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Le virtù nel lavoro

tratto da "Lavorare bene, lavorare per amore" - II (parte)

Autore: Javier López Díaz

Le virtù cristiane di solito si manifestano e si sviluppano nell’attività professionale attraverso cose piccole.

La stessa laboriosità, che in qualche modo è la condizione delle altre virtù nel lavoro, non consiste solo nel lavorare molto, perché non bisogna dimenticare che «a furia di trascurare i particolari, possono diventare compatibili il lavorare senza riposo e il vivere da perfetto fannullone».

Questa virtù può perdere il suo genuino valore se si trascura la lotta nei dettagli di ordine ai quali forse non si è inclini, o di puntualità nell’iniziare e nel terminare il lavoro, o si rimanda l’attenzione alla famiglia o si trascurano le iniziative apostoliche con la scusa che il lavoro assorbe quasi tutte le energie. La cura delle cose piccole per amore a Dio protegge da questo pericolo perché salvaguarda la rettitudine d’intenzione, in quanto molti dettagli splendono soltanto davanti a Dio. «La santità non consiste nel fare cose sempre più difficili, ma nel farle ogni giorno con più amore».

Cosa ben diversa è il “perfezionismo”, il difetto di cercare come fine la perfezione per la perfezione nel risultato esteriore del lavoro. Questo difetto ha in sé una deformazione delle virtù umane, dimostra che si è perduta la visione d’insieme, il senso della prudenza che a volte suggerisce che il meglio è nemico del buono, perché volere il meglio porterebbe a trascurare altre esigenze del lavoro ben fatto, come terminarlo entro un opportuno limite di tempo. Il perfezionismo è un surrogato della perfezione, che rivela amor proprio e vana compiacenza; conviene combatterlo con il realismo dell’umiltà cristiana che sa riconoscere i propri limiti e sa confidare in Dio.
Egli ha creato tutto per amore e le sue opere sono perfette: Dei perfecta sunt opera .

Il nostro lavoro è un «prolungamento dell’opera della creazione» , e anch’esso dev’essere perfetto per ciò che, con la grazia di Dio, dipende dalle nostre forze. La cura delle cose piccole caratterizza il modo divino di lavorare di un figlio di Dio, perché dimostra la perfezione dell’amore. Ed è fondamentale per arrivare a essere contemplativi nel lavoro, perché così come Dio creò e vide che era buono ciò che aveva creato – contemplò il riflesso del suo Amore e della sua Verità nelle creature , analogamente, con l’infinita distanza che comporta qui l’analogia, il nostro lavoro sarà buono e mezzo di contemplazione se è un’attività non solo definita in ogni dettaglio, ma compiuta con rettitudine morale. Così il lavoro sarà orazione. Orazione contemplativa, perché un lavoro realizzato con perfezione, mettendo amore nelle cose piccole, permette di scoprire «quel qualcosa di divino che è nascosto nei particolari».

Per questo, concludeva san Josemaría, «quando un cristiano compie con amore le attività quotidiane meno trascendenti, in esse trabocca la trascendenza di Dio» .
Il panorama meraviglioso che si apre davanti ai nostri occhi dev’essere reso operativo. «Non basta voler fare il bene; è necessario saperlo fare» . Servire Dio e gli altri con il nostro lavoro richiede preparazione, competenza non solo tecnica ma anche morale, umana e cristiana.
«Per servire, servire», ripeteva san Josemaría per ricordare che non basta la “buona volontà” per essere un buon medico o una buona padrona di casa, ma si richiedono conoscenze e virtù. «Non credo alla rettitudine di intenzione di chi non si sforza di ottenere la competenza necessaria per svolgere debitamente i compiti che gli sono affidati» .

La “formazione professionale” per santificare il lavoro non consiste esclusivamente in alcune conoscenze teoriche previe; occorre molto di più, come si è detto prima: è indispensabile una serie di virtù umane impregnate di carità. Per questo motivo, soprattutto, la formazione professionale dura tutta la vita, e dev’essere migliorata giorno dopo giorno mettendo impegno nel crescere nelle virtù umane. «Non basta il desiderio di possedere tali virtù, bisogna imparare a praticarle. Discite benefacere (Is 1, 17), imparate a fare il bene. Bisogna esercitarsi continuamente negli atti corrispondenti a tali virtù – con fatti di sincerità, di veracità, di equanimità, di serenità, di pazienza… perché le opere sono amore e non si può amare Dio solo a parole, ma coi fatti e nella verità (1 Gv 3, 18)».
Eccellente canale per tale formazione è la direzione spirituale personale. Chi sa spalancare l’anima potrà ricevere i consigli più adeguati – a volte le indicazioni sui doveri morali o di coscienza –, perché lo Spirito Santo dà la sua luce e la sua grazia attraverso questo mezzo di santificazione. Bisogna anche essere disposti a ricevere tale formazione nello stesso posto di lavoro, sapendo approfittare delle osservazioni di coloro che ci circondano. Si richiede umiltà, semplicità per ammettere le proprie limitazioni e lasciarsi aiutare evitando la sufficienza, la presunzione e la vanità.
Una disposizione interiore molto conveniente per santificare il lavoro è l’entusiasmo professionale. Però è importante avere un’idea esatta, elevata, di quel che deve essere in un cristiano un corretto entusiasmo, che non si riduca a una semplice inclinazione naturale o a un sentimento.
A rigore, l’entusiasmo professionale è l’anelito di servire Dio e gli altri con il nostro lavoro, il desiderio di contribuire con la propria attività professionale al progresso umano orientandolo in senso cristiano e a permeare così la società con lo spirito di Cristo. Questo è il nocciolo dell’entusiasmo professionale di un figlio di Dio, che tiene vivo l’interesse umano per l’attività che si compie e l’alimenta alla radice con una linfa di speranza soprannaturale che tiene vivo l’impegno «di trasformare la prosa quotidiana in versi epici».

Le attività più comuni non sono più un monotono succedersi di azioni che si ripetono, come non lo furono nella vita di Gesù, di Maria e di Giuseppe a Nazaret. Nelle nostre attività si scopre in tal modo una nuova dimensione e si gode per la presenza di Dio che le approva, accogliendo l’offerta del lavoro ben fatto.
Per un figlio di Dio l’entusiasmo professionale non è un piacere o un capriccio. È un entusiasmo dovuto al fatto che si compie il lavoro che Dio vuole per santificarlo e dare frutto. Proprio per questo c’è una vocazione professionale, che è una parte importante della vocazione divina alla santità e all’apostolato. La vocazione professionale si scopre non solo in base alle inclinazioni e alle attitudini – che sicuramente contano -, ma anche alle circostanze nelle quali ognuno si trova per Provvidenza divina, e in concreto ai doveri che deve adempire e i servizi che di fatto può prestare.
Tutto questo insieme di fattori costituisce la vocazione professionale. Si chiama “vocazione” perché effettivamente rappresenta una chiamata di Dio a scegliere, in accordo con le circostanze personali, l’attività professionale più conveniente come materia di santificazione e apostolato.

In questo ambito si vede quanto l’entusiasmo professionale sia lontano dalla patologia, già menzionata più sopra, che suole prendere il nome di professionalite. L’entusiasmo professionale è l’amore al lavoro come mezzo di santificazione e di apostolato; la professionalite, invece, è la schiavitù a un idolo che si è stabilito come fine. Questo può succedere anche senza volerlo espressamente, quando non si è attenti a rettificare l’intenzione e in pratica ci si comporta con obiettivi esclusivamente terreni, ponendo nel successo la propria compiacenza.
San Josemaría mette in guardia da questo pericolo: «metti gli impegni professionali al loro posto: sono esclusivamente mezzi per arrivare al fine; non possono mai essere considerati addirittura come la cosa fondamentale. Quante “professionaliti” impediscono l’unione con Dio!» .

Per imparare a lavorare bene occorre imparare a mettere il lavoro al posto che gli compete: un posto tanto importante da essere il fulcro della santificazione nella vita ordinaria, però il fulcro non è il tutto.
I buoni professionisti si riconoscono dal loro lavoro. San Giuseppe era conosciuto da tutti come il carpentiere e Gesù come il figlio del carpentiere, fabri filius , e carpentiere Egli stesso . Non è giunto fino a noi il prodotto del suo lavoro, nessuno degli utensili di qualità che hanno fabbricato, con la perfezione permessa dagli strumenti dell’epoca, ma lavorando con impegno, in modo ordinato, allegramente…, mentre Santa Maria si occupava col medesimo spirito dei lavori domestici. Invece è giunto fino a noi l’amore redentore che Gesù metteva in questo lavoro e quello di Maria e di Giuseppe uniti al suo con un solo cuore.

Questa è l’essenza della santificazione del lavoro.

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