La devozione delle sette domeniche di san Giuseppe
Meditazione nella prima domenica dedicata a San Giuseppe - 4 Febbraio 2024
Autore: Autori Cristiani
La devozione delle sette domeniche di san Giuseppe
Quando Gesù durante il suo ministero pubblico in Galilea, andò a predicare nella sinagoga della sua città, «la gente rimaneva stupita» (Mt 13,54). L’atteggiamento dei suoi compaesani ci racconta l’impressione causata da colui che avevano visto crescere nelle loro piazze e strade: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?» (Mt 13, 55-56).
Seguendo questa santa curiosità di sapere di più sulla storia familiare di Cristo, la tradizione della Chiesa ha identificato nella Sacra Scrittura sette momenti cruciali nella vita di san Giuseppe; sono sette sue esperienze in cui si mescolano gioia e dolore, gioia e sofferenza, come accade anche a noi. Ecco perché in molti luoghi le sette domeniche che precedono la sua festa sono dedicate alla meditazione di questi momenti della sua vita. Un giorno, in una terra con una speciale devozione a san Giuseppe, qualcuno chiese a san Josemaría come fare per essere più vicino a Gesù: «Pensa a quell’uomo meraviglioso, scelto da Dio per essere suo padre sulla terra; pensa ai suoi dolori e alle sue gioie. Fai le sette domeniche? Se non le fai, ti consiglio di farle»[1].
La devozione al santo patriarca si può trovare nell’arte e nella pietà popolare lungo i secoli in varie istituzioni della Chiesa. Nel XVII secolo papa Gregorio XV istituì per la prima volta una festa liturgica in suo nome. Più tardi, nel 1870, Papa Pio IX nominò san Giuseppe patrono universale della Chiesa. Da allora, Leone XIII dedicò un’enciclica al santo patriarca e nel centenario di questo documento San Giovanni Paolo II scrisse l’esortazione apostolica Redemptoris custos. Nel terzo millennio papa Francesco ha anche pubblicato una lettera su san Giuseppe, dal titolo Patris corde, con cuore di padre. Questo interesse ricorrente della Chiesa, soprattutto negli ultimi tempi, può rinnovare in noi un atteggiamento di gratitudine, di ammirazione, e può portarci a chiederci: che posto occupa san Giuseppe nel mio cuore?
La missione del padre di Gesù
«Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,20-21).
In questo modo così semplice l’angelo dissipa i dubbi e le paure di Giuseppe. Non sappiamo con certezza cosa passasse nel suo cuore e nella sua mente. Certamente non dubitava dell’innocenza di sua moglie, quindi l’angelo conferma ciò che forse già percepiva nella sua anima: c’era qualcosa di Dio. Infatti, attraverso l’angelo, Dio stesso gli confida quali sono i suoi piani e come conta su di lui per realizzarli. Giuseppe è chiamato a essere il padre di Gesù; questa sarà la sua vocazione, la sua missione.
«E quale grandezza acquista la figura silenziosa e nascosta di san Giuseppe – diceva san Giovanni XXIII – per lo spirito con cui egli compie la missione affidatagli da Dio! Poiché la vera dignità dell’uomo non si misura dall’orpello di risultati strepitosi, ma dalle disposizioni interiori di ordine e di buona volontà[2].
Il santo patriarca, nonostante sia consapevole dell’importante e nobilissimo compito che il Signore gli ha affidato, è giunto fino a noi come esempio di umiltà e discrezione. È nel silenzio di quel “nascondersi e scomparire” che i piani divini danno il loro maggior frutto.
Anche adesso, Dio continua a confidare che Giuseppe si prenda cura della sua famiglia, della Chiesa e di ciascuno dei suoi figli con la stessa dedizione e tenerezza che avrebbe per il Signore. Un antico aforisma ebraico dice che un vero padre è quello che insegna la Torah – la legge di Dio – a suo figlio, perché è allora che lo genera veramente. San Giuseppe si prese cura del Figlio di Dio e, come uomo, lo introdusse nella speranza del popolo d’Israele. Ed è quello che fa con noi: con la sua potente intercessione ci conduce a Gesù. San Josemaría, la cui devozione per san Giuseppe andò crescendo lungo tutta la sua vita, diceva che «san Giuseppe è realmente un padre e signore che protegge e accompagna nel cammino terreno coloro che lo venerano, come protesse e accompagnò Gesù che cresceva e diveniva adulto»[3].
Patrono della Chiesa e dell’Opera
«La Chiesa intera riconosce in san Giuseppe il suo protettore e patrono. Nel corso dei secoli», dice San Josemaría, «si è parlato di lui, sottolineando i vari aspetti della sua vita, che lo mostrano costantemente fedele alla missione ricevuta da Dio. È per questo che, da molti anni, mi piace invocarlo con un titolo che mi sta a cuore: Padre e signore nostro»[4]. Questo titolo è un onore e una responsabilità. Insieme a Maria, Giuseppe nutre, cura e protegge la famiglia. E la Chiesa, essendo la famiglia di Gesù, ha san Giuseppe come patrono e protettore: «la Chiesa, dopo la Vergine Santa, sposa di lui, ebbe sempre in grande onore e ricolmò di lodi il beato Giuseppe, e di preferenza a lui ricorse nelle angustie»[5].
Il Concilio Vaticano II parla di «scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita»[6]. Perciò, come famiglia, ci chiediamo costantemente cosa il Signore vuole che impariamo da ogni situazione e a ogni bivio. L’intercessione dei santi è un aiuto dal cielo per scoprire Dio in ogni evento della vita e rendere presente la sua potenza. San Giuseppe guida la Chiesa e veglia su di essa in questo cammino.
E san Giuseppe è anche il patrono di questa famiglia che è l’Opera. Nei primi anni, san Josemaría fece ricorso in modo speciale a lui per avere Gesù nel Santissimo Sacramento in uno dei primi centri dell’Opus Dei. Per sua intercessione, nel marzo 1935 fu possibile tenere nostro Signore nella cappella dell’Accademia-Residenza DYA in via Ferraz, a Madrid. Da allora, il fondatore dell’Opera ha voluto che la chiave dei tabernacoli dei centri dell’Opus Dei avesse una medaglietta di san Giuseppe con la scritta Ite ad Ioseph, per ricordare che, così come Giuseppe nell’Antico Testamento aveva fatto con il suo popolo, il santo patriarca ci ha fornito il cibo più prezioso: l’Eucaristia.
Chiediamo a Giuseppe che ci continui ad aiutare per avvicinarci a Gesù nel Santissimo Sacramento, che è il nutrimento che alimenta la Chiesa e questa sua piccola parte che è l’Opus Dei. Questo è quello che ha fatto con Maria a Nazaret, ed è ciò che farà insieme a lei nelle nostre case.
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