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Lealtà verso la Chiesa: La Chiesa è santa

La Chiesa nostra Madre XVIII

Autore: San Josemaría Escrivá

La Chiesa è santa

22. Adesso comprenderemo meglio come l’unità della Chiesa porti alla santità, e in che modo uno degli aspetti principali della sua santità sia quest’unità incentrata sul mistero del Dio Uno e Trino: «Un solo corpo, un solo spirito, come c’è una sola speranza alla quale siete stati chiamati; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è sopra tutti, opera in tutti ed è in tutti» [Ef 4, 4-6].
Santità non significa propriamente nient’altro che unione con Dio; più grande è l’intimità con il Signore, più grande è la santità. La Chiesa è stata voluta e fondata da Cristo in compimento della volontà del Padre; la Sposa del Figlio, poi, è assistita dallo Spirito Santo. La Chiesa è dunque opera della Trinità Beatissima; è Santa ed è Madre, la nostra santa Madre Chiesa. Possiamo ammirare nella Chiesa una perfezione che potremmo chiamare originale, e un’altra finale, escatologica. A tutte e due si riferisce san Paolo nell’epistola agli Efesini: «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato sé stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua e mediante la Parola, al fine di presentarci la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia, né ruga o altro del genere, ma santa e immacolata» [Ef 5, 25-27].

La santità originale e costitutiva della Chiesa può essere oscurata, ma mai distrutta, perché è indefettibile: «Le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa» [Mt 16, 18]; può restare nascosta agli occhi umani, in alcuni momenti di cecità quasi collettiva. Però san Pietro dà ai cristiani il titolo di «gens sancta» [1 Pt 2, 9], popolo santo. Essendo membri di un popolo santo tutti i fedeli hanno ricevuto questa vocazione alla santità e devono sforzarsi di corrispondere alla grazia ed essere, ognuno personalmente, santi. Lungo l’arco della storia, e anche oggi, ci sono tanti cattolici che si sono effettivamente santificati: giovani e vecchi, celibi e sposati, sacerdoti e laici, uomini e donne.
La santità personale di tanti fedeli — oggi come ieri — non fa rumore. In genere non riconosciamo la santità di tante persone qualsiasi, che lavorano e vivono in mezzo a noi. Davanti agli sguardi terreni sono più evidenti il peccato e le mancanze di fedeltà, perché attirano maggiormente l’attenzione.

23. Gens sancta, popolo santo, composto da creature con le loro miserie: questa apparente contraddizione segna un aspetto del mistero della Chiesa. La Chiesa, che è divina, è anche umana, perché è formata di uomini, e gli uomini hanno i loro difetti: «Omnes homines terra et cinis» [Sir 17, 27], tutti noi siamo impastati di terra e cenere.
Nostro Signore Gesù Cristo, che fonda la santa Chiesa, si attende che i membri di questo popolo si sforzino continuamente di raggiungere la santità. Ma non tutti rispondono con lealtà alla sua chiamata. Ed è così che nella Sposa di Cristo si ritrovano, nello stesso tempo, le meraviglie del cammino di salvezza e le miserie di coloro che lo percorrono.

«Il divino Redentore volle che il ceto degli uomini da Lui fondato fosse anche una società perfetta nel suo genere, fornita di tutti gli elementi giuridici e sociali per perpetuare in terra l’opera salutare della Redenzione… Se nella Chiesa si scorge qualche cosa che denota la debolezza della nostra condizione, ciò non deve attribuirsi alla sua costituzione giuridica, ma piuttosto alla deplorevole tendenza dei suoi singoli membri al male, tendenza che il divino Fondatore permette che esista anche nei membri più ragguardevoli del suo Corpo Mistico, affinché venga messa alla prova la virtù sia delle pecorelle sia dei pastori e in tutti si accumulino i meriti della fede cristiana» [PIO XII, enc. Mystici Corporis, 29 giugno 1943].
È questa la realtà della Chiesa, qui e ora. La santità della Sposa di Cristo è pertanto compatibile con l’esistenza, nel suo seno, di persone non prive di difetti. «Cristo, infatti, dalla società che aveva fondata, non volle che fossero esclusi i peccatori: se dunque alcuni membri soffrono malattie spirituali, non c’è motivo di diminuire il nostro amore verso la Chiesa, ma piuttosto di aumentare la nostra pietà verso le sue membra» [PIO XII, enc. Mystici Corporis, 29 giugno 1943].

24. Darebbe prova di scarsa maturità chi, davanti ai difetti e alle miserie di coloro che appartengono alla Chiesa, chiunque essi siano — e per quanto alte siano le loro funzioni —, sentisse diminuire la sua fede nella Chiesa e in Cristo. La Chiesa non è governata né da Pietro, né da Giovanni, né da Paolo; è governata dallo Spirito Santo, e il Signore ha promesso che rimarrà al suo fianco «tutti i giorni fino alla consumazione dei secoli» [Mt 28, 20].
Ascoltate ciò che dice san Tommaso, insistendo su questo argomento, a proposito della ricezione dei Sacramenti, che sono causa e segno della grazia santificante: «Chi si accosta a ricevere i Sacramenti, li riceve dal ministro della Chiesa, non in quanto è quella data persona, ma in quanto è ministro della Chiesa. Perciò finché la Chiesa lo tollera nel ministero, chi da lui riceve i Sacramenti, viene a comunicare non con il peccato di costui, ma con la Chiesa che lo presenta come ministro» [SAN TOMMASO, Summa theologiae, III, q. 64, a. 6, ad 2]. Quando il Signore permette che la debolezza umana appaia, la nostra reazione deve essere quella di chi vede la propria madre ammalata o maltrattata: deve amarla di più, moltiplicare le manifestazioni esterne e interne di affetto.

Se amiamo la Chiesa, non sorgerà mai dentro di noi l’interesse morboso di presentare come colpe della Madre le miserie di alcuni suoi figli. La Chiesa, Sposa di Cristo, non ha motivo di intonare alcun mea culpa. Noi invece sì: «Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa!». Questo è il vero «meaculpismo», quello personale, e non quello che infierisce contro la Chiesa, indicando ed esagerando i difetti umani che, in questa Madre santa, derivano dalle azioni che vi compiono gli uomini, fin dove gli uomini possono arrivare, ma che non giungeranno mai a distruggere — anzi neppure a toccare — quella che è la santità originaria e costitutiva della Chiesa.
Dio nostro Signore ha paragonato infatti la Chiesa a un’aia, dove si ammucchia la paglia assieme al frumento, dal quale verrà poi il pane per la tavola e per l’altare; ha paragonato la Chiesa a una rete da pesca «ex omni genere piscium congreganti» [Mt 13, 47]: che raccoglie pesci buoni e cattivi, e questi ultimi verranno buttati via!

25. Il mistero della santità della Chiesa — questa luce originaria, che può essere eclissata dalle ombre della bassezza umana — respinge perfino il più piccolo pensiero di sospetto o di dubbio sulla bellezza di nostra Madre. E non si può tollerare senza proteste che altri la insultino. Non cerchiamo nella Chiesa i lati vulnerabili alla critica, come fanno taluni che non dimostrano né fede né amore. Non concepisco che si possa vivere un affetto autentico per la propria madre, e al tempo stesso che si parli di lei con glaciale distacco.

Nostra Madre è Santa, perché è nata pura e continuerà a essere senza macchia per l’eternità. Se qualche volta non riusciamo a intravedere la bellezza del suo volto, siamo noi a doverci pulire gli occhi; se notiamo che la sua voce non ci aggrada, curiamo la durezza delle nostre orecchie che ci impedisce di cogliere, nel loro tono, i richiami del Pastore amoroso. La nostra Madre è Santa, della santità di Cristo, a cui è unita nel corpo — che siamo tutti noi — e nello spirito, che è lo Spirito Santo, che dimora nel cuore di ognuno di noi, se ci conserviamo nella grazia di Dio.

Santa, Santa, Santa! Così osiamo inneggiare alla Chiesa, evocando l’inno in onore della Beatissima Trinità. Tu sei Santa, Chiesa, Madre mia, perché ti ha fondato il Figlio di Dio, che è Santo; sei Santa, perché così ha voluto il Padre, fonte di ogni santità; sei Santa, perché ti assiste lo Spirito Santo, che abita nell’anima dei fedeli, per riunire i figli del Padre, che abiteranno nella Chiesa del Cielo, la Gerusalemme eterna.