Sacerdote per l'eternità: Sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale
La Chiesa nostra Madre XXVI
Autore: San Josemaría Escrivá
Sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale
40. Il sacerdote non è da più del laico, né come uomo né come fedele. È pertanto molto opportuno che si eserciti nell’umiltà più profonda per capire che è specialmente in lui che si compiono appieno le parole di san Paolo: «Che cosa hai che non lo abbia ricevuto?» [1 Cor 4, 7]. Quello che ha ricevuto… è Dio!, è la potestà di celebrare la Sacra Eucaristia — la santa Messa, fine principale dell’ordinazione sacerdotale — di perdonare i peccati, di amministrare altri Sacramenti e di predicare autorevolmente la parola di Dio dirigendo i fedeli nelle cose che riguardano il Regno dei Cieli.
41. «Il sacerdozio dei presbiteri, pur presupponendo i Sacramenti dell’iniziazione cristiana, viene conferito da quel particolare Sacramento per il quale i presbiteri, in virtù dell’unzione dello Spirito Santo, sono marcati da uno speciale carattere che li configura a Cristo Sacerdote, in modo da poter agire in nome di Cristo, Capo della Chiesa» [Presbyterorum ordinis, 2]. La Chiesa è così: non per capriccio di uomini, ma per espressa volontà di Gesù Cristo che ne è il Fondatore. «Il sacrificio e il sacerdozio sono, per ordinamento divino, talmente collegati, da coesistere insieme in ogni legge», l’antica e la nuova Alleanza. «Avendo dunque la Chiesa cattolica ricevuto nel Nuovo Testamento, per istituzione del Signore, il sacrificio visibile dell’Eucaristia, si deve anche confessare che c’è in essa un nuovo sacerdozio, visibile ed esterno, nel quale fu trasferito l’antico» [CONCILIO DI TRENTO, doctr. De sacramento ordinis, cap. I; DS 1764].
In chi riceve l’Ordine sacro, il sacerdozio ministeriale viene ad aggiungersi al sacerdozio comune di tutti i fedeli. Pertanto, mentre sarebbe errato sostenere che un sacerdote è più cristiano di un fedele qualsiasi, è lecito affermare invece che è più sacerdote: egli appartiene, come ogni altro cristiano, al popolo sacerdotale che Cristo ha redento, ed è, in più, contrassegnato con il carattere del sacerdozio ministeriale, che «differisce essenzialmente, e non solo di grado» [Lumen gentium, 10], dal sacerdozio comune dei fedeli.
42. Non capisco la preoccupazione che hanno taluni sacerdoti di confondersi con gli altri fedeli, dimenticando o trascurando la loro specifica missione nella Chiesa, quella per cui sono stati ordinati. Costoro ritengono che i cristiani desiderino vedere nel sacerdote un uomo come gli altri. Ma si ingannano. I fedeli vogliono certamente ammirare nel sacerdote le virtù proprie di ogni cristiano e peraltro di ogni persona onesta: la comprensione, la giustizia, la dedizione al lavoro — lavoro sacerdotale, in questo caso —, la carità, l’educazione, la delicatezza nel tratto con gli altri.
Ma, accanto a ciò, pretendono che risalti chiaramente il carattere sacerdotale: si aspettano dal sacerdote che preghi, che non rifiuti l’amministrazione dei Sacramenti, che sia disposto ad accogliere tutti senza porsi alla testa o militare in fazioni umane, quali che siano [Cfr Presbyterorum ordinis, 6]; che metta amore e devozione nella celebrazione della santa Messa, segga in confessionale, consoli i malati e gli afflitti; che con la catechesi dia dottrina ai bambini e agli adulti, che predichi la parola di Dio e non l’una o l’altra delle scienze umane — ancorché le conosca perfettamente — perché quella non sarebbe la scienza che salva e che conduce alla vita eterna; che abbia dono di consiglio e carità verso i bisognosi.
43. In breve, si chiede al sacerdote che impari a non porre ostacolo alla presenza di Cristo in lui, specialmente nei momenti in cui realizza il Sacrificio del Corpo e del Sangue del Signore e quando, nella Confessione sacramentale auricolare e segreta, perdona i peccati nel nome di Dio. L’amministrazione di questi due Sacramenti è così capitale nella missione del sacerdote, che tutto il resto deve far perno su di essa. Gli altri compiti sacerdotali — la predicazione e l’istruzione religiosa — non avrebbero fondamento se non fossero orientati a insegnare come trattare Cristo, come incontrarlo nel tribunale amoroso della Penitenza e della rinnovazione incruenta del Sacrificio del Calvario, la santa Messa.
Permettete che mi intrattenga ancora un po’ a considerare il santo Sacrificio: se esso è per noi il centro e la radice della vita del cristiano, lo deve essere in modo speciale per la vita del sacerdote. Un sacerdote che, colpevolmente, non celebrasse quotidianamente il santo Sacrificio dell’Altare [Cfr Presbyterorum ordinis, 13], dimostrerebbe ben poco amor di Dio: sarebbe come rinfacciare a Gesù il suo slancio di Redenzione, dirgli che non lo si condivide, che non si comprende la sua impazienza di donarsi, inerme, come alimento dell’anima.