La Chiesa nostra Madre IV
Josemaría Escrivá testimone dell'amore alla Chiesa: Libertà e responsabilità personali del cristiano
Autore: San Josemaría Escrivá
Libertà e responsabilità personali del cristiano
Il Concilio Vaticano II ha dichiarato che parte principale della missione apostolica dei laici è animare di spirito cristiano gli ambienti del mondo, per ordinare secondo il volere divino questi àmbiti della società (professionali, sociali, economici, ecc.), con la convinzione di esservi implicati in maniera immediata e diretta, per dirigere tutto a Dio [Cfr Lumen gentium, 31; Apostolicam actuositatem, 11-14; Ad gentes, 21]. Allo stesso tempo, il Concilio ha segnalato che i laici devono realizzare questo compito con libertà e responsabilità personali: ossia con la coscienza ben formata, mediante la debita conoscenza dei princìpi di ordine morale che la Gerarchia interpreta e insegna [Cfr. Apostolicam actuositatem, 24], però senza che questo autorizzi mai i laici a considerarsi longa manus della Gerarchia nelle molteplici questioni e nei problemi concreti dell’ordine temporale: «Spetta alla loro coscienza, già convenientemente formata, di inscrivere la luce divina nella vita della città terrena. Dai sacerdoti i laici si aspettino luce e forza spirituale. Non pensino però che i loro pastori siano sempre esperti a tal punto che a ogni nuovo problema che sorge, anche a quelli gravi, essi possano avere pronta una soluzione concreta o che proprio a questo li chiami la loro missione: assumano invece essi, piuttosto, la propria responsabilità alla luce della sapienza cristiana e facendo attenzione rispettosa alla dottrina del Magistero» [Gaudium et spes, 43].
Perciò non è strano, anzi è logico (la dottrina cattolica non crea dogmi in materie opinabili), che, insieme all’unità nei princìpi morali, si dia anche un legittimo pluralismo tra i fedeli cattolici rispetto alla loro libera azione personale in materie di tipo professionale, sociale, politico, ecc. La linea conciliare in questa materia risulta ora molto chiara, però non lo era tanto, tutt’altro, in alcuni ambienti della vita civile e anche ecclesiastica quando, nel 1932, monsignor Escrivá scriveva ai primi membri dell’Opus Dei: «Evitate quest’abuso esasperato ai nostri giorni — è evidente e continua a manifestarsi di fatto in tutto il mondo — che rivela il desiderio, contrario alla lecita libertà degli uomini, di voler obbligare tutti a formare un solo gruppo in ciò che è opinabile, a creare come dei dogmi delle dottrine temporali» [Lettera, 9 gennaio 1932].
A questo proposito il Concilio ha ricordato: «Per lo più sarà la stessa visione cristiana della realtà che orienterà alcuni laici, in certe circostanze, verso una determinata soluzione. Tuttavia altri fedeli altrettanto sinceramente potranno esprimere un giudizio diverso sulla medesima questione, ciò che succede abbastanza spesso e legittimamente. Ché se le soluzioni proposte da un lato o dall’altro, anche oltre le intenzioni delle parti, vengono facilmente da molti collegate con il messaggio evangelico, in tali casi ricordino essi che a nessuno è lecito rivendicare esclusivamente in favore della propria opinione l’autorità della Chiesa» [Gaudium et spes, 43]. Libertà e responsabilità personali dei cristiani, dunque, che monsignor Escrivá tanto predicò, per prevenire i cattolici contro il pericolo di «impoverire la fede», di «ridurla a un’ideologia terrena» [È Gesù che passa, 99]: «Un uomo consapevole che il mondo — e non solo il tempio — è il luogo del suo incontro con Cristo, ama questo mondo, si sforza di raggiungere una buona preparazione intellettuale e professionale, e va formando — in piena libertà — il proprio criterio sui problemi dell’ambiente in cui opera; e di conseguenza prende le sue decisioni che, essendo decisioni di un cristiano, sono anche frutto di una riflessione personale, umilmente intesa a cogliere la volontà di Dio in questi particolari piccoli e grandi della vita.
«Ma a questo cristiano non viene mai in mente di credere o di dire che lui scende dal tempio al mondo per rappresentare la Chiesa, e che le sue scelte sono le soluzioni cattoliche di quei problemi» [Cfr. p. 90 (Amare il mondo appassionatamente, 54-55)].