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La Chiesa nostra Madre V

Josemaría Escrivá testimone dell'amore alla Chiesa: Il matrimonio, vocazione cristiana

Autore: San Josemaría Escrivá

Il matrimonio, vocazione cristiana

Dio vuole che la maggioranza dei cristiani formino una famiglia, fondata sul sacramentum magnum [Cfr Ef 5, 32] del matrimonio. Fino a non molti anni fa parecchie persone pensavano — e forse questo pregiudizio non è ancora sparito del tutto — che esistessero soltanto due strade possibili per raggiungere la santità cristiana: lo stato religioso o il sacerdozio. Attraverso l’uno e l’altro — le sole strade che richiedevano una vocazione — si sarebbe potuta raggiungere facilmente la santità; nel matrimonio, nel mondo, invece, si sarebbe rimasti in uno stato lontano dalla santità, perché le cure di questo mondo e, in concreto, gli obblighi matrimoniali, professionali e familiari, avrebbero costituito un impedimento per la pienezza della vita cristiana, salvo in casi molto eccezionali.
Ora non risulta difficile comprendere ciò che monsignor Escrivá — che pure tanto amò e difese l’eccellenza del celibato apostolico nelle sue molteplici forme — scriveva nel 1939, sapendo di allontanarsi da quel modo di vedere che allora si considerava opinione normale: «Ridi perché ti dico che hai “vocazione al matrimonio”? Ebbene, l’hai: proprio così, vocazione» [Cammino, 27]. Ora si comprende, ripeto, ma non succedeva lo stesso allora, e non mancarono i falsi dottori che credettero di scoprire in queste parole così chiare un principio di eresia, di poca fedeltà alla dottrina della Chiesa. Più tardi, in una delle sue omelie, monsignor Escrivá riassunse così ciò che aveva predicato fin dagli anni Venti: «Gli sposi sono chiamati a santificare il loro matrimonio e a santificare sé stessi in questa unione. Commetterebbero perciò un grave errore se edificassero la propria condotta spirituale volgendo le spalle alla famiglia, o al margine di essa. La vita familiare, i rapporti coniugali, la cura e l’educazione dei figli, lo sforzo economico per sostenere la famiglia, darle sicurezza e migliorarne le condizioni, il tratto con gli altri componenti della comunità sociale: sono queste le situazioni umane più comuni che gli sposi cristiani devono soprannaturalizzare» [È Gesù che passa, 23].
Nei suoi cinquant’anni di sacerdozio il fondatore dell’Opus Dei portò a migliaia di famiglie questa verità che la Chiesa ha ricordato anche in uno dei documenti del Concilio: «L’autentico amore coniugale è assunto nell’amore divino ed è sostenuto e arricchito dalla forza redentiva del Cristo» [Gaudium et spes, 48]. Ho potuto comprovare, con una gioia immensa, che moltissime famiglie del mondo intero hanno accolto questa luce chiarificatrice del Concilio come la conferma di ciò che già praticavano, mosse dalle affermazioni cordialmente soprannaturali di monsignor Escrivá. Con molti anni di anticipo, aveva loro presentato uno stile cristiano di vita identico a quello dei primi seguaci di Cristo: «Focolari come tanti altri di quei tempi, ma animati da uno spirito nuovo, che contagiava chi li avvicinava e li frequentava. Tali furono i primi cristiani e tali dobbiamo essere noi, cristiani di oggi: seminatori di pace e di gioia, della pace e della gioia che Gesù ci ha guadagnato» [È Gesù che passa, 30].