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Padre Gaston Courtois - «Il sacerdote dev’essere un Uomo di Dio, un Uomo degli Uomini, un Uomo della Chiesa».

Introduzione a "Quando il Maestro parla al cuore - I"

Autore: Padre Gaston Courtois

Un anno e mezzo prima di morire, Padre Courtois aveva tratteggiato in un’immagine eloquente il suo modo di concepire il sacerdozio. Si trovava a Roma, per il giubileo sacerdotale di un confratello.
«Il sacerdote – disse in quell’occasione – dev’essere un Uomo di Dio, un Uomo degli Uomini, un Uomo della Chiesa».

Questa formula lapidaria può costituire una definizione della sua stessa vita.

Uomo di Dio. Quest’uomo dalle idee sempre nuove, questo apostolo dalle innumerevoli iniziative era, soprattutto e anzitutto, l’uomo della preghiera. Egli si rinnovava continuamente nel «cuore a cuore» col Signore. Nessun impegno, pur urgente che apparisse, gli faceva rinunziare a quel «tempo forte» riservato a Dio che è l’orazione. Quest’uomo d’azione era un grande contemplativo, e ciò spiega la fecondità straordinaria di tutte le sue imprese. Sapeva e proclamava che «il sacerdote non potrebbe essere un uomo in tutto simile agli altri». Si sforzava di vivere, ed era solito dirlo, «in persona Christi». A quanti lo interpellavano ripeteva instancabilmente le stesse direttive: preghiera, orazione, giornata settimanale di silenzio, durante la quale, interrotta ogni attività, ci si «ricarica» di Dio per meglio esprimerlo e donarlo.“ziale al suo Signore, in risposta a una chiamata precoce che egli stesso pone nel febbraio 1909, quando non era ancora dodicenne. Questa aspirazione a una vita di intimità con Dio, provata sin dall’adolescenza, crebbe insieme a lui, a tal punto che la preghiera fu il vero motore di tutta la sua azione pastorale.

Da molto tempo aveva preso l’abitudine di scrivere, «quasi sotto dettatura del Signore», i suoi quaderni: in tasca ne aveva sempre uno. Oltre a quanto Padre Courtois ha già diffuso nel mondo, attraverso un’abbondante produzione di opere, purtroppo in gran parte esaurite, si trova in questi quaderni l’espressione di rapporti più intimi con Colui che era il suo tutto. Anche se si schermiva di sentire qualsiasi «voce». «Esprimo solamente nel mio vocabolario – diceva – ciò che io credo che Egli voglia dirmi».

Uomo di Dio, certamente, in tutto il suo essere, si considerava un consacrato e regolava il suo modo di vivere su quel dono iniziale al suo Signore, in risposta a una chiamata precoce che egli stesso pone nel febbraio 1909, quando non era ancora dodicenne. Questa aspirazione a una vita di intimità con Dio, provata sin dall’adolescenza, crebbe insieme a lui, a tal punto che la preghiera fu il vero motore di tutta la sua azione pastorale.
Da molto tempo aveva preso l’abitudine di scrivere, «quasi sotto dettatura del Signore», i suoi quaderni: in tasca ne aveva sempre uno. Oltre a quanto Padre Courtois ha già diffuso nel mondo, attraverso un’abbondante produzione di opere, purtroppo in gran parte esaurite, si trova in questi quaderni l’espressione di rapporti più intimi con Colui che era il suo tutto. Anche se si schermiva di sentire qualsiasi «voce». «Esprimo solamente nel mio vocabolario – diceva – ciò che io credo che Egli voglia dirmi».”

Uomo degli Uomini. Vivendo per Dio nel modo più totale possibile alla condizione umana, Padre Courtois, per logica conseguenza, si mostrò sempre disponibile a tutti i bisogni degli uomini suoi fratelli. In questo spirito egli concepiva il suo sacerdozio: «Non è certo per noi che siamo stati ordinati sacerdoti, ma per gli altri», dichiarava. Lo spirito di servizio gli era quasi naturale, poiché traeva origine direttamente da Colui che ha dichiarato di essere venuto «non per essere servito, ma per servire».

In questo spirito, ancora studente, trascinava i suoi compagni all’apostolato tra i ragazzi di un oratorio parigino.
Giovane sacerdote, radunò i suoi confratelli in un «Gruppo di aiuto sacerdotale» che si riuniva regolarmente per scambi fruttuosi.

Vice-parroco in una parrocchia popolare, lavorò col Padre Guérin alla fondazione della J.O.C. (Gioventù Operaia Cattolica) francese.
Entrato tra i Figli della Carità per realizzare meglio, nella vita religiosa, il «dono totale» al quale aspirava, e presto destinato all’organismo dell’Unione delle Opere Cattoliche di Francia, fondò il giornale «Coeurs Vaillants» (Cuori Valorosi) – donde trasse origine il Movimento omonimo – seguito poi dal giornale «Ames Vaillaintes» (Anime Valorose).
Preoccupato di aiutare le anime consacrate, predicò numerosi ritiri a sacerdoti e suore, e diede vita all’Unione delle Religiose Educatrici Parrocchiali.
Eletto Procuratore Generale del suo Istituto nel 1955, trascorse gli ultimi quindici anni della sua vita a Roma.

Chiamato, sin dal 1957, alla Congregazione «De Propaganda Fide» (attualmente detta «per l’Evangelizzazione dei popoli») quale membro permanente del Consiglio superiore della Propagazione della Fede, diventò nel 1960 Segretario Generale della Pontificia Unione Missionaria del Clero, e fondò, a tal titolo, i «Documents-Omnis Terra», che ancor oggi si pubblicano a Roma in tre lingue. Uomo degli uomini, Padre Courtois lo era sia sul piano personale sia su quello delle grandi realizzazioni. Lo ha sottolineato il Card. Garrone, nell’omelia tenuta alla messa delle sue esequie: «L’amicizia del Padre Courtois era immediata, universale, sempre fervorosa. Poteva persino stupire, proprio per tale fervore, spesso inatteso. Ma era impossibile contestare, anche per un attimo, la sincerità, e la prima occasione forniva la prova che il suo cuore non mentiva e che era capace di ogni sacrificio».
Quante persone potrebbero confermare questa testimonianza autorevole! Il Padre Courtois era la benevolenza personificata, sempre pronto, nella gioia, ad aiutare quanti si rivolgevano a lui, anche se sconosciuti. Si può dire che mettesse in pratica, in modo del tutto naturale, la formula: «Ogni uomo è mio fratello». Questa benevolenza e questa amicizia universali, che furono sue caratteristiche, portavano il Padre a non permettere mai che la critica o la maldicenza si esprimessero dinanzi a lui. Riusciva abilmente a deviare la conversazione e all’occorrenza tagliava corto. Un tale profondo amore, attinto al Cuore stesso di Dio, si esprimeva in tutti i modi e in tutte le occasioni.

Uomo degli uomini, Padre Courtois apprezzava il detto: «Nulla di quello che è umano mi è estraneo». Educatore nato, applicava le leggi della psicologia. Tra le sue numerose opere, «Pour réussir auprès les enfants», «L’art d’élever les enfants d’aujord’hui», «L’art d’etre Chef», «L’École des Chefs», sono miniere alle quali ancor oggi si può attingere con efficacia. Pur insistendo instancabilmente sullo spirito di preghiera, che nulla può sostituire, consigliava con insistenza di chiedere fedelmente la grazia «di un giudizio retto, di un buon senso solido, di un equilibrio perfetto», valori questi di cui egli era abbondantemente provvisto. Coltivava il buon umore, frutto dell’intima gioia di amare Dio e di servirlo.

Uomo della Chiesa. «È nella Chiesa, con la Chiesa, e per la Chiesa che noi preti realizziamo la nostra missione», diceva nel 1969.
Così aveva sempre pensato, e le scosse che già allora si facevano sentire non appannavano in alcun modo la fiducia e l’amore che egli professava per la Chiesa di Gesù Cristo. «È bene per noi, diceva ancora, in momenti come questi, in cui si critica la
Chiesa con tanta facilità e carenza di senso storico… fare tutt’uno con essa, affermare la nostra fierezza di appartenerle, ridire la nostra gioia di poter lavorare vicino al suo Capo».
Uomo leale, Padre Courtois riteneva normale spingersi fino in fondo ai suoi impegni; la sua fedeltà era senza sbavature. Il suo naturale ottimismo gli faceva superare le contingenze e lo legava alla unica verità che ne valesse la pena: «Non c’è Gesù Cristo da un lato e la Chiesa dall’altro. Essa è qualcosa di Lui. Anzi, è misticamente il suo Corpo in stato di crescita, nutrito e vivificato da Lui nella misura in cui ciascuno accetta di esserlo, ma ciascuno al suo posto, secondo la sua funzione, nel suo, ruolo complementare per il bene di tutto il Corpo».

Il senso missionario del Padre Courtois diventò molto intenso durante gli anni della sua permanenza a Roma. Non rifiutando nessuno dei lunghi viaggi (malgrado i preavvisi del male che lo avrebbe condotto alla tomba), andava e riandava dall’America all’Africa, continenti che percorse numerose volte, portando, col suo sorriso aperto, un conforto sicuro a tutti coloro che lavoravano nella evangelizzazione, in condizioni spesso difficili. Anche il Medio Oriente lo vide spesso, e non sono ancora stati dimenticati i sostanziosi ritiri spirituali da lui predicati. La sua fraterna dedizione alla Chiesa greco-melchita gli valse il titolo di Grande Iconomos e il Patriarca d’allora, Maximos IV, lo designava col titolo affettuoso di «figlio dell’Occidente con cuore Orientale».

Un filo direzionale legava intimamente tutte le iniziative del Padre Courtois e fecondava tutte le sue attività: il bisogno di far conoscere e amare Dio.
Di questi quaderni, quasi materializzazione del suo costante «ascolto di Dio» (titolo, anche questo, di un suo libro), egli non era avaro e, secondo l’occasione, ne comunicava alcuni brani. Sembra finanche che intravedesse l’eventualità di una loro pubblicazione, come risulta da queste righe che vi si trovano:
«Devi cogliere le idee che metto in te ed esprimerle nel tuo vocabolario, a mano a mano che te le ispiro. Altrimenti svaniranno nella nebbia dell’oblio. Se le faccio sorgere nel tuo spirito, è anzitutto per te stesso, poiché ti aiuteranno a pensare come penso io, a vedere le cose come le vedo io, a tradurre i segni dei tempi come voglio essere compreso nel chiaroscuro della fede. E poi ci sono tutti i tuoi fratelli e tutte le tue sorelle in umanità. Ciascuno ha bisogno della luce che io ti dono».

Ai piedi del Maestro» era il titolo generale che egli, dapprima, aveva dato a questi quaderni. Tuttavia, in uno degli ultimi (1967-1968), ha scritto in copertina quest’altro titolo: «Quando il Maestro parla al cuore». Per la pubblicazione, abbiamo scelto quest’ultimo titolo, pensando, in tal modo, di rispettare meglio la sua intenzione.
Era difficile raggruppare queste note seguendo un piano determinato. Infatti, ogni «conversazione» trattava assai spesso vari argomenti, che si completavano compenetrandosi. Tuttavia, per rendere più facile l’uso, si è cercato di suddividerli sotto alcuni titoli generali.

Conviene aggiungere che, essendo la materia molto abbondante (otto quaderni di 200 pagine ciascuno e pieni di scrittura fitta), siamo stati costretti a scegliere, e questo, come si sa (e come il Padre era solito ripetere), «significa sempre sacrificare qualcosa».
C’erano del resto, in queste pagine, molte ripetizioni. Forse si dirà che ne rimangono ancora. Ma, pur se, di fatto, le stesse idee ritornano con una certa costanza – cosa naturale, dopotutto, in un uomo in cui la vita spirituale era di una grande semplicità – l’espressione che caratterizza questi «colloqui» presenta una diversità di colorazione abbastanza ricca e che può essere feconda.
Del resto, quando si ama, non si trova forse il mezzo di ripeterlo in mille modi, anche con le medesime parole? Ebbene, ripetiamolo, il Padre Courtois non ha voluto e non ha cercato se non questo: amare il Signore quanto meglio era possibile, e lavorare con tutte le sue forze a farlo amare.

Possa questo messaggio postumo continuare quella che fu l’opera di tutta la sua vita!

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