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La ricerca di Dio durante il lavoro

tratto da "Lavorare bene, lavorare per amore" - III ( sezione 1)

Autore: Javier López Díaz

«Vorrei che oggi, in questa nostra meditazione, ci persuadessimo una volta per sempre della necessità di avviarci ad essere anime contemplative, nel bel mezzo della strada e del lavoro, grazie ad un colloquio costante con il nostro Dio, che non deve mai venir meno lungo tutta la giornata. Se vogliamo seguire lealmente le orme del Maestro, è questa l’unica via» .
Per coloro che sono chiamati da Dio a santificarsi in mezzo al mondo, trasformare il lavoro in preghiera e avere anima contemplativa, è l’unica via, perché «o sappiamo trovare il Signore nella nostra vita ordinaria, o non lo troveremo mai» .

Meditiamo con calma questo insegnamento fondamentale di san Josemaría. In questo testo esamineremo che cos’è la contemplazione; nel capitolo successivo vedremo che la contemplazione può avvenire durante il lavoro e durante le attività della vita ordinaria.
La scoperta di Dio nella normalità di ogni giornata dà pienezza di significato alle nostre attività. La vita nascosta di Gesù a Nazaret, gli «anni intensi di lavoro e di preghiera, durante i quali Gesù condusse una vita normale – come la nostra, se vogliamo -, divina e nello stesso tempo umana» , dimostrano che gli impegni professionali, l’attenzione alla famiglia e le relazioni sociali non sono di ostacolo per pregare sempre , ma un’occasione e un mezzo per un’intensa vita di relazione con Dio. «Arriva un momento in cui ci è impossibile distinguere dove finisce la preghiera e comincia il lavoro, perché il nostro lavoro è anche preghiera, contemplazione».
La vita dei primi cristiani trascorse per la via della contemplazione nella vita ordinaria, seguendo le orme del Maestro: «quando passeggia, conversa, riposa, lavora o legge, il credente prega» , scriveva un autore del II secolo. Alcuni anni dopo, San Gregorio Magno testimonia, come un ideale divenuto realtà in numerosi fedeli: «Non è che la grazia della contemplazione viene data ai grandi e non ai piccoli, ma molti grandi la ricevono e anche molti piccoli; sia tra quelli che vivono ritirati come tra le persone sposate. Poi, se non c’è stato nessuno tra i fedeli che sia rimasto escluso dalla grazia della contemplazione, ciò che il cuore conserva interiormente può essere illustrato con questa grazia» .

Il Magistero della Chiesa, soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II, ha ricordato varie volte questa dottrina, tanto importante per i laici. San Giovanni Paolo II dice che «le attività giornaliere si presentano come un prezioso mezzo di unione con Cristo, potendo divenire ambito e materia di santificazione, terreno di esercizio delle virtù, dialogo d’amore che si realizza nelle opere. Il lavoro viene trasfigurato dallo spirito di orazione e diventa così possibile restare in contemplazione di Dio, anche mentre si è intenti al disbrigo di varie occupazioni» .
Leggiamo nel Catechismo che «questa contemplazione di Dio nella sua gloria celeste è chiamata dalla Chiesa ‘la visione beatifica’» . Di questa contemplazione piena di Dio, propria del Cielo, possiamo avere un certo anticipo su questa terra, una incoazione imperfetta, che , pur essendo di un ordine diverso dalla visione, è già un’autentica contemplazione di Dio, allo stesso modo che la grazia santificante è una sorta di partecipazione alla natura divina e incoazione della gloria. «Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto», scrive san Paolo.

Questa contemplazione di Dio come in uno specchio, durante la vita presente, è possibile grazie alle virtù teologali: alla fede e alla speranza vive, impregnate della carità. La fede, unita alla speranza e vivificata dalla carità, «ci fa gustare come in anticipo la gioia e la luce della visione beatifica, fine del nostro pellegrinare quaggiù»
La contemplazione è una conoscenza amorosa e gioiosa di Dio e dei suoi disegni manifestati nelle creature, nella Rivelazione soprannaturale e, pienamente, nella Vita, Passione, Morte e Risurrezione di Cristo, nostro Signore. «Scienza d’amore» , la chiama san Giovanni della Croce. La contemplazione è una chiara conoscenza della verità, che si ottiene non attraverso un processo del ragionamento, ma attraverso una intensa carità .
L’orazione mentale è un dialogo con Dio. «Mi hai scritto: “Pregare è parlare con Dio. Ma, di che cosa?”. – Di che cosa? Di Lui, di te: gioie, tristezze, successi e insuccessi, nobili ambizioni, preoccupazioni quotidiane…, debolezze! E atti di ringraziamento e suppliche: e Amore e riparazione. In due parole: conoscerlo e conoscerti: “frequentarsi”!»
Nella vita spirituale la relazione con Dio tende a semplificarsi man mano che aumenta l’amore filiale pieno di familiarità. Spesso accade allora che per pregare non sono più necessarie le parole, né quelle esterne né quelle interne. «Le parole vengono meno, la lingua non riesce a esprimersi; anche l’intelletto si acquieta. Non si ragiona, si guarda!».

La contemplazione è questo: un modo di pregare attivo ma senza parole, intenso e sereno, profondo e semplice. È un dono che Dio concede a coloro che la cercano sinceramente, mettono tutta l’anima nel compimento della sua Volontà, con opere, e tentano di muoversi alla sua presenza. «Dapprima una giaculatoria, poi un’altra, e un’altra ancora… finché questo fervore appare insufficiente, perché le parole sono povere… e allora subentra l’intimità divina, lo sguardo fisso in Dio, senza soste e senza mai stancarsi» . Questo può succedere – come insegna san Josemaría
-, non solo nei periodi di tempo dedicati espressamente all’orazione, ma anche «mentre svolgiamo con la massima perfezione possibile, pur con i nostri errori e con i nostri limiti, i compiti propri della nostra condizione e del nostro lavoro» Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo inabitano nell’anima in grazia: siamo tempio di Dio .

Le parole si rivelano insufficienti ad esprimere la ricchezza del mistero della Vita della Santissima Trinità in noi: il Padre che eternamente genera il Figlio, e che con il Figlio effonde lo Spirito Santo, vincolo di Amore sussistente. Per grazia di Dio, noi prendiamo parte a questa Vita come figli. Il Paraclito ci unisce al Figlio che ha assunto la natura umana per renderci partecipi della natura divina: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna […] perché ricevessimo l’adozione a figli. E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!» . In questa unione con il Figlio non siamo soli, ma formiamo un corpo, il Corpo mistico di Cristo, nel quale tutti gli uomini sono chiamati ad aggregarsi come membra vive e ad essere ognuno strumento per attrarre altri, partecipando del sacerdozio di Cristo.

La vita contemplativa è la vita propria dei figli di Dio, vita di intimità con le Persone Divine e traboccante di zelo apostolico. Il Paraclito effonde in noi la carità che ci permette di raggiungere una conoscenza di Dio che senza l’amore sarebbe impossibile, perché colui che non ama non conosce Dio, perché Dio è amore . Chi più lo ama meglio lo conosce, in quanto questo amore – la carità soprannaturale – è una partecipazione della carità infinita che è lo Spirito Santo , che tutto scruta fino alle profondità di Dio. Orbene, chi sa ciò che c’è nell’uomo, se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche le cose di Dio nessuno le ha conosciute se non lo Spirito di Dio.
Questo Amore, con la A maiuscola, instaura nell’anima una stretta familiarità con le Persone Divine, e una capacità di intendere più acuta, più rapida, esatta e spontanea, in profonda sintonia con il Cuore di Cristo . Coloro che si amano si comprendono più facilmente. Per questo san Josemaría ricorre all’esempio dell’amore umano per parlare della contemplazione di Dio. Ricordava che sulla terra si dice: come lo contempla!, quando si vuole sottolineare lo sguardo attento e pieno d’amore di una madre che tiene un figlio fra le braccia, e diceva che così dobbiamo contemplare il Signore.
Comunque, qualunque esempio, per quanto bello possa essere, non è che una parvenza della contemplazione che Dio concede alle anime fedeli. Se già la carità soprannaturale supera in altezza, in qualità e in forza qualunque amore semplicemente umano, che dire dei Doni dello Spirito Santo, che ci permettono di lasciarci portare docilmente da Lui? Con la crescita di questi Doni – Sapienza, Intelletto, Consiglio, Fortezza, Scienza, Pietà e Timore di Dio – cresce la connaturalità o familiarità con Dio e si mette in mostra tutta la vivacità della vita contemplativa.
In particolare, con il Dono della Sapienza – il primo dei Doni dello Spirito Santo – ci è concesso non solo di conoscere e di assentire alle verità rivelate intorno a Dio e alle creature, come è proprio della fede, ma di assaporare tali verità, conoscerle con «un certo sapore di Dio» . La Sapienza – sapientia – è una sapida scienza: una scienza che si gusta. Grazie a questo Dono, non solo si crede nell’Amore di Dio, ma lo si gusta in un modo nuovo . E’ un sapere che si raggiunge solamente crescendo in santità, tranne alcune anime che lo ricevono per la loro profonda umiltà: «Ti benedico, o Padre, Signore del Cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli».Con il Dono di Sapienza la vita contemplativa penetra nelle profondità di Dio . In questo senso san Josemaría ci invita a meditare «un testo di san Paolo che ci propone tutto un programma di vita contemplativa – conoscenza e amore, orazione e vita – […]: Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio (Ef 3, 17-19)» .Per essere contemplativi in mezzo al mondo bisogna implorare dallo Spirito Santo il Dono di Sapienza insieme agli altri Doni che costituiscono il suo seguito inseparabile. Sono doni dell’Amore divino, gioielli che il Paraclito concede a coloro che vogliono amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze.

Quanto maggiore è la carità più intensa è la familiarità con Dio dalla quale nasce la contemplazione. Già la carità più debole, come quella di chi si limita e non peccare gravemente ma non cerca di compiere in tutto la Volontà divina, stabilisce una certa conformità con il volere di Dio. Tuttavia, un amore che non ha il fervore della pietà è simile più alla cortesia formale di un estraneo che all’affetto di un figlio. Chi si limitasse a questo nella relazione con Dio, non andrebbe oltre una conoscenza insipida e passeggera delle verità rivelate, perché chi si accontenta di ascoltare la parola senza metterla in pratica è simile a un uomo che contempla il proprio volto in uno specchio: si guarda e poi se ne va, dimenticando immediatamente come era .

Molto diverso è il caso di chi desidera sinceramente identificare in tutto la propria volontà con quella di Dio e mette i mezzi, con l’aiuto della grazia: coltiva l’orazione mentale e quella vocale, la partecipazione ai Sacramenti – la Confessione frequente e l’Eucaristia -, si impegna nel lavoro e nel compimento fedele dei propri doveri, cerca la presenza di Dio durante la giornata, cura la propria formazione cristiana e fa di tutto per servire gli altri per amore a Dio. Chi si comporta così è sul punto di ricevere il dono della contemplazione nella vita quotidiana.

L’attuale ambiente della società induce molti a vivere proiettati verso l’esterno, con una brama inestinguibile di possedere questo o quello, di andare di qua e di là, di guardare e osservare, di muoversi, di distrarsi con cose futili, forse nel tentativo di dimenticare il proprio vuoto interiore, la perdita del senso trascendente della vita umana. Però chi scopre la chiamata divina alla santità e all’apostolato, e si propone di seguirla, deve percorrere un’altra strada. Quanto più frenetica è la sua attività esterna, tanto maggiore sarà la sua vita interiore, con più raccoglimento, cercando il dialogo con Dio presente nell’anima in grazia, mortificando gli aneliti dovuti alla concupiscenza della carne, alla concupiscenza degli occhi e alla superbia della vita . Per contemplare Dio è indispensabile la pulizia del cuore. Beati i puri di cuore perché vedranno Dio .
Lo Spirito Santo ha colmato dei suoi Doni la Vergine Maria perché sovrabbondasse di vita contemplativa. Ella è modello e maestra di contemplazione nell’esistenza quotidiana. Alla sua mediazione materna deve ricorrere chi aspiri a ricevere questo dono, autentico anticipo del Cielo.

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