La Chiesa nostra Madre XIV
Il fine soprannaturale della Chiesa: Amore filiale alla chiesa
Autore: San Josemaría Escrivá
Amore filiale alla Chiesa
13. È necessario ripetere oggi a voce ben alta quelle parole di san Pietro davanti ai maggiorenti di Gerusalemme: «Egli è la pietra che, scartata da voi costruttori, è divenuta testata d’angolo. E non si trova in nessun altro la salvezza. Poiché non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale possiamo avere la salvezza» [At 4, 11-12].
Così parlava il primo Papa, la roccia sulla quale Cristo edificò la sua Chiesa, spinto dalla filiale devozione al Signore e dalla sollecitudine per il piccolo gregge che gli era stato affidato. Da lui e dagli altri apostoli i primi cristiani impararono ad amare profondamente la Chiesa.
Avete notato, invece, con che mancanza d’affetto si parla oggi della nostra santa Madre, la Chiesa? Com’è consolante leggere le frasi ferventi, piene d’amore, che i Padri antichi rivolgevano alla Chiesa di Cristo! «Amiamo il Signore, nostro Dio, e amiamo la sua Chiesa», scrive sant’Agostino. «Amiamo Lui come padre, e Lei come madre. Che nessuno dica: “Sì, venero ancora gli idoli, consulto gli ossessi e gli incantatori, però non lascio la Chiesa di Dio, sono cattolico”. Rimarreste uniti alla Madre, ma offendereste il Padre. Un altro potrebbe dire: “Dio non voglia; io non consulto gli incantatori, non interrogo gli ossessi, non pratico superstizioni sacrileghe, non adoro i demoni, non rendo culto agli dei di pietra; però sono del partito di Donato”. A che cosa serve non offendere il Padre, sapendo che Egli vendicherà la Madre, che offendete?» [SANT’AGOSTINO, Enarrationes in Psalmos, 88, 2, 14; PL 37, 1140]. E san Cipriano, concisamente, dichiara: «Non può avere Dio per Padre chi non ha la Chiesa per Madre» [SAN CIPRIANO, De catholicae Ecclesiae unitate, 6; PL 4, 502].
Oggigiorno sono molti quelli che non vogliono ascoltare la vera dottrina sulla santa Madre Chiesa. Alcuni cercano di «reinventare» l’istituzione, con la folle pretesa di voler introdurre nel Corpo Mistico di Cristo una democrazia sul tipo di quella della società civile o, per dir meglio, sul tipo di quella che si pretende di promuovere: tutti uguali in tutto. E non vogliono capire che, per istituzione divina, la Chiesa è costituita dal Papa, assieme ai vescovi, ai sacerdoti, ai diaconi e ai laici. Così l’ha voluta Cristo.
14. La Chiesa, per volontà divina, è un’istituzione gerarchica. «Società gerarchicamente organizzata», la definisce il Concilio Vaticano II [Lumen gentium, 8], dove «i ministri detengono un potere sacro» [Ibidem, 18]. E la gerarchia non soltanto è compatibile con la libertà, ma è al servizio della libertà dei figli di Dio [Cfr Rm 8, 21].
La parola «democrazia» è priva di senso nella Chiesa, la quale — insisto — è gerarchica per volontà divina. «Gerarchia» peraltro significa governo santo e ordine sacro, e in nessun modo arbitrio umano o dispotismo infraumano. Nella Chiesa il Signore ha voluto un ordine gerarchico, che non deve degenerare in tirannia: perché l’autorità stessa è un servizio, come lo è l’obbedienza.
Nella Chiesa c’è uguaglianza: i battezzati sono tutti uguali, perché tutti figli dello stesso Dio, nostro Padre. In quanto cristiani non c’è differenza alcuna fra il Papa e l’ultimo a essersi incorporato alla Chiesa. Però questa radicale uguaglianza non significa possibilità di cambiare la costituzione della Chiesa, in ciò che Cristo ha stabilito. Per esplicita volontà divina c’è diversità di funzioni, che comporta anche una differente idoneità, e un «carattere» indelebile conferito dal Sacramento dell’Ordine ai ministri consacrati. Al vertice di questo ordinamento c’è il successore di Pietro e, con lui e sotto di lui, tutti i vescovi, con la loro triplice missione di santificare, di governare e di insegnare.
15. Le verità di fede e di morale — permettetemi l’insistenza — non si stabiliscono a maggioranza di voti: esse formano il deposito — depositum fidei — dato da Cristo a tutti i fedeli e affidato, per quanto riguarda l’esposizione e l’insegnamento autorevole, al Magistero della Chiesa.
Sarebbe un errore pensare che, dal momento che gli uomini hanno acquisito maggior consapevolezza dei legami di solidarietà che li uniscono, si debba modificare la costituzione della Chiesa, per farla procedere con i tempi. I tempi non sono degli uomini, neppure degli uomini di Chiesa; i tempi sono di Dio, che è il Signore della storia. E la Chiesa può dare la salvezza alle anime soltanto se rimane fedele a Cristo nella sua costituzione, nei suoi dogmi, nella sua morale.
Respingiamo, pertanto, il pensiero che la Chiesa — dimenticando il discorso della montagna — cerchi sulla terra la felicità umana; sappiamo, infatti, che il suo unico compito consiste nel portare le anime alla gloria eterna del paradiso; respingiamo qualunque soluzione naturalistica, che non valuti il compito primario della grazia divina; rifiutiamo le opinioni materialiste, che cercano di togliere importanza, nella vita degli uomini, ai valori spirituali; rifiutiamo allo stesso modo le teorie secolarizzanti, che pretendono di identificare i fini della Chiesa di Dio con quelli degli Stati terreni: confondendo l’essenza, le istituzioni, le attività della Chiesa, con le similari caratteristiche della società temporale.