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La coscienza, bussola dell'anima

Pratica dell'esame di coscienza: la strategia spirituale

Autore: Autori Cristiani

Il progresso umano ha raggiunto, oggi, proporzioni colossali, si può dire altrettanto del progresso morale? Si sono inventati nuovi mezzi d’indagine, nuovi e spaventosi mezzi di distruzione, ma non si è trovato nessun nuovo espediente per indagare e veder meglio nell’anima umana, e distruggerne le tendenze depravate.

Anzi, siamo tornati indietro, poiché si è sistematicamente distrutto il lavoro di secoli, e non si è fabbricato pressoché nulla.
S. Agostino ci ha lasciato la breve, ma significativa preghiera: Signore, fa ch’io ti conosca per amarti, e che mi conosca per disprezzarmi: Domine, noverim te ut amem te, noverim me ut despiciam me.
Doppia conoscenza, che involge problemi di altissima importanza per tutti, ma più per chi è in obbligo di tendere alla perfezione. “La nostra natura corrotta dal peccato- osserva lo Scaramelli- germoglia di continuo difetti e peccati. Sarebbe stolto il giardiniere che si contentasse di sbarbare una sola volta le erbe cattive, e poi non se n’occupasse più Anche l’anima religiosa che dopo il noviziato non pota e sbarba il giardino del suo cuore, diventa un orrido spinaio di colpe”.

A che pro, tagliare i rami d’un albero che ingombra il terreno, se non se ne estrae la radice? I rami si riprodurranno ben presto, e saranno più vigorosi di quelli tagliati. Si metta la scure alla radice, e i rami, privi di linfa e di nutrimento, seccheranno da sé.

Chi distrugge la tela di ragno, la vedrà sempre riprodursi, finché non si decida a sopprimere il ragno.
Quando la spina è entrata in un piede, non servono unguenti e pomate, se non si estrae la spina.
Così si dica per chi è tiranneggiato dall’eroismo, dalla vanità, dalla suscettibilità, dalla sensualità.
Un giorno Napoleone confidava a uno dei suoi marescialli:
“Perbacco, ho fatto piegare la testa a tutti gli uomini dinanzi a me, eppure ce n’è uno che non ho mai domato”
“Ah, capisco -rispose l’altro- quell’uomo è certamente il Pontefice di Roma, il Vecchio del Vaticano”.

“No, quell’uomo sono io stesso!”

Era vero. Aveva vinto centocinquanta battaglie, e ne aveva perduta una sola: ma la più importante. Di qui la sua fatale rovina.

In quante anime si sono verificati veri disastri morali, perché non vollero comprendere la necessità della lotta attiva e costante contro le passioni!
Gesù ha detto: “Il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono. Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso”.
E’ una battaglia, anzi, una battaglia decisiva per conservare la vita della grazia sulla terra, e aspirare alla gloria eterna nei cieli.

L’avevano trovata anche gli antichi filosofi. Nosce te ipsum: Conosci te stesso! E’ la parola più alta della sapienza greca, che i sette Savi avrebbero fatto apporre a lettere d’oro sul frontone del tempio di Delfo.
Ma poche sono le anime che si conoscono a fondo e che si seguono con cura costante, perché poche sono le anime che anelano all’aristocrazia dello spirito e che amano salire; come relativamente pochi sono quelli che si danno a scalare le vette delle alte montagne.

Alle anime indolenti e trascurate può applicarsi quanto la S. Scrittura dice della vigna dell’uomo pigro: “Sono passato vicino al campo di un pigro, alla vigna di un uomo insensato: ecco, ovunque erano cresciute le erbacce, il terreno era coperto di cardi e il recinto di pietre era in rovina”.
S. Agostino deplorava che gli uomini del suo tempo scrutassero spesso il cielo, le stelle, i fiumi, i mari, i monti, dimenticando di guardare in se stessi. Il grande Padre della Chiesa non biasimerebbe di meno gli uomini del tempo nostro, perché quell’aberrazione ha oggi raggiunto proporzioni allarmanti. E non è pure raro il caso di trovare mondani che passano delle ore dinanzi allo specchio, per rimirarsi il volto, e poi non impiegano un minuto per esaminare l’anima loro.

Un educatore corresse un giovane collerico, mettendogli uno specchio dinanzi agli occhi, in un accesso violento di stizza: “guarda come sei bello!”
Ma un effetto incomparabilmente più benefico produce l’accurato esame di coscienza, che è lavoro di scandaglio interiore, destinato a promuovere la riflessione personale, e l’autocontrollo sulla propria vita. Tale esame è un valido coefficiente d’introspezione psicologica, rivelando e riducendo le reali antinomie della vita, è l’a b c della perfezione, affinando la sensibilità morale, è uno dei più importanti e facili mezzi di perseveranza, obbligando alla serietà e alla continuità degli sforzi. Facendoci collaborare all’opera di Dio in noi, scuote la naturale indolenza, nella quale perdono rilievo le più forti convinzioni, e s’immiseriscono le più ricche energie. S. Giovanni d’Avila, vero maestro di spirito, dichiara apertamente: “Se fate con costanza l’esame di coscienza, i vostri difetti non potranno durare a lungo”. A ragione il Cardinale Mermillod definì l’esame di coscienza: l’atto essenziale della vita spirituale.
Con le riviste, gli esami, i ritiri, si imita l’uomo prudente, il quale, per ricorrere alle cure del medico, non aspetta di sentirsi male, ma chiede consigli anche quando sta bene. Così gode buona salute! Senza bisogno di cure radicali, di operazioni pericolose. I due ostacoli sono l’orgoglio e l’apatia spirituale.

L’orgoglio, che non è affatto disposto ad accettare le osservazioni altrui, rifugge anche dagli sguardi introspettivi, per la vergogna naturale che si ha nel constatare le proprie miserie. Ne risulta l’accecamento, cagione di gravissimi danni a sé stessi e all’attività che si svolge in qualsiasi campo, perché le bugie più funeste sono quelle che diciamo a noi stessi.
Osserva giustamente S. Francesco di Sales che “le verità meditate e non praticate, gonfiano talvolta lo spirito e fomentano la presunzione, sembrandoci di essere in realtà quali semplicemente abbiamo risoluto di essere”.
D’altra parte, l’apatia spirituale teme fin l’ombra di un serio lavoro interiore, e quella del sacrificio che occorrerebbe per rettificare quanto è difettoso. Pascal osserva acutamente: “L’uomo si fugge, perché si teme”.
Eppure, quanti fastidi si sanno affrontare con encomiabile buona volontà, quando si tratta di certi interessi terreni, mentre si è poi penosamente apatici, indulgendo con indifferenza sorprendente, a omissioni e a trascuratezze negli esercizi spirituali!

Per questo, l’esame di coscienza è già di per sé un segno evidente di seria volontà di migliorarsi e di perfezionarsi. E anche “se si limitasse alla conoscenza delle proprie miserie, a provocare il pentimento sincero e il proposito di far meglio, a diminuire di qualche unità le cadute, e a usare maggiore indulgenza verso gli altri, sarebbe già un gran guadagno”.
D’altronde: a che serve illudersi e credersi diversi da quel che si è? Iddio ci conosce a fondo; e, spesso, chi ci sta vicino, ci conosce assai meglio di quanto pensiamo.
Coerenza e lealtà esigono che facciamo accuratamente i nostri esami di coscienza.

Il navigante, in mare aperto o sull’oceano immenso, non riesce a sottrarsi a un istintivo senso di smarrimento, non scorgendo che cielo e acqua. Abisso al disopra, abisso al disotto, abisso da ogni lato
Come dirigersi, per raggiungere sicuramente il porto? Il pilota si affida a quel prezioso strumento di ancora ignota origine che è la bussola, egli la consulta di continuo, specialmente nelle notti illuni. Così controlla la direzione della traversata.

Ora la nave procede veloce e sicura, senza temere inavvertite deviazioni di rotta: l’ago calamitato indica sicuramente il nord magnetico orientatore.
L’anima nostra è simile ad una nave, lanciata nel gran mare della vita e nell’oceano del mondo, per raggiungere la lontana spiaggia dell’eternità.

Iddio stesso ha provveduto gli uomini di uno strumento orientatore di mirabile precisione morale: la bussola dell’anima è la coscienza. Essa ci guida sicuramente nel ponderare, scrutare e soppesare, con seria disamina, ogni intima vicenda dell’anima. Bisogna consultarla e seguirla fedelmente, tra i facili adescamenti dei sensi, gli allettamenti fascinatori delle passioni, le insinuazioni si spesso ammaliatrici del mondo corrotto e corruttore.
La coscienza, eco fedele di arcana voce divina, ispira, dirige, consola, pungola la natura indolente o recalcitrante, che sbanda a destra e a sinistra senza concludere nulla. Perciò la S. Chiesa ci ripete nell’Invitatorio al Mattutino la pressante esortazione del Salmista: “Hodie si vocem eius audieritis, nolite obdurare corda vestra: Se oggi sentirete la sua voce, non vogliate indurire i vostri cuori”.

I marinai fanno il punto sul mezzodì di ogni giorno, per determinare le coordinate geografiche della longitudine e della latitudine, rispetto al luogo raggiunto.

Analogamente il buon cristiano fa ogni giorno con cura il suo esame di coscienza, per rendersi conto della posizione esatta dell’anima, nelle sue relazioni verso Iddio, il prossimo e se stesso.

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