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Lavoro e famiglia: come conciliarli

L'amore nel fidanzamento e nel matrimonio

Autore: José Manuel Martín Q.

Ai nostri giorni accade spesso di incontrare molte coppie di coniugi che
vivono in continua tensione nel tentativo di conciliare la vita
professionale con quella familiare. Si accorgono di non avere tempo ed
energie sufficienti per arrivare a tutto: badare ai figli, prendersi cura della
casa, non trascurare il lavoro professionale… Questa tensione può avere
ripercussioni molto negative sulla famiglia. Malgrado gli sforzi che fanno,
spesso i coniugi si sentono sconfitti dal vortice imposto dalla vita odierna.
C’è una spiegazione?
La sfida per conciliare la vita di lavoro e la vita di famiglia sembra
irrompere come un fenomeno nuovo e complesso, che molte coppie di
coniugi non sanno ancora padroneggiare. Forse la causa più importante
di questa situazione è stata l’inserimento massiccio delle donne nel
mercato del lavoro durante i secoli XIX e XX, che ha sconvolto la
tranquilla dinamica nella quale prevaleva una chiara distribuzione dei
compiti: l’ambito domestico apparteneva alla donna e il lavoro esterno
all’uomo. Se ci soffermiamo a riflettere sulla situazione in cui oggi si trova
la famiglia, notiamo alcuni aspetti ambivalenti. L’Esortazione apostolica
Familiaris Consortio la descrive in questi termini:
“Da una parte vi è una coscienza più viva della libertà personale e una
maggiore attenzione alla qualità delle relazioni interpersonali nel
matrimonio, alla promozione della dignità della donna, alla procreazione
responsabile, all’educazione dei figli; vi è inoltre la coscienza della
necessità che si sviluppino relazioni tra le famiglie per un reciproco aiuto
spirituale e materiale, la riscoperta della missione ecclesiale propria della
famiglia e della sua responsabilità per la costruzione di una società più
giusta. Dall’altra parte, tuttavia, non mancano segni di preoccupante
degradazione di alcuni valori fondamentali: una errata concezione teorica
e pratica dell’indipendenza dei coniugi fra di loro; le gravi ambiguità circa
il rapporto di autorità fra genitori e figli; le difficoltà concrete, che la
famiglia spesso sperimenta nella trasmissione dei valori; il numero
crescente dei divorzi; la piaga dell’aborto; il ricorso sempre più frequente
alla sterilizzazione; l’instaurarsi di una vera e propria mentalità
contraccettiva”.
Questa sintesi ci può servire per orientare ogni situazione della vita
(personale, lavorativa, familiare, sociale, ecc.), e stabilirne
rispettivamente il posto e il rilievo.
Prima di tutto, dobbiamo renderci conto che in qualche modo il lavoro è
presente in tutti gli ambiti della nostra vita: sia quello non-rimunerato,
sia quello professionale, domestico o sociale; un cristiano può sempre
lavorare, impegnarsi, a somiglianza di Cristo e del Padre: “Il Padre mio
opera sempre e anch’Io opero”.
Il lavoro è un terreno connaturale all’essere umano. Siamo stati creati per
lavorare; non soltanto per ottenere un sostentamento, ma per
contribuire al progresso sociale e al bene dell’intera umanità. Come
spiega la Gaudium et spes, Dio decide di creare l’uomo e la donna
affinché governino le cose della terra in giustizia e santità. Questa attività
è il loro lavoro. Nel suo significato più originario, il lavoro non è altro che
l’attività dell’essere umano che interagisce con la creazione materiale;
sicché, per costituzione, siamo fatti per lavorare: “homo, quasi adiutor est
Dei”, quasi l’aiutante di Dio, dice audacemente san Tommaso d’Aquino.
La creazione, dunque, pur essendo perfetta perché è opera di Dio, può a
sua volta essere perfezionata liberamente dall’uomo.
Nello stesso tempo sappiamo che, dopo il peccato originale, il dolore e la
fatica si sono aggiunti al lavoro. Tuttavia, più che la fatica, la peggiore
conseguenza del peccato è forse l’orgoglio: la deformazione del lavoro che ci fa dimenticare di essere aiutanti di Dio, ci fa invertire i termini e,
attraverso il lavoro, ci fa desiderare di essere Dio a noi stessi.
Siamo collaboratori di Dio nella famiglia, nella cura dei figli, nel lavoro
professionale. Se ci lasciamo trascinare dall’orgoglio o dalla pigrizia, non
prenderemo le decisioni adeguate per ottenere il giusto equilibrio nella
nostra famiglia. Per esempio, un orgoglio professionale smisurato o il
rifiuto a svolgere incarichi di scarsa importanza potrebbero farci
trascurare l’ambiente familiare, dove troviamo la maggiore fonte di
felicità.
In secondo luogo, l’ambito professionale e quello familiare non
dovrebbero contrapporsi, perché sono complementari: l’ambito familiare
si arricchisce con la vita professionale e, a sua volta, la vita professionale,
in base alla prospettiva familiare, si colma di significato e di slancio.
Lo affermava recisamente san Josemaría rispondendo a una domanda:
“Le due attività sono compatibili. Tu le rendi compatibili. Oggi, nella vita,
quasi tutti hanno un plurimpiego […]. E ti dico che hai ragione, che sono
due attività perfettamente compatibili”.
Papa Francesco afferma: “La famiglia è un grande banco di prova.
Quando l’organizzazione del lavoro la tiene in ostaggio, o addirittura ne
ostacola il cammino, allora siamo sicuri che la società umana ha
incominciato a lavorare contro se stessa. Le famiglie cristiane ricevono da
questa congiuntura una grande sfida e una grande missione. Esse portano
in campo i valori fondamentali della creazione di Dio: l’identità e il
legame dell’uomo e della donna, la generazione dei figli, il lavoro che
rende domestica la terra e abitabile il mondo”.
La coerenza cristiana porta a dare priorità, a seconda delle circostanze, a
ognuna delle attività che derivano dalla nostra condizione di genitori,
coniugi, amici, colleghi… In questo consiste la lotta per mantenere l’unità
di vita: stabilire le priorità; vale a dire, fissare lo sguardo sugli obiettivi
più alti di amore di Dio e di amore per gli altri, qualunque sia l’ambito nel
quale operiamo.
Questi obiettivi ci aiutano a mettere al posto giusto le molteplici attività,
che seguono un ordine gerarchico in conformità a questo ideale di vita.
Nello stesso tempo, ci aiutano a cercare di praticarle intensamente,
traendone il massimo vantaggio: con i piedi ben piantati a terra e lo
sguardo rivolto al cielo, come piaceva ripetere a san Josemaría. In
sostanza, più che di conciliare, si tratta di integrare le diverse attività di
ogni giornata, o almeno, farne il tentativo tutti i giorni.
In grande misura, bisogna cercare di creare un proprio progetto
coniugale, adeguato alle necessità di ogni famiglia: senza figli, con molti o
con pochi figli, o figli con particolari necessità, oltre a una particolare
attenzione ai nonni… Se uno dei coniugi decide di dedicarsi al lavoro di
casa, si tratta di una scelta legittima. In realtà, sono molte le madri che
optano per dedicarsi esclusivamente alla casa. Con mentalità
professionale, anch’esse devono conciliare questo lavoro con la loro vita
familiare.
Prendersi cura della casa consiste nel badare ai mille dettagli della
convivenza quotidiana che, curati con amore, traboccano di trascendenza
umana e soprannaturale. Così spiega una donna inglese, madre di cinque
figli: “In fin dei conti, gran parte della vita consiste in cose piccole:
rimettere tutto in ordine quando finisco il mio lavoro fatto con amore,
offrire il lavaggio dei calzini maleodoranti per il lavoro apostolico della
Chiesa in Kazakistan o dovunque, stare a sentire un figlio quando sono
stanca e desidero cinque minuti di pace, essere educata con l’agente di
commercio che telefona proprio nel momento in cui sto portando il
pranzo in tavola…”.
Nella prima parte di questo articolo abbiamo trattato dell’unità di vita e
della desiderabile integrazione tra lavoro professionale e vita familiare. In
questa seconda parte suggeriamo alcune linee che ci possono aiutare a
fare passi avanti nell’impegno di rendere compatibili i due ambiti. Queste
regole possono essere riassunte in quattro: anticipare, accettare (farsi
carico), apprendere e amare.
Anticipare
Accettare
Apprendere
Amare
Per arrivare a tutto, conviene essere pratici e anticipare per quanto
possibile le cose da fare. Con un sufficiente anticipo, possiamo sistemare
prima le grandi “pietre”, quelle importanti, in modo che ogni attività
abbia il suo posto e ci sia posto per tutto. Nell’anticipare, dobbiamo però
avere chiara l’ordine fondante di tutto: Dio, gli altri e io; è una formula
rapida che ci permette di sintetizzare l’ordine che deve guidare la vita del
cristiano.
A volte questo può richiedere di fissare il giorno e l’ora per ogni lavoro da
fare, senza lasciare spazio all’improvvisazione. Soltanto se abbiamo un
programma, sarà possibile essere flessibili e fare fronte agli imprevisti
che si presentano durante la giornata.
Un modo di anticipare ed essere flessibili consiste nell’applicare anche
alla gestione della casa il sistema delle imprese: fissare alcune mete, le
strategie, le precedenze, alcuni incarichi che si possono delegare e che
occorre comunicare per tempo. Se la nostra famiglia è l’ “affare più
importante”, dobbiamo fare ogni passo in base a una certa
organizzazione. Lasciare tutto all’improvvisazione non assicura la pace né
l’ordine che si richiede in una convivenza.
Ciò che vale costa, dice il proverbio. La cosa migliore è saper
padroneggiare la grande energia fisica e mentale che questo comporta. “
La sfida dell’equilibrio consiste nel saper vivere coerentemente il nostro
progetto familiare, riconoscendo che, per il grandioso fatto di essere una
coppia di coniugi, abbiamo assunto una serie di obblighi che ci debbono
impegnare nel vivere, rifuggendo da ogni falsa scusa che impedisca od
ostacoli il compimento di tali obblighi e vivendo con realismo ogni
situazione che ci si possa presentare nella vita”.
In un determinato momento della vita può accadere che sia necessario
svolgere un grande quantità di lavoro, fuori e dentro casa, e questo
richiede grandi dosi di realismo e di generosità; richiede anche di evitare
la tendenza al perfezionismo e alle manie personali.
Non siamo soli e non siamo gli unici ad avere tentato di conciliare il
lavoro e la famiglia. Sono diversi i modi di affrontare un’esistenza dai
molteplici fronti di attività. Per esempio, si può imparare molto
partecipando ad alcuni corsi di orientamento familiare o anche dalle
testimonianze di altri genitori cristiani che si sforzano di vivere come tali,
alternando l’ambito lavorativo e quello familiare.
In pratica, per mantenere un equilibrio adeguato tra il lavoro e la
famiglia, spesso è indispensabile gestire bene la nostra risorsa più scarsa:
il tempo. Esistono diversi trucchi e consigli per moltiplicare il tempo a
nostra disposizione:
― “Fa’ quello che devi e sta’ in quello che fai”, diceva san Josemaría.In
tal modo eviteremo di perdere tempo per concentrarci nuovamente in
ogni cosa, facendo in modo di terminarla nel tempo previsto. Potremo
anche offrirlo a Dio ed evitare la dispersione dovuta al fatto di dover
badare a troppe questioni contemporaneamente.
― Fissare un tempo per il lavoro professionale. Appare indispensabile
mettere un limite settimanale alle ore da dedicare al lavoro fuori casa. Il
tempo per stare con i figli e con il coniuge dev’essere considerato sacro.
― Evitare le attività sterili, come vedere in televisione programmi di
scarso valore, oppure fare conversazioni inutili o nocive, che servono solo
a rubare tempo. Spiega Nuria Chinchilla che certe volte tendiamo ad
attribuire agli altri, o alle circostanze, la colpa della nostra stanchezza,
quando invece siamo noi a perdere tempo in attività senza importanza:
“E se guardassimo prima di tutto a noi stessi? Infatti, questa è l’unica
realtà che noi possiamo cambiare. Sicuramente constateremmo una certa
mancanza di organizzazione personale, una confusione sulle priorità,
scarse deleghe ai collaboratori, eccesso di ottimismo nell’apprezzare le
proprie capacità e il proprio potenziale di lavoro, pretesa di abbracciare
un campo di attività troppo vasto, poca puntualità e poco controllo
dell’orario, differimento o precipitazione nelle decisioni importanti…”.
― Tempo di qualità. Una sana vita di famiglia richiede sia una certa
quantità di tempo che una qualità nel tempo, in modo da poter così
svolgere le funzioni inerenti ai nostri ruoli di genitori e sposi. Un modo di
soddisfare tale necessità è quello di predisporre a tal fine i fine settimana
e le vacanze: un tempo di “completa disponibilità”, per occuparsi in modo
particolare del coniuge e dei figli, facendo così qualche passo avanti nel
desiderato equilibrio. Possiamo pensare ad attività che ci permettano di
stare insieme, che ci arricchiscano e ci rafforzino come membri di una
famiglia. Se non privilegiamo questo periodo di tempo da passare con il
coniuge e con i nostri figli, se organizziamo delle vacanze emozionanti ma
che non ci permettono di stare insieme con tranquillità, non avremo fatto
un passo avanti nel progetto comune che sono il matrimonio e la famiglia.
― Stabilire dei momenti di riflessione. Quanto più numerosi sono i
compiti che dobbiamo svolgere, tanto più sono necessari alcuni istanti di
“fermata” durante la giornata, per riflettere su come organizzarli meglio.
Per un cristiano questi momenti di riflessione sono momenti di
preghiera. Dio ci tiene sempre compagnia e possiamo chiedergli aiuto nei
momenti di grande attività.
In definitiva, è l’amore di Dio che dà unità, mette ordine nei cuori, indica
le priorità. “Tra le priorità c’è quella di saper mettere sempre il bene delle
persone al di sopra di ogni altro interesse, lavorando per servire, come
manifestazione della carità; e vivere la carità in modo ordinato,
cominciando da coloro che Dio ha affidato più direttamente alle nostre
cure”.
L’amore per gli altri ci permette di mettere bene a fuoco la nostra vita e di
renderci conto di quanto sia positiva la nostra situazione: se abbiamo
bisogno di conciliare un lavoro esigente con una famiglia è segno di una
grande fortuna. Non siamo vittime ma destinatari di grandi doni.

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