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Le richieste di Dio sono doni

Riflessioni per meditare nel sabato della I settimana del Tempo Ordinario - Mc 2, 14 - Anno B

Autore: Autori Cristiani

 

– Il «sì» rapido e deciso di san Matteo

– Le richieste di Dio sono doni

– Ringraziare nella santa Messa


GESÙ PASSA NELLE NOSTRE VITE e ci chiama. Lo faceva ieri, lo fa oggi e continuerà a farlo. Così come fece con Matteo, il Signore ci viene incontro mentre stiamo lavorando: «Seguimi» (Mc 2, 14). Vediamo l’immediata risposta di chi sarebbe diventato apostolo ed evangelista. Non tentennò nell’abbandonare la sua sicurezza, «conoscere Cristo e seguirlo fu tutt’uno»[1]. Forse la sola presenza di Gesù gli aveva trasmesso la fiducia sufficiente per rischiare, né del resto ebbe bisogno di tempo per pensare a quello che si sarebbe lasciato alle spalle. Dato che è astuto, forse fiuta da lontano un buon affare e sa che questa volta la sua felicità sarà la ricompensa.

Qualche volta ci assale il dubbio se saremo capaci di seguire Gesù sino alla fine, se potremo essere fedeli, se non cadremo nella routine e nello scoraggiamento. Quali motivi, di solito, ritardano la nostra risposta affermativa a quello che Gesù ci chiede? Ovviamente, occorre una certa oculatezza per orientare la nostra vita. Di solito la vocazione non appare in maniera evidente, sicché non dobbiamo preoccuparci se si insinuano dei dubbi. «Ti sei un po’ spaventato, nel vedere tanta luce… – dice san Josemaría –, tanta che ti riesce difficile guardare, e persino vedere. Chiudi gli occhi davanti alla tua evidente miseria; apri lo sguardo della tua anima alla fede, alla speranza, all’amore, e va’ avanti, lasciandoti guidare da Lui, per mezzo di chi dirige la tua anima»[2].

Matteo non sa che ne sarà della sua vita, dei suoi affari, dei suoi beni; forse non sa dove sarà domani, come reagiranno i suoi compagni di lavoro, né se sarà capace di rimanere per sempre accanto al Maestro. Per lui tutto è nuovo, ma ha la sufficiente ampiezza di vedute e l’umiltà per non rimanere nel già conosciuto, nei suoi limiti o in ciò che diranno gli altri. Si lascia vincere dalla gratuità dell’offerta che il Signore gli ha fatto. «Egli, nostro maestro, sostiene tutto il peso della croce, lasciando a me solamente la parte più piccola e insignificante. Egli, non solo è spettatore della mia lotta, ma interviene in essa, vince e porta a felice compimento ogni lotta»[3].


«ANCORA UNA VOLTA CI TROVIAMO davanti al paradosso del Vangelo: siamo liberi nel servire, non nel fare quello che vogliamo. Siamo liberi nel servire, e lì viene la libertà. Ci troviamo pienamente noi nella misura in cui ci doniamo; possediamo la vita se la perdiamo (cfr Mc 8, 35). Questo è Vangelo puro»[4]. Qualunque richiesta che Dio ci rivolge è, in realtà, un regalo. Contrapporre libertà e dedizione, volontà di Dio e felicità, è la grande menzogna che ci sussurra il demonio. Al maligno interessa molto che non ci accorgiamo dei doni che Dio vuole regalarci e della bellezza della dedizione.

Può succedere che pensiamo che gli impegni limitino la nostra libertà. A volte non siamo sicuri di essere capaci di mantenere la parola data se a un certo punto cambiano le circostanze o cambiano i nostri affetti, che ora ci fanno essere felici in una determinata situazione. Però saremo capaci di rispondere con amore, di impegnare la nostra libertà senza paura, solo se prima ci siamo lasciati conquistare da Lui. Risponderemo con il dono della nostra vita solo se abbiamo scoperto, prima, che abbiamo ricevuto molto più di quello che egli ora ci chiede. Chi pensa, erroneamente, di fare un dono simile a quello che ha ricevuto, non tarderà a trovare motivi per dire di no, che si è sbagliato, che forse non vale la pena. Chi riesce a essere consapevole dell’immensità di quel che ha ricevuto, non finisce di meravigliarsi e si riempie di una gratitudine sincera.


«IN VERITÀ È COSA BUONA E GIUSTA renderti grazie, sempre e in ogni luogo», ripetiamo spesso nella santa Messa. Così cominciano molti prefazi e così vogliamo rimanere noi: in un continuo ringraziamento. Anche prima di dire a Dio di sì in tante cose che ancora non conosciamo, ci può essere di aiuto ringraziare in anticipo. Vi saranno giorni nei quali il percorso si presenterà più accidentato, nei quali ci toccherà salire verso il Calvario. Possiamo pensare, allora, che Gesù anticipò il dono del suo corpo la sera del Giovedì Santo, e lo fece in una celebrazione di ringraziamento. Ogni volta che assistiamo all’Eucaristia siamo consapevoli di questo atteggiamento: «Rese grazie, ti benedisse, lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli dicendo…».

Il ringraziamento è il miglior modo di accogliere un dono. Vuol dire riconoscerlo come tale, apprezzare la gratuità dell’amore di chi ci fa il regalo. Accettare con gratitudine una cosa che ci costa ha il grande vantaggio che ci aiuta a evitare ogni calcolo, la rinuncia che comporta. Matteo ringraziò Gesù della sua chiamata con un banchetto. Non ebbe remore a invitare i suoi amici, peccatori come lui: era il suo regalo a Gesù. «Un giorno il Dio della riconoscenza griderà: “Ora è la mia volta”. Oh! che cosa vedremo allora? – scriveva santa Teresa de Lisieux –. Che sarà mai quella vita che non avrà più fine? Dio sarà l’anima della nostra anima… Mistero insondabile! L ‘occhio dell’uomo non ha mai veduto la luce increata, il suo orecchio non ha mai udito le celesti armonie, e il suo cuore non può presentire ciò che Dio riserva a coloro che egli ama»[5].

Non c’è un momento migliore della Messa per ringraziare Dio della nostra vocazione, anche se ancora stiamo cercando di capire quel che l’amore di Dio ci vuole regalare. Mettere lì tutti i giorni la nostra vocazione, insieme all’offerta di sé di Gesù, perché Dio Padre le riceva insieme, come un unico sacrificio, può essere la migliore sorgente di gioia. E quale meraviglia che nostra madre, la Vergine Maria, sia colei che ci ha insegnato a ringraziare sin dal primo momento: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore» (Lc 1, 46-47).


[1] San Josemaría, Forgia, n. 6.

[2] Ibid., n. 1015.

[3] San Paolo Le-Bao Tinh, Lettera, 1843, citato in Liturgia delle Ore, 24 novembre.

[4] Papa Francesco, Udienza, 20-X-2021.

[5] Santa Teresa de Lisieux, Lettera 94 a Celina, 14-VII-1889

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