Le forze invisibili: gli angeli, il demonio e l’inferno
Gli esseri puramente spirituali
Autore: Santiago Sanz
Le forze invisibili: gli angeli, il demonio e l’inferno
Gli angeli appaiono come «spiriti incaricati di un ministero» (Eb 1, 14), che si può riassumere in due azioni: lodare incessantemente Dio e prendersi cura degli uomini, partecipando così alla provvidenza salvifica di Dio.
Oggi siamo facilmente indotti a pensare che esiste soltanto ciò che fa parte della nostra esperienza, che il mondo veramente reale sia costituito da ciò che si vede e si tocca, sia direttamente che virtualmente attraverso lo schermo di un dispositivo. Nello stesso tempo ci rendiamo conto che alcune cose che accadono in questo mondo molto difficilmente sono dovute unicamente a cause visibili e sperimentabili, data la loro entità fuori dal comune.
In altre parole, succedono cose visibili e tangibili che hanno origine in qualcosa che non si vede né si tocca. E questo, sia nel bene che nel male.
Nel primo caso diciamo: questo non è umano, ovvero, è sovrumano, troppo bello per essere esclusivamente umano (per esempio, un miracolo); nell’altro caso diciamo: questo è diabolico, ossia, è talmente cattivo che non può essere dovuto soltanto ed esclusivamente all’iniziativa di un individuo (per esempio, un assassinio particolarmente efferato).
In entrambi i casi pensiamo che senza una forza soprannaturale non sia possibile compiere determinate azioni.
Gli esseri puramente spirituali
La credenza nell’esistenza di forze invisibili è stato da sempre un problema per la mente umana.
Nella nostra società avanzata, quando sembra che si tratti di una credenza destinata a scomparire dato il suo presunto carattere mitico e simbolico, misteriosamente riappare in modi diversi nella cultura (nel cinema o nella letteratura), e anche nelle testimonianze di persone che raccontano fatti prodigiosi che attribuiscono a esseri che stanno al di là della nostra percezione sensibile (cosa che si può applicare sia alla preghiera di intercessione che alle pratiche esoteriche o allo spiritismo).
Un noto esegeta del secolo scorso affermava, nel tentativo di demitizzare il Nuovo Testamento per renderlo più credibile all’uomo contemporaneo, che non poteva accendere la luce elettrica o ascoltare la radio e continuare a credere al mondo degli angeli e dei demoni.
Che cosa direbbe se avesse conosciuto internet, le reti sociali e gli smartphones? Il progresso tecnologico, che ci permette di andare sempre più oltre i nostri limiti spazio-temporali, è una cosa che ci allontana o forse invece ci avvicina al mondo puramente spirituale? Che cosa dice di tutto questo la fede cristiana?
Davanti a una questione del genere, la prima cosa da fare è ammettere con chiarezza che, mentre non possiamo fare a meno di affermare l’esistenza di Dio per rendere conto dell’esistenza del mondo, perché Egli lo ha creato, non si può dire lo stesso di altri esseri, benché siano superiori a noi.
Basandosi sul fatto che soltanto Dio è Creatore, il cristianesimo ha scartato fin dal principio l’ipotesi di divinità intermedie, come se Dio, che è puro spirito, non potesse avere nessun rapporto con ciò che è distante da lui e, cioè, materiale.
In ogni modo, sebbene solo Dio è necessario, il cristianesimo, che condivideva elementi di altre visioni del mondo, è riuscito un po’ per volta a trovare una spiegazione razionale all’esistenza di esseri puramente spirituali.
Su questo punto la riflessione di san Tommaso è stata di grande aiuto, perché durante l’epoca patristica essa aveva suscitato numerose controversie. Grazie alla sua metafisica dell’essere, l’Aquinate è riuscito a spiegare che è possibile che esistano esseri creati puramente spirituali[1].
Qualcuno potrebbe pensare che questo avviene già pienamente nell’anima umana, ma l’uomo ha una natura che è anche corporea. Così come nella creazione di Dio vi sono esseri puramente materiali e altri composti da materia e spirito, è molto conveniente, secondo il principio dell’ordine dell’universo e della perfezione della creazione stessa, che vi siano esseri creati puramente spirituali[2].
La mediazione per arrivare a Dio
In realtà queste riflessioni hanno il loro punto di partenza e di arrivo nel racconto biblico della storia della salvezza, nella quale compaiono insieme a Dio, unico Signore e Creatore, altri esseri la cui forza e la cui influenza, positiva o negativa, si fanno notare in questo mondo.
Gli angeli compaiono come «spiriti incaricati di un ministero» (Eb 1, 14), che si può riassumere simbolicamente in due attività: cantare e volare[3]. Essi cantano, ovvero, lodano incessantemente Dio, costituendo i cori celesti ai quali la liturgia della Chiesa si unisce in molti modi.
Perciò non ci si può meravigliare che, quando si sottovaluta la dimensione liturgico-sacramentale della fede, la dottrina degli angeli venga messa da parte. Dall’altro lato, gli angeli “volano”, vale a dire, sono inviati da Dio per prendersi cura degli uomini, esercitando così una partecipazione alla provvidenza salvifica di Dio. Infatti, il Nuovo Testamento ce li mostra presenti nei momenti più importanti della vita di Cristo e della chiesa nascente.
In modo analogo, custodiscono la vita di ogni persona e di ogni istituzione, ed è per questo che la tradizione cristiana parla dell’esistenza di un angelo custode[4]. La concezione cristiana, dunque, è caratterizzata dalla mediazione: la grandezza del Creatore si mostra proprio nel fatto che il suo progetto è pensato in modo che si compia con il concorso delle sue creature libere.
E quanto più esse sono elevate, più saranno partecipi del suo governo sulla creazione. Anche noi sperimentiamo che è più facile fare le cose direttamente piuttosto che ottenere che altri liberamente le facciano, ma quest’ultimo è segno di una maggior perfezione, come dimostra, per esempio, l’esperienza di governo in una famiglia o nelle istituzioni di vario tipo.
Da tutto questo si capisce che anche gli angeli, in quanto esseri personali e liberi, hanno avuto, per così dire, una loro storia, della quale la Bibbia ci dice in modo conciso che alcuni si sono ribellati a Dio per sempre[5].
In realtà, l’esistenza del diavolo e dei suoi seguaci, affermata dalla Chiesa sin da principio e confermata ai nostri giorni in diverse occasioni da papa Francesco[6], costituisce la faccia nascosta di un messaggio di speranza: il male che tutti noi vediamo nel mondo, e non soltanto quello che è prodotto da altri ma anche quello che noi stessi commettiamo, è qualcosa che ci supera, che in un certo senso proviene da un principio che è al di là di noi («non ci abbandonare alla tentazione e liberaci dal male») e che, allo stesso tempo, non è divino e, pertanto, non è originario, non è necessario.
Come si sa, i racconti di tante tradizioni culturali cercano di spiegare l’origine del bene e del male che c’è nel nostro mondo – e dentro di noi –, e perciò ricorrono a una contrapposizione originaria dei principi contrari. Questo significa che il male è altrettanto radicale come il bene, che sempre è stato, è e sarà lì, e che in definitiva non può essere sanato. Questo sfocia ineluttabilmente in una visione senza speranza dell’essere umano[7].
Il cristiano dice, invece, che soltanto il bene è originario e che l’esistenza del male, che nessuno può negare, è il risultato dell’uso distorto della libertà da parte delle creature e, in primo luogo, degli angeli. Ecco perché sperimentiamo con forza il potere del male nel mondo e nella storia, al punto che certe volte sembra invincibile.
L’annuncio cristiano pieno di speranza è l’affermazione che Dio ha posto un rimedio, che Dio stesso ha assunto il male nel suo Figlio, incarnato e morto su una croce, perché tutti quelli che si uniscano a lui possano vincerlo, unendosi alla vittoria pasquale della sua risurrezione.
Questa vittoria, dopo l’Ascensione di Cristo in cielo, spesso viene mostrata nella storia come piccola e vulnerabile, e addirittura invisibile, ma è reale, cresce misteriosamente e soltanto alla fine si mostrerà in tutto il suo splendore.
Dio stesso continua a offrire manifestazioni visibili del suo potere nella sua provvidenza salvifica nella storia mediante i sacramenti, l’effusione delle sue molteplici grazie che operano in modo più o meno nascosto ma reale nella vita delle persone, servendosi del concorso degli angeli, dei santi e di tante persone.
La misericordia e l’inferno
Se Dio è tanto buono e misericordioso da prendere l’iniziativa di guarire le sue creature, perché non fa lo stesso con gli angeli caduti? Sembra un controsenso parlare di risanamento e sostenere, come fa la Chiesa, l’esistenza dell’inferno come castigo perpetuo per i demoni e per tutti gli uomini che muoiono lontani da Dio. Sembra che l’inferno renda eterno ciò che proprio la fede cristiana dice che non è eterno, ma ha un’origine nella storia.
Se il male ha avuto un inizio, si suppone che avrà anche un termine, perché alla fine, come dice san Paolo, «Dio sia tutto in tutti» (1 Cor 15, 28). In realtà, già dai tempi di Origene e in epoche diverse, ma anche ai nostri giorni, non sono mancate all’interno della Chiesa voci che, ispirandosi alle parole di san Paolo, si sono alzate per suggerire una riconciliazione universale alla fine dei tempi. Se Dio è misericordioso, come può permettere che vi siano persone da considerare per sempre lontane da Lui?
Tuttavia, qualcosa dentro di noi ci dice che la vita delle creature, umane o angeliche, gode di un dono inestimabile: la libertà; un dono che Dio stesso ha dato e che non può togliere senza fare violenza alla natura che egli stesso ha creato.
Non può essere che Dio non prenda sul serio la libertà delle sue creature. E nello stesso tempo c’è in noi un forte senso della giustizia, che reclama che il ripetuto male commesso non resti impunito[8]; qualcosa ci dice che non può accadere che vinca l’immoralità, come purtroppo succede tante volte nella storia del nostro mondo, dove non sempre si fa giustizia, e addirittura si commettono autentiche ingiustizie che fanno parte di quel male di cui stiamo parlando.
Se Dio è realmente Dio, onnipotente e buono, non può trattare allo stesso modo chi si è comportato secondo il bene e chi si è ostinato senza pentimenti nel commettere mali terribili[9]. Questa è la convinzione delle grandi tradizioni religiose dell’umanità: Dio è remuneratore. Sicuramente su questa terra il castigo ha una chiara finalità terapeutica, ma quando si esaurisce il tempo per entrare nella dimensione definitiva della esistenza, si esaurisce anche il tempo del pentimento, perché la decisione è diventata in qualche modo eterna: ecco l’enorme potere della libertà.
Il cristianesimo, un dualismo di libertà
In fin dei conti ci troviamo, dunque, davanti al mistero della libertà, sia di Dio che delle sue creature. Dio ha creato liberamente, senza costrizioni, sicché l’esistenza delle creature è frutto di una libera volontà divina di amare e di essere amato.
Un filosofo moderno spiegava che l’onnipotenza si manifesta nel modo più alto nella creazione di esseri liberi[10]. È un rischio che Dio ha voluto correre, come diceva san Josemaría[11], perché la libertà delle sue creature è reale, e ne è riprova il fatto di poter scegliere non soltanto di non amare, ma anche di odiare il loro Creatore; e questo non solo per un certo tempo, ma anche per sempre.
Ecco perché Benedetto XVI parlava della nostra libertà come di una «onnipotenza alla rovescia»[12]. L’uomo è davvero padrone della propria libertà e può decidere di impiegarla per l’odio e la distruzione.
Perciò è vero che il cristianesimo, in un certo senso, è un dualismo, in quanto sostiene che la Storia sia lo scenario di un dramma, di una lotta tra il bene e il male, tra la grazia e il peccato. Tuttavia non dice che i due poteri sono della stessa specie, ma piuttosto che uno di essi permette l’esistenza dell’altro senza annientarlo. Si tratta, come dice Ratzinger, di un dualismo di libertà o esistenziale, ma in nessun modo di un dualismo ontologico[13]. Soltanto il bene è originario.
Abbiamo cominciato affermando che per molti esiste soltanto ciò che si verifica mediante i sensi. Suggerivamo anche che forse i nostri progressi tecnologici costituiscono in qualche modo un avvicinamento a una condizione di vita che supera i limiti spazio-temporali della nostra condizione in questo mondo.
Come abbiamo cercato di mostrare, l’esistenza di forze invisibili ci induce a considerare che, in virtù della nostra spiritualità, che comprende il grande dono della libertà, non siamo necessariamente legati al mondo da una esperienza visibile ma precaria, ma possediamo una natura aperta a un mondo nello stesso tempo reale ma più ampio: il mondo della speranza.
Questa realtà si manifesta agli occhi della fede, mischiata con questo mondo, in cui bene e male convivono e crescono insieme – come il frumento e la zizzania della parabola di Gesù (cfr. Mt 13, 24-30) – e che si manifesterà pienamente alla fine della Storia, quando sarà arrivato il tempo della mietitura e il Signore del mondo giudicherà con misericordia le sue creature libere.
Santiago Sanz
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Letture raccomandate
E. Peterson, El libro de los ángeles, Rialp, Madrid 1957.
San Giovanni Paolo II, Io credo in Dio Padre onnipotente, Piemme.
Benedetto XVI, Enc. Spe salvi, 30-X-2007.
S.-T. Bonino, Angels and Demons. A Catholic Introduction, The Catholic University of America Press, Washington D.C. 2016.
[1] «Quantunque nell’angelo non vi sia composizione di materia e di forma, tuttavia vi sono in lui l’atto e la potenza. E si può averne l’evidenza osservando che nelle realtà materiali si riscontra una doppia composizione. La prima è la composizione di materia e di forma, che costituisce una natura determinata. Questa natura, così composta, non è però il suo proprio essere, ma l’essere ne è l’atto. Quindi la natura sta al suo essere come la potenza sta all’atto. Se quindi togliamo la materia, e supponiamo che una forma sussista senza di essa, tra la forma e l’essere rimane ancora il rapporto che esiste tra la potenza e l’atto. E in questo senso dobbiamo intendere la composizione propria degli angeli […]. Ma in Dio, come si è dimostrato sopra, non c’è distinzione tra l’essere e il soggetto che è. Soltanto Dio, quindi, è atto puro» San Tommaso d’Aquino, STh, I, q. 50, a. 2, ad 3).
[2] Cfr. San Tommaso d’Aquino, STh, I, q. 50, a. 1; q. 51, a. 1.
[3] Queste espressioni si trovano in J. Ratzinger, Allgemeine Schöpfungslehre, Regensburg 1976, pp. 61-64.
[4] «Nessuno potrà negare che ogni fedele ha al suo fianco un angelo come protettore e pastore per guidare la sua vita» (San Basilio, Contra Eunomio, 3, 1.
[5] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 391-392.
[6] «Non ammetteremo l’esistenza del diavolo se ci ostiniamo a guardare la vita solo con criteri empirici e senza una prospettiva soprannaturale. Proprio la convinzione che questo potere maligno è in mezzo a noi, è ciò che ci permette di capire perché a volte il male ha tanta forza distruttiva. È vero che gli autori biblici avevano un bagaglio concettuale limitato per esprimere alcune realtà e che ai tempi di Gesù si poteva confondere, ad esempio, un’epilessia con la possessione demoniaca. Tuttavia, questo non deve portarci a semplificare troppo la realtà affermando che tutti i casi narrati nei vangeli erano malattie psichiche e che in definitiva il demonio non esiste o non agisce. La sua presenza si trova nella prima pagina delle Scritture, che terminano con la vittoria di Dio sul demonio (cfr. Papa Francesco, Omelia, 11-X-2013). Di fatto, quando Gesù ci ha lasciato il “Padre Nostro” ha voluto che terminiamo chiedendo al Padre che ci liberi dal Maligno. L’espressione che lì si utilizza non si riferisce al male in astratto e la sua traduzione più precisa è «il Maligno». Indica un essere personale che ci tormenta. Gesù ci ha insegnato a chiedere ogni giorno questa liberazione perché il suo potere non ci domini» (Papa Francesco, Es. ap. Gaudete et exsultate, 19-III-2018, n. 160).
[7] Cfr. Benedetto XVI, Udienza generale, 3-XII-2008.
[8] «Nella stessa coscienza morale dell’uomo c’è qualcosa che reagisce alla perdita di una tale prospettiva. Il Dio che è Amore non è anche Giustizia definitiva? Può Egli ammettere che questi terribili crimini possano rimanere impuniti? La pena definitiva non è in certo qual modo necessaria per ottenere l’equilibrio morale nella storia tanto intricata dell’umanità? Un inferno non è in un certo senso “l’ultima tavola di salvezza” per la coscienza morale dell’uomo?» (Giovanni Paolo II, Varcare la soglia della speranza, Mondadori, Milano 1995).
[9] «Possono esserci persone che hanno distrutto totalmente in se stesse il desiderio della verità e la disponibilità all’amore. Persone in cui tutto è diventato menzogna; persone che hanno vissuto per l’odio e hanno calpestato in se stesse l’amore. È questa una prospettiva terribile, ma alcune figure della stessa nostra storia lasciano discernere in modo spaventoso profili di tal genere. In simili individui non ci sarebbe più niente di rimediabile e la distruzione del bene sarebbe irrevocabile: è questo che si indica con la parolainferno» (Benedetto XVI, Enc. Spe salvi, 3-X-2007, n. 45).
[10] Cfr. S. Kierkegaard, Diario, vol. 1, VII A 181 (ed. di C. Fabro, Morcelliana, Brescia 1962, pp. 512-513).
[11] «Dio ha voluto che fossimo suoi cooperatori, ha voluto correre il rischio della nostra libertà» (San Josemaría, È Gesù che passa, n. 113.
[12] Benedetto XVI, Messaggio Urbi et orbi, 25-XII-2012.
[13] Cfr. S. Sanz, Joseph Ratzinger y la doctrina de la creación. Los apuntes de Münster de 1964 (II). Algunos temas fundamentales, «Revista Española de Teología», 74 (2014), pp. 201-248 [231].
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