"Le nozze dell'Agnello"
Discorso in occasione dell'Udienza Generale sull'Apocalisse di Giovanni (17, 1-7)
Autore: San Giovanni Paolo II
Secondi Vespri della Domenica della 1a settimana (Lettura: Ap 19,1-2.5.7)
1. Seguendo la serie dei Salmi e dei Cantici che costituiscono la preghiera ecclesiale dei Vespri, ci troviamo di fronte ad un brano innico, desunto dal capitolo 19 dell’Apocalisse e composto da una sequenza di alleluia e di acclamazioni.
Alle spalle di queste gioiose invocazioni c’è il lamento drammatico intonato nel capitolo precedente dai re, dai mercanti e dai naviganti di fronte al crollo della Babilonia imperiale, la città della malizia e dell’oppressione, simbolo della persecuzione scatenata nei confronti della Chiesa.
2. In antitesi a questo grido che sale dalla terra, risuona nei cieli un coro gioioso di impronta liturgica che, oltre all’alleluia, ripete anche l’amen. Le varie acclamazioni simili ad antifone, che ora la Liturgia dei Vespri unisce in un unico cantico, in realtà nel testo dell’Apocalisse sono poste sulle labbra di personaggi diversi. Troviamo innanzitutto una «folla immensa», costituita dall’assemblea degli angeli e dei santi (cfr vv. 1-3). Si distingue poi la voce dei «ventiquattro anziani» e dei «quattro viventi», figure simboliche che sembrano i sacerdoti di questa liturgia celeste di lode e di ringraziamento (cfr v. 4). Si innalza, infine, una voce solista (cfr v. 5) che, a sua volta, coinvolge nel canto la «folla immensa» da cui si era partiti (cfr vv. 6-7).
3. Avremo occasione, nelle future tappe di questo nostro itinerario orante, di illustrare le singole antifone di questo grandioso e festoso inno di lode a più voci. Ora ci accontentiamo di due annotazioni. La prima riguarda l’acclamazione di apertura che suona così: «Salvezza, gloria e potenza sono del nostro Dio; veri e giusti sono i suoi giudizi» (vv. 1-2).
Nel cuore di questa invocazione gioiosa c’è la rappresentazione dell’intervento decisivo di Dio nella storia: il Signore non è indifferente, come un imperatore impassibile e isolato, nei confronti delle vicende umane. Come dice il Salmista, «il Signore ha il trono nei cieli. I suoi occhi sono aperti sul mondo, le sue pupille scrutano ogni uomo» (Sal 10,4).
4. Anzi, il suo sguardo è sorgente di azione, perché egli interviene e demolisce gli imperi prepotenti e oppressivi, abbatte gli orgogliosi che lo sfidano, giudica quanti perpetrano il male. È ancora il Salmista a descrivere con immagini pittoresche (cfr Sal 10,7), questa irruzione di Dio nella storia, così come l’autore dell’Apocalisse aveva evocato nel capitolo precedente (cfr Ap 18,1-24) il terribile intervento divino nei confronti di Babilonia, sradicata dalla sua sede e scaraventata nel mare. A tale intervento fa cenno il nostro inno in un passo non ripreso nella celebrazione dei Vespri (cfr Ap 19,2-3).
La nostra preghiera, allora, deve soprattutto invocare e lodare l’azione divina, la giustizia efficace del Signore, la sua gloria ottenuta col trionfo sul male. Dio si rende presente nella storia, schierandosi dalla parte dei giusti e delle vittime, proprio come dichiara la breve ed essenziale acclamazione dell’Apocalisse e come spesso si ripete nel canto dei Salmi (cfr Sal 145,6-9).
5. Vogliamo porre l’accento su un altro tema del nostro Cantico. È sviluppato dall’acclamazione finale ed è uno dei motivi dominanti della stessa Apocalisse: «Sono giunte le nozze dell’Agnello; la sua sposa è pronta» (Ap 19,7). Cristo e la Chiesa, l’Agnello e la sposa, sono in profonda comunione d’amore.
Cercheremo di far brillare questa mistica sponsalità attraverso la testimonianza poetica di un grande Padre della Chiesa sira, sant’Efrem, vissuto nel quarto secolo. Usando simbolicamente il segno delle nozze di Cana (cfr Gv 2,1-11), egli introduce la cittadina stessa, personificata, a lodare Cristo per il grande dono ricevuto:
«Insieme con i miei ospiti io ringrazierò perché egli mi ha giudicato degna di invitarlo: / Lui che è lo Sposo celeste, che è sceso e ha invitato tutti; / e anch’io sono stata invitata a entrare alla sua pura festa di nozze. / Davanti ai popoli io lo riconoscerò come lo Sposo, come lui non ce n’è altri. / La sua stanza nuziale è preparata dai secoli, / e la sua stanza nuziale è fornita di ricchezze e non manca di niente: / non come la festa di Cana, le cui mancanze egli ha soddisfatto» (Inni sulla verginità, 33,3: L’arpa dello Spirito, Roma 1999, pp. 73-74).
6. In un altro inno che pure canta le nozze di Cana, sant’Efrem sottolinea come Cristo, invitato alle nozze di altri (appunto gli sposi di Cana), abbia voluto celebrare la festa delle sue nozze: le nozze con la sua sposa, che è ogni anima fedele. «Gesù, tu sei stato invitato a una festa di nozze di altri, gli sposi di Cana, / qui, invece, c’è la tua festa, pura e bella: rallegra i nostri giorni, / perché anche i tuoi ospiti, Signore, hanno bisogno / dei tuoi canti: lascia la tua arpa riempire tutto! / L’anima è la tua sposa, il corpo è la sua stanza nuziale, / i tuoi invitati sono i sensi e i pensieri. / E se un solo corpo è per te una festa di nozze, / la Chiesa intera è il tuo banchetto nuziale!» (Inni sulla fede, 14,4-5: op. cit., p. 27).
Link alla fonte »