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La chiave del cuore di Dio: l'emorroissa e la bambina

Meditazione a partire da Mc 5, 21-43

Autore: Don Gianmario Pagano

Qual è la chiave che apre il cuore di Dio? Sembra una domanda superflua, perché il cuore di Dio non può essere “chiuso”. Eppure il Vangelo di Marco, come tutta la Rivelazione cristiana, ci dice che tra noi e Dio, così come tra noi e gli altri, esiste una “barriera” che ci impedisce di comunicare e di attingere alla fonte della vita. L’interruzione di questo canale ci vieta di attingere a ciò di cui abbiamo profondamente bisogno, a ciò che può guarirci interamente, a ciò che può sanarci da ogni male. Marco ribadisce in questa pagina che tutto il bene che può trasformarci e salvarci passa solo attraverso l’umanità di Gesù. È lui l’unica possibilità, la chiave da “afferrare”.

Il racconto “a incastro” di questa pagina ci presenta il confronto tra due casi diversi eppure simili. La storia prende avvio da un padre disperato che però riesce ad affidarsi, a lasciar fare a quell’uomo da tutti deriso e criticato, nel quale però intuisce esserci qualcosa che nessun altro può dare. Al centro degli eventi, vero motore di tutto, però si trovano due donne, due storie diverse, due “destini” che si incrociano proprio nell’incontro personale con il Maestro. La prima è una donna matura, sofferente da tanto tempo, che riesce letteralmente a entrare in contatto con Gesù in modo diverso da chiunque altro e a strappare da lui la sua potenza. L’altra una bambina che sta per diventare donna, per la quale lo stesso tempo della lunga sofferenza della prima (12 anni) è un tempo ritenuto ancora troppo breve per abbandonare l’esistenza. La prima non può avere figli, la seconda è una figlia prematuramente perduta. Tutte e due rami aridi dove la morte sembra trionfare due volte, inaridendo alla radice la fonte stessa della vita.

Ma sia nel primo che nel secondo caso la rinascita e la resurrezione trionfa, passando attraverso l’incontro. Non con un semplice “toccare” o “imporre le mani” – il gesto in sé non basta mai – ma attraverso un riconoscimento e un atto di accoglienza interiore che crea un ponte, un canale vero attraverso il quale passa la vita e il bene: la fede in Gesù, unica speranza.

Poche pagine come questa mostrano la fede in azione, come qualcosa che vive e anima le scelte, che si innerva nelle storie e nelle vicende personali. Qualcosa di molto più profondo e radicale che l’adesione ideologica a una visione del mondo.
Si vede infatti il mondo a partire dalla propria prospettiva e dai propri bisogni profondi. Se si riesce ad alzare lo sguardo, si vede interporsi tra noi e ogni bene pensabile, una sola Persona che può cambiare tutto.

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