La Chiesa nostra Madre XX
Lealtà verso la Chiesa: La Chiesa è apostolica
Autore: San Josemaría Escrivá
La Chiesa è apostolica
29. Nostro Signore fonda la sua Chiesa sulla debolezza — ma anche sulla fedeltà — di alcuni uomini, gli Apostoli, ai quali promette l’assistenza costante dello Spirito Santo. Leggiamo ancora una volta questo testo ben noto, ma sempre nuovo e attuale: «È stato dato a me ogni potere nel cielo e sulla terra. Andate, dunque, ammaestrate tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte le cose che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» [Mt 28, 18-20].
La predicazione del Vangelo non sorge in Palestina per iniziativa personale di alcuni uomini infervorati. Che cosa potevano fare gli Apostoli? In mezzo alla gente del loro tempo, non contavano nulla: non erano ricchi, né colti, né eroi secondo lo stampo umano. Gesù getta sulle spalle di questo pugno di discepoli un compito immenso, divino. «Non siete stati voi a scegliere me, ma io ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto, e il vostro frutto sia stabile; affinché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo dia» [Gv 15, 16].
Lungo i duemila anni della sua storia, la Chiesa conserva ininterrotta la successione apostolica. «I vescovi», dichiara il Concilio di Trento, «sono succeduti agli apostoli e sono posti, come dice lo stesso Apostolo [Paolo], dallo Spirito Santo per reggere la Chiesa di Dio (At 20, 28)» [CONCILIO DI TRENTO, Dottrina sul Sacramento dell’Ordine, DS 1768 (960)]. E fra gli Apostoli, lo stesso Cristo fa oggetto Simone di una scelta speciale: «Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» [Mt 16, 18]. E aggiunge: «Io ho pregato per te, che la tua fede non abbia a venir meno: e tu, quando ti sarai convertito, conferma i tuoi fratelli» [Lc 22, 32].
Pietro si trasferisce a Roma e vi stabilisce la sede del primato, del Vicario di Cristo. È a Roma dunque dove si avverte meglio la successione apostolica, e per questo è chiamata la sede apostolica per antonomasia. Il Concilio Vaticano I, con le parole di un Concilio precedente, quello di Firenze, ha proclamato che «tutti i fedeli di Cristo devono credere che la Santa Sede Apostolica e il Romano Pontefice possiedono il primato su tutto il mondo, e che lo stesso Romano Pontefice è il successore del beato Pietro, principe degli Apostoli, e vero vicario di Cristo, e capo di tutta la Chiesa, e padre e maestro di tutti i cristiani; e che a lui fu dato da nostro Signore Gesù Cristo, nella persona del beato Pietro, pieno potere di pascere, reggere e governare la Chiesa universale» [CONCILIO VATICANO I, Costituzione dogmatica sulla Chiesa, DS 3059 (1826)].
30. Il supremo potere del Romano Pontefice e la sua infallibilità, quando parla ex cathedra, non sono un’invenzione umana: si basano sull’esplicita volontà fondazionale di Cristo. Non ha alcun senso perciò opporre il governo del Papa a quello dei vescovi o ridurre la validità del Magistero pontificio all’assenso dei fedeli! Non c’è nulla di più estraneo alla Chiesa dell’equilibrio dei poteri; non ci servono gli schemi umani, per quanto possano essere attraenti e funzionali. Nessuno nella Chiesa gode di per sé, in quanto uomo, della potestà assoluta; nella Chiesa non c’è altro capo che Cristo; e Cristo ha voluto affidare a un suo Vicario — il Romano Pontefice — la sua Sposa pellegrina in questa terra.
La Chiesa è Apostolica per costituzione: «Colei che è veramente e si chiama Cattolica, deve assieme brillare per la prerogativa dell’unità, della santità e della successione apostolica. Così, la Chiesa è Una, con l’unità chiara e perfetta di tutta la terra e di tutte le nazioni, con l’unità della quale è principio, radice e origine indefettibile la suprema autorità e l’eccellente primato del beato Pietro, principe degli Apostoli, e dei suoi successori sulla cattedra romana. E non esiste un’altra Chiesa Cattolica, diversa da quella che, edificata sull’unico Pietro, si innalza per l’unità della fede e per la carità in un solo corpo coerente e compatto» [PIO IX, Lettera del S. Ufficio ai vescovi inglesi, DS 2888 (1686)].
Contribuiamo a rendere più evidente agli occhi di tutti questa apostolicità, manifestando con squisita fedeltà l’unione al Papa, che è unione a Pietro. L’amore al Romano Pontefice deve essere in noi vibrante e appassionato, perché in lui vediamo Cristo. Se parliamo col Signore nella preghiera, acquisteremo uno sguardo limpido, che ci farà distinguere, anche negli avvenimenti che a volte non capiamo e che ci causano lacrime e dolore, l’azione dello Spirito Santo.