanto poco ti si conosce!
Vediamo nella storia un esempio sconvolgente della punizione di coloro che fanno delle false imprecazioni.
Al tempo di san Narciso, vescovo di Gerusalemme, tre giovano libertini che si abbandonavano all’impurità, calunniarono orribilmente il loro santo vescovo, accusandolo dei crimini dei quali erano colpevoli essi stessi, nella speranza che non avrebbe osato riprenderli.
Andarono davanti ai giudici, dicendo che il vescovo aveva commesso un tale peccato; e accompagnarono i loro giuramenti con delle imprecazioni spaventose.
Il primo disse: «Se ciò che dico non è vero, che io possa soffocare».
Il secondo: «Se ciò non è vero, che io possa essere bruciato vivo».
Il terzo: «Se ciò non è vero, che io possa perdere gli occhi».
Ahimè! la Giustizia del buon Dio non tardò a punirli: il primo fu soffocato e morì miseramente; quanto al secondo, il fuoco entrò nella sua casa, a causa della scintilla di un falò che si svolgeva nella città: egli vi bruciò vivo; il terzo, sebbene punito, fu più fortunato degli altri: riconobbe la sua colpa, ne fece penitenza, e pianse tanto, fino a perdere la vista.
Eccovi un altro esempio, che non è meno incisivo.
Leggiamo nella storia che mentre sant’Edoardo era re d’Inghilterra, il conte Gondovino, che era suocero del re, era così geloso e così orgoglioso, che non sopportava che nessuno si avvicinasse al re.
Il re lo accusò un giorno di aver partecipato alla morte di suo fratello.
«Se è così, gli rispose il conte, che questo boccone possa strangolarmi».
Il re prese quel pezzetto di pane, vi fece sopra il segno della croce, senza dubitare di nulla.
Poi l’altro lo mangiò, ma gli rimase in gola, lo strangolò e morì all’istante.
Converrete con me, fratelli miei, da questo terribili esempi, che questo peccato è orribile agli occhi del buon Dio, perchè Egli voglia punirlo in una maniera così terribile.
Vi sono ancora dei padri e delle madri, dei padroni e delle padrone, che hanno ogni momento sulla bocca queste parole: «Ah! carogna di un figlio!… Ah! bestia di un figlio!… Ah! figlio imbecille!… Che tu possa crepare una buona volta, perchè mi stai tormentando troppo!… Vorrei essere tanto lontano, quanto sono vicino!… (?); Forse che Dio non ti punirà, una buona volta!…»; e pronunciando la b… e la f…, ci si riferisce alle maledizioni: ve lo dico, come lo penso (un bel rompicapo, risolvere questo enigma incomprensibile; espressioni comuni nel gergo dell’epoca?; n.d.a.).
Sì, fratelli miei, ci sono dei genitori che hanno così poca religione, che hanno sempre sulla bocca queste espressioni.
Ahimè! quanti poveri figli sono infermi e deboli di spirito, scostanti, viziosi, a causa delle maledizioni che il loro padre o la loro madre hanno lanciato contro di essi! (anche nella Bibbia la benedizione e la maledizione hanno una loro consistenza reale; n.d.a.).
Leggiamo nella storia, che c’era una madre che disse a suo figlio: «Che tu possa crepare, così non mi tormenterai più!». Quel povero figlio cadde morto ai suoi piedi.
Un’altra disse a suo figlio: «Che il demonio ti porti via!», e il figlio scomparve, senza che si sia mai saputo che fine abbia fatto.
Mio Dio! quale disgrazia! disgrazia per il figlio e per la madre!
C’era nella provincia di Vallerie, un uomo molto rispettabile per la sua condotta.
Essendo un giorno ritornato da un viaggio, chiama il suo domestico in una maniera molto disdicevole, e gli dice: «Vieni, dunque, diavolo di un valletto, vieni dunque a togliermi i calzari!».
Subito la sua scarpa comincia a sfilarsi, senza che nessuno la tirasse. Tutto spaventato, si mette a gridare: «Vai via, satana! non è te che ho chiamato, ma il mio valletto», e così il demonio fuggì all’istante, e la sua scarpa rimase tirata a metà.
Quest’esempio ci dimostra, fratelli miei, come il demonio ci giri attorno, per ingannarci e farci perdere, non appena se ne presenti l’occasione.
E’ per questo che vediamo che i primi cristiani avevano un tale orrore del demonio, che non osavano nemmeno pronunciarne il nome.
Anche voi, dunque, dovete stare attenti a non pronunciarlo mai, nè a lasciarlo pronunciare ai vostri figli e ai vostri domestici. Se li sentite, dovete riprenderli, fino a che non si siano corretti.
Non soltanto, fratelli miei, è male giurare, ma anche far giurare gli altri.
Sant’Agostino ci dice che colui che è causa per cui un altro abbia giurato falsamente in tribunale, è più colpevole di chi commette un omicidio «perchè, ci dice, chi uccide un uomo, uccide solo il suo corpo, mentre colui che fa giurare falsamente un altro in tribunale, uccide la sua anima».
Per darvi un’idea della grandezza di questo peccato, vi mostrerò come si diventi colpevoli, allorchè si prevede che le persone che si citano in tribunale, giureranno falsamente.
Leggiamo nella storia, che vi era nella città di Ippona, un borghese che era un uomo per bene, ma un po’ troppo attaccato alla terra.
Egli volle costringere un uomo che gli doveva qualcosa, a presentarsi in tribunale.
Questo miserabile giurò falsamente, cioè assicurò di non dovergli nulla.
La notte seguente (in sogno) colui che aveva fatto condurre l’altro in giudizio, per essere risarcito, fu presentato lui stesso davanti a un tribunale, dove vide un Giudice che gli parlò con una voce terribile e minacciosa, chiedendogli perchè avesse fatto spergiurare quell’uomo; non sarebbe stato meglio perdere quel debito, piuttosto che far dannare quell’anima? Per questa volta gli perdonava, a causa delle sue buone opere, ma lo condannava a essere frustato con verghe.
Infatti, l’indomani, vide tutto il suo corpo insanguinato.
«Ma, mi direte voi, se non costringo qualcuno a giurare, perderò ciò che mi deve».
Dunque, voi preferite che si perda la sua anima, piuttosto che perdere il vostro denaro?
D’altronde siate certi, fratelli miei, che se fate un sacrificio affinchè il buon Dio non venga offeso, vedrete che il buon Dio non mancherà di ricompensarvi da qualche altra parte.
Ciò che dirò ora, non avviene molto spesso, ma bisogna stare molto attenti a non fare regali, nè sollecitare coloro che devono deporre contro di voi in giudizio, a non dire la verità: fareste dannare loro, e vi dannereste anche voi.
Se vi foste comportati così, e qualcuno, che non lo meritava, fosse stato condannato, perchè voi avete detto una menzogna, voi sareste obbligati a riparare tutto il male che questo abbia potuto produrre, e a risarcire quella persona, sia nei suoi beni, sia nella sua reputazione, per quanto vi sia possibile, altrimenti sareste dannati.
Bisogna considerare anche, se per caso voi non abbiate avuto il pensiero di giurare falsamente, e per quanto tempo questo pensiero sia rimasto nel vostro spirito.
Alcuni pensano che, siccome non lo hanno detto, non c’è niente di male.
Amico mio, sebbene tu non lo abbia detto, il tuo peccato è già stato commesso, poichè eri nella disposizione di metterlo in atto.
Esaminate anche, se voi non abbiate dato qualche “mezzo-consiglio”: una persona vi dirà: «Credo che sarò chiamato in giudizio per un tale; tu cosa ne pensi? Io vorrei non dire ciò che ho visto, per non farlo condannare, tanto più che l’altro è abbastanza ricco; però mi sembra di agire male».
Se voi gli direte: «Ah! il danno non è poi tanto grave… Non sarebbe una grande perdita..».
Se, in seguito a ciò quello giurerà il falso, e se colui che avete consigliato non ha di che risarcire l’altro, sarete obbligati a farlo voi stessi.
Volete sapere, fratelli miei, che cosa dovete fare in giudizio o altrove?
Ascoltate lo stesso Gesù Cristo che ci dice: «Invece di ragionare, se qualcuno vi domanda il vostro vestito esterno, dategli anche quello di sotto (tunica e mantello;), perchè ciò vi è più vantaggioso che ragionarci sopra».
Ahimè! quanti peccati fa commettere un processo in tribunale! Quante anime questi processi fanno dannare, a causa di tanti falsi giuramenti, dell’odio, degli inganni e delle vendette!
Ma ecco, fratelli miei, i giuramenti che si fanno più spesso, o piuttosto, ad ogni istante.
Quando diciamo qualcosa a qualcuno, se l’altro non vuole crederci, noi giuriamo anche con una imprecazione.
I padri e le madri, i padroni e le padrone, devono stare molto attenti a ciò: spesso capita che i loro figli o i loro domestici, hanno commesso qualche colpa, ed essi li pressano perchè dicano se sono stati loro; allora i figli o i domestici, per paura di essere battuti o rimbrottati, giureranno molte volte che non è vero, che vorrebbero non potersi più muovere di lì, se stessero mentendo.
Sarebbe molto meglio non dire nulla e subire qualche perdita, piuttosto che farli dannare (si ricordi che questa facilità del curato a prospettare il pericolo di dannazione, per ogni singolo peccato grave, suppone sempre, il rischio di una morte improvvisa, in stato di peccato; n.d.a.).
D’altra parte, vi ritenete migliori? Offendete tutti il buon Dio, e questo è tutto ciò che vi resta (pensiero un po’ oscuro; n.d.a.).
Quale rammarico, fratelli miei, se nel giorno del Giudizio, voi vedeste questi poveri figli dannati, per una bagattella o una cosa da nulla! (di fronte a certe affermazioni, molto frequenti, del curato, il “dilemma è cornuto”: o i due papi che lo hanno indicato come “protettore e modello universale dei sacerdoti” non avevano mai letto le Omelie, il che sarebbe gravissimo, oppure i tempi sono talmente cambiati, che la dottrina cattolica non la si riconosce più…una sorta di darwiniana “mutazione della specie”; n.d.a.).
Ci sono altri poi che giurano, o promettono di fare o di donare qualcosa a un altro, senza avere la reale intenzione di farlo.
Prima di promettere una cosa bisogna esaminare bene se si sarà in grado di farla.
Prima di prometterla, non bisogna mai dire: «Se non faccio ciò, possa io non vedere mai il buon Dio, o non muovermi più da qui».
State attenti, fratelli miei, questi sono peccati più orribili di qunto possiate comprendere.
Se, per esempio, in un accesso di collera avete promesso di vendicarvi, è certo che è meglio non farlo, ma, al contrario chiederne perdono al buon Dio.
Lo Spirito Santo ci dice che colui che giurerà, sarà punito…
Se mi chiedete che cosa s’intenda con il termine “bestemmia”… Questo peccato, fratelli miei, è così orribile, che dei cristiani non dovrebbero avere la forza di proferirlo.
La bestemmia è una parola che indica la volontà di maledire e detestare una Bontà infinita, e cioè questo peccato si rivolge direttamente al buon Dio.
Sant’Agostino ci dice: «Noi bestemmiamo, allorchè attribuiamo al buon Dio qualcosa che non gli appartiene, o che non gli conviene, oppure allorchè gli togliamo ciò che gli conviene, o, infine, quando si attribuisce a se stessi ciò che conviene a Dio, e che è dovuto a Lui soltanto».
Bestemmiamo quando diciamo che il buon Dio non è giusto perchè rende alcuni tanto ricchi, da avere tutto in abbondanza, mentre altri sono così miserabili, che hanno appena il pane da mangiare.
Oppure, se diciamo che Egli non è così buono come si pensa, poichè lascia tante persone nel disprezzo e nell’infermità, mentre altre sono amate e rispettate da tutti.
Oppure diciamo che il buon Dio non vede tutto, che non fa attenzione a ciò che succede sulla terra.
O ancora diciamo: «Se Dio usa Misericordia a quel tale, vuol dire che non è giusto, perchè quel tale ne ha combinate troppe».
Oppure, se subiamo qualche perdita, e ci arrabbiamo contro il buon Dio, dicendo: «Ah! come sono disgraziato! il buon Dio non potrebbe farmene di piu! io credo che non sa neppure che io esisto al mondo, o, se lo sa, è solo per farmi soffrire!».
E’ anche una bestemmia, se ci prendiamo gioco della santa Vergine o dei santi, dicendo: «Ecco qualcuno che non ha nessun potere: ho fatto tante preghiere, ma non ho mai ottenuto nulla».
San Tommaso, ci dice anche che la bestemmia è una parola ingiuriosa, oltraggiosa, contro il buon Dio, o contro i santi.
Questo si verifica in quattro modi.
Anzitutto, con una affermazione, dicendo: «Il buon Dio è crudele e ingiusto a permettere che io soffra tanti mali, che mi si calunni in questo modo, che io perda questo denaro o questo processo.
Ah! come sono disgraziato! è tutto distrutto, non posso avere nulla, mentre agli altri riesce tutto bene».
Inoltre si bestemmia dicendo che il buon Dio non è Onnipotente, e che si possa fare qualcosa senza di Lui.
Fu questa bestemmia che Sennàcherib, re degli Assiri, proferì mentre assediava la città di Gerusalemme, affermando che, malgrado il buon Dio, egli avrebbe comunque conquistato la città.
Egli si prese gioco di Dio, dicendo che non era abbastanza potente da impedirgli di entrare, e di mettere tutto a fuoco e sangue.
Ma il buon Dio, per punire questo miserabile per la sua bestemmia, e dimostrargli di essere Onnipotente, gli inviò un angelo che, in una sola notte, gli uccise centottantamila uomini.
Il re, l’indomani, vedendo tutta la sua armata sgozzata, senza sapere da parte di chi, pieno di spavento se ne fuggì a Ninive, dove venne ucciso lui stesso dai suoi due figli.
Si bestemmia anche, allorchè si attribuisce a una creatura ciò che è dovuto solo a Dio, come quei miserabili che dicono a una creatura infame, oggetto della loro passione: «Ti amo, con tutta la tenerezza del mio cuore… Ti sono così attaccato, che ti adoro!».
Questo è un crimine che fa orrore, e tuttavia è molto comune, almeno nei fatti (per il curato, certe effusioni romantico-erotiche, rivolte a una creatura, che lui definisce “infame”, perchè le accetta, suonano come un atto di adulterio verso Dio, che è l’unico a meritarle; n.d.a.).
Infine, si bestemmia quando si dice: «Ah! S… N… di D…
Ciò fa orrore!» (altro rompicapo enigmistico, il secondo finora: si tratta di espressioni comuni all’epoca, ma per noi incomprensibili, a meno che qualcuno non riesca a sciogliere l’enigma; n.d.a.).
Questo peccato della bestemmia, è così grande e così orribile agli occhi di Dio, da attirare ogni sorta di disgrazie sulla terra.
I Giudei avevano un tale orrore delle bestemmie, che, quando sentivano qualcuno bestemmiare, si strappavano gli abiti.
Essi non osavano neppure pronunciare quella parola; essi la chiamavano “benedizione” (effettivamente era un modo di dire degli ebrei, attestato, ad esempio, nell’espressione della moglie di Giobbe: “Benedici Dio, e muori”: Giobbe 2,9; n.d.a.).
Il sant’uomo Giobbe, aveva tanta paura che i suoi figli avessero bestemmiato (nei banchetti che facevano insieme; n.d.a.), che offriva sacrifici al Signore, nel caso che ciò fosse successo (Giobbe 1,5).
Sant’Agostino ci dice che coloro che bestemmiano Gesù Cristo che è in Cielo, sono più crudeli di quelli che lo hanno crocifisso, sulla terra.
Il cattivo ladrone bestemmiava Gesù Cristo sulla croce, dicendo: «Se è Onnipotente, che liberi se stesso e noi».
Il profeta Natan disse al re Davide: «Poichè sei stato la causa per cui è stato bestemmiato il Nome del buon Dio, tuo figlio morirà, e il castigo non uscirà dalla tua casa, per tutta la tua vita».
Il buon Dio ci dice: «Colui che bestemmierà il Nome del Signore, voglio che sia messo a morte».
Leggiamo nella Sacra Scrittura che portarono a Mosè un uomo che aveva bestemmiato.
Mosè consultò il Signore, che gli disse che avrebbe dovuto condurlo in un campo, per farlo morire, ossia, per abbatterlo a colpi di pietre (Levitico 24,14!).
Possiamo dire che la bestemmia è veramente il linguaggio dell’inferno.
San Luigi, re di Francia, aveva in tale orrore questo crimine, che aveva ordinato che tutti i bestemmiatori fossero marchiati con un ferro rovente sulla fronte.
Essendogli stato condotto un borghese di Parigi, che aveva bestemmiato, molti vollero sollecitare la sua grazia; ma il re disse loro che avrebbe voluto morire lui stesso, per distruggere questo maledetto peccato, e ordinò che fosse punito.
L’imperatore Giustiniano faceva strappare la lingua a coloro che avessero avuto la disgrazia di commettere un crimine così grande.
Durante il regno del re Roberto, il regno di Francia era sommerso da ogni genere di disgrazie, e il buon Dio rivelò a una santa che, fino a quando fossero durate le bestemmie, sarebbero durati anche i castighi.
Fu fatta una legge, che condannava tutti coloro che bestemmiavano, ad avere la lingua trafitta da un ferro rovente, la prima volta, e ordinava che, la seconda volta, li si facesse morire.
State molto attenti, fratelli miei, che se la bestemmia regna nella vostra casa, tutto andrà alla malora.
Sant’Agostino ci dice che la bestemmia è un peccato peggiore dello spergiuro, perchè, ci dice, con lo spergiuro, noi prendiamo il Nome del buon Dio a testimone di una cosa falsa, mentre con la bestemmia, noi diciamo una cosa falsa sul buon Dio.
Quale crimine! chi mai potrebbe comprenderlo?
San Tommaso ci dice anche che vi è una bestemmia contro lo Spirito Santo, che si commette in tre modi:
1°- Attribuendo al demonio le opere del buon Dio, come facevano i Giudei, che dicevano che Gesù Cristo cacciava i demoni nel nome del principe dei demoni; oppure, come facevano i tiranni e i carnefici, che attribuivano alla magia e al demonio, i miracoli che facevano i santi.
2°- Si bestemmia contro lo Spirito Santo, ci dice sant’Agostino, quando si muore nella “impenitenza finale”.
L’impenitenza è uno spirito di bestemmia, poichè la remissione dei peccati si ottiene con la carità, che è lo Spirito Santo.
3°- Si bestemmia, quando compiamo delle azioni che sono direttamente opposte alla bontà di Dio, come succede quando disperiamo della nostra salvezza, e non vogliamo assumere tutti i mezzi per ottenerla; oppure quando siamo invidiosi che gli altri ricevano più grazie di noi.
State bene attenti a non lasciarvi mai andare a questo genere di peccati, perchè sono molto spaventosi! Noi trattiamo il buon Dio come se fosse ingiusto, dicendo che dà più agli altri che a noi.
Non avete forse bestemmiato, fratelli miei, quando avete detto che non c’è nessuna Provvidenza, se non per i ricchi e per i malvagi?
Non avete forse bestemmiato quando vi è giunta qualche perdita, e avete detto: «Ma che cosa ho fatto io al buon Dio, più di un altro, perchè mi accadano tante disgrazie?».
Che cosa hai fatto, amico mio? Alza gli occhi, e vedrai che tu lo hai crocifisso!
Non avete forse bestemmiato dicendo che siete troppo tentati, che non potete fare diversamente, che è il vostro destino?…
E che! fratelli miei; voi non ci pensate?…
Vorreste dire che il buon Dio vi avrebbe fatti viziosi, collerici, irrequieti, fornicatori, adulteri, bestemmiatori?
Non accettate ciò che dice la fede sul p
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