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La preghiera di contemplazione

Tratto da "La preghiera" - parte XI

Autore: Autori Cristiani

LA PREGHIERA DI CONTEMPLAZIONE

Guardi e sei guardato, ami e sei amato. La Presenza pura, nel silenzio puro e nella fede pura, consumerà un’alleanza eterna. È il nulla. E il Tutto. Tu sei il recipiente. Dio è il contenuto. Lasciati riempire. Tu sei la spiaggia. Lui è il mare. Lasciati inondare. Tu sei il campo. La Presenza è il sole. Lasciati vivificare. Resta così per lungo tempo…. Poi torna alla vita pieno di Dio. (Padre I. Larranaga)

Gli occhi del gufo….
L’adorazione focalizza lo sguardo sull’Assoluto e quindi sui valori che non tradiscono e sui quali si può costruire un’esistenza. La preghiera di adorazione porta alla contemplazione, a cui è strettamente legata.
Contemplare significa “vedere oltre le apparenze”, penetrare sotto la crosta, scoprire la realtà più profonda delle cose e degli avvenimenti. II contemplativo è uno che non si accontenta di guardare le cose in maniera superficiale.

Lui intuisce
che il reale, così come appare, nasconda un’altra realtà misteriosa, che è la più vera ed autentica.
Collocandosi nella luce di Dio, lui si ostina a “leggere” in maniera diversa le cose, gli avvenimenti, gli uomini.
Contemplazione, quindi, è essenzialmente un fatto di sguardo. Uno sguardo reso penetrante dalla fede e dall’amore.

Non per nulla i monaci antichi avevano una predilezione particolare per gufi e civette. In questi uccelli, i contemplativi scorgono il simbolo della loro vita. Soprattutto a motivo degli occhi, enormi, capaci di forare il muro della notte. Questi animali non si limitano ad avere degli occhi grandi. II gufo riesce a vedere con una luce cento volte inferiore a quella necessaria per l’uomo.
Per scrutare le tenebre bisogna avere occhi smisurati, gli occhi di Dio stesso. Allora la notte diventa luce! Così è dei contemplativi: si ostinano a scrutare la notte di Dio. Sono là come sentinelle in attesa, pazientemente appollaiati sulle loro fragili zampe, fino a che si levi il Sole.

I nostri occhi, attratti dalle cose immediate, appariscenti, scintillanti, che s’impongono violentemente all’attenzione, si chiudono a poco a poco, si riducono alle dimensioni degli oggetti che stanno ad un palmo di distanza. Gli occhi dei contemplativi, come quelli dei gufi, sfidano la notte. Pretendono di guardare attraverso la notte. Vogliono cogliere le realtà avvolte nel mistero, le cose che non s’impongono. Per questo s’ingrandiscono, fino a diventare immensi, capaci di afferrare la Bellezza, la Verità al di là delle cose.

Quando preghi, non avere paura di lasciarti aprire gli occhi da Dio. In tal modo la notte, per quanto oscura, può diventare la tua fonte d’illuminazione. La contemplazione costituisce una forma privilegiata di conoscenza. Non si tratta, però di una conoscenza di tipo intellettuale. Il contemplativo “vede meglio”, non attraverso ragionamenti, ma mediante una conoscenza intuitiva resa possibile dalla familiarità con Dio, dalla fede e dall’amore, e mediante un cuore puro, incendiato dalla luce che viene dall’Alto.

Più che conoscere, il contemplativo sa riconoscere, spingendo il proprio sguardo oltre l’apparenza. Tipico è l’atteggiamento di Giovanni nella scena conclusiva sul lago: “…Quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: – È il Signore!- ” (Giovanni 21,7).

Giovanni, da autentico contemplativo, da innamorato, scopre l’identità di quello strano personaggio che aveva assicurato la pesca miracolosa. Avverte una presenza, riesce a dare un volto, un nome a Colui che, per i suoi compagni e per Pietro, rimaneva uno sconosciuto, uno come tanti altri. II contemplativo, come Giovanni, indirizza i battiti del proprio cuore in direzione di una Persona.
Lui legge, ascolta con gli occhi e vede bene col cuore.

II contemplativo, attraverso la familiarità con la “luce inaccessibile” (Timoteo 6,16), acquista la capacità di vedere, di accedere alla luce. Non solo come anticipo dell’eternità, ma come scoperta delle realtà presenti. II contemplativo
desidera vedere soltanto Dio, per essere poi in grado di vedere il fratello, mettere a fuoco il suo volto.
Se uno si ritira a pregare per non vedere nessuno, per non trovarsi tra i piedi le solite persone insopportabili, i soliti problemi sgradevoli, le solite cose banali di tutti i giorni, rischia di diventare cieco. Ci si ritira a pregare per vedere di più, per vedere meglio. Soprattutto per posare gli occhi sulle cose e le persone che preferiremmo non vedere e sulle situazioni che vorremmo non affrontare.
II contemplativo è uno che si è reso conto che per vedere il fratello che gli passa accanto deve, prima, cercare il Dio invisibile.

Per raggiungere il prossimo, lui sale a Dio. Di lì è sicuro di arrivare al fratello. E se non ci arriva, è perché non si è avvicinato abbastanza a Dio. Da Dio al fratello. Il contemplativo….
La contemplazione è una dimensione essenziale della preghiera.
E, anche se la gente comune la ritiene al di fuori della propria portata, riservandone volentieri la specializzazione ad alcuni individui privilegiati, che dimorano nella quiete dei chiostri, essa deve entrare a far parte dell’esperienza ordinaria. ….. ha lo sguardo incendiato dalla luce

II contemplativo ottiene in dono uno sguardo “diverso” sulle cose, sulle persone, sugli avvenimenti della storia. Uno sguardo penetrante, senza essere indagatore. Sicuro, ma privo di durezza. Dolce, disarmato, che non vuol dire ingenuo. Uno sguardo intelligente, ossia capace di esplorare le profondità senza divagare in superficie. L’intelligenza di un cuore bruciato dalla passione dell’invisibile.
…ha capacità di sintesi
Lui vede meglio perché riesce a “prendere le distanze” dalla realtà, a collocarsi nella prospettiva giusta. Ha uno sguardo d’insieme, globale, che gli consente di osservare le cose nelle loro vere proporzioni. Non drammatizza una difficoltà, un’incomprensione, un rifiuto. Riesce ad interpretare anche le realtà meno piacevoli, in un contesto di grazia. Non sprofonda mai nello scoraggiamento.
Ed è sempre pronto a riprendere il cammino. …..è magnanimo
Non è intollerante, fanatico, aggressivo. Non ha pregiudizi, rispetta le vocazioni, i punti di vista diversi e non ha la pretesa di imporre come assoluta la propria esperienza. Si mantiene al di fuori delle mischie, dei personalismi, delle vanità e degli arrivismi. È sempre pronto al perdono, alla comprensione. Capace di cogliere l’essenziale, non perde tempo in ciò che ha poca importanza.
….è longanime

Deciso, tiene ben presenti la meta e gli obiettivi, ma non si lascia dominare dall’impazienza. Sa aspettare. Sceglie i tempi lunghi, convinto che ogni vera maturazione è sempre piuttosto lenta. È consapevole dei fatto che non si può arrivare al termine del cammino scavalcando le tappe intermedie. Per questo sopporta serenamente i contrasti, le opposizioni, perfino le persecuzioni.
È sicuro che Dio, anche quando tace, ha sempre l’ultima parola. Perciò vive nella pace, pur nell’infuriare della tempesta.
…..è silenzioso

II contemplativo si riconosce non dai discorsi, ma dalla calma, dalla serenità, dalla pace, dal silenzio luminoso che emana dalla sua persona. Lui reca sul volto le stimmate della luce.Se lo incontri, ti ritrovi arricchito, illuminato dentro, pacificato. ….è umano

Un’esperienza del divino che non renda più umani è alquanto dubbia. L’umanità rappresenta uno dei segni più credibili della vera contemplazione.
Così il contemplativo si rivela sensibile, delicato, attento alle necessità del prossimo, capace di compatire le miserie e le debolezze altrui. Non si vergogna di vere un cuore. Manifesta tenerezza; ama la solitudine, ma è anche l’uomo dell’incontro e dell’amicizia. Gode per le piccole cose e partecipa alle gioie degli altri. È attraverso la sua straordinaria umanità che il contemplativo ti fa sospettare la presenza di Dio in mezzo a noi.
….ha il senso dell’umorismo

II contemplativo “è leggero”, perché non appesantito dal proprio io, dalle preoccupazioni di se stesso, del successo, della vanità, della carriera. Non si prende troppo sul serio. Sa ridere di sé. Si adatta alle circostanze con elasticità. Per lui, il lasciarsi mettere in discussione dalle circostanze della vita, diventa una forma di sottomissione alla volontà di Dio.
II contemplativo si costruisce una nicchia nel cuore, ridimensionando gli altri e se stesso, abbattendo impalcature ingombranti per coltivare, nel terreno dell’ umiltà, il fiore prezioso del sorriso.
Allargare gli orizzonti….

Contemplare deriva dal latino templum (tempio). Nella prospettiva biblica, il tempio è il luogo dove abita il Signore.
II contemplativo, però, allarga smisuratamente l’area del tempio, perché scopre e vede che Dio è in azione, nel mondo, nelle vicende della storia, nel cuore dell’uomo. II tempio è il mondo, luogo della “manifestazione nascosta” del Signore. Perciò il contemplativo trova nel mondo il tempio, ossia il luogo della propria esperienza di Dio.
La contemplazione cristiana ha due “luoghi privilegiati”: – Gesù contemplato nella preghiera

– Gesù incontrato nel prossimo .
La contemplazione è anche inseparabile dalla fede e dall’ascolto assiduo della Parola di Dio. La contemplazione non è un lusso spirituale, un misticismo negato alle possibilità della gente comune. È, invece, l’unica maniera di vivere nella verità. La preghiera contemplativa non rappresenta una forma di evasione e un
rifugio che difende dalla dura realtà. AI contrario, più che rappresentare un altro mondo,
contrario, più che rappresentare un altro mondo, irreale, è la possibilità di vedere questo mondo alla luce di Dio. Contemplare non significa “passare al largo”, scansare appuntamenti scomodi con gli impegni terrestri.
Ma tra-passare, ossia passare attraverso o passare dentro.

Contemplare non si riduce a quiete, serenità, silenzio, estraneità, assenza, impassibilità. La contemplazione è un’esperienza del vivere, inteso in senso globale. La preghiera contemplativa è un miracolosa operazione di allargamento di spazi. Non si può improvvisare. Va preparata.
Gli autori classici e moderni della spiritualità sono concordi nell’indicarne alcune condizioni fondamentali:
– purificazione del cuore – umiltà
– silenzio -abbandono.

La preghiera contemplativa dà un senso, un orientamento all’azione. La inserisce nel solco della volontà di Dio.
Arriva più lontano sulla strada della contemplazione non chi si isola, ma chi è capace di fare unità.
Dalla preghiera contemplativa scaturisce l’attività apostolica, missionaria, del credente, del testimone.
La missione della Chiesa e il suo servizio non possono che partire dalla contemplazione e passare attraverso la contemplazione.
La contemplazione nasce dall’amore, è esperienza d’amore e sfocia necessariamente nell’amore.
Se nella preghiera contemplativa un cristiano non scopre l’amore, ciò significa che invece di raggiungere Dio ha contemplato “una caricatura di Dio”, o magari la propria immagine.
La contemplazione non è accartocciamento su se stessi, ma comunione.

Avendo scoperto la gente comune, il contemplativo entra in comunione con le altre persone e con l’universo intero.
Un’immagine della contemplazione cristiana può essere data dalla particolare esperienza di Dio che gli ebrei, nel faticoso cammino attraverso il deserto, hanno compiuto grazie alla “nube” che li accompagnava.
“…Ad ogni tappa, quando la nube s’innalzava e lasciava la Dimora, gli Israeliti levavano l’accampamento …. La nube del Signore durante il giorno rimaneva sulla Dimora e durante la notte vi era in essa un fuoco, visibile a tutta la casa di Israele,
per tutto il tempo del loro viaggio…” (Esodo 40:36-38)
Presenza velata. La nube manifestava la divinità e, al tempo stesso, la nascondeva. Resta l’immagine di un cammino guidato da una Presenza, discreta e necessaria.
Non è il “Dio che ti vede”, ma il “Dio che ti accompagna”.

La contemplazione è anche l’immagine dei roveto ardente (Es. 3:2-3). Nel deserto, il cespuglio era ardente, ma non si consumava. Dio, frequentemente, ama nascondersi.
Di solito si parla della contemplazione in termini di montagna, di vetta, ma la contemplazione ti colloca spesso anche sull’orlo sottile di un abisso che si è scavato dentro di te.
La contemplazione cristiana si realizza nella fede. Non è la visione diretta, “faccia a faccia”.
I nostri occhi non sono in grado di sostenere la luce abbagliante del sole. Dobbiamo socchiudere gli occhi per sopportare il sole.
È attraverso l’oscurità che intravediamo la luce.

Accordata sul ritmo di Dio, la preghiera di contemplazione ci proietta in un tempo “diverso”, che è anche il tempo dell’imprevisto, del non-programmabile, della sorpresa, dell’irripetibile, dell’avvicinarsi dei Suoi passi…..
Il contemplativo entra dentro una strada segreta. Si spinge all’interno. Contemplare, voce del verbo sospettare. Sospettare che il più è nascosto. Che il meglio non è ciò che appare in superficie. Che il mistero è la verità delle cose. E se non arrivi a sfiorare il mistero, rimani un estraneo rispetto alla realtà. Sospettare che il grigio del quotidiano è intriso, se ne trapassi la crosta, della luce pasquale.
II vero realista è il contemplativo perché riesce a vedere la realtà non con le lenti deformanti dell’inevitabile (che comporta atteggiamenti di rassegnazione), ma attraverso la luce dell’ attesa di qualcos’ altro (che determina un impegno concreto verso il loro vero traguardo).

L’uomo razionale vede le cose così come gli appaiono.
II contemplativo sa cogliere il battito segreto del mondo. Là, dove l’uomo razionale vede e descrive soltanto gli oggetti, il contemplativo coglie dei segni. Egli non è armato di certezze e convinzioni.
È invece una persona vulnerabile, ferita continuamente dalla Luce. II contemplativo non continuamente dalla Luce. II contemplativo non elabora delle teorie, non produce solo ragionamenti, non ha fretta di arrivare a delle conclusioni.

Preferisce, ogni giorno, spalancare lo sguardo alla luce.
Non si sente chiamato a difendere la verità, ma ad irradiarla.
L’uomo razionale si sente custode della verità, l’uomo contemplativo si limita ad indirizzare i battiti del suo cuore in direzione di una Persona. La contemplazione non solo ci impedisce di fabbricarci un’immagine distorta di Dio e del mondo, ma evita che ci costruiamo un’immagine falsa di noi stessi.

La bellezza del deserto sta nel fatto che nasconde un pozzo da qualche parte …. La preghiera contemplativa ti fa attraversare il deserto con il desiderio di scoprire il pozzo destinato alla tua sete.
Ti fa perlustrare un campo, sospettando il tesoro che è sepolto in qualche angolo. Ti fa frequentare un mercato stracolmo di cianfrusaglie, pronto ad individuare la perla di inestimabile valore.
Ti fa camminate lungo una strada polverosa qualsiasi, lasciandoti raggiungere, al momento della delusione e della stanchezza, quando già si allungano le ombre paurose della sera, da un Passante che ti scalda il cuore con le Sue Parole insolite e si fa riconoscere nel gesto di spartire il pane.

Ti permette di forare la coltre di nebbia in cui rischi di smarrire la direzione del cammino, per lasciar filtrare un raggio di luce.
Un modello di preghiera contemplativa è senz’altro quello di Maria nel Magnificat (Gesù è vissuto per trent’anni, a Nazaret, accanto a una madre contemplativa). Colei che “…tutte le generazioni chiameranno beata…” ha scoperto, “sospettato”, nel grigiore di un’ esistenza dominata dai ricchi,dai potenti, dai sapienti, la presenza di un germe di novità, prossimo ad esplodere, che avrebbe portato ad un capovolgimento della storia.
II verbo “sospettare”, tipico della contemplazione, va applicato nel suo significato positivo, anche nei confronti del prossimo.
Bisogna imparare a “sospettare” in senso luminoso.

Sospettare che un fratello, sotto la crosta dei difetti, custodisce una zona intatta che si apre solo davanti ad un atteggiamento diverso. Sospettare il meglio che c’è in ogni uomo. Sospettare il vero, il bello, il buono, il pulito che rimane nascosto. Sospettare un’attesa, un tormento segreto, una feritanon del tutto rimarginata. II contemplativo non si limita ad esplorare il territorio dello spirito, ma si avventura, con discrezione e rispetto, anche nel mistero dell’uomo.

La preghiera contemplativa porta la persona a smantellare le proprie difese. Oltre che il verbo “sospettare”, il contemplativo conosce bene anche il verbo ‘rischiare’.
Rischia l’imprevedibile, cammina a piedi scalzi, senza bastone, senza bisaccia. Respinge i favori della gente che conta, rifiuta le protezioni dell’avere, del sapere, del potere. In una società che tende a soffocare lo slancio verso l’infinito, che cerca di imprigionare in tutto ciò che è a portata di mano, che spinge a desiderare tutto e subito, il contemplativo si fa pellegrino dell’ Assoluto.
Scommette sull’invisibile, rischia l’esplorazione di ciò che sta “al di là delle cose”, coltiva la nostalgia del futuro.
Appuntamento al pozzo di Sichem
Un pozzo diventa il luogo dell’incontro con Dio. La sete degli uomini è appagata al di là di ogni speranza. Lasciamo scaturire in noi il desiderio di dissetarci. Perché ancora oggi il Signore ci dice:” … lo ti darò acqua viva..” Fermiamoci al pozzo….

Leggiamo attentamente Giovanni 4,1-42 Lei veniva per attingere acqua. Lui aveva sete. Si era fermato e si era seduto sul muretto di un pozzo. Veniva da lontano e percorreva il paese annunciando che i tempi erano compiuti. Lei veniva ad attingere acqua, l’acqua di tutti i giorni, l’acqua necessaria, indispensabile. Veniva ad attingere la vita.
“…Dammi di quest’acqua che io non abbia più sete…”

Veniva ad attingere l’acqua che fa rinverdire il deserto. Sperava di estinguere la propria sete e portava in sé il desiderio che dà il gusto di vivere.
“…So che il Messia viene e ci farà conoscere ogni cosa…” Sete…… Desiderio… Per noi, gente abituata alle piogge, è difficile sentirci attanagliati alle viscere quando si parla di acqua, di sete, di pozzi, di deserto… Noi non conosciamo la sete. L’uomo di oggi muore per non avere più sete. I suoi desideri sono troppo in fretta appagati, la sua esistenza passa senza uno scopo, la sua immaginazione è sterile, le sue aspirazioni minime. Noi non conosciamo la sete. L’uomo di oggi la soddisfa con acque stagnanti.

“…Se tu sapessi il dono di Dio! Egli ti avrebbe dato acqua viva….” Se tu sapessi…. Lasciati avrebbe dato acqua viva….” Se tu sapessi…. Lasciati scavare dalla sete… Scoprirai una speranza profonda. Ascolta il desiderio che scaturisce dentro di te. Non aspiri forse ad un mondo in cui gli uomini, un giorno, si risveglieranno e capiranno finalmente che sono fatti per vivere insieme? In cui la giustizia scorrerà come l’acqua e la rettitudine come un fiume impetuoso? Non sogni forse di poter respingere lontano le tentazioni della disperazione, di gettare una luce nuova sulle tenebre del pessimismo, di essere capace di affrettare il giorno in cui la pace regnerà sulla terra e la buona volontà tra gli uomini? Scava il tuo desiderio. La vita è nascosta in profondità. Non vivere in superficie, perché i tuoi sogni non saranno mai abbastanza grandi, abbastanza belli. Dio ha sognato prima di te.
Ha sognato per sei giorni… Prima di realizzare, dalla polvere del suolo, l’uomo suo capolavoro e la donna, opera del suo cuore.
Abbandonati al desiderio.

“…Se tu mi avessi chiesto di quest’acqua, lo ti avrei dato acqua viva…” Dio sogna per te. Ti spalanca l’avvenire.
Dio, il tuo Dio, ha i desideri pazzi della giovinezza: immagina di cambiare il mondo e il mondo è trasformato. Pensa che tutto sia possibile e l’immaginazione diventa realtà.
Lasciati afferrare dalla speranza. Lasciati sedurre da un avvenire possibile… Un avvenire che il passato non può impedire.

Lasciati sommergere dalla sete, perché desiderare è già nascere ad altro. Lasciati aprire a ciò che Dio vuole fare per te, perché Dio, il tuo Dio, non è prigioniero del passato. Dio ha i desideri della giovinezza che inventa l’amore; per Lui tutto può ancora essere desiderato, perchè niente può contenere l’acqua zampillante. Dio, il tuo Dio, è un Dio di eterna giovinezza, per Lui ogni mattino ha lo splendore del primo mattino del mondo. Là dove Dio passa, la vita scaturisce. E il desiderio può dilagare a perdita d’occhio…. La sabbia si fa prateria, la roccia si fa acqua limpida. Lasciamoci sommergere dalla sete, perchè Dio si incontra sul muretto di un pozzo.
“…Se tu mi avessi domandato di quest’acqua, lo ti avrei dato acqua viva ….” Era una donna straniera, rigettata dalla legge, una samaritana…. veniva ad attingere acqua alle porte della città. Era un uomo speciale …. dal suo fianco avrebbe presto diffuso la vita, alle porte della città. Lei aspettava il giorno di Dio. Lui aveva sete. Fu conquistata dalle sue parole….

Le rivelò che anche Dio aveva sete……

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