La Chiesa nostra Madre XIII
Il fine soprannaturale della Chiesa: il tempo della prova
Autore: San Josemaría Escrivá
Il tempo della prova
11. Non saprei dire quante volte si sono realizzate queste profetiche parole dell’Apostolo. Soltanto un cieco, però, non sarebbe in grado di vedere che si stanno verificando ai nostri giorni quasi alla lettera. Viene rifiutata la dottrina dei comandamenti della Legge di Dio e della Chiesa, si manipola il contenuto delle beatitudini, interpretandolo in chiave politico-sociale: e se uno si sforza di essere umile, mite, puro di cuore viene trattato da ignorante o da anacronistico sostenitore di cose superate. Non si sopporta l’onere della castità, e si inventano mille modi per burlarsi dei precetti divini di Cristo.
C’è un sintomo che comprende tutti gli altri: il tentativo di mutare i fini soprannaturali della Chiesa. Per «giustizia» alcuni non intendono più la vita di santità, ma una lotta politica determinata, più o meno intrisa di marxismo, inconciliabile con la fede cristiana. Per «liberazione», non intendono la lotta personale per fuggire il peccato, ma un impegno umano, forse nobile e giusto in sé stesso, ma privo di senso per il cristiano quando implica una svalorizzazione della sola cosa necessaria [Cfr Lc 10, 42], la salvezza eterna delle anime, una per una.
12. Con la cecità che deriva dall’allontanarsi da Dio — «questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me» [Mt 15, 8] — si «elabora» un’immagine della Chiesa che non ha alcun rapporto con quella fondata da Cristo. Perfino il santo Sacramento dell’Altare — il rinnovamento del sacrificio del Calvario — è profanato o ridotto a un mero simbolo di ciò che chiamano comunione degli uomini fra di loro. Che cosa sarebbe delle anime se nostro Signore non avesse sparso per noi anche l’ultima goccia del suo Sangue prezioso! Come è possibile disprezzare il perpetuo miracolo della presenza reale di Cristo nel Tabernacolo? Egli è rimasto perché lo potessimo frequentare e adorare e perché, come pegno della gloria futura, ci decidessimo a seguire le sue orme.
Sono, questi, tempi di prova, e noi dobbiamo chiedere al Signore, con clamore incessante [Cfr Is 58, 1], che li accorci, che si volga con occhio misericordioso alla sua Chiesa e conceda nuovamente la luce soprannaturale alle anime dei pastori e a quelle di tutti i fedeli. La Chiesa non deve impegnarsi a piacere agli uomini, poiché essi — da soli o in comunità — non daranno mai la salvezza eterna: chi salva è Dio.