La più grande prova dell'esistenza di Dio (secondo Dante)
Autore: Don Gianmario Pagano
I canti XXIX, XXX e XXXI del Purgatorio sono forse l’apice di tutta la Divina Commedia. Solo nell’incontro tanto atteso con Beatrice, che avviene qui, nel paradiso terrestre, il luogo della per sempre perduta felicità naturale dell’uomo, Dante nomina – unica volta in tutti i suoi scritti – se stesso. La vicenda personale di ogni uomo ripercorre, come in una miniatura, tutta la storia dell’umanità, e il poeta lo vuole sottolineare mettendo al centro della rivelazione più importante di tutto il poema il suo amore giovanile, quella stessa ragazza in carne e ossa che ora si è trasfigurata nel segno più evidente del richiamo all’eternità e all’assoluto. A causa della morte prematura di Beatrice Dante aveva perso la fede, ma a causa di questa stessa morte, ora, oltre la vita, la ritrova. Come l’incontro tra Tommaso e il Cristo Risorto ha fatto rinascere spiritualmente l’apostolo incredulo, così in Beatrice Dante incontra la propria coscienza che lo inchioda alla verità e gli permette quella consapevolezza che potrà slanciarlo, ormai inarrestabile, con una nuova guida verso il Paradiso.
Link alla fonte »