Insegnamenti pratici sopra l'orazione mentale - IV
Meditare la passione di Gesu'
Autore: Autori Vari
Per confermare quanto ha detto nel suo trattenimento quinto sulla meditazione in genere, nei tre trattenimenti segiuenti, il Servo di Dio ci propone a meditare in parcolare la Passione SS. di Gesù, e i Dolori della sua santa Madre. Alla Passione del Redentore divino consacra i trattenimenti. sesto e settimo; ed in essi c’invita a considerare attentamente:
1.La grande importanza della meditazione della Passione del gran Figlio. di Dio la deduce il Servo di Dio dal trovarsi in essa particolarmente, i motivi più efficaci ed attraenti per la pratica della virtù e dell’amore di Dio. Quindi, appoggiandosi all’autorità di due grandi Dottori e Maestri di spirito, dice ai suoi novizi:
Sentite a questo proposito come graziosamente si esprime il dottore S. Bernardo « Mio Signore, scrive egli, Voi vi siete renduto degno dell’amor nostro per tutto quello che avete fatto per noi nella creazione, e per tutto quello che fate per conservarci. Però sopra ogni cosa ciò che vi rende a noi più amabile, è quel calice amaro che avete bevuto, quel calice, dico, in cui si effettuò l’opera ammirabile della nostra redenzione. Questo al certo vi guadagna tutto il nostro amore, ed è il motivo che più giustamente esige, più soavemente alletta, più fortemente stringe, e più efficacemente rapisce la nostra divozione. Imperocchè, continua a dire il Santo, se il patire per l’oggetto amato è la prova più grande per cui uno si rende degno di essere amato, dove possiamo noi trovare cosa nella quale Iddio abbia tanto faticato, e patito per noi, quanto nella sua Passione? Creò è vero per noi il mondo, ma non gli costò che una sola parola; laddove nella sua Passione chi può descrivere quello che dovè soffrire? Per la qual cosa avverti, o cristiano, così il santo Dottore conchiude se vuoi che il tuo cuore si accenda di amor santo, e di vera divozione, accostati a Gesù Cristo, ed, egli te ne insegnerà il modo facile, e te ne comunicherà l’infallibile segreto ».
Il dottore S. Francesco di Sales parlando all’anima divota scrive similmente così: « Io vi consiglio l’orazione mentale, e particolarmente quella che si fa sopra la vita, e la Passione di nostro Signore Gesù Cristo. Se voi vi applicherete di sovente a considerarla, per certo l’anima vostra si riempirà tutta di lui, voi ne imparerete i portamenti, e formerete tutte le vostre azioni giusta il modello delle sue. Egli è la luce del mondo; dunque in esso, da esso, e per esso, noi dobbiamo essere rischiarati, ed illuminati. Questo è l’albero del desiderio, all’ombra del quale noi ci dobbiamo rinfrescare. Questo è il vivo fonte di Giacobbe per lavare tutte le nostre lordure. Vedete come i bambini a forza di udir parlare le loro madri e balbettare con loro, imparano a parlare il loro linguaggio? Così noi dimorando presso il Salvatore colla meditazione, ed osservando le sue parole, le sue azioni, e gli affetti, impariamo mediante la grazia sua a pensare, a fare, a volere come lui. Bisogna fermarsi qui, o anima divota, e credetemi che non sapremmo meglio andare a Dio Padre, che per questa porta. E siccome il cristallo di uno specchio non potrebbe arrestare la nostra vista, se di dietro non fosse coperto di stagno, o di piombo; così la Divinità non potrebbe essere ben contemplata da noi in questo basso mondo, se ella non fosse unita alla sacra umanità del Salvatore, la cui vita e morte sono l’oggetto più proporzionato, soave, delizioso, e profittevole che noi possiamo scegliere per ordinaria meditazione. Non senza motivo il Salvatore si chiama pane disceso dal cielo, perchè siccome il pane può esser mangiato con ogni sorta di cibo, così il Salvatore deve essere meditato, considerato, e ricercato in tutte le nostre azioni, ed orazioni ».
2. A proposito delle disposizioni che si convengono a ben meditare la Passione di Gesù Cristo, oltre gli avvisi che vi ho già dati per l’orazione in genere, ne aggiungo qui due altri che vi saranno molto utili. Udite. Il primo avviso sia che nel considerare i fatti di questa Passione, uno se li rappresenti alla mente non già come cose passate, come avvenimenti di una storia antica, di cui noi adesso facciamo soltanto memoria. Imperocchè sebbene la realtà del fatto materiale sia passata, avendo Gesù Cristo patito quella sola volta; però non è passato il fine, e non sono passati gli effetti di quei patimenti. Queste sono tutte circostanze presenti egualmente adesso come erano allora, e come saranno per l’avvenire. Di maniera che sotto questo riguardo ben si può e si deve dire che la Passione del Salvatore divino è un fatto presente, perché appunto presenti sono i peccati che ne furono la cagione, e perchè, quanto dal canto nostro, rinnoviamo questa Passione ogni qualvolta pecchiamo; presente è la nostra sconoscenza, presente è la benignità di Gesù Cristo nel sopportarci, presenti gli affetti, di ricevere cioè noi ad ogni istante il perdono, ed ogni sorta di bene. Ora essendo la meditazione diretta a muovere il cuore, ed eccitarlo a sentimenti vivi, e risoluzioni efficaci, ognun vede quanto meglio si ottenga il fine col fissare l’attenzione sopra motivi presenti. Mi spiego con un esempio. Quando prendete a meditare Gesù Cristo flagellato alla colonna fate in questo modo: figuratevi di esser vicini, e vedere quella turba di gente maligna, che sta accusando al Preside il Figliuol di Dio con nere calunnie, ed il buon Gesù che sente e tace… Quindi immaginatevi di ascoltare il Preside, che sebbene convinto dell’innocenza di Gesù, pure per umani rispetti lo condanna ad esser flagellato… Dipoi osservate come quei manigoldi lo afferrano, lo trascinano nel cortile, gli strappano di dosso le vesti, lo legano ad una colonna, ed infine lo battono, e lo pestano come si fa quando si trita il grano… E Gesù che fa? Egli si lascia fare tutto, senza dire una parola, senza fare la minima resistenza. Egli diventa tutto una piaga, il sangue scorre per terra… Oh! quale spettacolo! Chi non si commuove? Chi non piange? sopratutto nel riflettere che i nostri peccati ne sono stati la cagione?… Vedete, dilettissimi, che facendo in questo modo la cosa riesce più sensibile, e produce l’effetto desiderato di muovere il cuore.
Il secondo avviso sia, che siccome il nostro Signor Gesù Cristo tanto ha patito per tutti gli uomini in generale, quanto per ciascuno in particolare, conforme insegna lo Spirito Santo per bocca dell’Apostolo, perciò a conseguir meglio il fine della meditazione giova applicare a se stesso le riflessioni che si fanno, vale a dire meditare questo mistero della Passione come se si fosse compiuto soltanto per nostro bene, e per nostra salute individuale. Poniamo un esempio sul fatto di Gesù Cristo che agonizza e suda sangue nell’orto. Dopo di averlo rappresentato in quell’orto genuflesso in orazione, e ridotto al più compassionevole stato, certamente dovrete considerare i motivi che hanno prodotto questa pena. Essi riguardano tutti gli uomini, ma voi date ancora un passo, ed applicateli a voi in particolare, dicendo per esempio: Ecco Gesù che per me agonizza, e si riduce quasi a morire di dolore. Egli per me, per ottenermi misericordia dal suo divin Padre suda sangue; per farmi vedere l’amore con cui s’interessa per me, si spreme da se stesso il sangue dalle vene… Ah! dunque i miei peccati sono stati la cagione di queste pene!… La mia infedeltà, la mia malizia sono stati il torchio che hanno spremuto questo sangue dal cuore di Gesù!… Egli poteva abbandonarmi, non potendo ritrarre da me alcun bene: ma pure, oh bontà infinita! se io fossi stato il solo uomo che esistesse al mondo, e che fosse da redimersi, Gesù, questo amante divino mi avrebbe amato collo stesso amore col quale ha amato tutti gli uomini insieme; mi avrebbe dato le medesime prove che ha dato a tutti in generale, ecc. Chi non vede che la meditazione in questa guisa riveste una forma viva, ed eccitante, per destare affetti commoventi? In tal modo si arriva meglio a capire il valore di un’anima, e quindi l’importanza di salvarla; si arriva meglio a comprendere l’amore infinito di un Dio che sacrifica se stesso per il bene della sua creatura, in conseguenza quanto merita di essere corrisposto.
Cominciando dalla prima circostanza Chi è che patisce, essa ferma l’attenzione sopra la natura, e le eccellenze della persona che ha patito. Circostanza importantissima a considerarsi, perchè costituisce come il fondamento di questo gran mistero della redenzione umana. Difatti la Passione e morte di Gesù Cristo in tanto è un’opera grande e maravigliosa, un’opera d’infinita gloria di Dio, e d’infinita efficacia per noi, in quanto la persona che l’ha effettuata aveva una eccellenza infinita, cioè era Dio; ed intanto il patire a cui si assoggettò ha dell’ineffabile, e dell’incomprensibile, in quanto la persona che pativa, doveva andarne esente, e lontana. Ora ecco lo spettacolo capace di rendere estatica la nostra mente, e che ci si presenta ad ogni tratto nella considerazione della storia della Passione e morte di Gesù Cristo. Si vede che quegli che patisce è il Figliuol di Dio Dio cioè Egli stesso, ed ugualmente che il Padre, infinito nella grandezza, infinito nella bellezza, infinito nella santità, infinito nella sapienza, nella potenza, nella bontà, infinito in una parola in ogni dote, in ogni eccellenza immaginabile. O cielo! E come non istupire a questa considerazione! Un Dio fra le miserie! Un Dio fra le umiliazioni! Un Dio calunniato dalle sue creature! Un Dio preso a schiaffi! Un Dio legato, giudicato, condannato a morte! Un Dio crocifisso fra i ladri! E chi può considerare queste cose col cuore freddo?
Ed ecco perchè nel considerare la Passione di Gesù Cristo non bisogna fermarsi alle sole apparenze, come faceano gli ebrei, ed i gentili, ai quali perciò un tal mistero riusciva uno scandalo, ed una stoltezza, e come pur troppo fanno non pochi cristiani, a cui per lo meno riesce insipido ed indifferente. Conviene, miei dilettissimi, aprir bene gli occhi della fede, internarsi colla riflessione, e scuoprire il tesoro che è nascosto sotto la corteccia delle apparenze; riconoscere che quegli il quale ci si presenta sotto le sembianze di reo, e di peccatore, egli è l’unigenito del divin Padre, il Verbo eterno, il creatore e signore dell’universo, la maestà infinita dinanzi alla quale il cielo, la terra, e l’inferno s’inchinano, e tremano per riverenza. Convien riconoscere che in tanto questo gran Dio è comparso fra noi come il più vile degli uomini, in quanto che egli stesso ha voluto così, per operare la nostra redenzione. Ohi qual lume non sparge sulla mente questo pensiero! Esso solo è capace di tener occupata un’anima per tutta l’orazione, come infatti leggiamo di molti santi, e segnatamente del nostro santo Padre, che nel proferire queste semplici parole: – Un Dio umiliato! Un Dio crocifisso! – restava come affogato, e sospeso senza potere dir altro. Ma veniamo all’altra circostanza.